Le Doc della Toscana: Val d’Arno di Sopra o Valdarno di Sopra
❂ Val d’Arno di Sopra o Valdarno di Sopra D.O.C.
(Approvato con D.M. 13/6/2011 – G.U. n.148 del 28/6/2011; ultima modifica: D.M. 26/6/2024 – G.U. n.160 del 106/7/2024, approvato G.U.U.E. C – 30/10/2024)
► zona di produzione
● Provincia di Arezzo: comprende i terreni vocati alla viticoltura dell’intero territorio dei comuni di Bucine, Castelfranco Piandiscò (frutto della fusione di Castelfranco di Sopra e Pian di Scò, avvenuta nel 2014), Castiglion Fibocchi, Cavriglia, Civitella in Val di Chiana, Laterina-Pergine Valdarno, Loro Ciuffenna, Montevarchi, Pergine Valdarno, San Giovanni Valdarno, Terranuova Bracciolini e la parte del Comune di Arezzo compresa tra il confine dei comuni di Civitella, Laterina-Pergine Valdarno e Castiglion Fibocchi e la riva sinistra del Canale Maestro della Chiana e del Fiume Arno, fino al confine del comune di Capolona, della provincia di Arezzo e nell’intero territorio dei comuni di Figline e Incisa Valdarno, Reggello e Rignano sull’Arno, della Provincia di Firenze;
► base ampelografica
● bianco (anche riserva): chardonnay 40-80%, trebbiano toscano e/o malvasia bianca lunga max. 50%, e/o sauvignon max. 10%, possono concorrere alla produzione di detto vino altri vitigni a bacca bianca, fino a un massimo del 30%, idonei alla coltivazione nell’ambito della Regione Toscana;
● vendemmia tardiva bianca: malvasia bianca lunga e/o trebbiano toscano e/o sauvignon per almeno il 40%, possono concorrere alla produzione di detto vino, altri vitigni a bacca bianca, fino a un massimo del 30%, idonei alla coltivazione per la Regione Toscana;
● rosato spumante di qualità: sangiovese min. 85%, possono concorrere alla produzione di detto vino altri vitigni a bacca rossa, fino a un massimo del 15%, idonei alla coltivazione nell’ambito della Regione Toscana;
● rosso: merlot 40-80%, e/o sangiovese e/o cabernet sauvignon e/o syrah e/o cabernet franc fino a un massimo del 50%, possono concorrere altri vitigni a bacca nera, idonei alla coltivazione per la Regione Toscana, max. 30%;
● con menzione del vitigno bianco: Chardonnay, Sauvignon, Malvasia Bianca Lunga, Orpicchio, Trebbiano (da trebbiano toscano) min. 85%, possono concorrere anche le uve di altri vitigni a bacca di colore analogo, idonei alla coltivazione nell’ambito della Regione Toscana, max. 15%;
● con menzione del vitigno rossi: Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot, Syrah, Sangiovese, Malvasia Nera, Canaiolo Nero, Ciliegiolo, Pinot Nero, Pugnitello, Foglia Tonda min. 85%, possono concorrere anche le uve di altri vitigni a bacca di colore analogo, idonei alla coltivazione nell’ambito della Regione Toscana, max. 15%;
● vendemmia tardiva nera: sangiovese e/o canaiolo nero e/o syrah per almeno il 40%, possono concorrere alla produzione di detto vino, altri vitigni a bacca nera, fino a un massimo del 30%, idonei alla coltivazione per la Regione Toscana;
● Vin Santo: malvasia bianca lunga e/o trebbiano toscano per almeno il 60%, possono concorrere alla produzione di detto vino, altri vitigni a bacca bianca, fino a un massimo del 40%, idonei alla coltivazione per la Regione Toscana;
● Vin Santo Occhio di Pernice: sangiovese minimo 80%, possono concorrere alla produzione di detto vino, altri vitigni a bacca bianca e/o nera,
fino a un massimo del 20%, idonei alla coltivazione per la Regione Toscana;
► norme per la viticoltura
● le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini della denominazione di origine controllata “Val d’Arno di Sopra” o “Valdarno di Sopra” devono essere quelle normali della zona e atte a conferire alle uve e ai vini le specifiche caratteristiche di qualità.
Sono esclusi, ai fini dell’iscrizione al relativo schedario viticolo, i vigneti che siano ubicati a un’altitudine inferiore ai 170 metri s.l.m.;
● per i nuovi impianti e reimpianti, dalla data in vigore del presente disciplinare, la densità minima non dovrà essere inferiore a 4.100 ceppi/Ha;
● è consentita l’irrigazione di soccorso;
● la resa massima di uva in coltura specializzata e il titolo alcolometrico volumico minimo naturale devono essere i seguenti:
- bianco, Chardonnay, Sauvignon, Orpicchio, Trebbiano Toscano, Malvasia Bianca Lunga, Cabernet Franc rosato, Sangiovese rosato, Pugnitello rosato: 11 t/Ha e 11,50% vol.
- rosso, Cabernet Franc, Merlot, Sangiovese, Syrah, Canaiolo nero, Pinot nero, Pugnitello, Malvasia nera, Ciliegiolo, Foglia tonda: 11 t/Ha e 12,00% vol.
- bianco riserva, Chardonnay riserva, Sauvignon riserva, Orpicchio riserva, Trebbiano toscano riserva, Malvasia bianca lunga riserva, : 11 t/Ha e 11,50% vol.
- rosso riserva, Cabernet sauvignon riserva, Cabernet franc riserva, Merlot riserva, Sangiovese riserva, Syrah riserva, Canaiolo nero riserva, Pinot nero riserva, Pugnitello riserva, Malvasia nera riserva, Ciliegiolo Riserva, Foglia tonda riserva: 11 t/Ha e 13% vol.
- Vin Santo e Vin Santo Occhio di Pernice: 7,5 t/Ha e 16% vol. (al termine dell’appassimento delle uve)
- Vendemmia tardiva bianca e Vendemmia tardiva nera: 7,5 t/Ha e 15% vol.
● In annate favorevoli i quantitativi delle uve ottenute e da destinare alla produzione del vino a denominazione di origine controllata “Val d’Arno di Sopra” o “Valdarno di Sopra” devono essere riportati, nei limiti di cui sopra, purché la produzione globale non superi il 20% i limiti medesimi, fermi restando i limiti di resa uva/vino per i quantitativi di cui trattasi. Le eccedenze delle uve, nel limite massimo del 20%, non hanno diritto alla denominazione di origine controllata. Oltre detto limite decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutto il prodotto;
● Per l’entrata in produzione dei nuovi impianti la produzione massima ad ettaro ammessa è la seguente:
Anno vegetativo – Produzione ammessa
▪ I e II anno – 0%
▪ III anno – 60%
▪ IV anno e successivi – 100%
► norme per la vinificazione
● le operazioni di vinificazione, ivi compreso l’invecchiamento obbligatorio ove previsto e l’imbottigliamento, devono essere effettuate nell’ambito del territorio di produzione, tuttavia, è consentito che dette operazioni possano effettuarsi nei comuni delle province di Arezzo, Siena e Firenze, confinanti con la zona di produzione;
● nel caso che le diverse uve della composizione ampelografica delle tipologie previste siano vinificate separatamente, l’assemblaggio definitivo per l’ottenimento dei vini “Val d’Arno di Sopra” o “Valdarno di Sopra” deve avvenire prima della richiesta di campionatura per la certificazione analitica e organolettica della relativa partita, e comunque prima della estrazione dalla cantina del produttore. Non è consentito l’arricchimento dei mosti e dei vini;
● per tutti i vini non è consentita la pratica della dolcificazione;
● è ammessa la colmatura dei vini in corso d’invecchiamento obbligatorio, con vini aventi diritto alla stessa tipologia, anche non soggetti ad invecchiamento obbligatorio, per non oltre il 5%;
● la menzione “riserva” spetta alle tipologie bianco, rosso e a tutte le tipologie monovarietali della denominazione a eccezione dei monovarietali rosati, purché le partite destinate a fregiarsi di detta denominazione vengano sottoposte a un periodo minimo di invecchiamento per le tipologie a bacca nera di 24 mesi, di cui almeno 12 in legno e 3 mesi in bottiglia, e per le tipologie a bacca bianca di 12 mesi di cui almeno 6 in legno e tre mesi in bottiglia. Il periodo di invecchiamento decorre dal 1° novembre dell’anno di vendemmia;
● per i seguenti vini l’immissione al consumo è consentita soltanto a partire dalla data per ciascuno di essi indicata:
▪ “Val d’Arno di Sopra” o “Valdarno di Sopra” bianco e le tipologie monovarietali rosato e a bacca bianca non possono essere immessi al consumo prima del 1° febbraio dell’anno successivo a quello della raccolta delle uve;
▪ “Val d’Arno di Sopra” o “Valdarno di Sopra” rosato spumante di qualità, deve essere ottenuto secondo il metodo classico da uve della stessa annata. I vini, a partire dalla data del tiraggio (imbottigliamento), iniziano un periodo minimo obbligatorio di affinamento sui lieviti, fino alla sboccatura, di 48 mesi;
▪ “Val d’Arno di Sopra” o “Valdarno di Sopra” rosso e le tipologie monovarietali a bacca nera non possono essere immessi al consumo prima del 31 marzo dell’anno successivo a quello di raccolta delle uve;
▪ “Val d’Arno di Sopra” o “Valdarno di Sopra” rosso e le tipologie monovarietali a bacca nera con menzione “riserva” non devono essere immessi al consumo prima di 24 mesi a decorrere dal 1° novembre dell’anno di vendemmia, di cui 12 in legno e 3 in bottiglia;
▪ “Val d’Arno di Sopra” o “Valdarno di Sopra” bianco riserva e le tipologie monovarietali a bacca bianca con menzione “riserva” non devono essere immessi al consumo prima di 12 mesi dal 1° novembre dell’anno di vendemmia, di cui 6 in legno e 3 in bottiglia;
▪ “Val d’Arno di Sopra” o “Valdarno di Sopra” Vendemmia tardiva bianca e nera non devono essere immesse al consumo prima del 1° novembre dell’anno successivo a quello della raccolta delle uve;
▪ “Val d’Arno di Sopra” o “Valdarno di Sopra” Vin Santo e Vin Santo Occhio di Pernice non devono essere immessi al consumo prima di un invecchiamento in recipienti di legno (caratelli) di capacità non superiore a 225 l. che si considera concluso al 1° novembre del quarto anno dopo la vendemmia;
● è tollerata una leggera velatura per i vini eventualmente non filtrati;
► norme per l’etichettatura e il confezionamento
● è obbligatorio riportare in etichetta l’annata di produzione delle uve;
● è consentito l’uso della menzione “vigna“, seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale, alle condizioni previste dalla normativa vigente;
● per i vini in cui si utilizza la menzione “vigna” devono essere rispettati gli stessi parametri analitici minimi della tipologia riserva;
● per i vini designati con la denominazione di origine controllata “Val d’Arno di Sopra” o “Valdarno di Sopra”” monovitigno rosato e rosato spumante è ammessa l’indicazione in etichetta del termine rosé;
● sulla base di quanto previsto dalla Legge n.238/2016 art. 29, i vini della denominazione “Val d’Arno di Sopra” o “Valdarno di Sopra” possono utilizzare nell’etichettatura il nome geografico “Toscana“;
● i vini sono immessi al consumo in recipienti di capacità prevista dalla normativa vigente;
Per tutte le tipologie sono consentiti i sistemi di chiusura previsti dalla normativa vigente ad esclusione del tappo a corona;
► legame con l’ambiente geografico
● A) Informazioni sulla zona geografica
◉ Fattori rilevanti per il legame
Nella zona della Denominazione, versante orientale e occidentale della Valle dell’Arno, tra la piana di Arezzo e i colli fiorentini, il clima è sicuramente favorevole alla coltivazione della vite. Secondo la classificazione delle zone fisiografiche della vite, stilata dal Rocchi nel 1936 e rivista dal Pastena nel 1977, la zona rientra tra quelle zone intermedie ove i complessi climatici negativi hanno intensità debole a favore dei caratteri positivi del clima.
Il clima della fascia produttiva, pur rientrando per buona parte dell’anno nell’area di influenza del clima temperato e freddo, risente soprattutto in estate di quello mediterraneo che ne condiziona in maniera determinante la fase finale del ciclo vegetativo, permettendo di raggiungere un ottimale grado di maturazione delle uve; l’andamento delle temperature è caratterizzato da forti escursioni, con estati calde e inverni rigidi.
Le precipitazioni medie annue, che data la limitatezza della superficie della DOC si possono definire costanti su tutta l’area, vanno dai 550 ai 900 mm secondo gli anni.
La distribuzione stagionale delle piogge ha caratteri tipicamente mediterranei concentrandosi per circa il 70% nel periodo autunno-inverno.
Una grande importanza nel complesso dei fattori che compongono il terroir locale la assume, assieme al microclima, il terreno. Nella provincia di Arezzo è stato eseguito uno studio di zonazione viticola curato dall’Università di Milano sotto la guida del prof. Attilio Scienza. Questo studio ha permesso la redazione di una carta pedo-paesaggistica che ha evidenziato grandi potenzialità viticole nell’area di nostro interesse. L’area della DOC Val d’Arno di Sopra o Valdarno di Sopra, nonostante una indiscutibile omogeneità pedoclimatica, racchiude al suo interno diverse tipologie di terreno che caratterizzano qualitativamente tutti i prodotti enologici che qui nascono.
“La fascia pedecollinare e quella alluvionale (ovvero quelle interessate dagli impianti viticoli, ndr), presentano caratteri omogenei e peculiari. I dati raccolti hanno permesso di ipotizzare una suddivisione del territorio in Unità Territoriali (secondo la definizione di Morlat), cioè porzioni di territorio che siano assimilabili sia per le caratteristiche pedo-paesaggistiche che per quelle climatiche che per le espressioni produttive e qualitative. Le Unità individuate hanno evidenziato di discriminare molto bene il territorio; infatti all’analisi della varianza per i parametri qualitativi dei mosti evidenziano una elevata significatività.
Le litologie presenti sono ricorrenti in tutta la Toscana e in particolare sono le stesse che si rilevano nelle aree a maggior vocazione vitivinicola. In particolare, i rilievi dell’area in oggetto sono interessati da formazioni appartenenti alla serie toscana del miocene inferiore, come la formazione del macigno, caratterizzata da arenarie turbiditiche quarzoso feldspatiche con calcite in piccola percentuale e fillosilicati alternati con scisti siltosi, e la formazione di Londa, dominata da scisti siltosi e in subordine marne ed arenarie fini quarzoso-feldspatiche e calcaree“. (A. Scienza e L. Toninato, Dalla zonazione al manuale di uso del territorio, Università degli Studi di Milano, 2003).
In questa ottica si evince come sia il terroir che influenza il risultato enologico finale a prescindere dal tipo di vitigno utilizzato. Infatti possiamo constatare come da molti anni da questa zona scaturiscano vini di assoluto valore riconosciuto a livello internazionale, ottenuti da una serie di vitigni diversi. La costanza qualitativa è indubbiamente influenzata dal terroir che prevale sugli altri fattori sia ampelografici sia enologici.
Si osserva infatti che la produzione di uve di pregio e di grandi vini dalle diverse tipologie di vitigni storicamente coltivati ed oggetto di produzione di vini varietali in purezza, rende riconoscibili questi sotto il profilo organolettico, rispetto a produzioni analoghe di altri territori, e ne giustifica il riconoscimento all’interno del presente disciplinare di produzione. A questo proposito sono rilevanti le conclusioni raggiunte da un gruppo di lavoro proposto dalla Provincia di Arezzo con i Vignaioli della via dei Setteponti, che si è avvalso della collaborazione di tecnici ed enologi (tra cui i dott. Staderini, Masselli, Mannucci e Tommasi), sulla influenza che il particolare ambiente geologico del Valdarno conferisce alle produzioni caratterizzandole con particolare sapidità e mineralità, a prescindere dalle diverse combinazioni dei vitigni utilizzati.
Confermando un precedente studio realizzato dall’allora Istituto Sperimentale di Viticoltura di Arezzo, oggi CREA.
In conclusione l’area, sotto il profilo climatico e per le caratteristiche territoriali, rientra fra le più favorevoli per la viticoltura.
◉ Fattori umani rilevanti per il legame
Numerose sono le fonti che attestano come la coltivazione della vite e la produzione vinicola fossero pratiche diffuse in quest’area fin da tempi remoti. Già verso il 390/370 a.C. nell’Etruria Meridionale e Centrale le popolazioni etrusche erano capaci di realizzare un processo arcaico di vinificazione delle uve.
La produzione vinicola nell’area compresa tra Arezzo e Firenze è attestata nel I secolo d.C. da Plinio il Vecchio: nel XIV libro della sua Naturalis Historia, dedicato alla viticoltura italica, le aree circostanti Arezzo vengono indicate chiaramente come tra le migliori per la produzione viticola dell’epoca e si fa riferimento alle numerose varietà di uve di qualità ivi coltivate.
Non stupisce quindi che già allora la Regio VII Augustea, ossia l’Etruria, venisse ricordata principalmente per i vini che nascevano nell’interno (zona del Valdarno di Sopra in testa.
Oltre a Plinio il Vecchio numerosi autori fanno riferimento alla produzione vinicola dell’Etruria (pur in assenza di indicazioni specifiche sul Valdarno Superiore): Diodoro Siculo la cita come “Una terra che dà molti frutti, per la cura stessa che [gli abitanti] mettono nel coltivarla“; Galeno cita i suoi vini come “leggeri, buoni e da bere giovani“.
Durante il Medioevo i vigneti erano posti prevalentemente non in aperta campagna ma ai margini dei villaggi o accanto ai monasteri: trattandosi di una coltivazione altamente specializzata si rendevano necessarie cure costanti e controlli assidui contro il rischio di furti e devastazioni.
Riferimenti collegabili alla DOC Val d’Arno di Sopra sono reperibili nel Catasto Fiorentino del 1427, che non si limita a citazioni tecnico-catastali e geografiche ma presenta anche valutazioni di merito sulla qualità del prodotto ottenuto nelle diverse zone, sulle diverse qualità di vitigno e vino e sulle varie quotazioni che potevano avere gli stessi, stilando di fatto una graduatoria di merito e prezzo dei vini dell’epoca.
Nelle trasformazioni agricole avvenute nel periodo del XVI – XVIII secolo si verifica un primo passaggio a vigneti specializzati o chiusi e si sviluppa una viticoltura più scientifica e imprenditoriale.
L’incremento delle coltivazioni è una conseguenza anche della grande domanda di alcuni rinomati vini toscani ed in particolare della zona del Valdarno.
Dopo il periodo buio dell’oidio, in Toscana vi fu una fase di grande sviluppo ad opera di alcuni produttori con la sperimentazione di diversi e nuovi vitigni esteri. Sull’onda dei loro risultati iniziò un periodo di rinnovamento del comparto viticolo ed enologico con la nascita di diversi gruppi industriali del vino e Fattorie che imbottigliavano per portare a termine una commercializzazione mirata.
A fine Ottocento la viticoltura aretina aveva raggiunto nuovamente ottimi livelli produttivi e gran parte dei vini bianchi toscani di qualità era prodotta in Valdarno.
Dopo la Prima Guerra Mondiale nell’area del Valdarno di Sopra vi fu un altro periodo di breve rilancio vitivinicolo prima della Seconda Guerra Mondiale, con la realizzazione di nuovi vigneti e in particolare di stabilimenti enologici ancor oggi esistenti che rimangono un interessante esempio di archeologia delle prime industrie enologiche.
Negli ultimi 25 anni, per merito di alcuni produttori pionieri, anche nella zona del Valdarno si sono potuti raggiungere livelli qualitativi molto elevati, anche per merito, così come dopo la distruzione a causa dell’oidio, dell’introduzione di materiale viticolo clonale oltre a nuove varietà che sono state affiancate ai vitigni locali.
Risalgono infatti a più di 40 anni fa le micro-zonazioni aziendali che hanno portato alla scelta di utilizzare vitigni fino a allora poco diffusi che invece ben si adattavano alle caratteristiche pedo-climatiche del Valdarno.
L’incidenza dei fattori umani è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:
▪ base ampelografica dei vigneti: i vitigni idonei alla produzione del vino in questione, sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica interessata, con una recente rivalorizzazione dei vitigni: Chardonnay, Sauvignon, Malvasia, Orpicchio e Trebbiano per i vini bianchi;
Sangiovese, Merlot, Cabernet sauvignon, Cabernet Franc, Syrah, Malvasia Nera, Canaiolo Nero, Ciliegiolo, Foglia Tonda, Pinot Nero, Pugnitello per i vini rossi.
▪ le forme di allevamento: i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti, sono quelli generalmente utilizzati in Toscana e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere un’adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le produzioni di vino entro i limiti fissati dal disciplinare.
▪ le pratiche relative all’elaborazione dei vini, che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione in rosso e bianco dei vini tranquilli, adeguatamente differenziati per la tipologia di base e le tipologie riserva, riferite quest’ultime a vini più strutturati, la cui elaborazione comporta determinati periodi di invecchiamento e affinamento.
Per i vini spumanti di qualità si tratta di elaborazioni della fine del secolo XX°, che oggi si concentrano sul vitigno che è alla base della viticoltura del Valdarno di Sopra, il sangiovese. Un percorso che si attua grazie alla elevata professionalità, con le sue storiche radici, che si concretizza in vini della tipologia Rosato spumante di qualità di particolare livello qualitativo.
Per le tipologie Vendemmia Tardiva, le uve devono aver subito un prolungato mantenimento in pianta per raggiungere l’idonea gradazione alcolica mentre le tipologie Vin Santo e Vin Santo Occhio di Pernice devono essere ottenute da uve appositamente scelte, mantenute in locali idonei e successivamente fermentate ed invecchiate come vuole la vecchia tradizione.
Particolarmente importante la caratterizzazione nell’uso di uve a bacca bianca o di uve a bacca nera, per il Vin Santo Occhio di Pernice.
Rilevante storia e tradizione è quella del vino da uve vendemmiate tardivamente, Vendemmia Tardiva bianca e Vendemmia Tardiva nera, favorita dalle caratteristiche climatiche del Valdarno di Sopra.
● B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico
Per mezzo del bando (1716) del Granduca di Toscana Cosimo III de’ Medici che indicava la delimitazione del territorio del Vald’Arno, comprendente le zone a sinistra e a destra dell’Arno situate all’incirca tra il Casentino e il Chianti, questa zona riceve storicamente l’attribuzione di area destinata alla produzione di vino di qualità. Il fatto che i vini prodotti in questa zona potessero essere esportati con l’indicazione dell’origine dimostra come fin dal Settecento l’area del Val d’Arno di Sopra, facesse parte a pieno titolo di quelle quattro aree (Chianti Classico, Pomino, Carmignano, Val d’Arno di Sopra) che già allora costituivano garanzia di vini di qualità e di origine sicura (esempio ante litteram di denominazione di origine controllata). Successivamente a partire dagli anni ’70 sono nati nel territorio vini di riconosciuta eccellenza che hanno utilizzato per la loro identificazione l’IGT. Questo ha portato nei primi anni del XXI secolo alla nascita della DOC Pietraviva, su cui si innesta la DOC Val d’Arno di Sopra per una ulteriore qualificazione del territorio che esprimeva vini di così grande qualità, con forti e omogenee caratteristiche.
Tale realtà è frutto di una continuità storica precisa: già quattro secoli fa questo territorio veniva identificato, nella sua interezza, in area vitivinicola d’elezione.
Infatti, i vini di cui al presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico e organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, che ne permettono una chiara individuazione e caratterizzazione legata all’ambiente geografico.
Tutte le tipologie previste per i vini rossi presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate, con marcati sentori di frutti di montagna per alcuni di questi che confermano l’influenza dell’ambiente nel quale si trovano, mentre al sapore e all’odore si riscontrano aromi prevalenti tipici dei vitigni.
I vini bianchi si presentano altresì di particolare intensità e ampiezza negli aromi, molto persistenti e variegati proprio per il significativo apporto che il clima dell’ambiente pedemontano (alternanza caldo – freddo) favorisce; la struttura e la tessitura di questi vini rende omaggio alla tipologia di vitigni nobili e soprattutto al loro adattamento in un ambiente che ne esalta le caratteristiche specifiche.
● C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B)
L’orografia collinare del territorio di produzione e l’esposizione prevalente dei vigneti, orientati a ovest – sud ovest, e localizzati in zone particolarmente vocate alla coltivazione della vite, concorrono a determinare un ambiente adeguatamente ventilato, luminoso, favorevole all’espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive della pianta.
Nella scelta delle aree di produzione vengono privilegiati i terreni con buona tessitura che presentano un valido spessore ed un sottosuolo coerente, con buona esposizione e adatti ad una viticoltura di qualità.
Il particolare bouquet e le particolari note che caratterizzano i vini a DOC Val d’Arno di Sopra percepibili al gusto, sono indubbiamente dovute alle specifiche caratteristiche pedoclimatiche della zona che sommano inverni freddi e rigidi ad estati sufficientemente assolate e calde, che però mantengono una significativa escursione termica giornaliera che assicura il mantenimento degli aromi.
La centenaria storia vitivinicola del Val d’Arno già conosciuta nel medioevo come attestano numerosi documenti storici, è la fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del vino “Val d’Arno di Sopra” o “Valdarno di Sopra”.
Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere gli attuali rinomati vini.
La viticoltura del Val d’Arno, a causa della particolare orografia e situazione climatica, è sempre stata il risultato di un intreccio tra la situazione naturale e l’evoluzione culturale, frutto dell’intervento dell’uomo.
Ne sono esempio i tracciati ancora visibili delle strade romane con accanto i confini delle vigne delle Legioni acquartierate, ereditate dagli etruschi; gli enormi lavori di terrazzamento a secco di epoca medievale, sotto le Pievi romaniche lungo le vie dei pellegrini verso Roma; i nuovi impianti che grazie anche alle nuove tecnologie meccaniche possono sfruttare un ampia gamma altitudinale, ampliando in questo modo lo spettro qualitativo e identificativo.
Una terra di cultura, frontiera tra stati antichi e moderni, abitata da popolazioni che hanno espresso il loro sapere nella fruizione di una zona unica in Toscana, sfruttando al meglio particolarità geologiche e minerali, climatiche, culturali.