Le nostre scelte di acquisto dei pesci influenzano la salute dei mari: ci sono pesci da mettere nel piatto, altri invece occorre lasciarli nel loro habitat.
Non è assolutamente retorica, ma un’attenzione molto maggiore all’universo ittico deve assolutamente essere dedicata, perché le condizioni delle acque marine e di diverse specie sono particolarmente critiche. Piacere e responsabilità devono andare di pari passo non soltanto negli acquisti spesa dal pescivendolo di fiducia, ma anche al ristorante o in mensa. Le specie di pesce commestibile sono innumerevoli (si parla ben oltre le 25.000), ma purtroppo quelle utilizzate a livello culinario rimangono poche centinaia. Le motivazioni sono parecchie e andrebbero “perlustrate” con dovizia di particolari, soprattutto laddove persistono difficoltà di pesca, date anche dalle numerose varietà numerose di pesce, come nei mari dell’estremo oriente. A ciò si unisce naturalmente il gusto del consumatore che continua, imperterrito, a dimostrare di non amare il sapore di pesci, diciamo così per semplificare, un po’ particolari. Poi sì, c’è anche una scarsa presenza in termini quantitativi (anche lì comunque da verificare per bene), di alcune varietà che obbliga a una sorta di protezione della specie e ne vieta la conseguente raccolta. La pesca rimane, comunque, tra i più antichi metodi di approvvigionamento del cibo e fin dall’inizio si è sempre posta la questione relativa alla conservazione di un alimento deperibile, cioè essicamento e salagione (anche per il trasporto), ma anche ghiacciaie per diffondere l’abitudine di cibarsi di pesce appena pescato. Forse non tutti sanno che con la denominazione generica di “pesci azzurri”, si intendono alcuni gruppi di pesci marini (acciughe, sarde, pesce spada, sgombro, aringhe, aguglie) che vivono lontano dalle coste (a parte il periodo riproduttivo) e non sul fondale marino. Il nome è stato attribuito dalla tonalità azzurra metallica che in tali specie compare sul dorso, mentre sono spesso bianchi sul ventre e talvolta sono privi di squame. Qualcuno sostiene che il nome derivi dal fatto che questi pesci possiedono una fitta presenza nel mare italiano; in realtà essi sono presenti spesso anche lungo le coste del mare del Nord e dell’Atlantico. Fondamentale è sapere che il loro valore biologico è alto: il contenuto proteico non ha niente a che invidiare a quella delle carni, anzi, si possono orgogliosamente considerare migliori. Il pesce azzurro, inoltre, ha basso contenuto di carboidrati e alto di calcio e vitamine.
Ecco allora che per combinare piacere e responsabilità, il primo passo da compiere è quello di scegliere un buon pescivendolo, assicurandosi che sia preparato e disponibile a fornire tutte le informazioni necessarie (qual è il nome del pesce, da dove arriva, se è pescato o di allevamento, come è stato pescato e così via…). Il secondo sta nell’essere consci che i pesci di stagione sono quelli che non si trovano in fase riproduttiva. Mangiare queste specie consente infatti ad altre di crescere secondo i propri tempi, mentre consumare quelli nostrani (vale a dire quelli di passaggio nei nostri mari) significa sostanzialmente evitare di farne viaggiare altri, in aereo o su strada, per migliaia di chilometri. Il terzo stadio è quello di cercare la giusta taglia. Cosa vuol dire? Per la maggior parte dei pesci, molluschi e crostacei, esiste una taglia minima al di sotto della quale non possono essere pescati e commercializzati. Consumare pesci in età giovanile (o addirittura appena nati come i bianchetti) vuol dire ostacolarne la riproduzione, perché solo gli esemplari che giungono a maturità possono riprodursi e mantenere quindi l’equilibrio della catena. Il quarto è ultimo passaggio riguarda infine l’acquisto vero e proprio, ossia spendere meno. Le specie neglette (lo sgombro tanto per citarne uno) rappresentano pesci meno conosciuti – e meno cari – dei ricercatissimi tonno e salmone (per fare un altro esempio), ma altrettanto saporiti e a basso impatto ambientale. Ci sono dunque pesci che dobbiamo cercare di non mettere nei nostri piatti perché in via di estinzione, o perché frutto di pratiche di pesca o allevamento non sostenibili: oltre ai già citati salmone, bianchetti e tonno rosso, alla lista si aggiungono i gamberi tropicali allevati, il pesce spada, i datteri di mare e bisogna fare altresì attenzione alla cernia bruna e al merluzzo. Totale spazio allora alle specie “trascurate” e ai molluschi, in quanto gli allevamenti di vongole, cozze e ostriche risultano essere i più sostenibili: l’uomo non fornisce mangime e gli animali crescono grazie alle sostanze nutritive ricavate dalla filtrazione dell’acqua. Dopo il già menzionato sgombro, sì quindi alla aguglia, al sugarello, alla palamita, allo zerro, al pagello e alla lampuga.
Sarebbe bello però essere ancora più precisi e zelanti. Difficile? Nient’affatto, esistono pesci per tutte le stagioni che, spesso e volentieri, possono essere inseriti a cavallo o in due trimestri medesimi. In primavera consigliamo vivamente di procurarsi il pagello, lo sgombro, la leccia, il sugarello, la gallinella, la spigola, la palamita, il sarago, mentre in estate le alici, le sardine, l’orata, la sogliola e la ricciola. In autunno la triglia, il rombo, la lampuga e l’alalunga e in inverno il polpo, le vongole veraci e la rana pescatrice.
Lele Gobbi
Torinese, sognatore, osservatore, escursionista, scrittore. Laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l'Università di Torino e Master in “Non profit” presso la SDA Bocconi di Milano. Per otto anni si è impegnato in progetti con l'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, occupandosi di raccolta fondi, marketing, comunicazione, relazioni esterne, degustazioni e soprattutto di organizzazione di viaggi educativi in Italia e nel mondo. Scrive per Spirito diVino, James Magazine, La Cucina Italiana, Viaggiare con Gusto, Senza Filtro. È consulente per agenzie di marketing e comunicazione. Ha viaggiato in tutti i continenti alla ricerca dei cibi più vari, dei mercati più pittoreschi e dei popoli più antichi. Ama lo sport (sci e basket), la montagna (le Alpi) e l'arte contemporanea.
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Sociologo e giornalista enogastronomico, è direttore responsabile di laVINIum - rivista di vino e cultura online e collabora con diverse testate (...)
Di formazione tecnica industriale è stato professionalmente impegnato fin dal 1980 nell’assicurazione della Qualità in diverse aziende del setto (...)
Laureato in Filosofia e giornalista professionista, lavora al Mattino dove da anni cura una rubrica sul vino seguendo dal 1994 il grande rilanci (...)
Maestro Assaggiatore e Docente O.N.A.V., Delegato per la provincia di Lecco; svolge numerose attività come Docente presso Slow Food, Scuola de L (...)
Sommelier e master sul servizio vino e relazione col commensale, ha tenuto alcuni corsi in area territoriale del Pavese di approccio/divulgazion (...)
È Sommelier e Degustatrice ufficiale A.I.S. rispettivamente dal 2003 e dal 2004; ha sviluppato nel suo lavoro di dottorato in Industrial Design, (...)
Napoletano, classe 1970, tutt'oggi residente a Napoli. Laureato in economia, da sempre collabora nell'azienda tessile di famiglia. Dal 2000 comi (...)
Ha iniziato la sua attività in campo enogastronomico nel 1987. Ha collaborato con le più importanti guide e riviste del settore italiane ed este (...)
Nato nel 1974 a Roma in una annata che si ricorderà pessima per la produzione del vino mondiale. Sarà proprio per ribaltare questo infame inizio (...)
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