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Doc e DocgLe regole del vino

Le DOCG del Friuli: Ramandolo

mappa vino Docg Ramandolo


❂ Ramandolo D.O.C.G.
(Approvato sottozona della DOC Colli Orientali del Friuli con D.P.R. 20/7/1970 – G.U. n.247 del 30/9/1970; approvato DOCG con D.M. 9/10/2001 – G.U. n.250 del 26/10/2001; ultima modifica D.M. 7/3/2014, pubblicato sul Sito ufficiale del Mipaaf, Sezione Qualità e Sicurezza Vini DOP e IGP)


zona di produzione
● in provincia di Udine: comprende parte dei territori dei comuni di Nimis e Tarcento;

base ampelografica
verduzzo friulano (loc. verduzzo giallo);

norme per la viticoltura
per i nuovi impianti e reimpianti, la densità dei ceppi per ettaro non può essere inferiore a 3.000 in coltura specializzata;
la resa massima di uva in coltura specializzata non deve superare le 8 t/Ha e il titolo alcolometrico volumico naturale minimo deve essere di 11% vol.;

norme per la vinificazione
le operazioni di vinificazione e di eventuale arricchimento del grado alcolico, compreso l’appassimento delle uve che potrà verificarsi sulla pianta o in locali idonei sia termocondizionati che a ventilazione forzata, devono essere effettuate all’interno della zona di produzione, tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali, è consentito che la vinificazione possa avvenire anche all’interno dei territori dei comuni di Nimis e Tarcento;
nella vinificazione e nell’affinamento del vino a denominazione di origine controllata e garantita “Ramandolo” è consentito l’uso di botti in legno;

norme per l’etichettatura e il confezionamento
la menzione vigna seguita dal relativo toponimo è consentita alle condizioni previste dalle disposizioni di legge;
l’annata di produzione delle uve è obbligatoria su tutte le confezioni poste in vendita del vino a denominazione di origine controllata e garantita “Ramandolo”;
il vino a denominazione di origine controllata e garantita “Ramandolo” dovrà essere immesso al consumo esclusivamente in bottiglie di vetro della capacità non superiore a litri 5;

legame con l’ambiente geografico
A) Informazioni sulla zona geografica
Fattori naturali rilevanti per il legame
L’area geografica della D.O.C.G. “Ramandolo” ricade nella parte orientale della regione Friuli Venezia Giulia, in Provincia di Udine, e comprende un territorio di alta e media collina, nei comuni di Nimis e Tarcento alle pendici del Monte Bernadia la cui cima raggiunge i 1.732 m slm e fa da ombrello ai venti freddi di tramontana. I vigneti del sito di Ramandolo (piccola frazione di Nimis) da cui prende il nome il vino medesimo, sono tutti esposti a mezzogiorno e sono collocati tra i 250 m slm di Torlano (frazione di Nimis) e i 369 di Ramandolo, fino ad arrivare alla punta in altezza di 413 m di Sedilis (frazione di Tarcento).
La piovosità è tra le più elevate tra le denominazioni del Friuli Venezia Giulia, superando i 2.200 mm con circa 130 giornate piovose l’anno.
Questi fattori, assieme alle consistenti escursioni termiche prevendemmiali, determinano una specie di isola climatica che trasforma l’uva del Verduzzo friulano (il vitigno che dà origine al vino) prodotto nelle colline terrazzate, nell’inconfondibile vino Ramandolo.
Un clima così caratterizzato ha portato a una drastica selezione delle uve coltivate, infatti accanto al Verduzzo friulano si possono trovare praticamente solo altre due varietà: il Picolit ed il Refosco dal peduncolo rosso, che però non fanno parte del disciplinare di produzione.
I terreni sono composti prevalentemente da Marne eoceniche e il Ramandolo rappresenta il punto più a nord della viticoltura friulana.
Le colline sulle quali sono piantati i vigneti sono appoggiate alla massa calcarea del Monte Bernadia che ne rappresenta quindi un limite invalicabile.
La morfologia delle colline ove viene coltivato il Ramandolo, è tra le più “impegnative” della Regione, le pendenze sono molto accentuate, arrivano a superare il 30% e molto spesso le lavorazioni debbono essere fatte interamente a mano. Le terrazze sono spesso molto strette, a volte inferiori al metro di larghezza, ma dati i dislivelli non vi è pericolo di ombreggiamento.
Fattori umani rilevanti per il legame
Il sito di Ramandolo può essere descritto come: “…una lotta dell’uomo per ricavare da queste colline dei piccoli appezzamenti che gli permettano, con la coltivazione della vite, la sopravvivenza.”
Ramandolo: è un nome di origine romana che in passato suonava “Romandolo”, potrebbe però avere anche un’origine diversa, secondo Cornelio Cesare Desinan non è certamente un nome romano, “Romandulus”, diminutivo di “Romandus” non vuol dire “romano” bensì “romanzo”, cioè “neolatino” ovvero “friulano”, la borgata di Ramandolo è proprio al confine linguistico (che si è spostata più volte): verso l’alto gli slavi o sloveni, verso il basso i friulani discendenti dai romani.
Il primo documento che parla dell’esistenza del borgo risale al luglio 1273 “…in Villa de Ramandul”, la storia e la vita di Ramandolo sono strettamente legate alla chiesetta di San Giovanni Battista, eretta per volontà di dieci persone che con atto notarile del 9 aprile 1482 si associarono impegnandosi a versare due ducati a testa.
Il paesaggio rurale si è notevolmente modificato col terremoto del 1976 che qui ha colpito molto duramente, quasi tutte le case e le chiese sono state ricostruite o restaurate, data la frequente precipitazione grandinigena la maggior parte dei vigneti sono protetti da apposite reti antigrandine, le reti, che sono solitamente appoggiate lungo la chioma delle viti, richiedono un controllo costante da parte dei viticoltori, inoltre ogni operazione manuale che si effettua nel vigneto richiede che la rete venga spostata in alto per poter effettuare i lavori per poi essere riposizionata nella propria posizione.
Molti sono gli aspetti legati ai fattori umani che hanno inciso e continuano a incidere nella produzione del Ramandolo, certamente questi aspetti si traducono in altrettanti fattori che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:
▪ base ampelografica dei vigneti: il vitigno idoneo alla produzione del vino in questione, è il Verduzzo friulano che in questa zona è ampiamente coltivato nel clone chiamato verduzzo giallo, che si differenzia dal verduzzo verde, che è invece coltivato nel resto della regione e nel vicino Veneto;
▪ le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura: i vigneti, sono allevati nella stragrande maggioranza dei casi con la forma così detta alla “cappuccina” (doppio capovolto), si utilizzano anche i Guyot, oppure il monolaterale capovolto, i filari sono spesso segnati da alberi da frutta, in massima parte ciliegi, meli, susini e fichi. La particolare conformazione del terreno e l’elevata pendenza, non rendono possibile meccanizzare le operazioni colturali, per questo motivo sia la potatura secca che quella verde sono effettuate esclusivamente con l’utilizzo di manodopera, per lo più locale e anche la vendemmia si fa a mano, e rappresenta uno dei passaggi più delicati di tutto il processo vegetativo. Gli impianti sono quasi sempre fitti, le forme di allevamento permettono di avere un’elevata densità d’impianto con una conseguente ridotta resa per ceppo;
▪ le pratiche relative alla raccolta delle uve e all’elaborazione dei vini: la raccolta delle uve è tardiva, molto spesso con un leggero appassimento in pianta, nelle annate favorevoli, la vendemmia può anche arrivare a fine ottobre. Tanti produttori raccolgono le uve direttamente nelle cassette che vengono portate nel centro di appassimento comunale, che è gestito da una cooperativa di produttori, altri vignaioli, effettuano l’appassimento nei graticci, nelle annate favorevoli si riesce a sviluppare la muffa nobile (Botrytis cinerea) che infonde nel vino le sue inconfondibili peculiarità.
Molti sono i viticoltori che adottano la vinificazione per alzata di cappello, ossia con una leggera macerazione che, date le basse temperature che ci sono durante la fermentazione, può rappresentare una blanda criomacerazione, certi produttori vinificano in bianco, ottenendo un vino più gentile e pronto al consumo. Il Verduzzo è un’uva che dà parecchio tannino, è tra le pochissime varietà a bacca bianca che contiene nelle proprie bucce questi polifenoli, per questo motivo riuscire a equilibrare la giusta concentrazione tra i tannini, l’acidità e le sensazioni dolci è molto difficile e richiede l’esperienza che i vignaioli del Ramandolo possiedono e si tramandano da padre in figlio.
B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico
La DOCG “Ramandolo” presenta una sola tipologia di vino. L’interazione delle condizioni climatiche, della conformazione del territorio e delle pratiche vitivinicole dei produttori si traducono in un vino di color oro, leggermente tannico, di corpo, amabile, con profumo di acacia, di frutta matura come le susine, le albicocche e il miele di montagna, molto equilibrato e piacevole, l’acidità totale è buona, mentre l’acidità volatile, come tutti i grandi vini da meditazione, che hanno avuto un periodo di appassimento più o meno marcato, raggiunge valori anche al di sopra della media, senza risultare però mai squilibrata considerata l’elevata struttura data da un estratto non riduttore sicuramente importante.
C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera
B)
L’orografia collinare dell’areale di produzione è caratterizzata dalla presenza del Monte Bernadia che, grazie alla sua spiccata altezza (1.732 m slm), sovrasta tutta la zona più a nord della D.O.C.G. Ramandolo, questa particolare conformazione presenta una “barriera naturale” dei venti freddi del nord che vengono in questo modo deviati verso le zone più sottostanti alla D.O.C.G.
Bisogna ricordare che Ramandolo rappresenta la zona di coltivazione più a nord del Friuli Venezia Giulia e quindi, Trentino Alto Adige a parte, è tra le aree di coltivazione della vite più a nord d’Italia.
Il terreno appartiene a formazioni eoceniche ed in particolare, alla zona eocenica inferiore prevalentemente calcarea, inoltre la sua composizione superiore, è modificata dalle numerose frane precipitate dai sovrastanti calcari del monte Bernadia, che danno così origine a un soprasuolo che non si trova in nessun’altra parte del Friuli Venezia Giulia. Queste Marne eoceniche si possono classificare nel così detto “Flysch di Cormons” (in friulano “ponca”) e comprende i terreni marnosi e collinari della zona dei “Colli Orientali del Friuli” e del “Collio”.
Il Verduzzo friulano, coltivato in questi terreni assorbe direttamente dal substrato marnoso tutti gli elementi caratteristici e particolari che ne condizionano la vigoria, come è da più parti dimostrato la “ponca” è un terreno che non permette eccessi vegetativi ma anzi, ne limita la quantità premiando le espressioni qualitative, in queste zone la vite è praticamente l’unica specie vegetale coltivata, in alternativa si può trovare quello che la natura permette di svilupparsi a queste altezze cioè il bosco.
La piovosità media annua dell’ultimo decennio supera i 2.200 mm, con più di 130 giornate piovose, e anche durante il periodo vegetativo della vite, le precipitazioni sono ben distribuite pertanto la siccità non è un evento comune per questa zona.
La temperatura media si attesta sui 13,6 °C con dei picchi estivi che superano abbondantemente i 30°C mentre d’inverno non è raro scendere sotto lo zero termico.
Queste condizioni climatiche limitano l’appassimento in pianta a favore di un più diffuso utilizzo dell’appassimento in cassette oppure nei graticci al fine di favorire, all’interno degli acini, l’eliminazione parziale dell’acqua a vantaggio di una concentrazione di zuccheri, acidi, sostanze aromatiche, polifenoli ecc..
L’insieme delle tecniche enoiche unite al particolare microclima e all’appassimento, caratterizzano in maniera indelebile il bouquet del vino, infatti, i sentori di miele e frutta matura, unite alla particolare tannicità creano un’insieme di sensazioni così uniche da farne un vero proprio marchio di fabbrica.
La produzione di questo vino si è perfezionata anno dopo anno, e diversi documenti che citano la produzione del Ramandolo sono stati recuperati dimostrando la vocazione di questa zona: Claudio Fabbro in “Alle radici de Ramandolo” porta ad esempio: la II Fiera – Concorso dei vini friulani, organizzata dalla Società agraria friulana a Udine dal 20 al 23 aprile 1893, in cui fu consegnato un attestato di lode, per un vino Ramandolo fuori concorso, a Giovanni Comelli detto “Moro”, appassionato vitivinicoltore di Torlano.
Un vero vanto allora per lui e oggi per i suoi discendenti, o almeno per quanti credono nella vite e nel vino… E dimostra quanto sia consolidata la consuetudine di chiamare questo vino, ottenuto dalle uve di Verduzzo friulano, con lo stesso nome geografico della zona di produzione: Ramandolo, appunto, piccola frazione di Nimis adagiata sulle pendici della Bernadia, resa famosa proprio da questo nettare regalato da una vite coltivata con tanti sacrifici nei vigneti spesso strappati alla roccia della montagna ma le cui uve, una volta spremute, sanno dare un prodotto così buono e delicato che fa dimenticare tutte le fatiche.
Di più: un vino di questa stoffa e di questa personalità può essere prodotto soltanto a Ramandolo e nelle colline circostanti, di Cloz, Sedilis, Moric, Coia.
Nelle altre pur amene contrade dei Colli Orientali del Friuli, sebbene vocate a una viticoltura finissima, si produce un ottimo Verduzzo, certamente, ma che nulla ha a che vedere con questo di Ramandolo e zone contermini.
Risale al 1934 un prezioso documento pubblicato in “L’Agricoltura Friulana” (n° 51, 22 dicembre 1934 – XIII E.F.) del dott. Perusini Gaetano che scriveva: “Non c’è chi non conosca in Friuli il vino di Ramandolo; esso però, pur essendo citato dal Marescalchi nella sua opera sui vini tipici italiani, non ha finora attirato, come meritava, l’attenzione degli enologi e dei viticultori. I pochi scritti che ne parlano riportano numerose inesattezze. La principale di queste inesattezze riguarda la zona di origine di questo vino, poiché, a mio avviso, il nome di Ramandolo va dato esclusivamente al vino ottenuto dal Verduzzo, vinificato con metodi particolari e raccolto intorno al paese di Ramandolo, a un’altitudine variabile fra i 250 e i 370 metri, su di una ripida costa che beneficia in egual misura delle favorevoli condizioni di ambiente e terreno. Questa costa infatti è riparata dai venti freddi dalle rocce del monte Bernadia che si alzano quasi a picco sopra il paese, inoltre queste rocce riflettono fortemente i raggi solari e vi mantengono una temperatura leggermente superiore a quella dei paesi contermini”.
Nel 1992 con decreto del Ministero dell’Agricoltura è stata riconosciuta la sottozona di Ramandolo all’interno della D.O.C. “Colli Orientali del Friuli”, successivamente il Consorzio di tutela del Ramandolo, fondato nel 1988, ottenne il riconoscimento della prima D.O.C.G. regionale proprio sul medesimo vino, infatti con il D.M. 9 ottobre 2001 il Ministero riconobbe il più alto valore alla denominazione del Ramandolo elevando la sottozona a denominazione di origine controllata e garantita.
La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, con l’impianto di nuovi vigneti assieme alla ristrutturazione di quelli più vecchi, insieme ad una maggiore spinta promozionale che, unita alla professionalità degli operatori, hanno permesso di accrescere costantemente il livello qualitativo e la rinomanza del “Ramandolo”.

Roberto Giuliani

Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore informatico. Ma la sua vera natura non si è mai spenta del tutto, tanto che sin da ragazzo si è appassionato alla fotografia e venticinque anni fa è rimasto folgorato dal mondo del vino, si è diplomato sommelier e con Maurizio Taglioni ha fondato Lavinium, una delle prime riviste enogastronomiche del web, alla quale si dedica tutt’ora anima e corpo in qualità di direttore editoriale. Collabora anche con altre riviste web e ha contribuito in più occasioni alla stesura di libri e allo svolgimento di eventi enoici. Dal 2011 fa parte del gruppo Garantito Igp.

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