Alcune viti americane sono immuni dalla fillossera per quanto riguarda la parte radicale (anche se non quella aerea) e sono utilizzate come porta-innesto per le viti europee, perché questo è l’unico vero metodo di lotta biologica preventiva efficace su vasta scala dopo l’immensa strage di vigneti che quel maledetto afide fitofago ha provocato in Europa per alcuni decenni fin dalla sua comparsa in Francia nel 1863. Attualmente non sono rimasti che pochi ettari al mondo di vigne con ceppi coltivati a piede franco, specialmente sui terreni sabbiosi o in alta montagna. A eccezione del Cile, dove la fillossera non trova da nessuna parte un habitat favorevole. Più della metà dei vini cileni distribuiti in Europa, però, arriva in cisterna ed è imbottigliata in Germania, quindi subendo tutte le manipolazioni necessarie per la stabilizzazione e per il lungo viaggio, dalla termoregolazione alle filtrazioni e alla pastorizzazione, perdendo gran parte delle doti organolettiche e del valore, tanto che sul mercato i prezzi sono estremamente bassi. Per gustare qualcosa di veramente straordinario, ci si deve affidare a quei produttori andini che non si sono mai fatti incantare dalla moneta facile degli imbottigliatori tedeschi, ma che hanno dimostrato di non sfruttare intensivamente la terra e di cercare più qualità che quantità. Ci pensa la Sección Viñas y Vinos de la División de Protección Agrícola y Forestal del Servicio Agrícola y Granadero (SAG) a esercitare uno strettissimo controllo su questi produttori, obbligati a un severo processo di monitoraggio, diligente anche se difficile, durante tutto l’arco della filiera, dall’autorizzazione all’importazione di vitigni e di cloni, dalla certificazione delle barbatelle allo stato del vigneto e anche sul vino.
Álvaro e Javier
Tra quelli che fin dall’origine hanno sempre rivolto le cure necessarie ai suoli con rispetto all’ambiente e che hanno fatto attenzione alla selezione e alla purezza dei vitigni, alle densità di piantumazione per ridurre le rese e a tutte le altre condizioni indispensabili per ottenere le uve più sane e quindi i vini migliori, ai primi posti c’è la famiglia Paredes. Don Amado è stato il fondatore di Viñedos Torreón de Paredes nel 1979 e i suoi figli Álvaro e Javier (il globetrotter che ho avuto il piacere di conoscere a Cracovia quindici anni fa) ne continuano l’opera nell’agro di Rengo, nel cuore della valle del Cachapoal, al centro della regione vitivinicola di Rapel. Qui le temperature estreme degli ultimi anni sono andate in media dai 4 °C dell’inverno ai + 29 °C dell’estate, le precipitazioni sono sempre concentrate in pieno inverno e si aggirano in media intorno ai 500 mm l’anno, i suoli poggiano su strati di detriti alluvionali, dall’ottimo drenaggio, e sono ricchi di pietre che immagazzinano il caldo di giorno e lo restituiscono piano piano di notte. Sono circa 150 ettari di vigneto sui 300 in totale della tenuta che si trova a 114 km a sud di Santiago, ad altezze intorno ai 320 metri s.l.m., con il 75% di ceppi per vini rossi e il 25% di ceppi per vini bianchi, di età media sui 20 anni, che per sopravvivere allo stress idrico godono dell’acqua pura del Rio Claro distribuita con impianti a goccia dall’irrigazione di sostegno e, a causa dell’elevata densità di piante per ettaro (in media 4.500), sono vendemmiati a mano. Il posto è molto bello e si organizzano anche dei tour diversi a seconda delle curiosità dei visitatori della tenuta.
Con queste premesse, non si può che fare eccellenti vini rossi, tra cui il Don Amado (Cabernet Sauvignon per almeno il 75%, con l’apporto di Merlot e, a seconda delle annate, anche di Carménère e Syrah), che fa da 3 a 4 settimane di macerazione, completa la fermentazione in vasche inox, matura 16 mesi in barriques francesi nuove, è chiarificato a bassa temperatura ma non filtrato e si affina per altri due anni in bottiglia. Ottimo il Reserva Privada Cabernet Sauvignon, maturato da 14 a 16 mesi in barriques francesi nuove. Eppure in giro per il mondo quelli che stupiscono di più i degustatori sono i Merlot come il Reserva con 10 mesi in barriques usate e il Valle de Rengo (con una crianza di parte del vino in barriques usate) oppure il Valdemoro, solo acciaio inox. Per non parlare del delizioso rosato Valle de Rengo (alcool dal 13% a oltre il 14% a seconda dell’annata) da uve Cabernet Sauvignon, con 8-10 ore di permanenza sulle bucce e poi tutto inox, un colore di grande brillantezza e note di mandorla piuttosto sostenute, di un caldo avvolgente anche se va servito fresco a 14 °C. Ai vari concorsi di Bruxelles, Montreal, Hong Kong, Londra, sono stati conquistati molti premi e medaglie d’oro e d’argento, ma gli apprezzamenti più imprevisti sono andati proprio ai vini base come il Valle de Rengo Chardonnay, un bianco adamantino, di freschezza impareggiabile, scuola di montagna e in particolare della Borgogna, tanto da somigliare per pulizia e carattere proprio agli Aligoté d’oltralpe. Viene da uve raccolte a mano in una zona particolare a 330 metri d’altezza sul livello del mare e i suoi grappoli sono delicatamente pigiati in una pressa pneumatica nuova per fare tutta la fermentazione in vasche inox, dove sostano qualche mese sotto stretto controllo di temperatura per poter sviluppare il massimo della fragranza, a differenza della Reserva Privada e della Reserva di Chardonnay che maturano in barrique “sur lies”, cioè sulle proprie fecce.
Quello del 2016 cattura subito l’attenzione per la brillantezza delle sue trasparenze di un giallo chiaro molto vivo con riflessi più solari e si distingue subito per l’accento di fiori d’arancio che emerge dal bouquet, che vira piacevolmente verso quelle note d’agrumi che ne fanno un vino da frutti di mare. Aromi che, a bicchiere ben agitato e quasi vuoto, liberano le componenti minerali, soprattutto di pietra focaia, con annessa quella scintilla immaginaria che riescono a riservare per il finale. Beninteso, l’equilibrio ha qualcosa di straordinario, è un vino fine e delicato, si sente la mano dell’artista, ma il gusto è tanto naturalmente tropicale da richiamare l’avocado, la mela golden, l’albicocca, la cassata siciliana, manca solo il pappagallo sulla spalla e sarebbe anche un simpatico vino da pirati. Non vogliatemi male, ma non ce lo vedo proprio con quel salmone affumicato che in genere servono a molte degustazioni (raramente quello della migliore qualità, che è rosso) forse perché costa meno dei gamberetti con i quali può andare invece d’amore e d’accordo. Meglio ancora sarebbe gustarlo con l’aragosta alla catalana, a pezzi con pomodorini e cipolle bianche, olio extravergine d’oliva e limone (niente spezie per carità!).
Un altro amore, comunque, ce l’ha: i tortellini alla panna (favolosi da sempre quelli di Bertino, in centro a Bologna, via delle Lame 55, tel. 051.522230). Scegliete pure voi il resto, dal prosciutto crudo alla ventresca di tonno di corsa, dai porcini trifolati ai piatti meglio riusciti della vostra fantasia in tema di salse bianche. Questo Chardonnay tutto sole e aria pulita delle ”alturas” cilene va veramente a nozze con tante belle pietanze casalinghe, con un sottofondo di musica degli Inti Illimani e mi ricorda sempre, ogni volta, il sorriso di speranza del mio amico e collega José Vallebona, sopravvissuto al golpe sanguinario del 1973 e rifugiato per miracolo a Milano con la famiglia, quando in fabbrica esplose gridando ”que viva Chile, hasta nuevo!” alla notizia che poteva ormai rientrare in patria senza più pericolo. Chissà dov’è, ma con questo vino rimane sempre un po’ anche con me.
Mario Crosta
Viñedos Torreón de Paredes Fundo Santa Teresa, Camino Las Nieves s/n, Casilla 151 Rengo, CILE tel. +56.72.2512551, fax: +56.72.2512922 sito www.torreon.cl e-mail torreon@torreon.cl
Di formazione tecnica industriale è stato professionalmente impegnato fin dal 1980 nell’assicurazione della Qualità in diverse aziende del settore gomma-plastica in Italia e in alcuni cantieri di costruzione d’impianti nel settore energetico in Polonia, dove ha promosso la cultura del vino attraverso alcune riviste specialistiche polacche come Rynki Alkoholowe e alcuni portali specializzati come collegiumvini.pl, vinisfera.pl, winnica.golesz.pl, podkarpackiewinnice.pl e altri. Ha collaborato ad alcune riviste web enogastronomiche come enotime.it, winereport.com, acquabuona.it, nonché per alcuni blog. Un fico d'India dal caratteraccio spinoso e dal cuore dolce, ma enostrippato come pochi.
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Sociologo e giornalista enogastronomico, è direttore responsabile di laVINIum - rivista di vino e cultura online e collabora con diverse testate (...)
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Laureato in Filosofia e giornalista professionista, lavora al Mattino dove da anni cura una rubrica sul vino seguendo dal 1994 il grande rilanci (...)
Maestro Assaggiatore e Docente O.N.A.V., Delegato per la provincia di Lecco; svolge numerose attività come Docente presso Slow Food, Scuola de L (...)
Sommelier e master sul servizio vino e relazione col commensale, ha tenuto alcuni corsi in area territoriale del Pavese di approccio/divulgazion (...)
È Sommelier e Degustatrice ufficiale A.I.S. rispettivamente dal 2003 e dal 2004; ha sviluppato nel suo lavoro di dottorato in Industrial Design, (...)
Napoletano, classe 1970, tutt'oggi residente a Napoli. Laureato in economia, da sempre collabora nell'azienda tessile di famiglia. Dal 2000 comi (...)
Ha iniziato la sua attività in campo enogastronomico nel 1987. Ha collaborato con le più importanti guide e riviste del settore italiane ed este (...)
Nato nel 1974 a Roma in una annata che si ricorderà pessima per la produzione del vino mondiale. Sarà proprio per ribaltare questo infame inizio (...)
Bolognese dentro, grafico di giorno e rapito dal mondo enologico la sera. Per un periodo la sera l'ha condivisa con un'altra passione viscerale (...)
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