Degustatore: Andrea Li Calzi Valutazione: @@@@ Data degustazione: 10/2021
Tipologia: Doc Rosso Vitigni: dolcetto Titolo alcolometrico: 13% Produttore: PERTINACE Bottiglia: 750 ml Prezzo enoteca: da 10 a 15 euro
Continua il mio focus dedicato ai vini della Cantina Pertinace, storica cooperativa piemontese di Treiso oggigiorno composta da 21 soci per un totale di 110 ettari vitati. Amo sempre iniziare da un buon Dolcetto d’Alba quando mi trovo al cospetto di una batteria di rossi piemontesi: vuoi perché i produttori tra queste colline lo allevano dai tempi di Bacigalupo – come si suol dire – vuoi perché spero sempre che questo particolarissimo vitigno autoctono langarolo riesca nel tempo a trovare il suo giusto spazio, un degno riconoscimento. Più vado avanti e più mi ostino a non voler accettare il ruolo marginale che viene attribuito a quest’uva. Anarchico quanto il grignolino, altra perla tutta da valorizzare a mio avviso, sfaccettato e versatile, due mondi completamente diversi che tuttavia vivono le stesse assurdità legate a un consumo parco e mai all’altezza del potenziale. Il Dolcetto d’Alba di Pertinace è prodotto con uve allevate a guyot nei comuni di Treiso ed Alba, le vigne sono esposte a sud, sud-est e sud-ovest, resa per ettaro pari a 60 Hl., la matrice del terreno è costituita da marne bianche molto povere, soprattutto nel primo comune citato. La vinificazione avviene in acciaio inox, circa 8-10 giorni, segue affinamento nello stesso materiale per 6 mesi. L’annata 2020, regolare ed equilibrata, lontana da stressi idrici o fenomeni particolarmente significativi, ha regalato uve sane con aromi notevoli e livelli di acidità adeguati. Rubino profondo al calice, tonalità vivace e riflessi porpora, media consistenza. In questa sua prima fase di vita, pochi credono in una moderata capacità d’affinamento da parte del Dolcetto – ed io non sono fra questi – il naso è piuttosto esuberante. Ricordi vinosi cedono presto il posto ad una spezia suadente, dolce/piccante, chiodo di garofano e ginepro, peperone abbrustolito e pepe nero, liquirizia, tabacco; il frutto è croccante, spigliato, sa di amarena e lampone, tocchi balsamici in chiusura e la classica mandorla. Il quadro olfattivo è vivo e cangiante, estremamente pulito. In bocca le sensazioni dolci-acide del frutto mostrano coerenza e vivacizzano la fase gustativa, il tannino è fitto e al contempo dolce, la sapidità incalzante mostra il potenziale di queste uve allevate in un territorio che non ha certo bisogno di presentazioni. Su un piatto di coniglio in umido con peperone corno e cipolla ramata è un buon modo di festeggiare il pranzo della domenica. Quattro chiocciole conquistate con estrema disinvoltura.
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Laureato in Filosofia e giornalista professionista, lavora al Mattino dove da anni cura una rubrica sul vino seguendo dal 1994 il grande rilanci (...)
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Sommelier e master sul servizio vino e relazione col commensale, ha tenuto alcuni corsi in area territoriale del Pavese di approccio/divulgazion (...)
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