I vigneti della Tenuta Margon
Poco più di un anno fa, durante la quindicesima edizione di “Identità Golose Milano”, ho approfittato dell’invito di Cantine Ferrari di Trento, partner del noto centro internazionale della gastronomia, per approfondire il microcosmo di bollicine che gravita attorno al noto brand trentino (consiglio vivamente la rilettura dell’articolo per avere tutte le nozioni approfondite sulla storia dell’azienda). Una realtà vitivinicola che anno dopo anno, e ne son passati molti dalla sua nascita (1902), sta letteralmente conquistando l’universo enoico; senza ombra di dubbio Ferrari rappresenta una tra le più importanti bandiere del vino italiano nel mondo. Lo conferma ad esempio il riconoscimento di Wine Intelligence attraverso la classifica “Global Wine Brand Power Index” che definisce l’azienda trentina “marchio di vini più forte in Italia”. Ulteriore conferma da parte di “Italy Wine Landscape 2020”, una società inglese di ricerche di mercato e consulenza specializzata nel settore vitivinicolo, la stessa premia Ferrari, primo posto sul podio, con un indice di notorietà (Brand Awareness Index) pari a 100 e un indice complessivo (Brand Power Index) di 99. Potrei andare avanti una settimana a parlare dei tanti traguardi raggiunti dall’azienda nel corso degli anni, ma non è questo il tema del mio scritto, il mio obbiettivo è semplicemente onorare un impegno preso con l’azienda durante “Identità Golose 2019”. L’invito prevedeva due giornate: una, dedicata alle bollicine, l’altra, ai vini fermi prodotti attraverso le Tenute Margon, Podernovo e Castelbuono, rispettivamente dislocate in Trentino, Toscana e Umbria. Purtroppo non ho potuto partecipare a quest’ultima giornata per via d’impegni inderogabili, ma a distanza di 17 mesi, finalmente, ho l’occasione di approfondire le tenute dei Lunelli attraverso i rispettivi vini bandiera delle tre cantine del gruppo.
Tenuta Margon
Tenuta Margon Dopo aver maturato un’esperienza ad altissimi livelli nella produzione del famoso Trentodoc, che ancor oggi porta il cognome del suo fondatore (Giulio Ferrari), negli anni ’80, la famiglia Lunelli, proprietaria del marchio dal 1952, decide di lanciarsi nel mondo dei vini fermi con il consueto impegno che la contraddistingue. Tutto ciò, grazie all’arte ormai consolidata di far vino e a uno staff enologico di tutto rispetto capeggiato da Ruben Larentis, un nome che non ha certo bisogno di presentazioni. Tenuta Margon è una cantina situata alle pendici dei monti che abbracciano la splendida cittadina di Trento, ad un’altitudine compresa tra i 350-600 metri. In queste dolci colline, caratterizzate da un terreno a scheletro prevalente e tendenzialmente sabbioso, vengono allevate solo uve di proprietà; il clima è caratterizzato da forti escursioni termiche fra notte e giorno, presupposto fondamentale per lo sviluppo dei classici aromi che daranno slancio e carattere ai vini prodotti in quest’area vitivinicola. Chardonnay, pinot nero, sauvignon, incrocio Manzoni e pinot bianco, queste le uve che hanno saputo maggiormente adattarsi; stupenda la frase riportata nel sito aziendale, mi sembra doveroso trascriverla integralmente: “Le pendici dei monti del Trentino, morbide e soleggiate, sono come i versi di una poesia. I vigneti scrivono la sua punteggiatura”. L’obbiettivo dei Lunelli, attraverso Tenuta Margon, è quello di creare vini armoniosi, affascinanti, longevi, non potrebbe essere altrimenti considerando il fatto che le vigne sono dislocate principalmente vicino a Villa Margon, splendido complesso cinquecentesco sede di rappresentanza del Gruppo. Tre le etichette prodotte: “Villa Margon” Trentino DOC Chardonnay, dove il celebre vitigno d’origine francese è protagonista assoluto, il “Pietragrande”, ultimo nato, Trentino Bianco DOC, un blend di chardonnay 80%, sauvignon, incrocio Manzoni e pinot bianco 20%; infine il “Maso Montalto”, storico vigneto di famiglia caratterizzato da un’iconica parete rocciosa d’oltre mille metri che conferisce a questo pinot nero 100%, assaggiato più volte in passato, tratti piuttosto caratterizzati e difficilmente confondibili.
Foto Danila Atzeni
Trentino Chardonnay Villa Margon 2017 Il Villa Margon 2017 è il vino presentato dalla Tenuta, etichetta ormai più che trentenne, (1987 primo anno di produzione), fu il vero e proprio banco di prova di casa Ferrari per quanto riguarda la produzione di vini fermi. Ovviamente il debutto, come in ogni contesto che si rispetti, è quasi sempre affidato a qualcosa che ben si conosce, si padroneggia, inutile rischiare, in poche parole, anzi una sola: chardonnay. I Lunelli ne sanno qualcosa, non va dimenticato che per produrre nobili bollicine si parte sempre dai vini fermi, e la maggior parte dell’etichette di Ferrari Trentodoc è prodotta con l’impiego dell’uva a bacca bianca più famosa e originaria della Borgogna. L’annata 2017, tutt’altro che facile in Trentino, è stata caratterizzata da un inverno generalmente mite che ha favorito un germogliamento precoce; nel periodo successivo le note dolenti, ovvero una gelata il 21 aprile e la siccità d’inizio estate che ha limitato fortemente lo sviluppo vegetativo. Il peso inferiore del grappolo, unito alla bassa fertilità dei germogli e agli ammanchi di produzione, dovuti a gelate e grandinate, hanno contribuito a rendere l’annata in questione una tra le più scarse a livello quantitativo. Discorso opposto sulla qualità della vendemmia, lo chardonnay è stata la cultivar che ha dato i migliori risultati in zona. Veniamo al vino, chardonnay in purezza allevato a pergola semplice trentina (4000 ceppi per ha), secondo principi di sostenibilità nei vigneti di montagna situati alla destra dell’Adige a Sud-Ovest di Trento. Il terreno è caratterizzato da scheletro prevalente e sabbia. Rese pari a 60 hl. per ha, fermentazione a temperatura controllata in recipienti d’acciaio inox, con utilizzo di lieviti selezionati, e in parte in carati di rovere, segue un affinamento minimo di otto mesi in cantina. 13,5% vol., si presenta in veste oro caldo, vivace, riflessi chiari, luminosi. Si muove lento nel bicchiere mostrando consistenza ed estratto. Un naso intenso, virtuoso, inizialmente incentrato su rimandi minerali di pietra focaia e calcare; con opportuna ossigenazione e lieve aumento di temperatura tutta la dolcezza dei canditi, (cedro, arancia navel) s’alterna al tropicale di mango e ananas maturo, chiude su vaniglia bourbon, pepe bianco e tabacco. Un naso che evolve lentamente, cambia registro praticamente ogni 5 minuti. In bocca l’attacco è morbido, rotondo, il frutto opportunamente maturo, vi è sensazione pseudocalorica rilevante e una freschezza piuttosto tangibile, ma, complice l’annata calda, la stessa risulta in ritardo sulla vera protagonista, la sapidità. Vino importante, complesso, ancora giovane, son certo che il tempo smusserà l’irruenza minerale del terreno, facendo prevalere la classica eleganza dello chardonnay trentino. L’abbinamento con un coniglio alla ligure è quanto di più indicato a mio avviso.
Tenuta Podernovo
Tenuta Podernovo “Il biologico, in equilibrio tra uomo e natura, scelta di vite, scelta di vita.” Esordisce così Tenuta Podernovo, dal 2000 cantina toscana del gruppo Lunelli, mettendo in chiaro subito le cose: il regime biologico come filosofia produttiva, e di vita, al centro di una produzione vitivinicola che si estende per 40 ettari in provincia di Pisa nel comune di Terricciola, a pochi km dalla costa toscana. Questo poggio vitato è un luogo fiabesco, magico, da cartolina: verdi colline e stupende sfumature che, soprattutto al tramonto, rendono il paesaggio toscano una vera e propria opera d’arte che pare dipinta dall’immenso Cézanne. Favorevole è la posizione geografica, non solo, la particolare composizione del terreno, ricco di depositi fossili e sabbie, creano un microclima ottimale che ben si adatta alla coltivazione della vite. Va sottolineato come il vino in queste terre, già ai tempi degli Etruschi, fosse un’identità storica e culturale che ancor oggi compie il suo inarrestabile cammino. Oltre alla produzione certificata biologica dal 2012, bisogna riconoscere che Tenuta Podernovo è da sempre stata attenta a limitare l’impatto ambientale.
Barricaia Tenuta Podernovo
Un fulgido esempio riguarda la cantina, realizzata nel rispetto massimo della morfologia del luogo e soprattutto con attenzione maniacale alla salvaguardia del paesaggio circostante. L’ obbiettivo è stato raggiunto grazie all’utilizzo di pietra locale, ricavata dal terreno della campagna, inoltre, i colori scelti, per tornare al parallelismo con il grande pittore francese originario della Provenza, risultano in perfetta sintonia con il paesaggio. I vini prodotti anche in questo caso sono tre, tutti sotto l’IGT Costa Toscana: “Teuto”, un blend di sangiovese 65%, merlot 30% e cabernet sauvignon 5%, “Aliotto”, sangiovese 60%, cabernet, merlot ed altre uve locali 40%, infine, l’ultimo nato in casa Podernovo è un cabernet franc in purezza chiamato “Auritea”, prima annata prodotta 2015.
Teuto 2016 L’etichetta presentata è il Teuto 2016, prima annata prodotta 2003. È un vino che vuole imprimere tutto il carattere mediterraneo del sangiovese unito alla classica armonia dei vitigni tipici bordolesi, è risaputo, in Toscana, ormai da cinquant’anni, fanno parte della storia di questa stupenda regione. Il nome “Teuto” evoca il popolo del nord che tra il III e il IV secolo conquistò queste terre. Veniamo all’annata 2016, ormai considerata tra le migliori del nuovo millennio, l’azienda ha inviato la scheda specifica che riporto integralmente, lo scopo è sempre lo stesso, capire meglio il vino, materia imprescindibile dal millesimo: L’inverno 2016 è stato caratterizzato da un tempo discretamente freddo e molto piovoso causando un ritardo nel germogliamento che si è protratto fino alla vendemmia. Le basse temperature e le piogge primaverili hanno provocato una fioritura eterogenea dei grappoli, ma senza comprometterne la produzione e la qualità. L’estate è arrivata puntuale, abbastanza soleggiata con qualche temporale che dopo Ferragosto ha abbassato le temperature, favorendo una graduale maturazione dei profumi, un mantenimento dell’acidità, con un ottimale grado zuccherino. La vendemmia è cominciata a inizio settembre per le uve Merlot, per proseguire con il Sangiovese e concludersi ai primi di ottobre con il Cabernet Sauvignon. Il Teuto nasce dalle migliori uve della Tenuta, selezionate grazie al programma di agricoltura di precisione denominato “Animavitis”; è un blend di sangiovese 65%, merlot 30% e cabernet sauvignon 5%. I terreni hanno una tessitura di medio impasto limoso-argilloso, ricchi di conchiglie fossili situati tutt’intorno al poggio su cui sorge la cantina e quindi con una esposizione a 360°. In vigna si predilige il cordone speronato, resa pari a 5680 ceppi per ha (45 hl di vino per ha). Premacerazione a freddo a 12°C per 36 ore, temperatura massima di fermentazione 26°- 28°C in legno e acciaio. La macerazione vera e propria dura 15-20 giorni, segue affinamento di 18 mesi: tonneaux e botte grande per il sangiovese, barrique per merlot e cabernet sauvignon, più ulteriori sei mesi in bottiglia prima della vendita. 14% Vol., già dal colore appare piuttosto evidente lo stile del vino, una concentrazione cromatica che spazia dal rubino intenso al porpora vivace, estratto notevole. L’impatto olfattivo risulta esuberante e piuttosto dolce: mora, mirtillo, caffè tostato, liquirizia, caucciù, una folata balsamica di mentolo e vaniglia bourbon. Timbro pronunciato, sinuoso, a tratti manca lo slancio tipico e l’austerità di casa Ferrari, ma in questo caso è piuttosto evidente che il Teuto voglia rappresentare il piacere della beva unito alla buona tavola, soprattutto per un pubblico eterogeneo di persone. In bocca conferma queste impressioni: rotondo, morbido, scivola con disinvoltura, il tannino è già piuttosto ben fuso alla materia, la stessa rimanda principalmente al frutto maturo percepito al naso. Chiude su toni dolci che evidenziano più la sapidità che la freschezza. Un vino che reputo perfetto su un piatto di Lahm Lhalou, ovvero agnello speziato dolce all’algerina.
Tenuta Castelbuono
Tenuta Castelbuono “Nel Carapace di Arnaldo Pomodoro natura, vino e arte dialogano fra loro”. Una frase molto significativa che presenta Tenuta Castelbuono, la realtà vitivinicola umbra della famiglia Lunelli acquisita nel 2001; 30 ettari vitati nei comuni di Bevagna e Montefalco in provincia di Perugia. Qualche anno dopo, il progetto della ricostruzione della cantina fu affidato all’amico di famiglia Arnaldo Pomodoro, che nel 2012 terminò l’opera. Per il suo “Carapace” il famoso sculture e orafo italiano s’ispirò a una tartaruga, simbolo di stabilità e longevità: “Perché con il suo carapace rappresenta l’unione fra terra e cielo”.
Interno Tenuta Castelbuono
Molte prestigiose aziende negli ultimi anni hanno intrapreso questa strada: dare smalto alla propria sede attraverso opere realizzate da grandi personaggi del mondo dell’architettura e scultura, capaci di creare linee e forme in grado di confondersi con il paesaggio circostante in perfetta armonia. Tutto ciò è possibile solo grazie all’arte, alla passione e al talento visionario, come ad esempio quello di Arnaldo Pomodoro, che con la famiglia Lunelli, grazie ad un sincero rapporto di amicizia, ebbe già l’occasione di collaborare; sua l’opera “Centenarium”, la scultura che celebra il secolo di storia delle Cantine Ferrari. Tenuta Castelbuono, soprattutto al suo esordio, ha rappresentato una vera e propria sfida per l’azienda, affascinata soprattutto dalle potenzialità dell’uva sagrantino, cultivar in grado di coniugare longevità, potenza e carattere. Una terra antica e quasi mistica, l’Umbria, affascinante, dove il tempo pare essersi fermato. Gli sforzi inizialmente furono concentrati quasi esclusivamente sui vigneti, sull’analisi del terreno di natura limoso -argillosa, d’ottimale potenzialità agronomica, ben strutturati e resistenti alla siccità estiva, ora convertiti al biologico.
Barricaia Tenuta Castelbuono
Vennero innestati nuovi impianti e ideato un progetto per la selezione di cloni già esistenti per raggiungere il massimo della qualità. Il 2003 fu l’anno che vide la nascita del primo Montefalco Sagrantino, oggi denominato “Carapace”, 100% da vitigno in purezza, cui seguì l’anno successivo il Montefalco Rosso “Ziggurat”, un blend di sangiovese 70%, sagrantino 15%, cabernet e merlot 15%, raccolte con vendemmia manuale tra settembre e ottobre. Nel 2008 è la volta del “Lampante” Riserva di Montefalco Rosso, stesso blend del vino precedente. L’ultima etichetta, non certo in ordine d’importanza, è il Montefalco Sagrantino Passito, classico vino da meditazione ottenuto dall’appassimento dell’uva sagrantino su graticci.
Montefalco Sagrantino Carapace 2015 La storia che si cela dietro al “Carapace”, etichetta presentata dall’azienda, è molto interessante. I vigneti in cui vengono allevate le uve che danno vita a questo vino, tutti di proprietà, situati a Montefalco e Bevagna in provincia di Perugia, sono ottenuti attraverso una selezione aziendale delle migliori viti storiche della Tenuta, nell’ambito del “Progetto Patriarchi” sviluppato in collaborazione con l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige. Un lavoro encomiabile, fortemente voluto dalla famiglia Lunelli, che ha il solo obbiettivo di ottenere il massimo in termini di qualità ed espressività dall’uva sagrantino, protagonista indiscussa dell’Umbria vitivinicola. Vinificata in purezza e raccolta in vendemmia manuale durante il mese di ottobre, cresce su suoli di natura limoso -argillosa, d’ottimale potenzialità agronomica, ben strutturati e resistenti alla siccità estiva, a circa 450 metri d’altitudine. L’annata 2015 è stata un’annata calda, temperature sopra la norma soprattutto nel mese di luglio, inverno piovoso, di contro un periodo primaverile-estivo caratterizzato da scarse precipitazioni. Germogliamento regolare durante la fase centrale della fioritura, in maggio le precipitazioni hanno premesso al terreno di acquisire una sufficiente dose d’acqua. La sanità delle uve è stata eccellente, dunque un’annata media a livello quantitativo e definita ottima a livello qualitativo. Sistema d’allevamento a cordone speronato, rese pari a 6250 ceppi e 35 hl di vino per ha. Circa la vinificazione: premacerazione a freddo a 12 C° per 30 ore, temperatura massima di fermentazione 26°- 28° C in tini di legno, reale macerazione per 15-20 giorni. Affinamento di 24 mesi in botte grande, minimo 12 mesi ulteriori in bottiglia. 15.5 % Vol., conquista sin dalla sua tinta impenetrabile, caratterizzata da una tonalità rubino intenso e molto vivace. L’estratto è notevole, roteandolo disegna archetti fitti che in controluce si muovono lentamente all’interno del calice. Il naso è affascinante perché incentrato sulla carnosità dei frutti neri (mirtillo, mora e amarena) presto rinfrescati qua e là da soffi balsamici tra l’eucalipto e il mentolo, circondati da sfumature che richiamano liquirizia dolce, santoreggia, cuoio, tabacco, macchia mediterranea, pepe nero, cacao, leggerissimi effluvi minerali che fanno pensare al terriccio bagnato e alla grafite. Una miriade di sentori che si moltiplicano e mutano con ossigenazione e aumento di temperatura, un gioco stimolante in cui la mente del degustatore entra in visibilio ed evidente spirito di competizione riguardo la capacità d’individuarli. In bocca il vino si muove sinuoso, pieno, riempie senza strafare, perché freschezza e tannino sono ancora più che protagonisti. La profondità gustativa è tutta incentrata sull’asse frutto-spezia e determina uno stadio di assoluta qualità, anche per via della coerenza olfattiva ed il vibrante ritorno salino. Interminabile il sorso, lunghissimo, privo d’alcol nonostante i 15,5% vol., un vino dalle grandi capacità evolutive che è solo all’inizio della sua corsa contro il tempo. Personalmente abbinato ad un piatto di cinghiale in umido con funghi cardoncelli ed abbondante cipolla di Tropea, è la prova inconfutabile che noi italiani, in vigna e a tavola, non abbiamo nulla da invidiare a nessuno. La famiglia Lunelli anche in quest’ultime degustazioni effettuate sui vini delle Tenute, ha confermato questa mia tesi: attraverso il brand Ferrari, e da oltre un secolo, rappresenta una vera e propria bandiera della qualità italiana nel mondo. Auguro a tutto lo staff altri mille anni di importanti traguardi, con il preciso intento di brindare presto in loro compagnia, durante il prossimo “Identità Golose 2021” o direttamente in una delle cantine del gruppo.
Andrea Li Calzi
È nato a Novara, sin da giovanissimo è stato preso da mille passioni, ma la cucina è quella che lo ha man mano coinvolto maggiormente, fino a quando ha sentito che il vino non poteva essere escluso o marginale. Così ha prima frequentato i corsi AIS, diplomandosi, poi un master sullo Champagne e, finalmente, nel giugno del 2014 ha dato vita con la sua compagna Danila al blog "Fresco e Sapido". Da giugno 2017 è entrato a far parte del team di Lavinium.
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Giornalista free-lance, milanese, scrive di vino, grande distribuzione e ortofrutta, non in quest'ordine. Dirige il sito e la rivista dell'Assoc (...)
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Nato il 22 febbraio 1952 a Pavia, dove risiede. Si è laureato nel 1984 in Filosofia presso l'Università Statale di Milano. Dal 1996 al 2014 è s (...)
Giornalista cresciuto con Montanelli al giornale, si occupa da sempre di agricoltura, agroalimentare enogastronomia e viaggi. Ha lavorato tra gl (...)
Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore (...)
Sociologo e giornalista enogastronomico, è direttore responsabile di laVINIum - rivista di vino e cultura online e collabora con diverse testate (...)
Di formazione tecnica industriale è stato professionalmente impegnato fin dal 1980 nell’assicurazione della Qualità in diverse aziende del setto (...)
Laureato in Filosofia e giornalista professionista, lavora al Mattino dove da anni cura una rubrica sul vino seguendo dal 1994 il grande rilanci (...)
Maestro Assaggiatore e Docente O.N.A.V., Delegato per la provincia di Lecco; svolge numerose attività come Docente presso Slow Food, Scuola de L (...)
Sommelier e master sul servizio vino e relazione col commensale, ha tenuto alcuni corsi in area territoriale del Pavese di approccio/divulgazion (...)
È Sommelier e Degustatrice ufficiale A.I.S. rispettivamente dal 2003 e dal 2004; ha sviluppato nel suo lavoro di dottorato in Industrial Design, (...)
Napoletano, classe 1970, tutt'oggi residente a Napoli. Laureato in economia, da sempre collabora nell'azienda tessile di famiglia. Dal 2000 comi (...)
Ha iniziato la sua attività in campo enogastronomico nel 1987. Ha collaborato con le più importanti guide e riviste del settore italiane ed este (...)
Nato nel 1974 a Roma in una annata che si ricorderà pessima per la produzione del vino mondiale. Sarà proprio per ribaltare questo infame inizio (...)
Bolognese dentro, grafico di giorno e rapito dal mondo enologico la sera. Per un periodo la sera l'ha condivisa con un'altra passione viscerale (...)
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