120 Anni di storia, vino e olio: la famiglia Parovel
Quando ero bambino (premetto, per evitare facili ironie, che i dinosauri erano già estinti da un bel po’ di tempo) il compleanno rappresentava un giorno di grande festa perché significava torta, festicciola e tanti bei regali.
Da adolescente, l’attesa diventava spasmodica soprattutto per il raggiungimento del 18° anno di età perché, nelle aspettative di ogni giovane, significava avere finalmente le chiavi per aprire quella porta che permette di partire, invincibili, alla conquistare del mondo.
Con il tempo, e purtroppo mi permetto di dire troppo velocemente, arriva il periodo degli “ANTA” e l’entusiasmo per le troppe candeline da spegnere inizia progressivamente a venir meno.
Ma vi immaginate cosa potrebbe significare arrivare a compiere ben 120 anni?
Non penso che avrò l’occasione di soffiare su tutte quelle candeline, ma posso invece raccontarvi come questo grande traguardo sia stato raggiunto da una delle più rappresentative famiglie ed aziende del Carso Triestino.
Correva l’anno 1898 e da Caresana Mačkolje, frazione del comune di San Dorligo della Valle, in provincia di Trieste, iniziavano le “avventure agricole” di Pietro Parovel, di sua moglie Ana e dei suoi 6 figli.
Ci troviamo in una zona al confine con la Slovenia, alle porte dell’Istria. Negli anni le pendici più ripide e meglio esposte sono state sistemate a terrazze formate con muri a secco dove da secoli viene coltivata la vite e l’olivo grazie anche al beneficio di un clima temperato, di stile mediterraneo. I terreni sono di tipo arenaceo-marnosi, differenti da quelli dell’altopiano carsico dove regna il calcare e la terra rossa, ma ideali sia per la viticoltura sia per l’olivicoltura.
Da quel lontano 1898 la storia della famiglia Parovel ha visto un susseguirsi di generazioni. Negli anni ’50 sono Massimiliano (l’unico dei 6 figli a continuare il nobile lavoro di coltivare la terra) e la moglie Francesca a prendersi cura della tenuta sui declivi di Barde, il toponimo di una zona sotto il paese di Caresana, che fu la prima sede di produzione dell’azienda agricola Parovel e dove tutt’ora ha sede il quartier generale della famiglia. Si trattava comunque di un agricoltura promiscua dove oltre al vino e all’olio si allevavano animali e si producevano frumento e patate.
Successivamente sono l’impegno di Zoran e Cvetka Rosa a dare ulteriore sviluppo all’azienda, arrivando nel 1996 ad aprire il proprio Frantoio Oleario e nel 2004 la nuova Cantina Vini.
In quasi 120 anni, questo piccolo fazzoletto di terra ha visto passare personaggi di nazionalità diverse, è stato oggetto di contesa fra l’Impero Asburgico e la repubblica Serenissima di Venezia, fu teatro di due guerre che hanno stravolto le economie e gli equilibri mondiali, e oggi vede protagonista l’ultima generazione rappresentata dalle figure di Elena ed Euro, fratello e sorella che rappresentano presente e futuro dell’azienda.
Elena si occupa principalmente della parte commerciale e promozionale, mentre Euro è il maestro di campagna e di cantina e segue personalmente tutto il processo produttivo dalla vigna/uliveto fino all’imbottigliamento.
Il loro obiettivo comune è quello di portare avanti le tradizioni della famiglia, valorizzando le tipologie che da sempre sono protagoniste in queste terre. Crescere ed innovarsi ma sempre nel massimo rispetto della natura e dei suoi delicati equilibri.
In vigna gli interventi sono ridotti al minimo indispensabile senza l’utilizzo di prodotti di sintesi ma limitandosi all’uso di zolfo e rame.
Le uve vendemmiate devono essere sane e perfettamente mature, frutto di una viticoltura che rispetti l’ambiente e una volta in cantina trasformarsi prima in mosto e poi in vino senza interventi eccessivi, regalando vini che siano espressione fedele dei vari micro-terroir.
I vigneti e gli oliveti di proprietà sono distribuiti nella zona collinare di Caresana e Bagnoli della Rosandra e nelle valli del Breg e Rio Ospo.
Nei 15 ettari vitati si predilige la coltivazione delle varietà autoctone e vengono prodotte circa 70milla bottiglie della linea Mackè, riservate alla grande distribuzione, con vini più semplici ed immediati e uve acquistate in parte anche da altri produttori del territorio.
Altre 35mila bottiglie vanno a nobilitare la linea Barde con selezioni che mirano alla massima qualità.
Fra le tipologie bianche della linea Barde, la parte del leone spetta alla Vitovska e alla Malvasia Istriana vinificate in acciaio e dove organoletticamente parlando trionfano la freschezza e la mineralità.
Accanto a queste due produzioni monovitigno ci sono due uvaggi: il “Visavi Bianco” con la Malvasia protagonista assieme a un 10% di Glera e il “Matos” uvaggio di Malvasia Istriana (60%), Sauvignon (30%) e Semillion (10%), con le uve vinificate assieme e sottoposte a 8 giorni di macerazione in acciaio per poi passare in botti di rovere di Slavonia e francese dove terminano la fermentazione alcolica e restano 8 mesi ad affinarsi. Tre anni di affinamento in bottiglia regaleranno un vino importante con buon corpo e grassezza unite a una freschezza e mineralità che lo fanno ottimo compagno sia degustato da solo che in abbinamento.
Fra le tipologie rosse invece il ruolo di protagonista lo hanno il Terrano, vinificato in acciaio per mantenere intatte l’acidità e la “tannicità” tipiche del vitigno, e il Refosco dal Peduncolo Rosso che invece matura in botti di rovere francese donando un vino dotato di un discreto potenziale di invecchiamento e ottima struttura.
Un uvaggio di Refosco e Merlot, vinificati in acciaio, completa la squadra dei rossi.
A completamento della gamma dei vini proposti, anche uno spumante metodo Charmat con base Malvasia e Glera e un passito che vede protagonista il Moscato Giallo.
Se parliamo invece di olive, troviamo una produzione di circa18mila bottiglie che si ricava dai 13 ettari di oliveti e a farla da protagonista è la Bianchera, una tipologia che da sempre ha trovato il suo habitat ideale sulle colline marnoso-arenacee che circondano il Golfo di Trieste. La Bianchera è una tipologia resistente al freddo e alla bora che soffia in queste zone e il suo nome deriva probabilmente dal fatto che il cambiamento di colore del frutto (invaiatura) è tardivo e progressivo, e quasi mai completo neppure a maturazione avanzata
Vengono prodotte e commercializzate 3 tipologie a denominazione DOP TERGESTE: il MACKÈ “olivaggio” classico con un mix di tipologie diverse. Il ROZÒ con un 60% di Bianchera e l’UL’KA prestigioso mono varietale 100% Bianchera.
Olio e vino sono figli delle nostre terre e fanno parte oramai della cultura e del DNA di un popolo. I Parovel da 120 anni portano avanti queste tradizioni con amore e passione e sono sicuro che anche Elena ed Euro proseguiranno lungo questo percorso secolare, portando avanti il lavoro della famiglia e continuando a regalarci vino e olio di ottima qualità.
DIALOGANDO CON ELENA ED EURO PAROVEL
Il 2018 è un anno importante per l’azienda agricola Parovel, si festeggia un importante traguardo: i 120 anni dalla fondazione.
Da quel lontano 1898 in cui Pietro Parovel, sua moglie Ana e i suoi 6 figli iniziarono a scrivere la storia della vostra azienda, ne sono successe di cose in queste terre. Due guerre, generazioni che si sono succedute. Esigenze e prospettive che sono andate mutando.
Ma cosa conservate delle vostre antiche radici famigliari e quali sono i principali progetti che avete in serbo per garantire un futuro roseo alla vostra azienda?
Quello che abbiamo mantenuto dal passato sono sicuramente i valori e gli insegnamenti che si sono tramandati negli anni fra tutte le generazioni. La filosofia produttiva e gli obbiettivi sono rimasti gli stessi. Abbiamo continuato a valorizzare la coltivazione delle tipologie autoctone perché fanno parte della storia del nostro territorio e della nostra famiglia e ne sono parte imprescindibile.
Per quanto riguarda le novità, c’è stata la realizzazione della nuova cantina e il rinnovo di parte dei vigneti e oliveti. Se vogliamo parlare di progetti futuri dipenderà molto anche dalla nuova generazione, dalle idee ed intenzioni delle giovani leve della famiglia.
Per quanto mi riguarda vorrei consolidare, e magari incrementare, le posizioni raggiunte sui mercati esteri. Ci piacerebbe poi sviluppare maggiormente tutto quello che riguarda il turismo enogastronomico, offrire maggiori servizi al turista, fare sistema per incrementare le possibilità di fare visite in cantina con degustazioni dei prodotti del territorio, cercando di seguire gli esempi virtuosi di altre realtà, vedi la Toscana per esempio, che offrono ottimi servizi che però devo poi essere anche valorizzati in termini di entrate economiche.
Mackè, simbolo in etichetta di una vostra linea di vino e olio, nasconde dietro alla sua creazione un simpatico aneddoto che trova radici nella storia, ai tempi della Serenissima repubblica di Venezia. Ce lo volete raccontare?
Per dare una spiegazione al significato del simbolo Mackè dobbiamo fare un passo all’indietro nel tempo quando il paese di Caresana era conteso tra l’Impero Asburgico e la repubblica Serenissima di Venezia e la strada principale del paese faceva da confine.
La zona dove c’era la nostra azienda apparteneva alla Serenissima e la leggenda del nome del paese di Caresana, in sloveno Mačkolje, (che in lingua locale suona come “il borgo del gatto”) è collegato proprio alla presenza veneziana: il leone sulla bandiera venne infatti scambiato dagli abitanti per un gatto.
Tornando ai giorni nostri, Mackè in lingua slovena è il plurale di gatto ed è stato scelto come marchio per identificare la linea di produzione di vini per la grande distribuzione. Abbiamo scelto questa strada dopo una richiesta che negli anni ’90 ci era pervenuta dalla catena dei Despar e poi successivamente, a cascata, ha interessato anche altri marchi della grande distribuzione. Si tratta di vini che pur mantenendo un discreto livello di qualità, sono semplici ed immediati, adatti ad essere commercializzati prevalentemente in questi canali.
Oltre i vini il marchio interessa anche l’olio prodotto da un blend di diverse varietà di olive. Nel totale fra olio e vino mettiamo nei mercati circa 80mila bottiglie a marchio Mackè.
Il Carso triestino si estende per circa 40 Km dal Monte S. Michele, in provincia di Gorizia, alla Val Rosandra per una larghezza media di 5 Km.
Seppure parliamo di un piccolo territorio, l’area dove si estende la vostra azienda è diversa, geologicamente parlando, dalle classiche zone carsiche dell’altopiano dove prevalgono i terreni calcarei e la terra rossa.
Ci potete spiegare quali sono le sostanziali differenze fra le due aree e in che cosa si traduce questa diversità se parliamo di viticoltura e caratteristiche organolettiche dei vini?
Le differenze con le zone dell’altopiano sono evidenti. Infatti la zona dove abbiamo i nostri vigneti e oliveti è caratterizzata da terreni arenaceo-marnosi con temperature medie di quasi cinque gradi superiori. A differenza delle zone dell’altopiano che godono di un clima continentale, in queste zone si può parlare di clima mediterraneo, con vendemmie anticipate di 2-3 settimane quando le uve sono perfettamente mature. I vini di conseguenza avranno sentori di uva matura, avranno corpo e spalle larghe senza far venir meno un buon livello di componenti minerali essendone i terreni molto ricchi. Inoltre le acque sotterranee, tipiche delle zone carsiche, aiutano a sviluppare nei vini una bella acidità.
Quali sono le componenti principali che non devono mai mancare nei vostri vini e ne sono marchio inconfondibile?
Sicuramente nei nostri vini deve essere percepita la presenza dell’uva, del frutto nella sua piena maturità. Deve esserci sempre una bella freschezza e mineralità senza però far venir meno l’equilibrio di tutte le componenti, fondamentale per degustare vini di qualità.
Vitovska e Terrano sono i figli naturali di queste terre, ma la famiglia Parovel ha una predilezione particolare per la Malvasia Istriana, amore che parte da lontano ma che ha trovato terreno fertile nella passione di papà Zoran per questo vitigno.
Nei primi anni ’90 la Malvasia Istriana non era fra le tipologie più richieste, ma noi ci abbiamo creduto e abbiamo continuato a coltivarla anche perché la nostra terra, al confine con l’Istria è zona particolarmente vocata per questa tipologia.
Sicuramente papà Zoran ha il grosso merito di essere stato il primo a crederci puntando sulla Malvasia e resistendo alla tentazione di virare su tipologie maggiormente redditizie per le mode di quei tempi.
Nostro padre ha avuto anche il merito di essere stato, assieme a Lupinc, fra i primi a commercializzare i vini in bottiglia nel Carso, puntando su una enologia che garantisse la pulizia e la qualità, aiutato dalla scelta che fece in quei tempi di passare dal legno al cemento.
Avete linee diverse di vino che vanno da prodotti più semplici e immediati per la grande distribuzione (linea Mackè) a selezioni che si mirano alla massima qualità (linea Barde). Producete vini bianchi, rossi, e anche uno spumante e un vino dolce.
Già far conoscere un territorio piccolo come il Carso non è impresa semplice. Se poi come nel vostro caso si ha una produzione così eterogenea, rivolta a differenti fasce di mercato, come si riesce a rendere efficace la comunicazione e commercializzazione dei vostri prodotti?
Elemento imprescindibile dei nostri vini è il territorio e quindi il primo messaggio comune che deve essere trasmesso è questo. Poi è fondamentale far capire le differenze che ci sono fra le due linee che coprono due fasce differenti di mercato, proponendo vini semplici ed immediati nel primo caso e di massima qualità e più strutturati nel secondo, con ovviamente differenze rilevanti anche per quanto riguarda il prezzo di acquisto.
Poesia e Solidarietà Linguaggio dei Popoli. Trieste Film Festival. Parole O_Stili. Sono solo alcune delle manifestazioni che vi vedono parte attiva quando si parla di cultura e promozione del territorio.
Partecipate e sostenete molte iniziative che puntano a far conoscere la vostra terra, consci delle innumerevoli potenzialità create dal connubio fra enogastronomia, cultura e storia del territorio.
Resta forse questa la più grande risorsa per le nostre terre, un’autentica gallina dalle potenziali cosiddette uova d’oro ma che per adesso non è sfruttata appieno per quelle che sono le sue reali potenzialità?
Non possiamo che confermare che consideriamo il connubio fra arte, cultura, storia ed enogastronomia fondamentale per lo sviluppo del territorio. Nel nostro piccolo cerchiamo di aiutare le associazioni culturali e gli artisti mettendo a disposizione i nostri vini negli eventi che decidiamo di sostenere.
È importante creare una rete di contatti che metta assieme settori differenti, fare sistema per stimolare una maggiore attrattiva turistica e creare un movimento comune in tutto il territorio. Il riuscire ad avere visibilità in settori diversi dal nostro può essere un ottimo veicolo di promozione per tutti.
Per noi dire osmica è come sfondare una porta aperta visto che fa parte delle nostre tradizioni.
Ma fuori dai confini locali probabilmente ignorano che si tratta di un punto di ritrovo e ristoro tipico della provincia di Trieste, case private o cantine, dove si vendono e si consumano vini e prodotti tipici di propria produzione.
Si tratta di una tradizione che risale già dai tempi di Carlo Magno, ma vide la sua diffusione soprattutto nel periodo asburgico con il decreto di Giuseppe II d’Asburgo che nel 1784 permise la vendita di vino sfuso di propria produzione per un periodo di otto giorni. Infatti il termine in sloveno osmica (pronuncia: osmiza) viene da osem che significa “otto” e indicava la durata della concessione del periodo di apertura, di otto giorni appunto. L’attività doveva essere segnalata lungo la strada o sul portone di casa da una frasca, pena la confisca della merce.
Ci raccontate quanto è importante per voi questa tradizione che nel tempo si è evoluta e ha allungato i suoi giorni e periodi di apertura, mantenendo però sempre un ruolo centrale nelle attività ludiche e goderecce degli abitanti di queste zone?
Già nei primi anni ’70 avevamo l’Osmica a Caresana nella sede antica dell’azienda. Con l’apertura della nuova cantina abbiamo continuato la tradizione e dal 2008 è diventato appuntamento irrinunciabile per tutti gli appassionati.
Apriamo 3 volte all’anno, in primavera, in estate e in autunno ed è possibile degustare i nostri vini e il nostro olio, accanto ad altri prodotti della gastronomia locale.
Producete diverse tipologie di olio extravergine di oliva dai 13 ettari di uliveti di proprietà, ricavate principalmente dalla varietà autoctona Bianchera-Belica.
Elena, tu presiedi dal 2000 il comitato promotore per la valorizzazione dell’olio extravergine d’oliva di Trieste.
Era opinione diffusa che le zone del nord-est non fossero teatro ideale per la coltivazione dell’ulivo. Invece la storia ci insegna che furono prima i Fenici e poi i Romani a diffonderne la coltivazione in queste zone in tempi oramai antichi.
Ci puoi fare una panoramica di quale sia lo stato di salute del settore nei territori del Carso e che prospettive e futuro ci sono per l’olio d’oliva prodotto nelle nostre zone?
Già dalla metà degli anni ’80 abbiamo iniziato ad imbottigliare il nostro olio e lo stato di salute attuale del settore è molto buono.
Il comitato che tuttora presiedo è nato per avviare le procedure per l’ottenimento della DOP, e con estrema soddisfazione e anche grazie al fatto che avevamo già tutti i requisiti richiesti, abbiamo ottenuto la certificazione in soli due anni. Per assurdo anche troppo in fretta, infatti nel 2004 avevamo la DOP ma nessuna azienda era ancora pronta alla commercializzazione, e solo nel 2006 è iniziata la vendita sotto la denominazione TERGESTE DOP valida solo per la provincia di Trieste.
Le prospettive sono rosee anche perché molti giovani si sono avvicinati alla olivicoltura, pratica agricola meno elaborata della viticoltura e che richiede meno risorse in termini di interventi in campagna.
Le produzioni non sono elevate in termini di quantità, ma la qualità è eccelsa.
Da una ricerca portata avanti dall’Università di Trieste è stato provato che i polifenoli presenti nelle olive di Bianchera coltivate nella provincia di Trieste sono molto più elevati rispetto ad altre zone di produzione e questo è dovuto principalmente al microclima e agli effetti dello stress climatico a cui sono sottoposti gli ulivi.
Occuparvi della vostra azienda, delle produzioni di vino e olio e della loro commercializzazione rubano gran parte del vostro tempo libero. Ma quali sono le altre passioni e gli altri interessi di Elena ed Euro Parovel?
EURO: La vite e gli ulivi sono il mio lavoro e al tempo stesso la mia grande passione. Unico vizio che ultimamente mi sto concedendo è quello di prendermi una settimana di pausa e relax per dedicarmi, assieme a un mio amico, alla Barcolana. Prendiamo a noleggio una barca a vela in Croazia, navighiamo fino a Trieste e poi partecipiamo alla regata. Divertimento e svago non mancano in questa settimana.
ELENA: Le mie grandi passioni sono la lettura e i viaggi. Ma da donna ci devo mettere anche il sano shopping che talvolta mi concedo.
Stefano Cergolj