Non credo che esista un modo migliore di descrivere questo eccellente rosato se non parlando della serata di presentazione al pubblico da parte della protagonista del suo progetto, della sua realizzazione e del suo apparire per la prima volta nel panorama enologico dei vini di alta qualità. Non vogliatemene se ve ne parlo soltanto adesso, a inizio autunno, ma anche per me, oltre che per Antonella Cantarutti, è dura, tanto dura brindare con un calice di vino in mano dopo la scomparsa di Donatella Briosi, una sommelier che se n’è andata per mano dell’uomo che aveva amato, seguito al Nord dalla sua Pescara e poi sposato, proprio quello che l’ha prima lasciata e poi assassinata. C’è voluto qualche mese per asciugare le lacrime. Sono state le sue amiche, le donne del vino venete, friulane e giuliane, forse fin da subito molto più forti di me, a trovare il coraggio di reagire e di trasformare il nostro pianto in un sorriso. Il carattere di queste donne è esemplare, esattamente come quello della nostra ”Dona”, nota nel mondo del vino per la sua vitalità e il suo straordinario sorriso. Era una donna solare, generosa, costruttiva, piena di voglia di fare, una vera forza della natura che riusciva a rasserenare le altre, pur vivendo una sua tragedia personale, il tradimento di un grande sogno d’amore.
Antonella Cantarutti con Donatella Briosi
Il 24 luglio, Le donne del vino, con Claudia Vincastri, Antonella Cantarutti, Cristiana Cirielli, Nadia Salvador, Anna Franchetti, Patrizia Pittia, Simona Migliore, Liliana Savioli (e mi perdonino tutte le altre, ma l’elenco finirebbe l’anno prossimo…) avevano organizzato apposta una serata di beneficenza attiva in ricordo di Donatella Briosi, un “Aperitivo in rosé” presso la sala di degustazione Sfriso di Portogruaro, scegliendo una data per permettere anche a me, dalla Polonia, di partecipare e per questo riguardo non posso che ringraziarle e abbracciarle idealmente tutte. Come diceva la stessa Dona, “nessuno mette Donatella dietro alla lavagna!” e come ha ben scritto Liliana Savioli, “armiamoci del migliore sorriso che abbiamo e, pensando a te, troviamo il modo di combattere questi assassini, non facciamoci abbattere, noi tutte insieme siamo fortissime, non possiamo permettere che Donatella sia morta invano“. Non era facile riuscire a sorridere, ma lei stessa lo avrebbe fatto, lo avrebbe fortemente voluto per essere ricordata nella sua contagiosa allegria e per spronarci a continuare il cammino come se il fiore della sua coinvolgente voglia di vivere non fosse mai stato reciso. Patrizia Pittia ha completato anche per lei lo scritto del reportage sul tour a Pisa per il Blog nazionale delle Donne del Vino che era in preparazione ed era rimasto incompiuto. Antonella Cantarutti era venuta apposta da Rosazzo con le borse termiche e il ghiaccio secco per quei due rosati che proprio la nostra amata Dona in persona avrebbe certamente servito con amore. Anche da questo si capisce quanto ama il suo vino e l’ho aiutata con piacere a scaricarlo dall’automobile mentre riceveva i baci e gli abbracci di tante amiche e amici presenti ed era perciò commossa come il cuore comanda. Accidenti, che gran Donne queste! La sala era stracolma. Erano venute ben più persone di quelle che avevano confermato ed eravamo tutti in piedi ad ascoltare l’introduzione di Claudia Vincastri, la prosa poetica del goriziano Giovanni Fierro nonché la poesia di Jacques Prévert lette da Luigino Mior e le parole di Antonella Cantarutti, rotte dall’emozione, per presentare anche a Portogruaro (dopo i successi al Sorrento Rosé e al Roséxpo di Lecce) questa novità in rosa come… come se lei stessa fosse presente. In effetti lo era. Un pezzetto di lei vive nel profondo dei nostri cuori e quel rosato per me ha un’anima, la sua, anche se lei su questa terra amava il Canto (tocai friulano, pinot bianco e sauvignon), infatti ne parlava sempre e lo esaltava come se l’avesse fatto con le sue mani. Antonella aveva scritto: “ogni volta che presenterò un mio vino o berrò un vino il mio pensiero sarà per lei“. Quale migliore occasione per cominciare?
Antonella Cantarutti
Questo Rosato di Rosazzo 2017, pensato da una donna e realizzato da un uomo, chiaro esempio di un vero rapporto d’amore fra persone e tra persone e natura, è già eccellente all’esordio. Non è facile fare un rosato così buono alla prima botta e con un’annata del genere. Posso garantire che lo ritengo uno fra i migliori 5 o 6 rosati che ho degustato. Potrò perfezionare il giudizio con la prossima annata, ma vi invito a cercarlo e a degustarlo perché sono già sicuro che non ve ne pentirete. Accidenti, Antonella… che gran bel vino! Provare per credere. Intanto fra i rosati è veramente raro avvertire subito l’aroma delicato della buccia degli acini spiluccati al sole camminando fra i filari ed è proprio questo che colpisce immediatamente all’attacco. L’uva merlot c’è proprio tutta, in piena maturazione. Ci si aspetterebbe poi quella vena acidula di fragola e lampone comune a tanti rosati, invece questo rimane sempre rotondo, morbido, delicato, fine, delizioso. Nel finale, poi, ci si attenderebbe la classica nota mandorlata e invece va via liscio come un confetto da sposa. Aveva ragione Antonella a sottolineare che, anche se fatto da un uomo, è stato pensato da una donna, che ha una sensibilità differente. Lei, poi, è una vera figlia d’arte di un uomo che si era lasciato affascinare da un ronco stupendo in posizione panoramica acquistato nel 1969 sulle prime colline di Rosazzo e dove assapora, coglie e le piace trasferire agli altri i profumi, le fragranze e le emozioni della propria infanzia. Il mantenimento e l’esaltazione degli aromi e dei sapori dell’uva merlot in questo vino sono frutto di una bella simbiosi con il marito Fabrizio Ceccotti. Lei gli ha spiegato fin dal 2012 come lo desiderava e ci sono volute molteplici degustazioni e 5 annate per ottenerlo e soddisfarla nella sua ricerca di qualcosa d’incomparabile raffinatezza. Chi pensa ancora che un vino rosa sia “per le ragazze”, o anche “un gioco da ragazze”, dovrà ricredersi. La piccola realtà vinicola di partenza con l’esemplare attaccamento al proprio territorio non è stata stravolta, visto che solamente un terzo della superficie vitata è costituito da vigne di piantumazione recente, mentre i quattro quinti conservano i portainnesti tipici e l’età media dei ceppi aziendali è di circa mezzo secolo, tra cui tante viti anche di 60 anni e alcune perfino oltre gli 80. Antonella, però, non è del segno… della camomilla, bensì del leone! Nata e cresciuta in vigna, si è diplomata e il primo lavoro è stato quello della cantiniera, per curare tutte le fasi della vinificazione, dalla pigiatura delle uve alla fermentazione dei mosti, dalla maturazione all’affinamento dei vini fino all’imbottigliamento finale. Le piaceva di più, però (e si vede!) la relazione con i consumatori, dai clienti agli appassionati di vino, perciò è subentrata al papà come owner and general manager e ha affidato al marito il lavoro in vigna e in cantina, occupandosi subito di dare la sua zampata. Perciò la Cantarutti Alfieri è stata ristrutturata con modernissime tecniche di vinificazione e attente scelte innovative che le permettono di produrre vini di gran pregio e d’indubbia personalità in circa 130.000 bottiglie su 54 ettari coltivati a vigneto tra i 70 circa di proprietà. Stravolgimento no, ma ingegno sì; lo stile dei suoi vini di oggi li rende sempre più riconoscibili per la netta impronta personale delle loro caratteristiche che li differenzia da molti altri vini dell’odierna Venezia Giulia. Ora è affiancata anche dal figlio Rodolfo, che si è laureato da poco in Viticoltura ed Enologia, perciò possiamo solo aspettarci la conquista delle stelle. Il Rosato di Rosazzo 2017 deriva da uve merlot in purezza, coltivate in un microclima davvero unico a breve distanza dal mare Adriatico, protette dal colle di Santa Caterina che frange i venti freddi di Tramontana e vendemmiate a mano a metà settembre dopo un’accurata cernita selettiva dei migliori grappoli. Le bacche rosse sono state vinificate in bianco dopo la diraspatura e la pigiatura soffice per estrarre unicamente il mosto “fiore”, con una fermentazione a 14 °C per circa 12 giorni, quindi un paio di travasi per spogliarsi gradualmente evitando ulteriori stress. Si è affinato in acciaio fino a marzo, quando è stato imbottigliato. Vino molto fresco e pimpante, è consigliabile nei primi due anni dopo la vendemmia. Vino di un bel colore rosa tra la cipria e il corallo chiaro, molto luminoso e dai riflessi del colore della tunica di cipolla rossa di Cavasso Nuovo, il suo bouquet olfattivo si è aperto con un tocco intrigante di buccia d’uva merlot matura e un impalpabile ricordo di pepe bianco. Armonioso nei suoi aromi di macchia mediterranea con note di erbe provenzali e lavanda, emergono sfumature floreali di magnolia, glicine e delle zagare degli agrumi, il fruttato gioca su toni delicati di melagrana, ribes rosso, fragoline di bosco, ma con un pimpante friccicore, come dicono in romanesco per indicare quel leggero brivido, breve e piacevole, che pervade in un attimo l’animo come uno schizzo di scorza di pompelmo rosa. Freschezza in evidenza, al palato è persistente, sapido, rotondo e con un’ammaliante piacevolezza di beva. Finale alla violetta di campo e alla rosa di macchia che s’involano con un tocco impercettibile di fumé. È un vino giovane da bere giovane, anzi giovanissimo. Apprezzato da chi ama un aperitivo fuori dal comune, in grandi calici, credo che possa ottenere un successo maggiore della Ribolla Gialla con i piatti della cucina asburgica, con i quali mi sembra perfetto. Questo rosato, secondo me, più che da pizza (buon suggerimento, Antonella, ma limitativo) è ideale con le pietanze delicate della cucina della Carinzia, della Venezia Giulia, di Vienna. Ma non solo. Ottimo da servire con piatti freddi come prosciutto crudo, tartine ai gamberetti, carpacci di pesce di lago marinati e profumati agli agrumi, tortelli ai porcini, pasta corta con i finferli, focacce, carni bianche, salumi delicati (è stato sopraffino con il prosciutto cotto servito a buffet durante la serata), formaggi dolci e teneri oppure mediamente stagionati ma spalmati con le confetture dei frutti rossi. È un gran bel vino della gioia, della spigliatezza, della convivialità, da servire tra i 12 e i 14 °C d’inverno e tra gli 8 e i 10 °C d’estate, mantenendolo sempre a temperatura controllata nella glacette con acqua e ghiaccio. Non lasciatelo riscaldare in ambiente libero. Tenore alcolico del 12% con 5,3 g/l di acidità, caratteristiche ideali per favorire le chiacchierate con un calice di vino in mano e non soltanto d’estate, poiché sa regalare anche d’inverno un tocco estivo al buon umore con la sua gradazione equilibrata, una bella acidità e… la tipica pericolosità dei tajùt friulani, visto che più se ne beve e meno ci si accorge di averlo bevuto.
Mario Crosta
Azienda Cantarutti Alfieri Via Ronchi 9, 33048 San Giovanni al Natisone (UD) tel. 0432.756317, fax 0432.746055 sito www.cantaruttialfieri.it, e-mail info@cantaruttialfieri.it
Di formazione tecnica industriale è stato professionalmente impegnato fin dal 1980 nell’assicurazione della Qualità in diverse aziende del settore gomma-plastica in Italia e in alcuni cantieri di costruzione d’impianti nel settore energetico in Polonia, dove ha promosso la cultura del vino attraverso alcune riviste specialistiche polacche come Rynki Alkoholowe e alcuni portali specializzati come collegiumvini.pl, vinisfera.pl, winnica.golesz.pl, podkarpackiewinnice.pl e altri. Ha collaborato ad alcune riviste web enogastronomiche come enotime.it, winereport.com, acquabuona.it, nonché per alcuni blog. Un fico d'India dal caratteraccio spinoso e dal cuore dolce, ma enostrippato come pochi.
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Giornalista cresciuto con Montanelli al giornale, si occupa da sempre di agricoltura, agroalimentare enogastronomia e viaggi. Ha lavorato tra gl (...)
Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore (...)
Sociologo e giornalista enogastronomico, è direttore responsabile di laVINIum - rivista di vino e cultura online e collabora con diverse testate (...)
Di formazione tecnica industriale è stato professionalmente impegnato fin dal 1980 nell’assicurazione della Qualità in diverse aziende del setto (...)
Laureato in Filosofia e giornalista professionista, lavora al Mattino dove da anni cura una rubrica sul vino seguendo dal 1994 il grande rilanci (...)
Maestro Assaggiatore e Docente O.N.A.V., Delegato per la provincia di Lecco; svolge numerose attività come Docente presso Slow Food, Scuola de L (...)
Sommelier e master sul servizio vino e relazione col commensale, ha tenuto alcuni corsi in area territoriale del Pavese di approccio/divulgazion (...)
È Sommelier e Degustatrice ufficiale A.I.S. rispettivamente dal 2003 e dal 2004; ha sviluppato nel suo lavoro di dottorato in Industrial Design, (...)
Napoletano, classe 1970, tutt'oggi residente a Napoli. Laureato in economia, da sempre collabora nell'azienda tessile di famiglia. Dal 2000 comi (...)
Ha iniziato la sua attività in campo enogastronomico nel 1987. Ha collaborato con le più importanti guide e riviste del settore italiane ed este (...)
Nato nel 1974 a Roma in una annata che si ricorderà pessima per la produzione del vino mondiale. Sarà proprio per ribaltare questo infame inizio (...)
Bolognese dentro, grafico di giorno e rapito dal mondo enologico la sera. Per un periodo la sera l'ha condivisa con un'altra passione viscerale (...)
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