I racconti di Alda: Una Pasqua così
Era arrivata finalmente e c’era il sole. I due tavoli in giardino sotto il pergolato di glicine, apparecchiati con amore e allegria. C’eravamo tutti e anche qualcuno in più. Due. La fidanzata del più giovane degli ospiti, carina e visibilmente emozionata e un uomo. Due sconosciuti per quasi tutti noi. Non per te che era ormai parte della tua vita. Tu con le tue minigonne, il tuo profumo, il tuo sorriso, il tuo coraggio, i tuoi due figli, madre e sorella, tu sempre pronta ad accogliere, a sperare, a cercare la vita in ogni persona. Tu. Così cara al mio cuore.
La nuova ragazza era emozionata e lo ero anch’io. L’ultima volta che ci eravamo riuniti tutti nello stesso villino era stato due anni prima, per la Befana del duemila e venti e il covid era già lì in agguato pronto ad aggredire e a decimare un’intera generazione. Non lo sapevamo ancora, ma c’era il maledetto, arrivato dalla Cina. Sono trascorsi due anni da allora e ancora si diverte tra una variante e l’altra, più debole, meno cattivo forse, in ogni caso ancora presente e attaccaticcio come una schifosissima carta moschicida. È Pasqua e né la scia di covid, né l’orrenda demenziale guerra scatenata in Russia da Putin contro l’Ucraina possono togliercela. Almeno per oggi spegniamo televisori, radio, cellulari, pensiamo a tutti i vuoti che ognuno di noi porta nel cuore senza l’angoscia della perdita, ma con tenerezza, e lasciamoci andare alla gioia di quieto giorno. Gesù è risorto. Pazienza se anche tra noi forse c’è qualcuno che non ci crede, ci vogliamo bene e siamo contenti di essere tutti qui. Insieme. Il nostro cuore e il nostro corpo, cervello compreso, siano liberi da pensieri insidiosi e dolorosi.
Anch’io sono emozionata, soprattutto per l’accoglienza ricevuta da tutti, adulti e ragazzi. Da te, amica mia, compagna di gite e di momenti indimenticabili. Ce ne saranno altri vedrai, ci saranno altre gite, altri momenti, altre risate, altri abbracci. Altre pizze, altri gelati. Sì, mi sento accolta e amata. Io, la più anziana del gruppo, non ancora da rottamare. Ecco la bellezza della vecchiaia. Essere amati, voluti ancora, non “tollerati” per dovere o per pietà che è anche peggio, ma per simpatia, per stima e vero affetto. Ogni volta che questo accade non posso fare a meno di chiedermi se me lo merito, io così imperfetta, io così timida e segreta, io con un passato ingombrante, le mie scelte, i miei troppi ricordi, le mie paure, il mio lungo parlare. I miei silenzi… Forse a salvarmi sarà il mio aspetto gradevole, le mie battute, la mia disponibilità all’ascolto, la mia discrezione. Sì, e poi? Eccoti qua. Narcisa.
Ricordo alcune parole regalatemi dal mio padre spirituale per un mio compleanno, un augurio per vivere bene la vecchiaia, che scaturisce dalla saggezza biblica e cioè che non si tratta tanto di aggiungere gli anni alla propria vita, quanto di donare vita agli anni.
È bello sentire i giovani ridere, scherzare, divertirsi anche solo con una battuta, uno sguardo. Com’ eravamo noi di una certa età quando avevamo la loro? Era tutto molto diverso, eppure molte cose, in noi, erano uguali. Mi perdo in ricordi e nostalgie che sono così importanti, così tenere, così
necessarie. Che cosa saremmo senza memorie? Sconosciuti a noi stessi. Ma ora è meglio rimanere nel presente e viverlo attimo per attimo.
Gli antipasti. Ricotta anche in versione da forno. Olive speciali. Prosciutto, salame di ogni tipo, pizze con la scarola, con il grano, con… E il vino, bianco, fresco profumato. Sapori colori odori e
intanto si alza il vento, ma c’è il sole ed è così bello, così piacevole. I padroni di casa hanno fatto un lavoro straordinario. È proprio vero che l’amore fa miracoli e qui tutto è amore e voglia di creare un’atmosfera familiare e amichevole, perché tutti si sentano a proprio agio, vecchi, a metà strada e giovani. Non lo so ma c’è un attimo in cui mi chiedo se questa Pasqua è veramente così bella e viva o è il mio stato d’animo a viverla così. Mi stringo nelle spalle. Che importanza ha? A volte i momenti felici ci passano accanto, ci sfiorano, ma noi non li vediamo, non sappiamo trattenerli e il tempo corre. Non abbiamo una seconda occasione per ripescarli. Ora qui è tutto vero.
Incrocio il tuo sguardo e il tuo sorriso nel quale leggo la stessa mia gioia, quell’entusiasmo che ha trattenuto in me un cuore giovane. Tu che non hai avuto e ancora non hai una vita facile, tu che da bambina piangevi davanti ai cartoni animati e a me che ti chiedevo perché rispondevi “perché adesso finiscono” e io, cercando di rassicurarti dicevo “non piangere godili, poi ne verranno altri”. Così è. A questo serve la memoria, a immagazzinare ricordi che ti aiuteranno a consolarti e a rallegrarti quando sarai triste, perché potrai sempre dire, sono miei, io tutto questo l’ho vissuto e guardare avanti con fiducia e speranza.
Alziamo i bicchieri, beviamo a questa Pasqua, a queste famiglie, a tutte le persone care, a quelle di sempre e alle nuove, ai tuoi figli, al tuo compagno. Chissà, una Pasqua così forse non la vivrò più, ma mi rimarrà addosso e diventerà un bellissimo ricordo da incollare nell’album della memoria
Alziamo i calici. Beviamo. Tagliamo le torte, voglio assaggiarle tutte, ma sì anche quella al riso. Abbracciamoci. Da troppo tempo non lo facciamo. Grazie famiglie. Grazie Gesù… Il vento è forte adesso, sbrighiamoci, cominciamo a portare dentro tutto quello che è in grado di volare. Ognuno fa quello che può. Qualcuno ride, qualcosa cade, ma non si rompe niente. Il più piccolo di tutti, appena quattro anni, ha sulla bocca disegni di cioccolata. Ha rotto il suo uovo, guarda c’è una sorpresa dentro. Anche i più grandi, a questo punto, rompono le loro uova e il loro profumo si unisce a tutti gli altri. Anche a quello dei fiori del glicine e delle fragole. Che bella una Pasqua così.
Alda Gasparini