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Caldaro in festa per il “Serenade”

Il Wine Center allestito per le celebrazioni del Serenade

Sulla bellezza dell’Alto Adige si è già scritto molto, così come sulla grande abilità e fantasia degli altoatesini nel valorizzare il loro splendido territorio. Eppure ogni volta che mi reco a fargli visita riescono sempre a sorprendermi piacevolmente con iniziative che a mio avviso non hanno pari nella nostra Penisola. L’ultima in ordine di tempo è stata l’autentica celebrazione che l’intera Caldaro ha messo in scena nel novembre scorso in onore del vino passito Serenade, il “gioiello” della Kellerei Kaltern che da oltre un decennio raccoglie i maggiori riconoscimenti delle principali guide del vino italiane, con gli ambiti “Tre Bicchieri” conferiti per dieci volte (annate 1995, 1999, 2004, 2005, 2006, 2007, 2008, 2009, 2010) ed altrettanti “5 Grappoli” assegnati dall’AIS, tanto da essere talvolta definito “Un riferimento per i vini dolci italiani”.

Vigneti a caldaro

La giornata celebrativa è stata organizzata a ridosso di altri eventi unici nel loro genere, come il Merano Wine Festival e i Mercatini di Natale, che personalmente ritengo siano un’occasione imperdibile per tornare per qualche giorno bambini, lasciandosi trasportare dalle luci e suoni di questa magica atmosfera natalizia, assaporando specialità culinarie locali come la zuppa d’orzo o lo stinco di maiale unendosi ai brindisi a suon di birre natalizie oppure alla ricerca di ambienti più riservati per gustare raffinate rivisitazioni di piatti tradizionali: quest’anno ad esempio a Bolzano ho scoperto il ristorante Loewengrube, a ridosso della centralissima via dei Portici, da poco più di un anno trasformato dai nuovi proprietari (gestori tra l’altro anche delle birrerie con cucina di Bolzano e Merano) da trattoria popolare a gourmet raffinato con particolare attenzione alle materie prime e una cantina risalente al 1400 che ospita oltre 1.000 etichette differenti, in maggior parte italiane ma con ottime presenze d’oltralpe, proposte con ricarichi abbastanza contenuti.

L'enologo Andreas Prast

Tre sono i vigneti di uva Moscato giallo di altrettanti soci dai quali nasce questo vino, poco più di un ettaro nel territorio di Caldaro nei pressi dell’omonimo lago, vendemmiati normalmente a metà ottobre: uno di 8 anni a cordone speronato e un paio a pergola risalenti al 1984 di Lagrein convertiti a Moscato per sovrainnesto.
Nel corso del nostro sopralluogo, mi colpisce dal racconto di Andreas Prast, enologo della Cantina di Caldaro, la singolarità della stradina che lambisce uno dei tre appezzamenti che in primavera, con le piogge e lo sciogliersi della neve sulle vette attorno al lago, si trasforma nel “Ruscello del pescatore“, dove non è difficile individuare piccole anguille che risalgono il corso d’acqua: ennesima meraviglia della natura di questo territorio!
Le caratteristiche del Moscato giallo, dalla buccia spessa e dal grappolo spargolo, poco incline a malattie così come ad essere attaccato dalla botrite, limitando la produzione a 80 quintali/ettaro ed evitando la surmaturazione, consentono una qualità pressoché costante ogni anno, grandinate o drastiche inclemenze del tempo a parte ovviamente. L’uva raccolta viene lasciata appassire naturalmente in cassette fino a fine marzo/inizio aprile nel sottotetto della cantina di Caldaro, usando eventualmente il deumidificatore per eliminare eccessi di umidità in inverni particolarmente piovosi, con il controllo settimanale dei grappoli eliminando gli acini attaccati da marciume o botrite.
Dopo la pressatura, in cui da 100 kg di uva si ottengono circa 17 litri di mosto, la fermentazione dura per diversi mesi in tonneaux di bassa tostatura, di cui circa 1/3 nuovi, a temperatura costante sui 15 gradi. In questo contenitore di rovere francese da 500 litri il vino affina per un paio d’anni prima di essere imbottigliato (“in forma di oro liquido” recita poeticamente la brochure): un nettare di 11,5 gradi di alcool e oltre 200 grammi di residuo zuccherino e una produzione che non supera mai i 20 ettolitri.

Il sottotetto dove viene appassito il moscato giallo

Dopo aver visto con i nostri occhi dove nasce il Serenade, inevitabile quindi una visita ai luoghi dove questo vino prende forma, si affina e finisce finalmente in cantina, una lenta e lunga marcia verso il palato di chi lo degusterà.
Nata nel 1906 dalla fusione di due realtà storiche, la “Cantina del Giubileo“, con la zona di vinificazione e quella di affinamento (degna di visita la barricaia e la “botte dell’Imperatore”, fusto da 110 ettolitri costruita in occasione della visita nel 1908 dell’imperatore Francesco Giuseppe per inaugurare il treno che avrebbe collegato Caldaro a Bolzano e la funicolare che avrebbe raggiunto il passo della Mendola con sul frontale intarsiato il suo profilo ed ancora utilizzata per il Cabernet Sauvignon Riserva e per alcuni mesi per la selezione Parrhof di Lago di Caldaro) e la “Cantina dei Contadini“, su cui è stato creato l’avveniristico Winecenter, la Cantina di Caldaro conta 440 soci che coltivano circa 300 ettari (sui 450 complessivi del comune di Caldaro tra i 400 ai 720 metri) di piccoli appezzamenti sparsi quasi totalmente nelle 85 diverse microzone ad oggi individuate in questo territorio per l’85% lavorabili con trattori e altri piccoli mezzi meccanici.
Solo tre di questi conferitori si dedicano però esclusivamente alla coltura della vite, con proprietà che arrivano fino a 15 ettari, mentre la maggioranza possiede anche meleti, altra grande risorsa concentrata nella basse parte pianeggiante a lato della famosa Strada del Vino dell’Alto Adige.
Recentemente la Cantina ha acquisito un paio di nuovi soci, ex-allevatori di bestiame proprietari di un paio di masi in Val d’Isarco, vicino a Tires, a 750 metri di altitudine, da dove si ricava un buon Kerner.
Nonostante la rapida crescita della percentuale dei vini bianchi, la produzione principale riguarda i vini rossi, in maggioranza derivante dalla Schiava, vitigno in cui si crede molto per la sua versatilità e potenzialità, testimoniate dal recente progetto della Charta del Lago di Caldaro per ridare valore e importanza a questo vino. Altre realtà molto importanti sono il Cabernet Sauvignon, con circa 20 ettari, alla pari del Lagrein, in lenta ma costante crescita.

Il moscato giallo in appassimento

Uno dei momenti clou dell’intensa giornata di festa caldarese è stato senza dubbio la degustazione di alcuni dei migliori vini dolci al mondo, a cui ha saputo egregiamente tenere testa il Serenade 2003, presso l’accogliente Seehofkeller di San Giuseppe al Lago presentati da Christine Mayr, presidente dell’Associazione Sommelier Alto Adige e dell’Accademia del vino Alto Adige.
Questo in estrema sintesi l’elenco dei vini assaporati con produttore, i riconoscimenti ottenuti all’uscita sul mercato, alcune note tecniche e le mie impressioni, in ordine di alcolicità crescente come ci sono stati serviti:

Le bottiglie di Passiti in degustazione

Piesporter Goldtröpfchen Riesling TBA 2011 – St. Urbans-Hof (Gault Millau 94/Decanter “Gold”)
Vino da vigneti in Alsazia e Mosella su terreni di scisto grigio di produttori di 3 generazioni con la raccolta effettuata acino per acino, 6% grado alcolico e 408 grammi/litro di residuo zuccherino, nel bicchiere si presenta densissimo, con nette note di botrite, di uva passa, mela surmatura, albicocca passita, agrumi nel finale, notevole dolcezza non stucchevole grazie a una buona mineralità, viene definito un vino atipico per la Mosella.

La raccolta del moscato giallo

Riesling Icewine 2008 – Inniskillin (Wine Spectator 91/ Wine Enthusiast 91)
Vino del Canada, vigneti vicino alle cascate del Niagara e al lago Ontario, acini ghiacciati raccolti a temperature di -10 in notturna dalle 3 alle 6,9% e 270 gr/l, colore oro intenso, concentrato di agrumi, caramello, mele rosse, buona sapidità e mineralità, notevole acidità, finale leggermente amarognolo, discreta persistenza.

Grand Cuvée TBA 2010 – Kracher (Falstaff 94/Galloni 97/Wine Spectator 94)
Vino austriaco da vigneti di Chardonnay e Riesling Italico vicini al lago Neusiedl, zona con molta umidità notturna, affina in grandi botti di legno, 10,5% e 204 gr/l, sentori di botrite, in bocca un po’ squilibrato, spiccato finale amaro, vino ad oggi poco espressivo.

Vigneti ai margini del Lago di Caldaro

Heimbourg SGN 2000 – Zind-Humbrecht (Parker 98/Wine Spectator 94)
Produttori in Alsazia dal 1600, ripido vigneto di Pinot Gris su fondo calcareo e marmoso, 10,4% e 247gr/l, colore oro antico, sentori di botrite, aromi di mela cotta, zafferano, arancia amara, acidità in calo, un po’ evoluto.

Quarts de Chaume AOC Moelleux 2005 – Domaine des Baumard (Parker 92/Wine Spectator 98/ Wine Enthusiast 95)
Denominazione della Loira contenuta interamente nella Coteaux du Layon, 6 ettari di vigneti di Chemin Blanc di oltre 35 anni su fondo di scisto e quarzite vendemmiati in più passaggi acino per acino, produzione di 5 ettolitri per ettaro, 12,5% giallo paglierino, botrite, fiori d’arancio, cachi, fichi e mele cotogne, estrema freschezza e mineralità, ottimo vino.

Vigneti e meleti in autunno

Cuvée Madame 2001 – Château Tirecul La Gravière (RVF 9/Coup de Coeur)
Vigneti a sud di Bordeaux in media sui 50 anni di età vendemmiati a più riprese, terreni calcarei, frequente nebbia mattutina, produzione di 7 hl/ha,70% Mouscadelle e 30% Semillion, botrite, 12,5% e 248 gr/l, colore oro antico, aromi di fichi, caramello, datteri, buona rotondità, equilibrio e piacevolezza.

Ben Rye Moscato di Pantelleria 2010 – Donnafugata (Parker 93/3 Bicchieri Gambero Rosso/5 grappoli Bibenda)
Vigneti di oltre 100 anni di uva Zibibbo su terreni vulcanici, produzione 40 hl/ha, l’uva raccolta viene lasciata appassire naturalmente al sole e al vento per 20-30 giorni, diraspata a mano e aggiunta al mosto fresco per la fermentazione, vinificazione e affinamento solo in acciaio, 14,5% e 195 gr/l, aromi di arancia candita, mandarino, leggere note ossidative, buona piacevolezza.

Il comune di Caldaro

Château Climens 2007 – Châteaux Climens (Parker 98/ Jancis Robinson 18/Decanter 19,5)
Vigneto di 30 ettari interamente di Semillon, terreni poveri calcarei, due anni di affinamento in barrique, netti sentori di anidride solforosa e botrite, in bocca pesca gialla, pompelmo rosa, noti piccanti di pepe bianco, buona mineralità e aciditá, calore alcolico.

Vin de Constance 2007 – Klein Constantia (Parker 97/ Wine Spectator 95/Jancis Robinson 18)
Azienda del Sud Africa risalente a fine 1600, questo vino al 100% di Muscat de Frontignan di vitigni centenari a pié franco ha origini lontanissime ed è stato ripreso da questa azienda nel 1986, dopo che la terribile fillossera arrivò alla fine del 19° secolo devastò i vigneti sudafricani causando il fallimento di diverse famiglie di produttori e interrompendo la produzione di questo famoso vino da dessert.
Macerazione sulle bucce per una settimana a botti aperte, vinificazione parte in acciaio e parte in tonneaux, dove prosegue l’affinamento per almeno 3 anni, una delle migliori annate dello scorso secolo, 14% e 177 gr/l, spiccate note di agrumi, l’ottima acidità, mineralità e sapidità ne favoriscono la beva, lasciando un’estrema pulizia in bocca.

Particolare di una barricaia

Serenade 2003 – Kellerei Kaltern (3 Bicchieri e “Vino dolce dell’anno” Gambero Rosso/5 grappoli Bibenda)
Uve di Moscato giallo lasciate ad appassire fino a fine febbraio, affinamento in barrique, imbottigliato ad aprile 2006, 11,5% e 211gr/l, grande ricchezza di profumi, freschezza, agrumi, crema pasticcera, avvolgente ed elegante in bocca, finale vanigliato.

Château d’Yquem 2003 – Château d’Yquem (Parker 95/Wine Spectator 98/Jancis Robinson 19)
Vigneto di oltre 100 ettari, produzione limitatissima di 900 litri ogni ettaro, 80% Semillon e 20% Sauvignon, 3 anni di affinamento in barrique, annata difficile, note speziate, frutta esotica, zolfo, finale amaro, vino spigoloso, al momento deludente rispetto alle grandi aspettative.

Vigneti a spalliera di moscato giallo

Tokaji Esszencia 1993 – Château Pajzos (Parker 100/ Wine Spectator 99/ Decanter “Best White”)
Questa “essenza” viene ottenuta utilizzando esclusivamente il succo che fuoriesce naturalmente dai tini bucati dove le uve riposano dopo la vendemmia, soltanto per la pressione esercitata dal proprio peso (si ottengono tra i 20 e i 50 litri con 1.000 kg di uva). Uve da terreni vulcanici ricchi di ferro a 200 slm, vendemmiate a dicembre/gennaio, il mosto fermenta lentamente soltanto ad opera di lieviti autoctoni in botti nuove di legno di rovere ungherese (40%) ed in tini d’acciaio (60%) per quattro anni, imbottigliato a gennaio 1998 con 7% di grado alcolico e ben 497 gr/l (l’uva aveva più di 600 grammi di zuccheri alla raccolta), colore giallo scuro ossidato, botrite, in note si percepisce una buona acidità, marcati aromi di agrumi, fico caramellato, fresca sapidità: un’autentica rarità, imperdibile per gli amanti di vini dolci!

In serata, al culmine dei momenti celebrativi, gli amici altoatesini ancora una volta hanno dimostrato di saper ben interpretare il concetto di “fare sistema”, ospitando all’interno del Winecenter non solo buona parte dei soci e dei clienti della Cantina di Caldaro (parecchie centinaia i presenti) bensì uno spaccato della raffinata tradizione artigianale di questa regione.
Gustando le delicatezze di Heinrich Schneider, cuoco stellato dell’Auener Hof, il ristorante stellato più alto d’Italia, minuscola realtà gestita in Val Sarentino con la moglie Gisela, oppure dell'”orafo del latte” Hansi Baumgartner, certosino affinatore di formaggi sudtirolesi alla DeGust di Varna, presente con una selezione di formaggi di sua creazione, in parte affinati nelle vinacce di moscato giallo del Serenade, o le dolcezze di cioccolata arricchite da una crema di Serenade ideate da Thomas Tappeiner nel suo laboratorio Venustis in Val Venosta comparandole con i pregiati e profumati cru di cacao appositamente scelti per la serata dal toscano Amedei, in arte Cecilia Tessieri, è stato svelato il gioiello forgiato dall’orafo meranese Tiroler Goldschmied di Tirolo, una personale ed unica interpretazione del Passito Serenade: una deliziosa dose di sogni e realtà, cullati fino a notte fonda dalle note di blues e jazz del quartetto d’archi delle quattro ragazze del Bougainville.

Il Ruscello del Pescatore

Luciano Pavesio

Luciano Pavesio

Esordi giornalistici nel lontano 1984 nel mondo sportivo sul giornale locale Corriere di Chieri. La passione per l’enogastronomia prende forma agli inizi degli anni ’90 seguendo la filosofia e le attività di SlowFood. Ha frequentato corsi di degustazione e partecipa a numerosi eventi legati al mondo del vino. Le sue esperienze enoiche sono legate principalmente a Piemonte, Valle d'Aosta, Alto Adige e Friuli. Scrive e collabora a numerose riviste online del settore; è docente di corsi di degustazione vino ed organizzatore di eventi.

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