Tenuta di Fiorano: il “misterioso” vino di Roma
Nella seconda metà del 1900, alle porte di Roma, si produceva quel mitico vino chiamato “Fiorano”; sia in versione rossa, che in versione bianca. La storia, ormai, è nota a tutti.
Appena fuori il raccordo anulare, alla pendici dei Colli Albani e di fronte all’aeroporto di Ciampino, inizia via di Fioranello che, dopo aver attraversato la via Appia Antica, attraversa la tenuta di Fiorano, già proprietà dei Principi Boncompagni Ludovisi. Alla fine della seconda guerra mondiale il Principe Alberico eredita dal padre una grossa quota delle tenuta, costituita da uliveti, pascoli e terreni seminativi.
Grande appassionato di agricoltura e viticoltura, vi impianta un vigneto e, con la leggerezza e l’originalità che contraddistingue i nobili, utilizza vitigni inusuali per il luogo e l’epoca: cabernet sauvignon e merlot per produrre il Fiorano rosso, malvasia di Candia e sémillon per i vini bianchi. Il suo primo consulente enologico fu Tancredi Biondi-Santi (scelto non tanto sulla base di una conoscenza diretta, bensì perché faceva quel gran vino), il quale, di tanto in tanto, portava con sé il giovane Giulio Gambelli.
La conduzione del vigneto, come il resto di tutte le altre colture, era di tipo tradizionale-biologico; e tutte le operazioni di cantina erano manuali; finanche la preparazione e l’applicazione delle etichette sulle bottiglie da vendere.
Pur essendo molto riservato e di scarsa comunicativa, nei primi anni ’70 intrattenne una frequentazione, soprattutto epistolare, con Luigi Veronelli, che stimava i suoi vini e molto contribuì alla loro consacrazione fra i migliori vini del Lazio. Grande mistero avvolgeva la cantina: oltre a Veronelli, pochi altri potevano vantarne la visita.
Poi, nel 1998, il Principe Alberico decise di espiantare i vigneti ed interrompere la produzione dei vini; non furono date spiegazioni ed a nulla valse l’offerta del genero, il Marchese Piero Antinori, di occuparsene lui: non approvava né condivideva le sue metodologie di produzione del vino.
Successivamente, stanco e malato, si trasferisce in città e, tra il 1999 ed il 2004, vende dapprima 5 ettari della tenuta, e, successivamente, ulteriori 8 ettari più i diritti d’impianto al cugino Paolo. Ma ciò che più conta, vista la passione verso la natura del figlio di Paolo, Alessandrojacopo, lo consiglia e lo guida nella impostazione del vigneto ad immagine di quello espiantato: scelta dei terreni e dei vitigni e conduzione rigorosamente biologica; unica differenza fu la scelta dei vitigni bianchi: niente più sémillon, ma grechetto e viognier.
Nel 2005 il Principe Alberico morì e lasciò in eredità testamentaria al cugino Paolo ed al figlio di quest’ultimo, Alessandrojacopo, gran parte della proprietà.
Oggi l’azienda ha una estensione di più di 200 ettari; il vigneto, naturalmente, è condotto in regime biologico; in cantina si seguono le stesse pratiche manuali come una volta, ivi compresa la produzione e l’applicazione delle etichette sulle bottiglie da consegnare alla vendita; i vini sono diventati quattro e quella cantina storica, per rispetto della tradizione istituita dal Principe Alberico, il Principe Alessandrojacopo la mantiene protetta ancora oggi.
Sono andato qualche mese fa a far visita alla Tenuta di Fiorano: quasi tutti i casali sono stati riattati da poco, ivi compresa la chiesetta di Santa Fresca e la Villa vicina, nel cuore dell’azienda ed all’interno di un parco naturale voluto dal Principe Paolo Boncompagni Ludovisi.
I vini prodotti oggi, come abbiamo già visto, non hanno una discendenza diretta con quelli prodotti fino agli anni ’90: le piante non sono certamente le stesse e per i vini bianchi sono cambiati anche i vitigni: il fascino, però, è lo stesso.
Fioranello bianco 2012
Grechetto e viognier in parti uguali e maturazione in acciaio per questo primo vino aziendale. Ha un bel colore giallo paglierino intenso, quasi dorato. Anche i profumi sono molto intensi e si avvertono da lontano: giglio, frutti tropicali e note agrumate portano in saturazione il naso. L’ingresso al palato è solenne: frutti tropicali, freschezza, sapidità, mineralità; ha tanta materia, ma non è molto persistente.
Fiorano bianco 2012
Stessa composizione del precedente, ma la maturazione avviene in botti di rovere e di castagno da 10 hl. Nel calice ha una veste dorata; emana forti profumi di fiori gialli, smalti, note boisé e spezie. Al palato è rotondo ed equilibrato, alle note fruttate si accompagnano freschezza e sapidità; è secco e presenta anche un leggerissimo tannino, mentre la chiusura è guidata da una nota dolce di liquirizia.
Fioranello rosso 2012
Solo cabernet sauvignon per questo primo rosso; un anno in botti da 10 ettolitri ed un ulteriore anno (almeno) in bottiglia. Nel calice il colore è rubino intenso, appena sfumato sull’unghia; al naso offre profumi di piccoli frutti rossi di bosco, una leggera nota di peperone verde, foglia di noce e la percezione del pur breve passaggio in legno. Al palato è fruttato e fresco, minerale e sapido, scorrevole e dinamico con un finale arricchito da un ritorno di piccoli frutti di bosco.
Fiorano Rosso 2007
Questo è l’unico vino che ricalca la vecchia produzione, interrotta nel 1998: 60% cabernet sauvignon, 40% merlot; lunga maturazione in botti da 10 ettolitri prima ed affinamento prolungato in bottiglia. Il colore è rubino intenso; fiori e piccoli frutti rossi si addensano sotto al naso, insieme ad una nota ematica, piccole spezie e note balsamiche. Al palato è fruttato e secco, il tannino è importante, ma setoso; sapidità e scampoli di freschezza (quella tipica di un’annata siccitosa) accompagnano il sorso in una chiusura abbastanza persistente.
Il Fiorano 2008, ancora in fase di “rodaggio prevendita”, si esprime già in modo adulto; lo spettro olfattivo è molto ricco: piccola frutta rossa e carrube, l’immancabile nota di peperone verde e foglia di noce sono accompagnate da polvere di caffè e da un tocco esotico di semi di tamarindo. Al palato è succoso e secco, il tannino importante e fine, la schietta acidità e la sapidità chiudono il lungo sorso.
E infine, perché il “mistero” non rimanga solo nell’immaginario, il Principe ci ha offerto uno “sguardo sul passato”: un Fiorano 1986. La sua veste è rubino cupo. Al naso si accalcano piccoli frutti rossi e prugne sotto spirito, poi profumi di lavanda e sandalo, note balsamiche e speziate. Al palato c’è ancora tanta piccola frutta rossa; il tannino è importante e fine; l’acidità è ben presente e la chiusura è caratterizzata dalla sapidità e da una leggera nota di arancia sanguinella. Commovente!
Antonio Di Spirito