Stracotto al Barolo con purè di patate e Spanna
La pietanza (per 4 o 6 persone)
1 chilo e mezzo (pezzo unico) di cappello del prete o di muscolo di bovino adulto ̶ in alternativa carne di asino;
50 grammi di lardo di Colonnata in un’unica fetta;
2 bottiglie da 750 ml di Barolo ̶ per spendere meno vanno bene anche Ghemme o Gattinara;
1 grossa carota;
2 coste di sedano verde;
1 grossa cipolla bianca;
5 spicchi di aglio, meglio il rosso di Nubia (Sicilia) o il bianco di Piacenza, che sono più profumati;
5 chiodi di garofano;
10 grani di pepe nero e 5 bacche di ginepro.
Pestate in mortaio il pepe nero e le bacche di ginepro e spargeteli sul fondo di una zuppiera di ceramica (la ceramica ha il pregio di non rilasciare eventuali sapori e odori di cibo precedentemente contenuti); aggiungete la carota pelata con il pelapatate e tagliata a rondelle fini, il sedano lavato, privato dei filamenti e tagliato fine, la cipolla pulita dalle tuniche secche esterne e steccata intera con i chiodi di garofano, 2 spicchi di aglio puliti anche loro dalle tuniche secche e interi (ma nel caso in cui si noti la presenza dell’anima ancora verde, vanno tagliati a metà per toglierla, perché è difficile da digerire).
Tagliate a listarelle non troppo sottili il lardo (dopo averne tolto la cotenna, da aggiungere anch’essa alla verdura nella zuppiera).
Pulite gli altri 3 spicchi d’aglio dalle tuniche e dall’eventuale anima verde e tagliateli sottilmente per il lungo, cercando di ricavarne lo stesso numero delle listarelle di lardo.
Con un coltello fate delle incisioni nella carne, nello stesso numero delle listarelle di lardo e di aglio e poi, aiutandovi con le dita, in ogni incisione spingete in profondità una striscia di lardo e una fettina di aglio. Quando avrete terminato questa operazione, ponete anche la carne così lardellata nella zuppiera e copritela con il vino (mettete la cipolla steccata di lato alla carne, per comodità).
Se la zuppiera ha il suo coperchio, mettetelo, altrimenti copritela comunque con un piatto che possa fungere da coperchio e lasciateci macerare la carne almeno un giorno e mezzo, rivoltandola ogni tanto. Non conservatela in frigo, va bene a temperatura ambiente. Il vino evita alla carne e alla verdura di avariarsi.
Trascorso questo tempo, in una pentola (possibilmente di coccio o di ceramica) mettete la carne, il vino e le verdure, cioè tutto quello che c’è nella zuppiera. Niente sale perché la carne è già saporita dall’ammollo con il vino, il lardo e le verdure. Inoltre il sale rende la carne stopposa e fa salire la pressione arteriosa. Coprite la pentola con un coperchio e cuocete pianissimo (l’ideale sarebbe all’estremità della stufa) per 7/8 ore, rigirando la carne poche volte, ogni 2 ore circa.
Togliete la carne dalla pentola, ma non con le forchette, perché essendo “stracotta” si sfalderebbe: dovrete usare 2 palette e prenderla da sotto per appoggiarla su un piatto piano. Mettete le verdure nel passaverdura e riducetele a una crema usando il disco con i fori più piccoli. Servono proprio quelle palette piatte, perché sostengono il pezzo di carne senza che si pieghi e quindi si rompa.
Rimettete la carne nella pentola, copritela con il passato di verdura e tenete tutto in caldo a fuoco bassissimo mentre preparate il purè, di cui segue la ricetta.
Purè di patate
1 chilo di patate farinose di media pezzatura;
mezzo litro di latte intero fresco;
mezzo etto di burro;
sale fino quanto basta;
1 pizzico molto piccolo di cannella.
Lavate bene e spazzolate sotto l’acqua corrente le patate. Mettetele, con la buccia, in acqua fredda e portatele a bollore. Dopo mezz’ora, provate se sono cotte con uno stecchino lungo; se entra senza sforzo sono cotte, altrimenti continuate a cuocerle e provatene la cottura ogni 5 minuti.
Quando saranno cotte, scolatele in un colapasta e appena possibile pelatele, ma senza ustionarvi le mani. Schiacciatele poi una per una nello schiacciapatate e lasciatele cadere in una pentola, aggiungendo il sale e il burro solo quando ne avrete già passate la metà, perché con le patate calde il burro comincia a sciogliersi.
Fate scaldare il latte: deve quasi bollire. Incorporatelo poco per volta alle patate, ma non aggiungetene dell’altro fino a quando non sarà incorporato completamente quello precedente. Non è detto che serva tutto il latte, dipende dalle patate. Deve risultare una crema solida, ma non pesante: niente cemento a presa rapida, tanto per intenderci.
Rimettete il purè sul fuoco e aggiungete, se vi piace, un pizzichino di cannella, rimestate e tenete in caldo (sarebbe ideale tenerlo coperto a bagnomaria) fino al momento di servirlo con lo stracotto.
Al momento di servire in tavola, disponete lo stracotto su un piatto fondo da portata, sempre aiutandovi con le palette. Versategli sopra un po’ del suo condimento di verdure e servitelo in tavola, insieme con una salsiera (o una scodella appoggiata su un piatto, altrimenti vi scottate e poi è più elegante) calda con il condimento che è restato nella pentola. Servite anche il purè in un piatto caldissimo e fondo. Per scaldare i piatti potete metterli nel forno lasciandolo aperto, oppure nel microonde per un minuto, oppure nell’acqua bollente per qualche minuto.
Il vino Spanna Cuvée Bernardo Vallana
Vi piacerebbe se io consigliassi al mondo un Barolo o un Barbaresco per questo squisito stracotto, vero? No, mi spiace, ma questa pietanza tanto gustosa che spopola in tutto il novarese non può che sposarsi con un gran vino, ben fatto e soprattutto secondo tradizione, nato proprio nel cuore di questa zona d’elezione dell’uva spinea o spionia (dal latino spinum, volgarizzato in spino, cioè il pruno) citata da Plinio il Vecchio nel libro XIV al paragrafo 34 della sua Naturalis Historia e che oggi si chiama spanna, ma è sempre nebbiolo.
I vigneti sorgono su suoli di porfido provenienti dal disfacimento superficiale degli antichi sedimenti trasportati dal ghiacciaio del Monte Rosa durante l’ultima era glaciale che, al suo ritiro, ha lasciato lunghe e strette colline moreniche lungo il corso del fiume Sesia. Questi terreni hanno una grande disponibilità di ferro, manganese e altri microelementi essenziali per quella caratteristica acidità che li rende rari, quasi unici, al mondo poiché la maggior parte delle regioni vitivinicole giace in prevalenza su suoli alcalini. Questa è la vera chiave per capire la tipicità e la longevità dei vini dell’azienda Antonio Vallana e Figlio di Maggiora, che apprezzo fin da una bottiglia di Spanna dell’annata 1947 recuperata a Vallemosso mentre spalavo nel fango dopo l’alluvione del 1969.
Con questo stracotto consiglio lo Spanna Cuvée Bernardo Vallana 2010. Colore rubino luminoso, con pronunciati aromi di prugna che emergono da un bouquet fine e complesso con note di viola, rosa, garofano e piccoli frutti rossi maturi come ciliegia e lamponi, su sfondo morbido, vellutato, di funghi, humus e sottobosco erbaceo. Un vino di grande struttura con un tocco di goudron e un’ottima acidità che assicurano sicura potenzialità di lungo invecchiamento, quando i tannini ancora un po’ scalpitanti verranno domati dal tempo e si arrotonderanno per mostrare una qualità eccellente.
Questa new entry in gamma è stata realizzata in onore di Bernardo Vallana, che ho avuto la fortuna di conoscere con la moglie Marina al volante della sua Mercedes bianca nel 1980 proprio nell’anno del matrimonio della loro figlia Giuseppina con il professore inglese Guy Fogarty. Preferiva andare in ritardo alla messa del Santuario di Boca pur di presentarmi le riserve di Spanna di cui era l’autore e che sono diventate ormai leggendarie come Campi Raudii, Cinque Castelli, Montalbano e Traversagna e ricordo benissimo la sua predilezione per quella del Camino (cioè da bere davanti al caminetto acceso), della quale la Cuvée Bernardo Vallana di oggi riprende non soltanto l’etichetta, ma soprattutto la composizione delle uve di nebbiolo coltivate in Boca e in Gattinara.
Anche se la forma storica di allevamento, il “quadretto maggiorino”, che si è sviluppato lungo i secoli per ottimizzare l’esposizione alla luce, è stata sostituita dalla controspalliera con potatura lunga Guyot, il vino continua ad essere realizzato con i metodi tradizionali stabiliti proprio da Bernardo. I grappoli sono raccolti a mano in piccole cassette, vengono scelti da un rigoroso processo di selezione in vigna e subiscono una diraspatura totale in questa cantina disposta su tre piani, dove fermentano senza controllo di temperatura in vasche di cemento da 150 ettolitri, che aiutano a mantenere fresco il mosto durante i frequenti rimontaggi per mantenere umido il cappello e favorire l’estrazione dei tannini fini. Bernardo mi disse che l’aveva imparato dal nonno, preso in giro in paese perché usava il bastone a tutte le ore, anche di notte. La fermentazione malolattica si completa in vasca di cemento durante l’inverno, poi il vino viene trasferito in vecchie botti di rovere (di 10 hl in media) a maturare per 12 mesi, non in botti piccole e nuove dove potrebbe essere facilmente sopraffatto dal carattere della quercia, quindi versato in bottiglia per almeno un altro anno di affinamento.
È una fortuna che Giuseppina, quando è mancato troppo presto il marito Guy, abbia scelto di difendere questa tradizione nobile e unica che continua oggi con i figli Francis, Marina e Miriam, impegnati a emulare l’approccio di Bernardo al vino. In troppe altre famiglie di vitivinicoltori si vede che le nuove generazioni sono di solito più interessate ad apportare profonde modifiche pur di mettere la propria impronta personale nella storia della famiglia, anche a spese dei vini. Ho visto questi tre fratelli impegnati anche nel lavoro manuale in vigna nel 2014 e devo dire che ho provato una grande simpatia per questi ragazzi che hanno un grande rispetto per il loro nonno. Apprezzo molto che si sentano parte viva e integrante di una tradizione che per loro è anche un grande privilegio e proviene da un primo vigneto di Montalbano ereditato nel 1859 da Domenica Peroni e gestito con suo marito Bernardo Vallana “il vecchio”, poi passato con tanti altri al figlio Antonio che, nel 1937, insieme con l’allora diciasettenne nipote Bernardo, fondò a tutti gli effetti quest’azienda del mio cuore.
Antonio Vallana e Figlio
Via Mazzini 3, 28014 Maggiora (NO)
Tel: 0322.87116, fax: 0322.87979
sito www.vallanawine.com
e-mail info@vallanawines.com