Nel calice di un vino eccellente non c’è soltanto quel vino, ma anche l’anima di chi lo fa. Devo riconoscere che il compagno sindaco emerito Ilio Raffaelli e il dottor Bruno Ciatti avevano proprio visto giusto quando hanno insistito per conferire la denominazione d’origine Montalcino a tutto il territorio del comune e non solo alle zone allora già famose perché vitate dalle grandi famiglie storiche, quelle che erano (e sono ancora) la meta preferita di tanti giornalisti e critici del vino che non amano molto lasciare i moderni nastri asfaltati per inerpicarsi attraverso le strade bianche verso le località impervie e periferiche più lontane dalle luci e dalle comodità del borgo intorno alla fortezza. Io le chiamo aziende di confine, nel senso pieno della parola, quelle dei territori dove le scarpe di lusso dalle suole di cuoio è meglio che stiano lontane. Posso confessare che ogni volta che affronto quelle carrabili dei campi passo prima dal meccanico per un severo controllo dell’affidabilità del mezzo di trasporto e, quando rientro, spesso mi fermo sul ciglio della strada per via degli occhi diventati lucidi dopo aver appurato di persona dove vanno tutti i santi giorni a faticare e a guadagnarsi il pane le persone che lavorano la terra con un’abnegazione che l’enoturista può soltanto immaginare. I miei nonni dicevano che raggiungere questi posti è come andare “a casa del diavolo” e nella mia isola d’adozione si dice che si trovano “in punta di casino”, perciò bisogna che qualcuno ricordi a chi fa bella mostra di sé sotto le luci della ribalta il gran carattere di quegli ilcinesi che hanno portato la civiltà agricola sulle tormentate sponde vulcaniche del fiume Orcia (rimaste senza luce fino al 1975!) nell’estremo quadrante sud-est del territorio di Montalcino, in un ambiente abbastanza isolato e nascosto tra i 100 e i 300 metri di altitudine.
Fra questi uomini e queste donne di frontiera che godono della mia massima considerazione ci sono Clara Monaci, suo marito Maurizio Machetti e la loro figlia Elena, vale a dire l’azienda Corte dei Venti arroccata sul pianoro di Piancornello appena fuori dal gran bosco di Montalcino. È una località molto aperta e solatìa che si può raggiungere da Castelnuovo dell’Abate percorrendo la strada verso Sant’Angelo in Colle e, dopo la tenuta di Sesta, scendendo all’incrocio verso il Centro Equestre e Piancornello, oppure da Sant’Angelo Scalo costeggiando la ferrovia dismessa e poi salendo in direzione del Campo dell’Ospedale per il Centro Equestre, Sesta e Castelnuovo dell’Abate. Questa zona è esposta alle brezze quotidiane del Mar Tirreno che non permettono il ristagno dell’umidità dopo le piogge tra colture, frutteti, oliveti e vigneti, anzi il loro benefico effetto mitiga le temperature, favorisce un clima mediterraneo privo di nebbie e influisce perciò sulla salute delle colture e delle piante durante il periodo vegetativo e anche durante la raccolta dei frutti più maturi e più sani. Il nome di quest’azienda è proprio azzeccato, infatti, perché si riferisce appunto all’ariosità della zona che risulta coltivata già dai tempi degli Etruschi, anche se fra i fossi del Cassero, di Overcela e di Fonte Lattaia si trovano a proprio agio istrici, lepri, conigli selvatici, moffette, ma anche quei cinghiali, daini e caprioli che si nutrono di teneri germogli in primavera e di dolci uve in autunno e che da quando si riproducono fuori controllo provocano anche dei danni al gran lavoro umano. Bisogna proprio amare molto la terra e la natura per ricavare con santa pazienza i migliori frutti in questa campagna compresa nel Parco Artistico Naturale e Culturale della Val d’Orcia.
Clara Monaci e Maurizio Machetti con la figlia Elena
La storia di Corte dei Venti risale al 1943, con l’acquisto da parte della famiglia Pieri del podere Piancornello che poi è stato diviso tra i vari eredi alla fine degli anni ’80 con la scomparsa del nonno materno, quando c’è stata una prima spartizione della proprietà tra le sorelle Pieri, Silvana e Agostina. Nel 2010 Clara Monaci, figlia di Silvana Pieri e Alfio Monaci, ha acquisito una parte dell’azienda materna divisa allora con il fratello Claudio e nel 2011 da una costola della cantina Piancornello ha fondato in piena indipendenza l’azienda Corte dei Venti che oggi si estende per circa 15 ettari di cui 5 a vigneto (2,80 ettari di Brunello, poi Rosso di Montalcino e Sant’Antimo) oltre a 3 ettari di oliveti secolari di olivastro, correggiolo e moraiolo che producono un olio extravergine di oliva prelibato. Le olive vengono raccolte da sempre a mano e appena raccolte si portano al frantoio dove, grazie al sistema di molitura a freddo, sono trasformate in un olio extravergine di oliva con delle caratteristiche uniche, veramente prelibato e destinato alla vendita diretta, ma che è stato scoperto anche dalla ristorazione degli USA dove ha successo la dieta mediterranea. La parte a seminativo è di circa 5 ettari e si cura anche una piccola parte di boschivo.
I vigneti sono allocati nella zona più soleggiata, quella delle “terre rosse”, caratterizzate da terreni collinari con pendenze più o meno scoscese, ben dotati di sostanze minerali e suoli freschi di medio scheletro, ricchi di argilla calcarea satura di elementi ferrosi che danno il caratteristico colore rossiccio ai suoli di conglomerati poligenici con intercalazioni di sabbia e brecce, di sostanze minerali e di tufi vulcanici sparsi fin qui dalle antiche eruzioni del vulcano spento del Monte Amiata. Questa particolare posizione delle vigne degradanti verso il fiume Orcia e protette dall’imponente monte Amiata gode di una forte escursione termica che, unita alle brezze e all’altitudine, induce una fine ricchezza aromatica nelle uve ed esalta le doti organolettiche del loro vino.
La Corte dei Venti si avvale della collaborazione dell’agronomo Gabriele Gadenz, che si occupa anche della parte enologica, e di quella del cantiniere Andrea Brocco. La cantina è a temperatura e umidificazione controllata ed è suddivisa in 2 zone distinte, cioè una per la vinificazione con vasche di acciaio inox e l’altra per la maturazione con tonneaux, barriques e botti di legno da 25 hl, e ha iniziato a muovere i suoi primi passi con il Brunello dell’annata 2007 e la Riserva del 2006, due annate a cinque stelle. Clara Monaci ha continuato a seguire gli insegnamenti della madre e del padre, sempre attivi, però Corte dei Venti è una creazione sua che è partita da zero, ma purtroppo nel momento più difficile per l’immagine e il commercio estero del Brunello, dopo le scorribande giudiziarie e la polemica sulla vinificazione del sangiovese in purezza prevista rigorosamente dal disciplinare DOCG del 1980 subentrato a quello DOC del 1966 che pur l’affermava, ma consentiva anche l’aggiunta del 10% di altri vini (perfino da fuori). C’è voluta tutta la capacità di sacrificio, la tenacia e l’intraprendenza di Clara per far fronte a un inizio così accidentato, ma, dopo i numerosi riconoscimenti ottenuti subito dagli esperti di vino di tutto il mondo per il suo buon Brunello, la piccola cenerentola è diventata principessa reale e Corte dei Venti è decollata come in un bel sogno. “Beati gli ultimi se i primi sono onesti”, ma in quest’angolo fino ad allora snobbato di Montalcino si è dovuto combattere per dimostrarlo. Qui non c’è confusione di sorta su ciò che si deve fare, si lavora con grande cura secondo i dettami e i ritmi della campagna e non del circo mediatico. Con il sangiovese in purezza si fanno il Rosso di Montalcino DOC, il Brunello di Montalcino DOCG e il Brunello di Montalcino Riserva DOCG dedicato alla giovane figlia Elena. Invece con una preponderanza di uve sangiovese insieme con altre uve rosse aziendali si fanno il Sant’Antimo DOC Poggio dei Lecci e due IGT, il primo dedicato alla mamma Silvana e l’altro alle Terre Rosse. Oggi la produzione qualificata dei vini di Corte dei Venti si attesta intorno ad almeno 25.000 bottiglie l’anno (nelle ottime annate anche oltre) che vanno per l’85% all’estero (soprattutto negli USA e nei nuovi mercati orientali), ma si pianterà ancora un altro ettaro e mezzo a IGT (spero a sangiovese!) nei posti più vocati e si aumenterà lo spazio in cantina.
Clara è infaticabile. Oltre a occuparsi della gestione della vita famigliare e a far girare a pieni giri il motore dell’azienda, vi ricopre anche i ruoli più disparati, dai contatti con gli importatori fino al ricevimento dei clienti e dalle degustazioni alle visite (si ricevono fino a 30 persone alla volta e si parla pure in inglese, francese e tedesco, grazie anche alla figlia Elena). L’accoglienza è uno dei punti di forza. Le degustazioni e le visite hanno infatti un’importanza rilevante per soddisfare in pieno gli enoturisti che giungono fino a questo avamposto di produzioni di alta qualità del sangiovese nel pieno rispetto della natura, come ognuno può verificare sul campo. Pochi trattamenti e pochi concimi, il minimo indispensabile, seguendo il più possibile i dettami dell’agricoltura biologica anche se non si è chiesta la certificazione. Tutte le lavorazioni in vigna sono manuali, come la cimatura delle viti in pianta verde, la sfogliatura e la raccolta a stocca integra. La cantina è di costruzione recente, in buona parte è interrata ed è divisa in due zone (vinificazione e maturazione) a temperatura e umidificazione controllate. All’ingresso delle uve raccolte già sane se ne fa un’ulteriore selezione e si stoccano nei tini con il chicco integro per vinificazioni lunghe, dai 36 ai 42 giorni a seconda delle annate, con macerazioni sulle bucce da 12 a 28 giorni a seconda della varietà, rimontaggi e svuotamenti soffici, fermentazioni a temperatura naturale fino ai 28 °C e poi a temperatura controllata. La malolattica avviene in acciaio e la decantazione naturale si svolge durante l’inverno. Sono vini che sopportano meravigliosamente i lunghi viaggi come pochi altri.
Brunello di Montalcino 2016 Fantastico è dir poco e non dipende soltanto dall’annata eccellente, davvero straordinaria. Ha una raffinatezza di gran classe che conferma l’impegno meritorio di Clara e di tante donne del vino nell’accompagnare le uve senza forzature alla massima piacevolezza anche nei primi anni dalla commercializzazione. La maturazione dura almeno 36 mesi in botti di rovere di Slavonia da 20 e 25 hl cui segue l’affinamento in bottiglia da 8 a 12 mesi. Tenore alcolico del 14,5%. Ha un bel colore rosso rubino di trasparenza cristallina con riflessi granati splendenti. Affascina subito per i profumi di ciliegia matura tra sfumature balsamiche della macchia mediterranea che aprono un bouquet ampio di visciole e di piccoli frutti di bosco (corniole, prugnole e ciliegie selvatiche mature) su un fondo di rosa canina. In bocca si arricchisce di sambuco nero, amarena e arancia rossa tarocco in un’atmosfera di fiori rossi appassiti. È un vino pieno e rotondo, morbido, con una eccezionale struttura accarezzata da tannini ben domati e perfettamente levigati. Ha una veste molto elegante che richiama le camicie di seta extra di Burano, il finale è piacevolmente lungo e sebbene sia già pronto ha un potenziale notevole di evoluzione per la sorprendente e meravigliosa acidità.
Rosso di Montalcino 2018 Se avessi coperto l’etichetta avrei pensato che fosse un ottimo Brunello ma appena un tantino più giovane del precedente, cosa che mi capita alcune volte soltanto tra i migliori piccoli produttori di Montalcino quando decidono di svuotare qualche botte di vino atto a divenire Brunello per motivi diversi, come far spazio necessariamente al nuovo vino di una vendemmia più abbondante del solito, un’offerta d’acquisto irrinunciabile, l’occorrenza d’immediato incasso, la presentazione dell’azienda a un evento importante. Solo a titolo d’esempio, succede quasi sempre con gli straordinari Rosso di Montalcino di Baricci e Salvioni, spesso anche con quelli di Vasco Sassetti e qualche volta capitava anche con quello di Poggio di Sotto quando c’era Piero Palmucci (e non solo loro), nati però nei versanti più freschi della montagna e quindi diversi, maggiormente corposi e profondi piuttosto che fini e cristallini come questo. Una gradita sorpresa, anche perché, pur essendo un Rosso, bagna il naso a tanti Brunello prodotti altrove su scala più vasta e soprattutto perché ha uno stile un po’ diverso che colpisce per la scioltezza e la freschezza della beva piuttosto che per la potenza e la complessità, mostrando già l’ampiezza della raffinata carica espressiva e la sottile struttura tannica di un vino già pronto. È maturato per 12 mesi in tonneaux e/o barrique e si è affinato per almeno 4 mesi in bottiglia. Tenore alcolico del 14%. Di un bel colore rosso rubino chiaro e limpido, sprigiona anch’esso alcuni aromi del Brunello (visciole e piccoli frutti di bosco come corniole e ciliegie selvatiche) tra sfumature di anice stellato. In bocca aggiunge corbezzolo e arancia sanguinella con un pizzico di macis e di pepe bianco e rosa in buona armonia con i tannini già levigati e fini. Il finale mostra anche una sapidità che esalta la freschezza del fruttato. Per apprezzarlo meglio andrebbe servito e mantenuto a 18 °C, suggerirei non oltre.
Toscana Rosso IGT Le Terre Rosse 2018 Questo vino è il più recente dell’offerta in bottiglia nella gamma degli IGT aziendali, anche se prima veniva già venduto sfuso negli anni scorsi, ed è ottenuto assemblando le rimanenze dei vini di sangiovese non destinati a DOC oppure DOCG con quelli derivati dalle altre uve aziendali per una composizione in genere di sangiovese 70%, merlot circa 20% e syrah circa 10%, ma queste percentuali possono sempre cambiare a seconda degli andamenti delle annate. Il vino da uve sangiovese si affina in vasche d’acciaio per tutto il periodo di 18 mesi mentre quelli da uve syrah e merlot nel frattempo fanno anche 6 mesi in tonneaux. Era un peccato non imbottigliarlo, perché questo vino è piacevole per il consumo con le pietanze della quotidianità ed è sempre stato apprezzato e richiesto per il buon rapporto qualità/prezzo. I fiaschi in zona sono usati sempre di meno, bisogna salire più su, all’Osteria Bassomondo, per trovarne ancora. Oggi si consuma la metà del vino di una volta e la bottiglia è più comoda per la stoccatura in orizzontale nelle cantinette di casa, anche se questo vino ha un tappo in sughero sinterizzato e non ne avrebbe bisogno, ma così si accontenta anche chi la cantina non ce l’ha e d’estate può rinfrescarlo in frigorifero per qualche decina di minuti. La fragrante vinosità ne fa un vino da tutto pasto per pietanze di terra, salumi e formaggi con un tenore alcolico sostenuto (14%), ma rinfrescante a una temperatura sui 16 °C. Il colore è rubino scuro, denso come ci si aspetta dall’apporto di syrah. Attacca con un profumo di prugne che apre un bouquet di aromi di ciliegie nere tra sfumature di viole, sottobosco e terra inerbita. In bocca è amaricante, si avvertono anche le spezie più scure e la radice di liquirizia. Di corpo medio e buona acidità con un tannino ancora verde e leggermente piccante.
Mario Crosta
Corte dei Venti Località Piancornello 35, 53024 Montalcino (SI) coord. GPS: lat. 42.975758 N, long. 11.4758813 E tel. 0577.844035, fax 0577.844036, cellulare 347.3653718 sito www.lacortedeiventi.it e-mail info@cortedeiventi.com
Di formazione tecnica industriale è stato professionalmente impegnato fin dal 1980 nell’assicurazione della Qualità in diverse aziende del settore gomma-plastica in Italia e in alcuni cantieri di costruzione d’impianti nel settore energetico in Polonia, dove ha promosso la cultura del vino attraverso alcune riviste specialistiche polacche come Rynki Alkoholowe e alcuni portali specializzati come collegiumvini.pl, vinisfera.pl, winnica.golesz.pl, podkarpackiewinnice.pl e altri. Ha collaborato ad alcune riviste web enogastronomiche come enotime.it, winereport.com, acquabuona.it, nonché per alcuni blog. Un fico d'India dal caratteraccio spinoso e dal cuore dolce, ma enostrippato come pochi.
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Giornalista cresciuto con Montanelli al giornale, si occupa da sempre di agricoltura, agroalimentare enogastronomia e viaggi. Ha lavorato tra gl (...)
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Sociologo e giornalista enogastronomico, è direttore responsabile di laVINIum - rivista di vino e cultura online e collabora con diverse testate (...)
Di formazione tecnica industriale è stato professionalmente impegnato fin dal 1980 nell’assicurazione della Qualità in diverse aziende del setto (...)
Laureato in Filosofia e giornalista professionista, lavora al Mattino dove da anni cura una rubrica sul vino seguendo dal 1994 il grande rilanci (...)
Maestro Assaggiatore e Docente O.N.A.V., Delegato per la provincia di Lecco; svolge numerose attività come Docente presso Slow Food, Scuola de L (...)
Sommelier e master sul servizio vino e relazione col commensale, ha tenuto alcuni corsi in area territoriale del Pavese di approccio/divulgazion (...)
È Sommelier e Degustatrice ufficiale A.I.S. rispettivamente dal 2003 e dal 2004; ha sviluppato nel suo lavoro di dottorato in Industrial Design, (...)
Napoletano, classe 1970, tutt'oggi residente a Napoli. Laureato in economia, da sempre collabora nell'azienda tessile di famiglia. Dal 2000 comi (...)
Ha iniziato la sua attività in campo enogastronomico nel 1987. Ha collaborato con le più importanti guide e riviste del settore italiane ed este (...)
Nato nel 1974 a Roma in una annata che si ricorderà pessima per la produzione del vino mondiale. Sarà proprio per ribaltare questo infame inizio (...)
Bolognese dentro, grafico di giorno e rapito dal mondo enologico la sera. Per un periodo la sera l'ha condivisa con un'altra passione viscerale (...)
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