La Terra Brama: quindici sfumature per comprendere il potenziale del Bramaterra
Ad un certo punto ho incrociato il volto di Cristiano Garella e ho udito con le mie orecchie la seguente frase: “Oggi nel territorio del Bramaterra operano oltre trenta produttori”. Per un istante ho pensato di interrompere la relazione del noto enologo, lo stesso che in Alto Piemonte collabora con più di venti Cantine, per chiedere umilmente se per caso si fosse sbagliato, e invece no, la realtà è proprio questa: il territorio è cresciuto enormemente negli ultimi dieci anni. Non posso nascondere un velo di commozione perché da novarese seguo la faccenda ante 2000.
Ho iniziato nel periodo in cui i vini di questo angolo antico del Piemonte, fatte le dovute eccezioni, erano poco più che curiosità da approfondire durante i classici corsi sul vino. Tutto ciò nonostante il fatto che agli inizi del secolo scorso, o anche a metà dell’Ottocento, queste terre erano praticamente contornate quasi solo da vigneti inseriti in un contesto naturale di rara bellezza. Per questo ed altri mille motivi ho accettato l’invito a presenziare ad una masterclass specifica, organizzata da Cristiano Garella, tenutasi il 23 aprile scorso. La degustazione non ha fatto altro che coronare degnamente la prima edizione di “La Terra Brama, sfumature nel terroir di Bramaterra”, evento patrocinato dal comune di Masserano (BI).
La manifestazione si è tenuta in una splendida location, la Chiesa di San Teonesto, che ha ospitato un pubblico di appassionati e semplici amanti del buon bere. Gli stessi, per la prima volta, hanno avuto la possibilità di presenziare alla più grande e completa rassegna dedicati ai vini prodotti tra le colline del Bramaterra, area vitivinicola altopiemontese situata tra la provincia di Biella e quella di Vercelli. In effetti ero già a conoscenza del fatto che l’areale in questione fosse arrivato a circa una ventina di produttori attivi, gli stessi presenti più o meno tutti all’evento. Ignoravo completamente la restante parte, ovvero tutti quei vignaioli che negli ultimi anni hanno avviato la propria specifica azienda e che dunque prossimamente usciranno con nuovi vini.
Ennesima conferma di quanto l’Alto Piemonte stia pian piano recuperando tutti quegli ettari vitati che nel tempo sono andati persi, soprattutto per via dell’abbandono della vigna a causa dello sviluppo industriale.
Basti pensare che dei 40.000 ettari vitati di fine ‘800 la produzione si è drasticamente ridotta a 600 nel dopoguerra, provate ad immaginare un’area che da sola allevava più dell’intero patrimonio viticolo attuale del Piemonte. Ai giorni nostri conta circa 400 ha. Cristiano afferma che il territorio del Bramaterra, storica DOC istituita nel 1979, ha perso nel corso dei secoli il 96% delle sue vigne.
Il suddetto vino viene prodotto all’interno di sette comuni specifici della zona collinare limitrofa al parco naturale delle Baragge: Masserano, Brusnengo, Curino, Sostegno e Villa del Bosco, in provincia di Biella, Roasio e Lozzolo in quella di Vercelli. L’area è protetta dalle possenti braccia del Monte Rosa, vetta dal profilo himalayano, meta di tutti i grandi appassionati di sci e trekking. Attorno al nome vi è una curiosa leggenda e pare sia da attribuire ai servi della gleba che, divenuti liberi, si stabilirono attorno a queste colline per coltivare e “bramare” la terra, la vite. Bramaterra inoltre compare per la prima volta in una pergamena del 1447, un’antica testimonianza della grande vocazione di questa area vitivinicola. Anche chiamato “Vino dei Canonici” in quanto particolarmente gradito alla curia vercellese.
Il vitigno che regna incontrastato, un po’ come in tutto l’Alto Piemonte, è il nebbiolo qui chiamato spanna da disciplinare in misura pari al 50-80%; sono ammesse altre uve autoctone quali croatina, max 30%, e/o uva rara e vespolina, da sole o congiuntamente, max 20%. L’affinamento minimo richiesto è 22 mesi, di cui 18 in legno, per la tipologia Riserva 34 mesi di cui 24 sempre in legno. Il territorio è composto perlopiù da colline, inserite all’interno di un contesto paesaggistico dove la presenza del bosco domina, alle spalle troviamo le vette alpine in grado di proteggere la vigna dalle correnti fredde che soffiano da nord. I comuni che caratterizzano l’areale sono vere e proprie oasi di pace, tranquillità, dov’è ancora possibile ammirare il fascio delle tante piazze, dei vicoli, degli edifici storici e delle chiese. Il solo comune di Masserano, a mio avviso tra i borghi più belli della provincia di Biella, detiene una sorta di record territoriale composto da 26 frazioni e circa 20 chiese, di cui 6 presenti all’interno del perimetro del paese. Divenne principato nel 1598 con Francesco Filiberto primo Principe di Masserano, il confine si estendeva fino alla Valsesia.
Consiglio vivamente una visita presso il cosiddetto Polo Museale Masseranese, lo stesso comprende: la Reggia dei Principi Ferrero-Fieschi, dove per altro si è tenuta la masterclass – in un’atmosfera davvero d’altri tempi in termini di fascino ed eleganza – la Chiesa Collegiata, la Chiesa di San Teonesto e la Chiesa di Santo Spirito. Le colline del Bramaterra, originate milioni di anni fa, sono ricche di terreni acidi porfirici con una copertura superficiale composta perlopiù da terreno fertile. I porfidi sono di colore giallo, arancio e rosso. Sul lato occidentale, vicino al territorio di Lessona – altra DOC storica dell’Alto Piemonte – i suoli hanno una maggiore ricchezza di sabbie plioceniche con depositi marini; a est si trovano zone maggiormente argillose e a sud i terreni si fanno più profondi con maggiore ricchezza in limo e argilla.
Ciò che influisce sulle caratteristiche del vino, ancor più delle differenze tra i vari suoli, è la minor o maggior presenza di ferro. A tal riguardo ho apprezzato la scelta di Cristiano di proporre una degustazione a “viso coperto” ai 40 e passa partecipanti alla masterclass. L’opportunità di mettere alla prova le mie conoscenze sul territorio, mediante una tasting così specifico, non capita tutti i giorni in effetti; anzi speriamo che questo evento possa alimentare in futuro rassegne simili in altri contesti dell’Alto Piemonte. Ho apprezzato molto la scelta di aver incluso Bramaterra di annate differenti, così facendo i partecipanti hanno potuto carpire quanto l’andamento climatico sia importante e in grado di caratterizzare ogni millesimo, nel bene e nel male. Del resto il vino è una materia viva ed in continua evoluzione e deve pur sempre fare i conti con la natura.
Veniamo dunque ai 15 assaggi: 12 Bramaterra DOC e 3 Vino Rosso, serviti rigorosamente alla cieca e senza un ordine logico in tema di annate, zone di appartenenza o stile produttivo, al fine di metter ancor più alla prova i partecipanti; scelta originale non c’è che dire. Affianco al nome ho indicato il comune dove ha sede l’Azienda e nelle maggior parte dei casi il corpo vitato principale.
Bramaterra 2019, Le Pianelle. Brusnengo (BI)
Granato chiaro, intenso e di media profondità. Frutti rossi acerbi e note di cosmesi, la violetta insegue il pepe nero ed il finale richiama incredibilmente la pasta di mandorla. Slanciato, succoso, dotato di un corredo sapido di tutto rispetto e una freschezza che fa ben sperare per il futuro.
Vino Rosso Rico e gli Altri 2018, Lorenzo Rovero. Sostegno (BI)
Rubino-granato, trama calda, media trasparenza. Naso piuttosto dolce e in levare, sentori di frutta estiva matura tra cui pesca noce e susina, ciliegia e violetta; tocchi balsamici e di terriccio umido in chiusura. In bocca prevale la rotondità del sorso e il frutto maturo torna prepotentemente, necessita della presenza di un buon piatto del territorio in abbinamento.
Bramaterra 2016, Roccia Rossa. Brusnengo (BI)
In questa fase è il vino migliore dell’intera batteria, complice l’annata a cinque stelle a mio avviso, tuttavia da diversi anni seguo il lavoro di questa cantina e devo riconoscere che non sbaglia mai un colpo. Veste granato chiaro, unghia mattone, buon estratto. Frutti rossi spremuti tra cui ribes e lampone, spezie orientali, pietra frantumata e canfora oltre a un floreale ancora vivo che sa di violetta. Freschezza esaltante, frutto pieno e ricco di materia, scivola con disinvoltura regalando un finale sapido, convincente appieno.
Vino Rosso Juan 2014, Agricola Garella. Masserano (BI)
Tra il rubino e il granato chiaro, il timbro olfattivo in questo caso è nettamente più scuro, sinuoso: ribes e mirtillo nero, prugna, caramella alla violetta e un lento incedere balsamico di eucalipto e liquirizia. Sorso di media intensità, il frutto eccede in termini di maturità e il finale fatica ad imporsi per slancio e progressione; l’annata magra si fa sentire e anche questo fa parte del gioco.
Bramaterra Riserva 2015, La Palazzina. Roasio (VC)
Granato vivace, unghia color mattone. Racchiude in sé tutta l’austerità del nebbiolo dell’Alto Piemonte: viola appassita, toni di incenso e frutti rossi maturi, erbe aromatiche e un curioso accento di cola. In bocca il vino conquista per doti di leggiadria contrapposte egregiamente ad un tannino ancora vivo, dolce e un finale lungo, appagante dove la freschezza è ancora più che protagonista.
Bramaterra Cascina Cottignano 2019, Colombera e Garella. Masserano (BI)
Granato chiaro, luminoso, unghia mattone-arancio. Inizialmente un po’ chiuso, fatica a rivelare la sua essenza data la giovane età: i toni erbacei pian piano cedono il posto al ribes rosso, alla violetta che si alterna ad un agrume rosso piuttosto stimolante. Ne assaggio un sorso e la prima cosa che penso è che la 2019 è un’annata da seguire molto attentamente, il vino possiede un’irruenza tannica e una acidità che fanno ben sperare per il futuro. Al momento l’equilibrio è un po’ sconnesso, tuttavia “guai” se non fosse così data la giovane età.
Vino Rosso Ca’ del Baud, La Rivera Masserano. Masserano (BI)
Tra il rubino e il granato, l’esordio al naso è colmo di ricordi di frutta matura: amarena e susina nera, spezie dolci e un accento salmastro piuttosto marcato, non spicca in quanto a complessità tuttavia i sentori sono netti e puliti. In bocca ritrovo coerenza con quanto percepito al naso e un corpo non da pesi massimi, la freschezza non latita e la sapidità è commisurata alla persistenza del vino.
Bramaterra Riserva 2018, Maria Antonietta. Villa del Bosco (BI)
Granato vivace, unghia arancio. Il bouquet in questa fase è dominato da un sentore piuttosto netto di ciliegia matura, si avverte soprattutto la polpa; pian piano arrivano ricordi di spezie fini, caffè e timo. Corpo medio, centro bocca non troppo accentuato, pecca in densità gustativa nonostante un profilo slanciato, freschissimo e dotato di media sapidità.
Bramaterra 2019, Lorenzo Cerutti. Sostegno (BI)
Trama cromatica particolarmente vivace che vira dal rubino al granato in base all’inclinazione del bicchiere. Registro olfattivo definito, rimanda a suggestioni di frutti neri acerbi, chinotto, geranio selvatico e timo; in chiusura un accento boschivo. Fatica ad imporsi in tema di profondità gustativa tuttavia il corpo è ben proporzionato, coerenza di frutti dolci-acidi e un tannino ancora nettamente spigoloso; vino in divenire.
Bramaterra 2015, Andrea Baltera Bocchione. Masserano (BI)
Granato caldo, riflessi rubino. Timbro olfattivo pronunciato, rimanda ad eleganti percezioni di rosa rossa, arancia sanguinella, ribes e pepe verde; col trascorre dei minuti note di cosmesi e liquirizia dolce. In bocca la rotondità avvolge, attraversata qua e là da guizzi sapidi e ritorni agrumati che rendono l’insieme particolarmente equilibrato, nonostante manchi a mio avviso un po’ di corpo.
Bramaterra 2019, La Psigula. Curino (BI)
Granato intenso, unghia mattone. Al naso esordisce mediante frutti di bosco ancora piuttosto acerbi, ad implementare questa sensazione un corredo di erbe aromatiche, e pepe verde, corroborati da pennellate floreali di viola e rosa, oltre a un ricordo cosmesi, soprattutto rossetto. È un vino succoso, doti di pienezza gustativa ravvivate da una bella acidità che invoglia le beva, manca forse la progressione che mi aspettavo da un’annata così promettente, tuttavia è un gran bel bere mi riprometto di riassaggiarlo tra qualche anno.
Bramaterra I Porfidi 2012, Tenute Sella. Sede a Lessona (BI), vigne a Villa del Bosco (BI)
Veniamo al vino più datato della verticale, già dal nome possiamo intuire quanto importante sia la matrice del terreno. Ad oltre dieci anni dalla vendemmia il colore è ancora piuttosto caldo, tra il rubino e il granato. Il frutto è maturo tuttavia lontano da toni esausti, rimanda a percezioni di grafite, liquirizia, mirtillo nero, amarena, chiodo di garofano e ginepro; sensazioni mediterranee accentuate ulteriormente da un flebile ricordo salmastro e in parte ferruginoso. Vino compiuto a 360°, ciò non significa che sia arrivato, semmai è l’equilibrio in questa fase ad accattivare la beva, a rendere il sorso piacevole e di grande coerenza nei confronti del territorio, soprattutto per doti di pronunciata sapidità.
Bramaterra Gervasio 2019, Gaggiano. Sede a Gattinara (VC), vigne a Casa del Bosco (BI) e Sostegno (BI)
Ho degustato la medesima annata circa un mese e mezzo fa, ritrovo le stesse identiche sensazioni che ho cercato di tradurre all’interno del mio articolo, le riporto per comodità: Granato intenso, vivace, ricordi rubino sull’unghia, media trasparenza e buon estratto. Naso sulle prime in levare, va ricercato all’interno del calice, caratteristica appannaggio dei grandi vini; l’ossigenazione tuttavia apre la pista a suggestioni di frutti rossi croccanti dal classico sapore dolce-acido: mirtillo rosso, lampone, arancia rossa sanguinella, cardamomo, pepe nero ed erbe officinali, e in parte aromatiche, che stimolano non poco i recettori nasali; chiude su effluvi balsamici e legati al terreno che nutre le viti.
Bramaterra Colma Santa Barbara 2019, Crus. Masserano (BI)
Ho degustato la medesima annata circa un mese e mezzo fa, ritrovo le stesse identiche sensazioni che ho cercato di tradurre all’interno del mio articolo, le riporto per comodità: granato intenso, vivace, ricordi rubino sull’unghia, media trasparenza e buon estratto. Naso sulle prime in levare, va ricercato all’interno del calice, caratteristica appannaggio dei grandi vini; l’ossigenazione tuttavia apre la pista a suggestioni di frutti rossi croccanti dal classico sapore dolce-acido: mirtillo rosso, lampone, arancia rossa sanguinella, cardamomo, pepe nero ed erbe officinali, e in parte aromatiche, che stimolano non poco i recettori nasali; chiude su effluvi balsamici e legati al terreno che nutre le viti.
Bramaterra Riserva La Ronda 2016, Ludovico Barboni. Roasio (VC)
Granato-rubino caldo, tonalità profonda. Nonostante opportuna ossigenazione fatica a divincolarsi da una tostatura del legno leggermente invasiva, la stessa che accompagna toni empireumatici, frutti di bosco maturi e un corredo di spezie dolci; tra qualche anno a mio avviso l’impatto olfattivo sarà molto più austero ed elegante perché la materia c’è. In bocca, al contrario, gode di buon equilibrio tra parti sapide ed acide a vantaggio di quest’ultime, l’ottima annata ha giovato in tal senso.
In chiusura colgo l’occasione per ringraziare il comune di Masserano per l’invito riservatomi, Cristiano Garella, Davide Bellini e Daniela Sangiovanni per l’impegno profuso atto a realizzare la prima edizione di “La Terra Brama, sfumature nel terroir di Bramaterra”. Son certo che non sarà l’ultima visto il successo della rassegna.
Andrea Li Calzi
E Barni dov’e’?
Era uno dei pochissimi produttori a non aver partecipato.