Fettuccine Alfredo e Schiava “Fass Nr.9” di Girlan

L’Italia vanta una tra le cucine più importanti e conosciute al mondo, ormai nei secoli è diventata una sorta d’icona che identifica gli italiani stessi, aldilà dei luoghi comuni, questo concetto l’ho capito guardando un semplice video su internet. A spasso per Los Angeles, un giovane ragazzo munito di videocamera intervista una cinquantina di persone di nazionalità ed età diverse, la domanda è sempre la stessa: ”Dimmi la prima cosa che ti viene in mente quando pensi all’Italia”. Il risultato di questo sondaggio è piuttosto significativo, non che l’Italia negli ultimi cinquant’anni abbia brillato per altro, anzi… ma 45 persone su 50 hanno risposto in maniera sintetica più o meno così: ”Carbonara, pizza, pasta, i love italian food, cannelloni…”; solo 5 persone, probabilmente in stato confusionale hanno farfugliato: ”Valentino Rossi, Pavarotti”. Cosa ne pensano invece gli italiani della loro amata cucina e dell’utilizzo che se ne fa all’estero, prendiamo ad esempio i famosi Stati Uniti d’America, qual è il piatto più amato? Ho sempre immaginato che le pietanze più famose fossero appunto quelle citate dai ragazzi nel video, mi sono dovuto ricredere cercando informazioni dettagliate, al di là della pizza, una tra le pietanze più consumate a livello planetario e in certe versioni sarebbe opportuno cambiarne il nome, il più richiesto è sempre e solo uno: ”Fettuccine Alfredo”. Scommetto quattro soldi, non di più visto il periodo storico, che cinque Italiani su dieci non sanno nemmeno di cosa sto parlando, proprio per questo, ho deciso di cogliere la palla al balzo e cucinare un classico della cucina italiana nel mondo, un piatto facilmente replicabile a casa, anche perché in Italia è difficile che una persona vada al ristorante per mangiare delle “semplici” fettuccine burro e parmigiano. Per dare un tocco ancor più internazionale all’insieme, il vino che ho scelto in abbinamento al piatto è una Schiava, o Vernatsch, targata Alto Adige Südtirol, la “Fass Nr.9” dell’azienda Girlan che ha sede a Cornaiano in provincia di Bolzano.

Questo primo piatto della cucina italiana è stato inventato da Alfredo Di Lelio a Roma nel 1914, è una ricetta tradizionale ultra centenaria, divenuta famosa nel tempo soprattutto negli Stati Uniti, questa pietanza viene letteralmente venerata al punto che gli stessi americani vi dedicano addirittura un giorno all’anno, chiamato appunto il “Fettuccine Alfredo Day”. Si narra che l’ideatore fu un cuoco romano di via della Scrofa, che in pena per la moglie inappetente durante il periodo di gravidanza, per invogliarla a mangiare, decise di unire due ingredienti tanto nutrienti quanto golosi, burro e parmigiano, mantecati a dovere con acqua di cottura, a formare una crema per condire delle squisite fettuccine fresche rigorosamente fatte in casa. Aldilà dell’importanza storica del piatto per il popolo americano, ciò che mi preme sottolineare, attraverso questa ricetta, è la supremazia della cucina di casa nostra, perché in grado, attraverso pochi ingredienti di grande qualità cucinati a mestiere, di creare veri e propri capolavori di succulenza ed equilibrio gustativo. In questa ricetta, sento il dovere di raccomandare caldamente un’osservanza scrupolosa delle dosi per ogni singolo ingrediente, un po’ come si fa in pasticceria, un utilizzo improvvisato degli stessi potrebbe generare il fallimento del piatto. Fondamentale è l’utilizzo di un Parmigiano Reggiano DOP stagionato 24 mesi. La dose dell’acqua di cottura delle fettuccine è altresì importantissima per ottenere la giusta proporzione di amido che servirà durante la fase di mantecatura, che verrà svolta rigorosamente in teglia larga a bordi bassi, per evitare che il formaggio con il calore ed il peso dei vari ingredienti s’incolli al fondo di una qualunque teglia concava a bordi alti o salta pasta.

Ingredienti per 6 persone:
– per l’impasto delle fettuccine:
- Farina 00 – 250 g.
- Farina di semola – 250 g.
- Uova – 7
Per preparare le fettuccine, impastate la farina con le uova, a mano o con l’ausilio di un’impastatrice, aggiungete la semola, il sale e continuate a lavorare l’impasto per alcuni minuti fino ad ottenere un composto abbastanza liscio.
– per il condimento:
- Burro dolce – 120 g.
- Parmigiano Reggiano 24 mesi– 210 g.
- Acqua – 4 litri
- Sale grosso – 40 gr.

Stendete l’impasto ottenuto con un matterello in legno o con l’ausilio di una classica sfogliatrice a manovella o meccanica, ripiegate la sfoglia su sé stessa più volte fino ad ottenete uno spessore di circa 1-2 mm., ricavate delle fettuccine tagliate al coltello o con l’apposito rullo presente all’interno della sfogliatrice, stendete la pasta o componete i classici nidi per evitare che si attacchi. Setacciate il Parmigiano Reggiano e adagiate il burro tagliato a tocchetti in una teglia o recipiente di forma larga a bordi bassi. Cuocete le fettuccine in acqua bollente salata per circa 30-40 secondi, scolateli con un mestolo adatto riversandoli nella teglia, versate parte del formaggio e con forchetta e cucchiaio iniziate a mantecate a dovere, facendo il classico movimento “avanti e indietro” con la forchetta, e rotatorio con il cucchiaio, raccogliendo con lo stesso la crema che man mano, con l’aggiunta di acqua di cottura ed altro formaggio, andrà pian piano a crearsi. Servite il piatto ben caldo. Gli intenditori, ovvero gli anziani che vissero la gloriosa epoca in cui tutti gli attori hollywoodiani ordinavano in maniera ricorrente questo piatto al ristorante, sostengono che per riconoscere un’ottima mantecatura le fettuccine devono mostrare la classica “bava”.
Südtirol – Alto Adige “Fass Nr.9” Vernatsch 2012, Cantina Girlan
La viticultura in questa zona ha origini antichissime, le prime testimonianze risalgono al 1085, già all’epoca si parlava di vino a Cornaiano, un lembo altoatesino situato sul Monte di Mezzo, non lontano da Bolzano e dal Lago di Caldaro, nei secoli è poi divenuto celebre per via del suo ambiente pedoclimatico. L’altitudine è compresa tra i 250 e 550 metri, fra San Michele e la Piana dell’Adige, l’aperura a sud favorisce l’influsso del clima mediterraneo, la composizione del suolo, composta prevalentemente da marne ed argille, è ricchissima altresì di elementi minerali di diversa matrice. Tutto questo ha favorito l’allevamento di vitigni internazionali ed autoctoni che in queste colline hanno trovato un habitat ideale, le forti escursioni termiche inoltre restituiscono vini ricchi di aromi, alto profilo e grande piacevolezza. Dobbiamo fare un salto avanti, esattamente al 1923 per vedere la nascita della Cantina Girlan, un progetto che vide coinvolti ben 23 viticultori, i pionieri, che all’interno di un maso storico del XVI secolo ideale per l’invecchiamento dei vini, fondarono quella che oggi è considerata una delle cantine più importanti e storiche dell’Alto Adige, certamente in merito ai numeri, ma soprattutto in relazione alla qualità e alla costanza dei vini prodotti.
Per dare un segno tangibile della filosofia aziendale, dedita al rispetto del territorio e dell’ambiente circostante, nel 2010 sono state inaugurate una nuova stazione di accettazione uve, un locale pressatura ed una cantina di fermentazione, che funzionano grazie ad un impianto fotovoltaico di proprietà aziendale, che si rifornisce di energia elettrica da fonti rinnovabili. Questa filosofia è in linea con il tipo di agricoltura scelta, convenzionale, ma dedita al minimo intervento in vigna con prodotti di sintesi, si cerca invece di sfruttare i principi della lotta integrata.
La Cantina Girlan vanta ai giorni nostri la collaborazione di 200 soci che lavorano in una vasta area composta da 220 ettari, nomi come Mazzon, Montiggl, Plattenriegl, Gschleier hanno acquisito nel tempo fama internazionale per la qualità dei vini prodotti, veri e propri cru altoatesini in grado di competere ad armi pari con le zone più blasonate del mondo. A tal proposito bisogna aprire una parentesi sul pinot nero presente in queste colline, soprattutto a Mazzon assume delle caratteristiche molto particolari, un mix di eleganza, complessità e potenza con interessanti potenzialità nei confronti dell’affinamento. Il consiglio di amministrazione della Cantina Girlan viene eletto dai soci, il presidente è attualmente Helmut Meraner. La costanza di questa cantina, in termini di qualità, è data dall’esperienza dei soci e della loro stretta collaborazione con l’enologo Gerhard Kofler, che li segue costantemente durante la fase vegetativa, una tra le più importanti dell’intero ciclo produttivo.
La Schiava “Fass Nr.9”, in tedesco Vernatsch, della Cantina Girlan, viene prodotta solo nelle annate considerate favorevoli ed in grado di elevare al 100% gli standard qualitativi di questo particolare vitigno autoctono altoatesino, il più antico di tutta la regione. Nasce da viti che hanno in media 30 anni, situate attorno al paese di Cornaiano ed al borgo di Colterenzio, a circa 450 metri sul livello del mare, trae la sua complessità da un terreno davvero particolare formato da residui morenici e ghiaiosi risalenti all’epoca glaciale. Si effettua una vendemmia rigorosamente manuale cercando di selezionare solo i grappoli migliori, il vino fermenta in contenitori d’acciaio, dopo la fermentazione malolattica, l’affinamento dura 5 mesi e viene svolto in una botte grande di rovere, (Fass) contrassegnata con il nr.9, da qui l’idea per il nome in etichetta. In passato ho effettuato parecchie degustazioni che riguardano questo vino, e nonostante la credenza popolare, ho potuto constatare che la schiava è in grado di invecchiare molto bene, magari non trent’anni, come il suo cugino pinot nero, ma tranquillamente fino a 10-15, soprattutto la “Fass Nr.9” di Girlan, un vero punto di riferimento per la denominazione. Per valorizzare la mia tesi racconterò il mio punto di vista sull’annata 2012, reputata ottima in Alto Adige ed affinata per ben 6 anni al fresco ed al buio della mia cantina. Il vino in questione ha un tenore alcolico pari a 13% vol., le rese per ettaro si assestano sui 70 quintali e l’acidità totale è pari a 4,8 g/l, gli zuccheri residui 1,5 g/l.
Il vino mostra una verve cromatica particolarmente brillante tipica del vitigno, la tonalità è chiara e va dal granato di media trasparenza, al mattone-arancio sull’unghia, questo per via dell’affinamento, è consistente e roteandolo, per un’opportuna ossigenazione, delinea archetti fitti e regolari, dunque buon estratto. Il naso è lento a concedersi, inizialmente si rivela in tutto il suo comparto fruttato, note di ciliegia in confettura, datteri e lamponi disidratati. Man mano che il vino assorbe la giusta dose di ossigeno i sentori si moltiplicano rivelando tutta la loro complessità, note minerali di terriccio bagnato, una spezia dolce di pepe rosa si alterna alla liquirizia che a sua volta incontra l’anice stellato, con ulteriore ossigenazione il vino mostra in maniera nitida il suo stadio evolutivo, per nulla compiuto, rivelando note di cuoio e pellame, impreziosite dal tabacco in foglia, un vino davvero vivo e scalpitante. Il palato, perfettamente in linea con le sensazioni percepite al naso in termini di coerenza fruttata/speziata, colpisce soprattutto per l’equilibrio, una lieve nota tannica stuzzica il palato, ravvivato ulteriormente dalla vibrante acidità. Infine la sensazione di frutta opportunamente matura è controbilanciata da una notevole sapidità, lunga persistenza, risulta elegante, succoso, insomma vien voglia di berlo e riberlo.
In quanto all’abbinamento con il piatto di Fettuccine Alfredo l’equilibrio del vino è ideale per controbilanciare, da una parte la tendenza dolce del piatto con la freschezza del sorso, e dall’altra la sapidità degli ingredienti con la morbidezza e sensazione fruttata del vino, in una corsa ad ostacoli che come sempre finisce pari al fotofinish.
Andrea Li Calzi