Così terrestre e così nobile, pinot noir… la grande passione di Gianluca Ruiz de Cardenas
“Il pinot nero costituisce la nobiltà della viticoltura mondiale” R.D.C.
Ha “creato” il futuro scrivendo un pezzo di Storia in Oltrepò Pavese; una tentazione realizzata in un luogo degno di sereni pensieri, dove “l’eleganza ultima di un vino è già nella terra che lo nutre” (S. Derenoncourt). E se ogni vita merita un romanzo, quella di Gianluca Ruiz de Cardenas sarebbe un racconto affascinante da leggere; viaggiatore appassionato, comunicatore di gusti e curiosità. Uomo dal “savoir-faire noble”, dalla carica rivelatrice con l’espressività dei “padri”, il suo è un dire denso e pieno di carattere, schietto ed essenziale; ingredienti che l’hanno portato sia al successo imprenditoriale, che al successo come produttore di vino; da sempre innamorato del pinot noir e dello champagne, spesso in Borgogna, ha creduto e realizzato nel 1981 il suo primo pinot nero vinificato in rosso, conferendo quel valore che il pinot nero meritava in terra d’Oltrepò, aprendo la strada anche ad altri produttori.
Lei è un’avanguardista; dalle macchine per il raffreddamento, al pinot nero vinificato in rosso, mondi opposti, da dove nasce questa sua passione?
Sono arrivato alla produzione di vino dall’essere un appassionato consumatore, prima di venire qui a Casteggio all’età di 50 anni, (Io sono nato e sempre vissuto a Milano) non avevo mai frequentato in vita mia l’Oltrepò, poi per una circostanza, stavo costruendo uno stabilimento a Voghera, che funziona tutt’ora, ho incominciato a venire da queste parti. Sono sempre stato interessato al vino , ho fatto parte di club di degustatori con viaggi e visite in cantine un po’ in tutto il mondo, dal Sud Africa all’Oregon, al Sud America non parliamo poi della Francia e Spagna.
In particolare in Francia, dove sono stato molte volte in Borgogna, Bordeaux e Champagne.
Frequentando l’Oltrepò, mi sono detto:” va bene sono appassionato di vino, quasi quasi mi compro un vigneto e incomincio a fare qualche esperimento”, e così è stato. Brumano è la prima vigna che ho preso. Ho pensato, qui viene molto pinot nero, lo usano da bianco come in Champagne però il clima dell’Oltrepò in effetti non è paragonabile a quella zona che è al limite del clima adatto alla vite, per meglio dire era, perché adesso si fa spumante anche in Inghilterra. Invece qui è circa lo stesso parallelo proprio della Borgogna, da questa analisi mi sono detto:”Incomincio Io, vediamo cosa si può fare”. Ho comprato una vigna, estirpato i vitigni esistenti (Barbera, Croatina, Uva rara) e piantato Pinot nero.
Era nel 1979, e come sapete, ci vogliono 4 anni per incominciare a produrre, nel frattempo mi chiedevo :”Cosa faccio?” ho pensato di comprare un po’ d’uva e iniziare a vinificare; la mia vigna Brumano è confinante con Frecciarossa, ero in buoni rapporti con loro ed è emerso che avevano un vigneto di Pinot nero, del quale non sapevano cosa fare e vendevano l’uva alla Cantina sociale, gli dissi che mi interessava e che l’avrei pagata qualcosa di più rispetto alla Cantina sociale, e così è stato.
Quel vino che avete visto in cantina 1982 e ’83 effettivamente è stato fatto non con la mia uva ma con quella di Frecciarossa, ho comprato da loro per 2/3 anni, poi vedendo i risultati, hanno incominciato a vinificarla loro, nel frattempo è arrivata la mia uva senza problemi.
Le cose però non sono semplici, venni in contatto con il Professor Scienza, a quell’epoca era molto attivo in Oltrepò, esperto in modo particolare del Pinot nero, mi parlò della questione dei cloni, disse: ”il pinot nero va bene, ma un conto sono i cloni da bianco, un conto sono i cloni da rosso che sono quelli della Borgogna”. Doccia fredda, perché avevo già le viti comprate dal vivaio Bardoni senza pensare alla differenza dei cloni, tragedia, “Cosa si fa? S’innesta”, il Professor Scienza mi ha mandato delle marze di cloni francesi che io ho utilizzato per rinnestare tutte le mie vigne. Un lavoraccio, perché negli innesti il successo non è del 100%, ma del 60/70%, quindi per una parte occorre rinnestare l’anno dopo, è stato laborioso ma alla fine è andato tutto a buon fine.
All’epoca, con l’ abitazione e la cantina ero sistemato provvisoriamente, ero in zona Bellaria, dal nome della vigna, in una casa in affitto dove avevo riadattato la stalla a cantina, una cosa di fortuna, volevo iniziare con prudenza, in maniera graduale, per un po’ di anni sono rimasto lì a fare esperienza, a quel punto ho capito che dovevo cercare qualcosa di definitivo per fare pur nel piccolo qualcosa d’importante. Ci ho messo diversi anni, non era semplice trovare una sistemazione, successivamente mi è stata segnalata una zona, dove c’è l’attuale sede, lì c’era una vigna con una casetta in abbandono, faceva al mio caso in quanto essendo una casa diroccata potevo variare ristrutturare variando la cubatura, e così ho fatto. Riguardo alla cantina, avendo delle vigne di proprietà, ho potuto costruire su terreno agricolo, questo nel 1990 e devo dire che nel suo piccolo è estremamente funzionale.
Ho comprato ovviamente per la casetta, ma essendoci la vigna in abbandono, la prima cosa che ho fatto è sradicare tutto e piantare pinot nero.
Ho cominciato con il Pinot nero, poi ho conosciuto Marco Bellani, aveva un’azienda importante di grandi dimensioni a Casteggio, aveva vigne un po’ dappertutto sue o in affitto, era un personaggio notevole, innanzi tutto perché in zona era uno dei pochi diplomati ad Alba in enologia, e aveva una certa teoria, persona squisita con cui ho stretto una buona amicizia, per inciso la prima vigna, Brumano me l’aveva segnalata lui. Di solito i confinanti coltivatori diretti hanno sempre la prelazione, e comprare la vigna senza essere coltivatore diretto è molto pericoloso, come è d’obbligo ho chiesto, ma stranamente nessuno era interessato, quindi ho potuto acquistarla.
Gran parte di quello io ho imparato sul vino lo devo a Marco Bellani, siamo andati in sinergia, un po’ come con Paolo Massone; lui aveva delle etichette disastrose che gli avevo fatto rifare, gli davo un aiuto sull’immagine aziendale che non aveva assolutamente, però lui era un tecnico notevole, faceva spumante classico, uno dei pochi. All’epoca il capostipite del Metodo Classico era Ballabio, i due grandi erano lui e Odero di Frecciarossa. Oltre a Ballabio che faceva già allora lo spumante, in zona non c’erano molti altri produttori, a parte La Versa, Bellani era uno che ci sapeva fare perché aveva sia la teoria che la pratica e produceva un eccellente metodo classico. Dopo tre o quattro anni che producevo Pinot nero, mi convinse a iniziare con lo spumante classico, purtroppo dopo poco Marco Bellani si è ammalato ed è deceduto prematuramente, mi è spiaciuto molto perché per me ha fatto moltissimo, da allora produco pinot nero e spumante classico.
Bourgogne e Champagne, sono stati il mio pallino di sempre. In cantina sono esposte le migliori espressioni del Pinot nero di Borgogna a partire dal Romanée-Conti a La Tache, al Grands- Echezeaux, fino ai bianchi Montrachet. La Tache mi ha dato l’ispirazione di consigliare a Paolo Massone il nome per il suo vino La Macchia, perché in italiano La Tache vuol dire La Macchia e così ha fatto. Mentre per gli champagne, partiamo dal Clos du Mesnil, Dom Pérignon, La Grande Dame, Clos des Goisses, Cristal , morale sono i top. Mi piace molto degustare questi vini di Borgogna ma purtroppo hanno un prezzo fuori da ogni logica, perché mentre in Bordeaux ci sono delle grosse aziende che producono anche tanto, in Bourgogne ci sono dei piccoli vinificatori, alcuni dei quali con il tempo sono diventati dei miti, e con le richieste di Giapponesi e Americani i prezzi lievitano in modo abnorme, obbiettivamente in maniera esagerata.
Per riuscire a degustare questi vini ho fondato con 7 amici la Confraternita del Bourgogne, eravamo 8 e lo siamo ancora, il numero perfetto per una bottiglia, non ha senso comprarsi una bottiglia da migliaia di euro e bersela da solo, invece con gli amici uniamo sia le finanze che il piacere delle degustazioni. Abbiamo esordito comprando la cassa del Domaine de la Romanée-Conti, perché il Domaine non vende le singole bottiglie, vende la cassa dove c’è un mix che loro decidono, c’era ancora la lira, l’abbiamo pagata 5 milioni e mezzo, cosa che io da solo francamente non avrei fatto. Da lì abbiamo proseguito però poi ci siamo chiariti l’idee, cioè in Bourgogne ci sono alcune vette ma c’è anche “ fuffa” Ci siamo accorti che i prezzi di alcuni vini non hanno nessun riscontro nella qualità, perché per quanto buono sia non ha senso, pagare 1.500/2.000 euro una bottiglia, d’accordo buonissimo ma non in proporzione al prezzo.
Con il tempo abbiamo capito tante cose, oltretutto sono in buoni rapporti con Sarzi Amadè, uno dei maggiori importatori, sono in contatto con Mongiardino a Genova, da lì abbiamo poi fatto una selezione, nel senso abbiamo capito quali sono i produttori che normalmente hanno dei vini buoni a prezzi abbastanza ragionevoli. Delle varie Appellation quelli di Marsannay e Fixin non sono proprio all’altezza, vi posso assicurare che il mio Brumano è meglio. I nomi di alcuni grandi produttori? Méo- Camuzet fantastico, anche Armand Rousseau ma le sue bottiglie sono costose e di difficile reperibilità, Denis Mortet, Dugat-Py, Bonneau du Martray. Tra i validi, ma che per vari motivi sono diventati incomprabili vi posso citare il Clos de Tart eccellente vino che è andato totalmente fuori prezzo.
Ci può descrivere brevemente i suoi vini e le caratteristiche delle vigne Brumano e Miraggi?
Ho cominciato a vinificare Vigna Brumano con il suo nome, seguita poi dopo 6/7 anni da Miraggi, sono toponimi registrati alla regione Lombardia, li vinifico con metodi per vini di una certa importanza, quindi, a lungo sulle bucce, barrique, ecc. e così per fare il piccolo produttore borgognone, feci pinot nero da diverse vigne (Cru). Risultavano anche nello stesso millesimo dei vini abbastanza diversi, e così sono andato avanti per un po’ di anni, dopo di che ho avuto una pensata dal punto di vista commerciale, Pinot neri fatti in questo modo hanno necessariamente un certo costo, ho quindi deciso di diversificare facendo un pinot nero di minor impegno, non più barricato, con macerazioni più brevi, da imbottigliare e bere entro, uno/due anni. A questo punto avevo tre Pinot neri dei quali due impegnativi e uno meno, direi che la cosa ha funzionato visto che la mia base di vendita è quello del pinot di minor impegno. Altri produttori in Oltrepò, vedi Mazzolino hanno seguito la mia strada, inserendo oltre al Noir, una versione meno impegnativa, per esempio il Terrazze.
In seguito mi sono convinto che la questione dei due Cru generava delle difficoltà, la gente continuava a chiedere: “Qual è meglio dei due?” insomma la cosa mi complicava un po’ la vita, così ho deciso di far andare Miraggi nella direzione meno impegnativa e come base di vendita.
Tal altro Miraggi in questo momento mi sta generando una difficoltà terribile, il 2014, primo anno della mia vita di viticoltore, è stato talmente disastroso che in accordo con il mio enologo Roberto Gerbino, non ho prodotto nulla, purtroppo ho finito Vigna Miraggi e non c’è il 2014 per cui da adesso fino alla primavera sono senza.
Gli spumanti sono tre, un Blanc de blanc extra brut (3/4 gr/lt) 100% Chardonnay, il Galanta brut (6/7 gr/lt) dal nome della vigna a Torricella, una strada la divide da quella di Monsupello, quando me l’hanno offerta sarebbe stato più logico l’acquisto per Boatti in quanto adiacente alla sua proprietà, ma non lo fece per via dell’esposizione a nord. Io invece l’ho comprata solo perché si trova a nord, sia il Pinot che lo Chardonnay in un clima troppo caldo soffrono, ci vuole una certa altitudine oppure un orientamento a nord.
Il Galanta è Pinot nero e Chardonnay, ma per fare uno sberleffo al Consorzio, e in contrapposizione alla Doc (minimo 70% di Pinot nero) l’ho prodotto con il 70% di Chardonnay e 30% di Pinot nero. Tanto per dire, non centra nulla, ma questo mix guarda caso è quello del Dom Perignon (75% Chardonnay e 25% Pinot nero). Poi per finire il rosé.
Sig. De Cardenas, ha un vino della memoria che ha particolarmente apprezzato e perché?
Si, il Brumano 2004, un’annata notevole, è legato ad un episodio abbastanza buffo e interessante avvenuto da Oreste Corradi alla Locanda Vecchia Pavia, una domenica d’autunno, una prenotazione per 4 persone, preannunciata dal personale dell’Hotel Four Season di Milano, una delle quali è poi risultata Philippine de Rothschild, la proprietaria di Chateau Mouton-Rothschild, l’altra era una sorella dell’Aga Khan, al che hanno detto a Oreste: ”Ci dia un buon vino rosso della zona” lui gli diede il Brumano 2004, al termine del pranzo richiesero 6 bottiglie da portare via.
Oreste poi mi chiamò e io andai in brodo di giuggiole.
Nuovi vitigni, applicazione della cisgenetica, quindi la creazioni di vitigni che non sono soggetti a malattie. Cosa ne pensa?
Penso che sia un’ottima cosa, sono cose di lungo periodo e io ormai sono molto in là con gli anni, non posso fare sperimentazioni ma sono a favore, come sono a favore del tanto vituperato OGM, in Italia ci sono tutte queste battaglie di retroguardia che non hanno senso, li combattiamo ma tutto quello che poi importiamo dall’estero è fatto con l’OGM quindi perché non farlo noi, ci sono alcuni valorosi contadini che cercano di non utilizzarli ma è la solita Italia retriva, io sono per gli OGM e quindi se si riesce a farlo anche nelle viti ben venga.
Ritornando all’Oltrepò. Visto che ha indicato una strada di qualità, vede uno spirito di appartenenza al territorio o lo vede ancora molto frammentato e che consigli potrebbe dare?
Orrendamente frammentato. Il Consorzio dovrebbe avere un ruolo rappresentativo e di collante ma è difficile gestire un territorio così vasto e composto da diverse realtà produttive. Ricordo Panont aveva degli ottimi argomenti, è artefice del successo del Pinot nero, da due produttori che eravamo siamo diventati cinquanta. L’attuale direttore Bottiroli poco tempo fa mi disse che dovevamo fare un istituzione nell’ambito del Consorzio per promuovere il pinot nero e io dovevo fare il coordinatore, ho declinato.
L’ultima mia battuta per email è stata: ”Signori, qui c’è una Docg spumante classico, se c’è un’altra Docg che si deve fare è quella del pinot nero vinificato in rosso, perché non si fa?”, l’ho mandata a tutti i produttori che vinificano il pinot nero in rosso e al Consorzio. Morale il Consorzio non mi ha risposto e tra tutti mi hanno risposto solo tre produttori. Volevo solo un parere, nemmeno rispondere “siamo d’accordo o no”, quando Bottiroli mi chiese di fare quella cosa gli dissi:”Lasciamo stare”, poi è intervenuta questa storia di Broni che ha incasinato un po’ tutta la zona.
L’altro grosso difetto dell’Oltrepò è che non ha un vino tipico, uno di quelli validi è Monsupello con ottimi spumanti, ma per il resto ha dieci vini, che senso c’è, morale uno quando pensa al Piemonte pensa al barolo, barbaresco, l’Oltrepò cos’è? La prima cosa che uno pensa è bonarda, purtroppo, qui è tutto un po’ troppo, c’è il pallino di produrre tanti vini, pensando in maniera sbagliata che moltiplicando i vini moltiplica le vendite, invece io sono assolutamente favorevole alla specializzazione, la mia storia lo dice chiaramente.
Ci sa indicare qualche bravo produttore in Oltrepò e in Lombardia?
Mamete Prevostini.
Cosa ne pensa della sperimentazione di nuovi materiali per i tappi?
Per i tappi raso bocca, già adesso per esempio i Friulani hanno tappo sintetico e lì non ci sono grosse difficoltà addirittura su certi mercati vige il tappo a vite, tipo Inghilterra. Penso si andrà sempre di più sul sintetico, la questione dello spumante è molto più complicata, la grossa difficoltà con lo spumante è che ha una pressione terribile, quindi deve tenere la pressione e il sintetico attuale non va bene. La cosa assurda che lo spumante sta per uno, cinque, dieci anni con il tappo a corona, dopo di che viene messo il tappo a fungo, ma il tappo a fungo è una cosa prettamente d’immagine, non ha nessuna ragion d’essere, la cosa razionale sarebbe dopo la sboccatura mettere ancora il tappo a corona, il quale tiene perfettamente e sarebbe perfetto, però l’immagine… sarebbe strano vedere aprire in un ristorante importante una bottiglia di Dom Perignon con il tappo a corona eppure nel futuro sarà così.
Dei vini naturali cosa ne pensa?
Ne penso male, penso che siano ampiamente cavalcati come un’opportunità commerciale, molti produttori non solo di vino, si convincono che esiste un mercato, in aumento, di quelli che vogliono le cose naturali, per cui pensano che percorrendo quella strada si venda di più.
I negozi di prodotti bio si moltiplicano, e nei vini secondo me è una moda, non escludo che ci sia qualcuno bravo, credo che non sia facile farlo in modo corretto e soprattutto le cose agricole sono quasi impossibili da controllare, le varie ISO, questi standard qualitativi, con le loro procedure, nell’industria sono controllabili, in campagna è impossibile. Perché non si può controllare chi dice che non ha dato gli anticrittogamici e invece li da, impossibile. E’ tutto lasciato all’onesta e al buon cuore dei produttori e voi mi insegnate che sono doti non molto diffuse.