Ivana Brignolo Miroglio e Giovanni Minetti
Ciò che ho appreso in tanti anni di degustazioni è di non dare mai nulla per scontato. Poco importa che in principio fossero semplici visite in cantina o serate tra amici all’insegna del buon bere, divenute successivamente masterclass professionali, press tour o tasting blindati. Appartenere in maniera esclusiva, dunque senza concessioni di alcun tipo, ad una determinata categoria di bevitore è sconveniente, “rischioso”, inutilmente complicato. Soprattutto negli ultimi anni stiamo assistendo ad una classificazione maniacale dei gusti in fatto di vino, esistono troppi falsi miti ed è surreale constatare l’assurda tenacia con cui alcuni soggetti difendono la propria chiusura mentale. C’è chi beve solo “naturale”, chi, per carità solo “biologico”:” Vuoi mettere? Io bevo esclusivamente piccoli produttori!”, “Fossi matto! Solo grandi aziende, la serietà è scontata facendo tutte quelle bottiglie!”. Non c’è nemmeno bisogno di commentare, tutto ciò è quanto di più lontano da una sana e reale visione del mondo del vino. La verità si trova sempre al centro delle cose, è un concetto elementare ma molti faticano a comprenderlo perché vogliono a tutti i costi difendere la verità assoluta, che ovviamente non esiste. Inoltre, c’è l’irrefrenabile desiderio di sentirsi parte di un gruppo solo per attaccarne o criticarne un altro, a tal riguardo i social network non han fanno nient’altro che peggiorare le cose, ma la colpa è dell’ottusità di alcune persone, mai soltanto dei mezzi che strumentalizzano.
Veduta del Bricco Malgrà con l’azienda in fondo
La famiglia Miroglio è il classico esempio di realtà vitivinicola dalle grandi dimensioni che riesce a coniugare magistralmente numeri e qualità, il patrimonio si assesta attorno ai 120 ettari. E’ proprietaria dal 1985 di Tenuta Carretta, realtà che vide gli albori molti secoli prima, lo testimonia un importante contratto di concessione a mezzadria redatto il 28 novembre 1467 dal notaio Giorgio di Monteacuto (l’attuale Monteu Roero). Anche questa è una storia di famiglia e tradizioni, territorio, il Piemonte, sempre meraviglioso. Il tutto è in mano ad Edoardo Miroglio, coadiuvato dalla moglie Ivana e i figli Marta e Franco. Oltre alla già citata Tenuta Carretta a Piobesi d’Alba (CN), comune del Roero, la proprietà comprende l’azienda vitivinicola Malgrà, a Mombaruzzo, nell’astigiano. L’ambizione dei titolari è davvero notevole, l’impero continua a crescere, perché, oltre ai due territori citati, si aggiungono acquisizioni nel comprensorio del Nizza DOCG, con l’acquisto di 12 ettari, e nel comune di Cissone, con 7,5 ettari di terreni nell’area d’origine dell’Alta Langa DOCG. Si tratta di due acquisizioni strategiche a tutti gli effetti: la prima consolida gli investimenti già realizzati nel comprensorio vitivinicolo langarolo, ormai celebre per la produzione di nobili bollicine, mentre per l’azienda Malgrà si tratta di un intervento di ampliamento fondamentale riguardo ai vigneti già esistenti, così da costituire un solo appezzamento. Queste le parole di Ivana Brignolo Miroglio, presidente di Terre Miroglio e coordinatrice, per il Piemonte, dell’associazione nazionale “Donne del vino”: “Da sempre la nostra famiglia lavora, crede e investe sul territorio di questa parte del Piemonte, storicamente attraverso il comparto tessile, e da oltre trent’anni con un impegno diretto e crescente nella produzione di grandi vini. Il nostro desiderio è ormai da tempo quello di dedicare nuove energie al settore vitivinicolo, puntando sia a tutelare e gestire con attenzione i vigneti – attraverso pratiche sostenibili e rispettose degli equilibri dell’ecosistema – sia a realizzare nuovi impianti nelle aree più vocate, in questo rafforzando sempre più la filosofia di trasformare esclusivamente uve provenienti da appezzamenti di proprietà o in ogni caso condotti direttamente”. Ascoltando queste parole è fin troppo facile comprendere l’impegno profuso dall’azienda circa il rispetto del territorio e la valorizzazione dei vitigni e delle tradizioni piemontesi. Voler rappresentare i valori di un’agricoltura sostenibile, nonostante la produzione piuttosto corposa di bottiglie, è possibile, molte grandi aziende lo fanno con successo da anni, certo, dev’essere una vera esigenza, non solo una strategia di mercato. Nel vigneto, la filosofia produttiva di Tenuta Carretta si fonda sui temi della sostenibilità (ambientale, tecnica ed economica) attuata applicando le tecniche di viticoltura integrata, che prevedono l’utilizzo dei mezzi chimici solo quando davvero indispensabili a tutelare un armonico sviluppo della pianta. Le parole di Giovanni Minetti, Amministratore delegato di Terre Miroglio, non fanno altro che confermare la mia tesi: “Il vigneto è l’elemento fondamentale perché è lì che ha origine la qualità del vino.” Dopo il riconoscimento Unesco del 2014 al “Paesaggio vitivinicolo del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato”, molte aziende sentono sempre più il dovere di porre l’accento, non solo sull’ impegno sempre più costante in vigna, ma soprattutto sul grande valore culturale, storico e sociale da dovere custodire e valorizzare: difendere e rappresentare il cuore verde di un territorio verso il quale si deve sempre e comunque un’immensa gratitudine.
Cannubi
Molto interessante il punto di vista dell’AD Minetti circa il noto problema del riscaldamento globale, e sulle strategie da utilizzare per arginare, con raziocinio e rispetto per la natura, questo fenomeno:” Stiamo assistendo a una serie di cambiamenti anche dal punto di vista della risposta della vite all’esposizione al sole. Questo ci induce a fare valutazioni diverse da quelle che venivano fatte prima del 2000. Alcuni versanti ritenuti in passato poco adatti alla produzione di vini di qualità sono oggi rivalutati perché in grado di produrre uva meno stressata, con un migliore rapporto tra acidità e zuccheri e una buona maturazione di polifenoli e antociani. La vera sfida per noi produttori è oggi proprio quella di creare valore in un contesto di sostenibilità, un concetto che nasce come risposta al consumo irresponsabile di risorse naturali. Produrre vino è relativamente facile mentre produrre un “grande” vino è molto impegnativo, costoso, e richiede molta attenzione ai dettagli. Il nostro metodo è quello di lavorare con passione e credere nel vino come espressione creativa dell’uomo, è interpretare la materia prima che la natura ci mette a disposizione facendo tesoro della tradizione”. Considerando l’impegno di questa storica famiglia piemontese, è mia ferma intenzione approfondire tutta la gamma di vini prodotti nei relativi territori vitivinicoli d’elezione. Metaforicamente parlando, per tener fede al patto stretto con il titolo di quest’articolo, inizierò dal comprensorio langarolo, celebre per la produzione di vini rossi fermi: Barolo, Barbaresco e Roero, non prima di aver realizzato una veloce carrellata su tutte le aree dove la famiglia Miroglio applica i nobili principi di sostenibilità agricola fino ad ora enunciati.
I vigneti dell’Alta Langa Circa 7 ettari a Cissone (CN), nella zona d’origine dell’Alta Langa DOCG, per la produzione di “Airali” Brut e “Airali” Pas Dosè, ad oggi le nobili bollicine di Tenuta Carretta. Il nuovo investimento consente di costituire un polo viticolo di oltre 15 ettari vitati in un unico corpo. Terreni vocati per la produzione di questa categoria di vini, grazie ad un microclima ideale e terreni marnosi e calcareo-argillosi.
I vigneti del Monferrato Nel Monferrato i vigneti di proprietà sono dislocati per oltre il 90% nel comune di Nizza, celebre per la qualità delle sue uve tanto da rappresentare una categoria vera e propria del disciplinare di produzione, mentre la parte rimanente è dislocata nel comune di Mombaruzzo (AT), a confine, dove ha anche sede la cantina Malgrà. Un’area indubbiamente vocata e d’eccellenza che da origine a vini a base barbera. Tre gli appezzamenti di maggior rilievo: “Gaiana” per la produzione del Nizza, “Mora di Sassi” per la produzione del Nizza riserva, e “Cugnexio” per la produzione del Moscato d’Asti. Con l’acquisizione dei nuovi 12 ettari, di cui 9 già vitati, tutti nel comune di Nizza Monferrato, l’azienda Malgrà, del gruppo Miroglio, consolida la sua presenza superando i 40 ettari di vigneto in proprietà.
La tenuta a Piobesi d’Alba
I vigneti del Roero Veniamo al Roero, territorio vero e proprio di Tenuta Carretta, azienda protagonista di questo scritto, lo vedremo in seguito. In queste colline, poste sulla sinistra idrografica del fiume Tanaro, l’azienda possiede la parte più rilevante del suo patrimonio. Circa 40 ettari, per lo più accorpati in un unico appezzamento, si sviluppano modi anfiteatro intorno alla cantina sita in Piobesi d’Alba. Le uve coltivate sono per la gran parte arneis (per i Roero Arneis “Cayega” e “Canorei”), nebbiolo (per il Roero Riserva “Bric Paradiso”), barbera (per il Barbera d’Alba “Bric Quercia”) e favorita, vitigno autoctono piemontese imparentato strettamente con il vermentino. La natura sabbiosa del suolo, celebre nel Roero, ed un particolare microclima circoscritto in questa particolare area vitivinicola, conferiscono ai vini grande eleganza, finezza; profumi leggiadri, ariosi, intriganti, tannino misurato e tanta sapidità, oltre ad una lodevole progressione gustativa.
I vigneti delle Langhe: il Barolo La famiglia Miroglio non poteva esimersi dal rappresentare uno tra i vini bandiera dell’Italia enoica nel mondo, sua maestà il Barolo. Trattasi di quattro vigneti per una superficie complessiva di 2,6 ettari, situati nell’omonimo comune che dà il nome alla DOCG, tutti sulla collina di “Cannubi”, MGA (Menzione Geografica Aggiuntiva) tra le più celebri dell’intero comprensorio. In questo luogo cult per gli appassionati del celebre vino tanto caro a Cavour, nasce l’uva destinata alla produzione del Barolo “Cannubi” e Barolo “Cannubi” Riserva. L’assoluto prestigio qualitativo di questa collina è determinato da un semplice fattore: si tratta dell’unica zona, nell’intero comprensorio della produzione del Barolo, nella quale si uniscono e si confondono i terreni di origine Tortoniana ed Elveziana, un misto di sabbie calcaree, argilla e limo; l’esposizione al sole e le condizioni microclimatiche particolarmente favorevoli concorrono a creare Barolo spesso memorabili ed “eternamente” longevi.
I vigneti delle Langhe: il Barbaresco Un altro mostro sacro made in Langa è da sempre il Barbaresco. I Miroglio, con il marchio Tenuta Carretta, son protagonisti a Treiso, comune inserito a pieno titolo nel disciplinare di produzione, più nello specifico in località Sant’Alessandro. Qui si trovano i vigneti: 6,5 ettari distribuiti in un versante collinare dalle forti pendenze. Solo i migliori crinali di Cascina Bordino, storico vigneto di famiglia, producono uve nebbiolo destinate al Barbaresco Riserva che prendo il nome dal suo cru. Osservando la mappa di Treiso troviamo i vigneti di Garassino (3,7 ettari) al confine nord-occidentale, vicino alla località Pertinace, lungo la dorsale della collina del Nervo, che collega le Menzioni Geografiche Bricco di Neive, Nervo e Rizzi, per terminare proprio con Garassino, la cui conformazione geografica assomiglia proprio a un cuneo con la punta rivolta verso Nord. Qui nasce il Barbaresco DOCG “Garassino”, menzione geografica aggiuntiva e al contempo cru monopole, come direbbero i francesi; Tenuta Carretta ha di fatto il monopolio vinificandone in esclusiva tutte le uve. I suoli del “Garassino”, e soprattutto quelli del “Cascina Bordino”, li vedremo in seguito, durante la descrizione del vino degustato, sono caratterizzati a grandi linee dalle Formazioni di Lequio, composte da un’alternanza di strati marnosi e sabbiosi. Si tratta di suoli limosi, con una discreta percentuale di argilla e calcare, antichi e in tutto simili a quelli di Serralunga d’Alba, contraddistinti dalle Marne di Sant’Agata fossili, ricche di sedimenti fini, limo, argilla e molta meno sabbia.
I vigneti delle Langhe: Nebbiolo d’Alba e Dolcetto d’Alba Ultimi non certo per importanza, vista la duttilità ed il buon rapporto qualità prezzo dei vini in questione, sono i vigneti nel comune d’Alba: parte ai confini con Treiso, in località Tavoleto (circa 10 ettari a nebbiolo, dolcetto e moscato), e parte ai confini con Diano d’Alba, alla Cascina Palazzo, in località Madonna di Como, dove ha origine il Dolcetto d’Alba “Il Palazzo”.
I quattro vini in degustazione della Tenuta Carretta. Foto Danila Atzeni
Veniamo ai vini proposti dall’azienda. In questo caso, come già anticipato, mi soffermerò a descrivere le mie impressioni relative ad alcuni dei vini rossi fermi che rientrano nella DOCG Barolo, Barbaresco e Roero.
Foto Danila Atzeni
Barolo Cannubi 2013 Da uve 100% nebbiolo allevate nello storico vigneto “Cannubi” in Barolo, nella quale si uniscono e si confondono i terreni d’origine Tortoniana ed Elveziana, dunque un misto di sabbie calcaree, argilla e limo, nasce questo vino che affina minimo 36 mesi, di cui almeno 24 in botte, e 9 in bottiglia. Rese pari a 70 q/Ha, 14% Vol., granato caldo di media trasparenza/consistenza, tonalità vivace, unghia color mattone. Naso incantevole, classico, si avverte tutta la finezza di “Cannubi” nonostante l’annata piuttosto calda: viola, amarena leggermente matura, liquirizia, anice stellato, un soffio balsamico d’eucalipto e un ricordo di noce moscata. Con lenta ossigenazione affiora il comparto minerale: foglie secche, terriccio, grafite. In bocca danza letteralmente, lo spessore gustativo ed il corpo pronunciato non sono le caratteristiche che lo contraddistinguono, semmai conquista per via della freschezza e dell’agilità di beva, unite a doti di sapidità e profondità, totale assenza di alcol percepito. Perfetto su un piatto di agnolotti di carne al sugo d’arrosto.
Barolo Cannubi Riserva 2014 Collezione Rag. Franco Miroglio Solo 1260 bottiglie prodotte, per questa riserva di Cannubi da collezione dedicata al Rag. Franco Miroglio, imprenditore lungimirante, ogni anno cambia il disegno in etichetta. Nata in un millesimo tra i più discussi degli ultimi vent’anni: annata fresca, piovosa, non son certo mancati fenomeni atmosferici avversi quali ad esempio grandinate, ma l’errore che è stato fatto è parlarne a sproposito generalizzando su tutto il territorio, quando in realtà le Langhe sono state colpite a macchia di leopardo. Negli ultimi anni gli assaggi che ho effettuato hanno rivelato, in alcuni campioni derivanti da zone in parte risparmiate, un profilo austero da grande nebbiolo d’altri tempi: livelli d’acidità notevoli, tannini importanti, profumi antichi ed eleganti, inoltre, due caratteristiche principali, grande bevibilità e longevità. Il Barolo Cannubi Riserva 2014 “Collezione Rag. Franco Miroglio”, rientra a pieno titolo tra questi assaggi: 100% nebbiolo da rese pari a 65 q/Ha, affina per un minimo di 60 mesi, di cui almeno 36 in botte e 18 in bottiglia. 14,5 % Vol., granato vivace con riflessi arancio, tonalità particolarmente luminosa, vivace. Naso fine e di buon impatto, esordisce la polpa del frutto maturo, frutti di rovo, amarena, la viola e la rosa rossa fanno breccia anticipando la vera protagonista, una sinfonia balsamica: sembra quasi di sentirne il “suono”, oltre all’aroma. Chiude su percezione minerali che ricordano il terriccio bagnato, ma anche cuoio e caffè tostato. Il palato è ricco di materia ma la stessa scivola con disinvoltura e agilità, freschezza ai massimi per via dell’annata e tannino piuttosto misurato, la potenza è intrinseca, non viene ostentata, si manifesta soprattutto sulla lunga distanza, non sul timbro/intensità. Un Barolo da godere oggi ma con una lunga strada davanti a sé, perfetto su una guancia di manzo brasata con purè di patate.
Barbaresco Cascina Bordino Riserva 2013 Ci troviamo sul versante orientale del comune di Treiso, questo Barbaresco Riserva DOCG Cascina Bordino nasce da uve allevate negli omonimi vigneti di proprietà. Si tratta di appezzamenti esposti in maniera ottimale, caratterizzati da forti pendenze e terreni di arenaria con inserzioni di marne siltose grigie, che rendono il suolo magro e compatto. Questi vigneti inoltre offrono una materia prima in grado di reggere lunghe macerazioni in cantina, come vuole la miglior tradizione langarola. Vini strutturati, intensi, carichi di profumi, mai sopra le righe, l’equilibrio deve essere sempre una vera e propria necessità: stupire con la grazia, non con i muscoli; ed il nebbiolo, se ben allevato in vigna e lavorato in cantina, è il vitigno che più di tutti ha nel DNA questa caratteristica. 100% nebbiolo, rese pari a 70 q/Ha, 13,5% Vol., affinamento minimo di 50 mesi dal 1° novembre dell’anno di raccolta delle uve, di cui almeno 9 in botti di rovere. Si palesa al calice in veste rubino vivace con unghia granato, buona consistenza ed estratto. Un naso piuttosto schietto, immediato, goloso, accattivante; il frutto è definito ed opportunamente maturo: visciole, more, ribes rosso, arancia rossa sanguinella, la parte salmastra incontra un accenno di speziatura/tostatura, caratterizzato da pepe nero, cacao, vaniglia Bourbon. Stimolanti i tocchi empireumatici che, dopo opportuna ossigenazione, cedono il passo ad un floreale acre di violetta e rosa rossa. Annata calda, generosa, in bocca s’avverte questa pienezza data dal frutto maturo e da vibrazioni sapide, presto rinfrescate da ritorni agrumati che stimolano la salivazione. Il sorso è piuttosto equilibrato ma ancora in divenire, sinergia tra componenti tanniche e rotondità, l’insieme è accattivante, perfetto per contrastare alla perfezione uno stracotto d’agnello con abbondante Cipolla bionda di Cureggio e Fontaneto, presidio Slow Food fortemente rilanciato dal compianto Gianluca Zanetta, persona straordinaria che purtroppo recentemente ci ha lasciato, a cui dedico queste righe e tutto il mio sconfinato affetto.
Roero Bric Paradiso Riserva 2015 Il Bric Paradiso, citato sui documenti già dal 1878, fa parte della tenuta ed è uno dei vigneti a cui la famiglia Miroglio è più legata. È un vero e proprio cru aziendale, MGA (Menzione Geografica Aggiuntiva) del Roero, situato ad est del comune di Piobesi d’Alba, dove ha sede la cantina. Da qui nasce la Riserva di Roero. L’annata 2015, nonostante il caldo, regala un vino di grande equilibrio a mio avviso. La natura sabbiosa del suolo, unita ad un microclima favorevole e a vigneti posti in declivi piuttosto ripidi, sono le condizioni ottimali per produrre vini eleganti al naso, fini, e dalla beva compulsiva; questo anche per via di un tannino misurato, quasi mai protagonista, sempre accompagnato da vibrante freschezza e pronunciata sapidità. Il Roero Bric Paradiso Riserva 2015 in bocca è esattamente così, né più né meno. 14% Vol., nebbiolo 100%, rese pari a 70 q/H, affina per un minimo di 18 mesi in botte e 12 mesi in bottiglia. Mostra una verve cromatica particolarmente accattivante, la tonalità rubino s’impone sul granato, ma in controluce i riflessi di quest’ultimo sono evidenti e diverranno più intensi con il passare degli anni. Al naso toni croccanti e piuttosto golosi: visciole, mora, lampone, vaniglia Bourbon, un forte aroma di liquirizia e incenso con lenta ossigenazione. Non solo: ad oltre mezz’ora dalla mescita, affiora un ricordo salmastro e di sabbia bagnata che ricorda fortemente l’origine del terreno su cui crescono le viti di nebbiolo nel Roero, dunque grande coerenza territoriale. Un gigante buono, un vino che danza in bocca, peso massimo dalla potenza controllata ed ancora parzialmente inespressa, data la giovane età; sarà curioso riassaggiarlo in futuro. Abbinato a un piatto di tajarin al ragù alla langarola è una stupenda metafora di due territori che devono sempre più lavorare in armonia, in simbiosi, così da rendere immenso un territorio vitivinicolo già grande.
Il primo capitolo dedicato alla famiglia Miroglio termina qui, del resto la gamma è piuttosto articolata. Come già palesato all’inizio dello scritto, è mia ferma intenzione approfondire tutta la produzione, all’appello mancano ancora Alta Langa e Nizza Monferrato, due zone che tra l’altro amo immensamente, e che è giusto valorizzare. Negli ultimi anni sono stati fatti passi da gigante in queste colline, sono sicuro che i Miroglio non son rimasti certo a guardare.
Andrea Li Calzi
È nato a Novara, sin da giovanissimo è stato preso da mille passioni, ma la cucina è quella che lo ha man mano coinvolto maggiormente, fino a quando ha sentito che il vino non poteva essere escluso o marginale. Così ha prima frequentato i corsi AIS, diplomandosi, poi un master sullo Champagne e, finalmente, nel giugno del 2014 ha dato vita con la sua compagna Danila al blog "Fresco e Sapido". Da giugno 2017 è entrato a far parte del team di Lavinium.
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Amante della letteratura classica, consegue la Laurea in Lettere, indirizzo filologico, con una tesi sperimentale sull’uso degli avverbi nei tes (...)
Torinese, sognatore, osservatore, escursionista, scrittore. Laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l'Università di Torino e Mast (...)
Classe ‘77, Nadia è nata ad Ischia. Dopo quindici anni di "soggiorno" romano che le è valso il diploma di Sommelier AIS e un'importante collabor (...)
Ha vissuto in 26 case e in 18 città, disseminando pezzetti di radici in Italia e all’estero: una Cipolla nomade più che viaggiatrice. Ma non più (...)
Mi presento, sono Rachele Bernardo, annata 1968, ribelle quanto ME. La passione per la scrittura risale agli spensierati anni giovanili, tuttavi (...)
Giornalista free-lance, milanese, scrive di vino, grande distribuzione e ortofrutta, non in quest'ordine. Dirige il sito e la rivista dell'Assoc (...)
Ha smesso di giocare in cortile fra i cestelli dei bottiglioni di Barbera dello zio imbottigliatore all'ingrosso per arruolarsi fra i cavalieri (...)
Musicista e scrittrice, da sempre amante di tutto ciò che è bello e trasmette emozioni, si è diplomata in pianoforte e per un certo periodo dell (...)
Perito informatico ai tempi in cui Windows doveva essere ancora inventato e arcigno difensore a uomo, stile Claudio Gentile a Spagna 1982, deve (...)
È nato a Novara, sin da giovanissimo è stato preso da mille passioni, ma la cucina è quella che lo ha man mano coinvolto maggiormente, fino a qu (...)
Economista di formazione, si avvicina al giornalismo durante gli anni universitari, con una collaborazione con il quotidiano L'Arena. Da allora (...)
Nato il 22 febbraio 1952 a Pavia, dove risiede. Si è laureato nel 1984 in Filosofia presso l'Università Statale di Milano. Dal 1996 al 2014 è s (...)
Giornalista cresciuto con Montanelli al giornale, si occupa da sempre di agricoltura, agroalimentare enogastronomia e viaggi. Ha lavorato tra gl (...)
Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore (...)
Sociologo e giornalista enogastronomico, è direttore responsabile di laVINIum - rivista di vino e cultura online e collabora con diverse testate (...)
Di formazione tecnica industriale è stato professionalmente impegnato fin dal 1980 nell’assicurazione della Qualità in diverse aziende del setto (...)
Laureato in Filosofia e giornalista professionista, lavora al Mattino dove da anni cura una rubrica sul vino seguendo dal 1994 il grande rilanci (...)
Maestro Assaggiatore e Docente O.N.A.V., Delegato per la provincia di Lecco; svolge numerose attività come Docente presso Slow Food, Scuola de L (...)
Sommelier e master sul servizio vino e relazione col commensale, ha tenuto alcuni corsi in area territoriale del Pavese di approccio/divulgazion (...)
È Sommelier e Degustatrice ufficiale A.I.S. rispettivamente dal 2003 e dal 2004; ha sviluppato nel suo lavoro di dottorato in Industrial Design, (...)
Napoletano, classe 1970, tutt'oggi residente a Napoli. Laureato in economia, da sempre collabora nell'azienda tessile di famiglia. Dal 2000 comi (...)
Ha iniziato la sua attività in campo enogastronomico nel 1987. Ha collaborato con le più importanti guide e riviste del settore italiane ed este (...)
Nato nel 1974 a Roma in una annata che si ricorderà pessima per la produzione del vino mondiale. Sarà proprio per ribaltare questo infame inizio (...)
Bolognese dentro, grafico di giorno e rapito dal mondo enologico la sera. Per un periodo la sera l'ha condivisa con un'altra passione viscerale (...)
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