Tagliatelle al sugo di rana pescatrice (o coda di rospo) e Prosecco Brut friulano
“Buona sera. Oggi abbiamo fatto il sugo alla rana pescatrice. Ti abbiamo tanto pensato e quindi ti invio la ricetta con il procedimento. Delle foto metti quelle che vuoi. Lucia“. Ah, gli amici che mi riempiono tanto il cuore! Dovete sapere che questa è una ricetta a cui tenevo moltissimo, perché è stata realizzata nella cucina di quel Road Café della stazione di benzina di Montalcino che mi ha deliziato per due anni quando lavoravo al Museo del Brunello, prima del mio trasloco di ritorno nella mia Polonia. È un bar a orario continuato con annesso ristorante di cucina tipica toscana, barbecue, enoteca e pizzeria che presenta ogni giorno un menu nuovo, tenendo molto in considerazione la stagionalità e preferendo carne, salumi, formaggi, pesce, verdura e frutta del Parco dell’Orcia e della Maremma. Poiché proprio da Lucia Megalli ho verificato cos’è veramente la cucina, cioè un atto d’amore, non posso che apprezzare con tutto il cuore questa succulenta pietanza con la relativa ricetta e non posso che condividerla con voi, perché l’amore che si riceve va messo in circolazione, va preso e va dato, altrimenti diventa sterile. Eccovela dunque, e buon appetito!
Mario Crosta
Ingredienti per 6 persone
- 1 rana pescatrice di media grandezza eviscerata
- 1 cipolla dorata
- 3 spicchi d’aglio
- 2 costole di sedano
- olio extravergine di oliva quanto basta
- sale fino quanto basta
- 30 g di prezzemolo e basilico tritati freschi
- 1 peperoncino
- 1 bicchiere (100 ml) di vino bianco secco fermo
- 300 g di pomodorini Pachino tagliati a dadolata
- 500 g di tagliatelle all’uovo
Procedimento
Lavare, scolare e appoggiare la rana pescatrice sopra un tagliere e con un coltello ben affilato toglierle la pelle, eliminandogliela.
Sfilettare il pesce togliendone la spina centrale che verrà scottata in un piccolo pentolino con acqua calda dove avremo messo anche un piccolo pezzettino di cipolla e una costola di sedano. Questa scottatura è necessaria per poter ben spolpare tutta la lisca, dato che la polpa più saporita è quella che le sta attaccata.
Intanto in una padella avremo messo un po’ di olio extravergine di oliva e aggiunto un trito grossolano di cipolla, aglio e prezzemolo, facendolo dorare a fuoco dolce e aggiungendo un pizzico di sale fino e un peperoncino.
Quando il trito è dorato aggiungiamo i filetti del pesce che avremo tagliato a dadini e anche la spolpatura ricavata dalla pulitura della spina centrale.
Il tutto andrà soffritto per circa 15 minuti, dopodiché verrà sfumato con il bicchiere di vino bianco secco fermo. Quando il vino sarà sfumato, aggiungiamo la dadolata di pomodorini Pachino che faremo stufare a fuoco basso per circa 15 minuti.
Terminata la cottura nei tempi indicati, spegniamo il fuoco della padella del sugo e aggiungiamogli il trito di prezzemolo e basilico freschi, rimescolando bene. Nel frattempo cuociamo in abbondante acqua salata bollente le tagliatelle.
Riaccendiamo il fuoco alla padella del sugo, scoliamo le tagliatelle e le saltiamo velocemente nella padella del sugo a fiamma un po’ vivace, rimescolandole bene, quindi le serviamo in tavola.
Lucia Megalli
Il vino Prosecco Brut del Friuli Venezia Giulia dell’azienda agricola Ronco Margherita
Avevo in mente una caterva di vini bianchi importanti da abbinare a un capolavoro di ricetta come questa, ma al cuore non si comanda e ci berrei molto volentieri proprio quel frizzantino bianco che Lucia, suo marito Lorenzo e i suoi figli Giulio e Sandro servono alla spina al Road Café e che ha sempre fatto compagnia a me e all’indimenticabile amico Gianni.
Un semplice vino da tavola non si può certo paragonare a quelli destinati alle degustazioni degli intenditori, perché non è fatto per concorsi, gare, punteggi, confronti, discussioni, ma è fatto per essere bevuto e goduto in tavola da chi poi deve comunque tornare nel pomeriggio al lavoro, perfino a quello più faticoso e spesso sotto un sole cocente. Un vino che non ha bisogno di poemi descrittivi perché importa soltanto che sia leggero, sano, digeribilissimo, senza tagliare le gambe né far girare la testa. Chi ha bisogno di calorie per faticare, ma deve anche evitare infortuni sul lavoro, non dev’essere costretto a rinunciare al piacere di bere un buon vino, anche se leggero e soprattutto con il pesce che, si sa, nell’acqua ci sguazza e sarebbe meglio non lasciarlo nuotare nello stomaco.
Con Gianni lo bevevamo volentieri perché poi io tornavo ad aprire il Museo a Podernovi e dovevo macinare qualche chilometro di strada in automobile e per strada lo accompagnavo su al circolo ARCI nel borgo medioevale a giocare a carte con altri pensionati che, come lui, hanno contribuito a fare di Montalcino una capitale del vino di eccellenza. La civiltà del vino, la cultura del vino, la storia del vino, la gloria del vino stanno nel ”bere” in tavola per godere meglio il buon cibo, come fa semplicemente il 99% della popolazione con il 99% dei vini tutti i santi giorni a brocche e caraffe, ma senza far piangere il portafoglio, che è una cosa ben diversa dal ”degustare” in piccole dosi da oreficeria soltanto i podiati, cioè il restante 1% del grande mondo del vino. Il buon vino è il re della tavola, eppure nei salotti diventa solo un ospite, sempre giudicato piuttosto che festeggiato ed è spiacevole che anche quello vestito alla buona venga etichettato come ”marginale”, perciò quando lo trovo non mi vergogno di parlarne per dare una ”dritta” anche agli altri consumatori come me che non hanno la cassaforte dietro un quadro d’autore.
Preferisco arrendermi alla magia del posto, alla simpatia del personale e alle nuove compagnie senza vergognarmi di un vino anche alla spina, leggero, rinfrescante, senza blasone né troppe pretese, ma che ha un incredibile successo, specialmente d’estate. Però in quell’autentica “farmacia dei sani” (come chiamo le osterie, le trattorie, le pizzerie in italiano, altro che wine-bar o tasting hall!), quando di venerdì arrivava il pesce freschissimo dalla costa della Maremma e si preparava qualche ricetta di cucina particolarmente gustosa e annunciata per tempo sui vari social dagli amici, si cambiava vino per onorare come si deve la passione della cuoca e della squadra di cucina e ho sempre trovato una larga scelta di buoni spumanti a prezzo convenientissimo.
Lorenzo Minocci, infatti, è come Eta Beta, l’immaginario extraterrestre amico di Topolino con le tasche del gonnellino dalla capienza smisurata da cui riesce a estrarre all’occorrenza tutto ciò che serve a non finire, anche di grandi dimensioni come motocarri, furgoni da gastronoma ambulante o navi da crociera. Figurarsi un eccellente olio extravergine d’oliva o un buon spumante! Tenete conto che per quanto riguarda gli spumanti e i metodo classico a Montalcino fa fede la frase di Gesù Cristo tratta dai Vangeli ”nemo propheta acceptus est in patria sua”. Ho avuto il piacere di bere quelli di Le Chiuse, Il Poggione e Il Poggiolo, con le stesse uve di sangiovese dl Brunello, ma hanno maggiore fortuna quelli che vengono dal nord, come questo vino portato sul posto da Alessandro Bellio quasi per caso e che non è l’unica buona bollicina di Ronco Margherita che si beve bene al Road Café.
Alessandro è un uomo davvero solido, classe 1975, giocava a rugby a Treviso come pilone, si è diplomato alla Scuola Enologica di Conegliano e nel 1998 si era trasferito in Friuli Venezia Giulia dove ha fatto per 7 anni l’enologo, l’agronomo e il responsabile commerciale di un’importante cantina friulana finché nel 2006 ha deciso di aprire un’azienda di servizi per la gestione in conto terzi dei vigneti che ben presto si è estesa dal Friuli al Veneto, dalla Lombardia alla Toscana. È tra i filari delle amate viti che ha conosciuto la sua Margherita, una ragazza polacca dolce e riservata che nutre per la terra e per il vino la sua stessa passione e ne è nato un amore così solido e profondo che nel 2009 è germogliato il progetto di realizzare una propria azienda vitivinicola, quella Ronco Margherita che si è concretizzata ancora meglio nel 2015 con il trasferimento della sede a Pinzano al Tagliamento, nell’antica tenuta appartenuta al veneziano Ruggero Forti, uno dei pionieri dell’enologia di qualità a livello internazionale, per 25 anni direttore dei Vivai cooperativi di Rauscedo e considerato il padre della moderna viticoltura friulana.
Ronco Margherita ha i suoi vigneti in tre zone ben distinte del Friuli Venezia Giulia: 10 ettari a Pinzano al Tagliamento dove è situata anche la sede di accoglienza, 18 ettari nel cuore dei Magredi, nella zona di Dandolo, nel comune di Maniago e 8 ettari nella zona dei Colli Orientali del Friuli. Questa è una delle ricchezze più importanti dell’azienda: poter racchiudere nei propri vini le caratteristiche e le tipicità di tre aree dai suoli così diversi e tutti così importanti per la tradizione vitivinicola friulana, tanto che ne nascono vini di diverso pregio, tutti consigliabili, quelli della Linea Classica come quelli delle tre Collezioni: Tenuta Col Colàt, Rieppi e Pastelli.
Tra gli spumanti concepiti per allietare l’aperitivo e accompagnare i pasti a prezzo molto conveniente c’è anche questo Prosecco DOC non millesimato, vivace e diretto come i bambini che ogni anno si raccolgono in tenuta in occasione della festa della vendemmia, quando passano belle giornate tra i filari a imparare per gioco la vitivinicoltura e partecipano a un concorso di disegno per scegliere le nuove etichette dei vini Pastello. Si coinvolgono i bambini nel rispetto e nell’amore per la terra che qui è la regola. Nel 2020 l’Azienda ha ottenuto la certificazione biologica per l’utilizzo di metodi di lavorazione a bassissimo impatto, dalla concimazione organica dei terreni fino alla lotta integrata per la difesa fitosanitaria.
Il vino è fatto da uve glera in purezza allevate a doppio capovolto con sesto d’impianto di 4.000 piante per ettaro. La vendemmia comincia dalla metà di settembre con la verifica della maturazione dell’uva nelle diverse ubicazioni dei vigneti e prosegue fino a inizio ottobre. I grappoli vengono raccolti prima della maturità tecnologica per poter avere una buona acidità e vengono sottoposti a un’ulteriore selezione qualitativa all’ingresso della cantina, quindi si procede con la pressatura soffice dell’uva intera per l’ottenimento del mosto che andrà a fare la prima fermentazione alcolica in serbatoi di acciaio inox a temperatura controllata. Ottenuto il vino base si procede con la presa di spuma attraverso il metodo Charmat-Martinotti, la maturazione in autoclave per circa 2 mesi, l’imbottigliamento e l’affinamento in bottiglia prima della commercializzazione. Il residuo zuccherino naturale va da 10 a 11 g/l. Il tenore alcolico è dell’11.5%. Consiglierei di servirlo a una temperatura di circa 8-10 °C.
Di colore giallo paglierino scarico e con un perlage di bollicine fine e persistente, attacca con un profumo pulito di fiori di glicine e d’acacia che aprono un bouquet fruttato di aromi di mela golden e pera tra sfumature di mallo di noce. In bocca è brioso, le note di lievito e sfoglia di brioche appena sfornata sono dominate dal fruttato. L’acidità è ben bilanciata ed esalta a meraviglia questa pietanza di mare o la delicatezza della cucina casalinga.
Mario Crosta
Ronco Margherita
Tenuta di Pinzano al Tagliamento
Via XX Settembre 106, 33094 Pinzano al Tagliamento (PN)
coordinate GPS: lat. 46.182148 N, long. 12.940521 E
tel/fax: 0432-950845
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