Parusso: innovazione, sperimentazione e innato desiderio di percorrere nuove strade
Schietto, determinato e dinamico. Aperto alle critiche e considerazioni altrui, ma assolutamente convinto delle sue idee e pronto a metterne in pista in continuazione di altre. “La curiosità porta curiosità. Io mi metto sempre in discussione e metto in discussione quelli che ho attorno per fare sempre meglio. La vita è una sola e, quindi, non bisogna perdere tempo in cose che non hanno senso“.
In video call da Monforte d’Alba, recentemente abbiamo trascorso due abbondanti ore in compagnia di Marco Parusso, seconda generazione di una delle aziende che fanno parte del firmamento più nobile delle Langhe del Barolo.
Innovazione, sperimentazione, una visione certamente personale del nebbiolo – niente diraspamento delle uve, rotomacerazione, estrazione a freddo e soprattutto iperossigenazione e, quindi, uso di barrique sempre nuove – che porta i suoi vini ad avere un imprinting forte, che si aggiunge a quello non certo secondario proveniente dall’avere a disposizione cru non di secondo piano che portano il nome di Bussia, Ornati e Mosconi a Monforte d’Alba, Mariondino a Castiglione Falletto.
La ricchezza del frutto è un aspetto mai secondario nei Barolo di Parusso, così come la presenza di note legate all’affinamento in barrique, intorno alle quali è possibile disquisire dividendosi tra favorevoli e contrari, ma che nelle annate che abbiamo degustato, tutte della 2016, non ci sono mai sembrate troppo preponderanti e invadenti, sebbene comunque ben presenti.
“Prima sei amico dell’ossigenazione meglio è, perché invecchi lentamente: nel caso del vino i miei si possono bere giovanissimi, ma anche dopo tanti anni“. Una filosofia, quella di Parusso, che trova coerenza appena versato il vino nel bicchiere: intensità, pulizia, un tannino sempre rispettoso del cru di provenienza, e quindi ben riconoscibile, ma allo stesso tempo in parte limato e domato sin dall’inizio della sua corsa. Non sono vini austeri e classici, nel senso più tradizionale che questi due termini assumono quando pensiamo al Barolo, ma sarebbe altrettanto stonato definirli “moderni”, oggi, nel 2020.
Se Mariondino, Mosconi e Bussia, degustati in questa sequenza, hanno personalità alquanto differenti, la ricerca di uno stile definito è ben presente anche nei blend provenienti da zone differenti. Ne è un esempio il Barolo che nasce dal mix dei quattro cru sopra citati, sebbene spicchi al suo interno il carattere del nebbiolo della Bussia.
A proposito di contaminazioni e unioni, questa volta tra differenti vitigni, l’assemblaggio è pratica che a Marco Parusso piace sempre e fino al 2000, ultima annata prodotta, il Bricco Rovella Rosso, blend di merlot e cabernet, ne era un degno rappresentante, una sorta di “SuperPiemonte”, oggi probabilmente senza più senso per il mercato odierno. “Mi è sempre rimasto nel cuore quel tipo di vino” confessa però Parusso, che ha trovato lo stimolo per sperimentare nuovamente in questa direzione, seppur con vitigni autoctoni e questi sì super piemontesi, questa volta a Cascina Baconotta, in località Santa Rosalia ad Alba, con il nuovo progetto denominato “Vegliamonte”. “È Il mio ultimo progetto e nasce anche perché sta arrivando la nuova generazione e ci è venuta voglia di percorrere strade nuove“.
Alba Vegliamonte 2016 – 15% – @@@@
Prima annata per questo blend di nebbiolo (85%) e barbera (15%). “Tra le Langhe e il Roero il nebbiolo è diverso, è più ricco” spiega Marco Parusso, particolarmente entusiasta da questo nuovo progetto nato nel novembre del 2015. Rubino abbastanza fitto con un lieve tratto violaceo, è subito prorompente e intenso al naso, con note di frutta rossa fresca, di ciliegie mature e un lieve tocco di liquirizia dolce. Al palato il tannino è vigoroso anche se l’acidità apportata dalla barbera dona una bella dinamicità al sorso. Piacevole, ricco ma non faticoso, è pronto da assaporare ora, anche se può donare soddisfazioni anche con lo scorrere degli anni, complice un’annata di grande qualità.
Barolo 2016 – 14,5% – @@@@
Il Barolo classico di Parusso proviene da un mix di nebbiolo allevato nei quattro cru a disposizione dell’azienda, vale a dire Bussia, Ornati e Mosconi a Monforte d’Alba, Mariondino a Castiglion Falletto, sebbene le uve del primo siano in maggioranza. Granato di buona intensità colorante, ha un incedere chiaro e pulito sin dal primo sorso: note di erbe aromatiche ma soprattutto un frutto potente, che ricorda la mora e la ciliegia in confettura, con sfumature dolci legate al rovere ben dosato che tratteggiano anche la parte finale al palato. Tannino setoso, ricco ma ben equilibrato già ora anche se, ovviamente, bisognoso ancora di assestamento.
Barolo Mariondino 2016 – 14,5% – @@@@
La vigna di Mariondino, MGA di Castiglione Falletto con terreni composti da marne e arenarie, è l’ultima a essere vendemmiata da Parusso e dà origine a un Barolo che per profumi e trama tannica si distacca seccamente dagli altri provenienti dalle vigne di Monforte. Se appena versato è più timido ad aprirsi, con la giusta ossigenazione vira con decisione su note dolci e potenti che richiamano il lampone e un mix di spezie di bella definizione. Severo il tannino, quasi graffiante, chiude con sfumature dolci legate ai piccoli frutti e al rovere.
Barolo Mosconi 2016 – 14,5% – @@@@@
Ricco e con un timbro olfattivo caratterizzato da note fruttate che alternano ciliegie e amarene ben mature e in confettura insieme a tocchi di spezie, cuoio e agrumi, con note dolci del rovere che irrompono sia al naso che al palato, ma senza mai eccedere. Mosconi, MGA di Monforte con terreni composti da marne bianche e tufo, dona una visione probabilmente più completa rispetto al Barolo Mariondino, degustato pochi istanti prima. Fino al 2015 era vinificato insieme a uve provenienti dall’attuale MGA Le Coste di Monforte, poi dopo la vendita di quest’ultimo procede da solo. Il tannino ha grana grossa, ricca, potente, mentre il finale dona sfumature terrose con un fruttato meno dolce rispetto al naso.
Barolo Bussia 2016 – 14,5% – @@@@@
La Bussia di Parusso nasce dalla vinificazione separata e poi dal successivo blend dei vini provenienti da due vigneti appartenenti a questo cru molto esteso e con caratteristiche differenti al suo interno: Rocche, situato a sud/sud-est, e Munie che invece si trova a sud/ovest, entrambi composti da terreni arenari con marne bianche e strisce di sabbia. E non c’è che dire, questa è una bellissima interpretazione, che ben sintetizza al suo interno sia i pregi dell’annata – equilibrata, ricca e matura – che quello che si porta in dote questo vero e proprio grand cru. Il naso colpisce per complessità, composita e intrigante, con un susseguirsi di note di violette appassite, cacao, menta e un frutto maturo e fine. Ottima la gestione delle note del rovere che già ora si fondono sia al naso che al palato e non sono mai preponderanti. Il tannino si mastica, è terroso, ricco e di grana fine ed equilibrata. Un gran bella prestazione per un vino che ambisce a sfidare a lungo il tempo.
Parusso Metodo Classico Brut 2015, 11,5% – @@@@
Un bellissimo e affascinate color rosa, un naso fragrante di fragoline di bosco e pompelmo. Un nebbiolo per un Metodo Classico non è più una novità assoluta, eppure ha sempre il piacevole potere di stupire. Questa interpretazione di Parusso conferma la sua voglia di sperimentare, che in questo caso si mostra con l’uso di mosto concentrato da uve appassite di nebbiolo per la seconda rifermentazione in bottiglia. Dopo 36 mesi di riposo sui lieviti e un ulteriore anno in cantina dopo il dégorgement e l’aggiunta di liqueur con Barolo più vecchio, nasce uno spumante di bella beva, ma al tempo stesso carattere e struttura. Vivace nell’acidità così come nella sapidità, chiude con rimandi alla dolcezza dei piccoli frutti con il quale si era aperto nel bicchiere.
Alessandro Franceschini