Ogy’s Legacy 2013 Borovitza
Una delle zone vitivinicole più visitate della Bulgaria si trova nella zona turistica delle rocce di Belogradchik, famosa per l’antica fortezza di Kaleto, costruita sul luogo di un millenario santuario dei Traci. La fortezza è caratteristica per i suoi tre recinti di muraglioni possenti e un barbacane scavato e murato fra guglie alte fino a 70 metri. In pochi chilometri di raggio ci sono le grotte Kozarnika, l’insediamento umano più antico d’Europa in cui gli archeologi hanno scoperto, negli strati profondi che risalgono a un’era compresa tra 1,4 e 1,6 milioni di anni fa, le tracce più antiche di homo erectus (o homo ergaster) in Europa. Un po’ più a nord, presso il lago Rabisha, ci sono le grotte Magura con tracce umane fin dall’età della pietra che risalgono perlomeno a 12.000 anni fa.
La cantina Borovitza Winery si trova a un paio di km dal villaggio omonimo di Borovitza, sulla strada 114 verso est per l’hotel Madonna Inn di Falkovets e il suo camping, nei pressi dell’incrocio con la strada 102 che esce dal paese. Una dozzina d’anni fa avevo degustato uno dei suoi vini, il Dux, con il microbiologo Dr. Ognyan Tzvetanov (chiamato amichevolmente “Ogy” e soprannominato anche ”dottor Champagne”) che nel 2004 aveva deciso di acquistare una piccola azienda vinicola fondata negli anni ’60 davanti a un antico fontanile, ma andata completamente in rovina nel periodo delle campagna antialcolismo dell’era di Gorbaciov.
L’obiettivo era ambizioso: trovare e vinificare piccole partite di uve dalle vecchie viti sopravvissute a quello scempio per produrre una ventina di vini di nicchia in piccole quantità e rilanciare i terroir danubiani davvero speciali, non solo quello di Gradets (20 km a nord-ovest del porto fluviale di Virdin), ma in particolare quelli più difficili da raggiungere di tutta la Bulgaria, come quello che si nasconde tra le impressionanti formazioni rocciose di argilla e calcare di Belogradchik Rocks.
Fra queste forre selvatiche c’è una vigna sopra un pendio argilloso e sassoso che si raggiunge solamente con molta fortuna, perché ha già fatto strage perfino di alcuni fuoristrada 4 x 4. Era stato piantato in due giorni utilizzando un trattore speciale con quella moderna tecnologia laser che automatizza il processo di semina. Pochi giorni dopo, quando si era riusciti a salire per un controllo, però, tutte le barbatelle si trovavano sospese a metà fuori dal terreno, perché l’argilla nel suolo era fin troppa e lo aveva indurito subito dopo i fori, tanto che le radici non erano riuscite a penetrarvi. Ci vollero molti giorni e una mobilitazione straordinaria per ripiantare l’intero vigneto, stavolta con il buon vecchio lavoro manuale di amici, parenti e conoscenti del villaggio che avevano partecipato all’enorme sforzo di ripiantare in fretta 20.000 barbatelle.
Io me lo sono soltanto immaginato, ma… provate a pensare al trasporto di tutta quella gente in sicurezza, nonché dell’acqua, degli attrezzi e di centinaia di paia di guanti che, a causa delle numerose piccole pietre del terreno, si strappavano già dopo la seconda o la terza barbatella piantata, provocando tagli sanguinosi sulle mani di tutti quanti. Quando dico ”sangue e fatica” ho in mente sempre proprio quel vigneto da sogno di Borovitza che è stato salvato da quegli eroi.
A quel tempo, fuori dal paese gli altri bulgari non sapevano nemmeno che tesoro si poteva trovare fra le Belogradchik Rocks, che solo recentemente sono state incluse fra le sette meraviglie naturali dell’era moderna. Quest’area è relativamente più fresca rispetto al resto del paese (specialmente di notte), ma splende per lunghe ore al sole su suoli ottimamente drenati. Ogy era riuscito a coinvolgere in comproprietà nel progetto l’enologa Adriana Srebrinova. Allora non si poteva aprire una nuova cantina sic et simpliciter, ma si doveva sfruttare una licenza già esistente, il che si era già rivelato complicato quando avevano dovuto affittare altre cantine e usare un magazzino per fare fino a quel momento i loro vini con le migliori uve che raccoglievano in giro per il Paese.
La Bulgaria nord-occidentale, inoltre, era un angoletto praticamente abbandonato dalla vitivinicoltura di pregio, quindi non era ben vista dai grandi opinionisti del settore, specialmente per i rossi da invecchiamento, eppure il paesaggio dolcemente ondulato tra il Danubio e le montagne dei Balcani è attraversato da molti fiumi e offre perciò condizioni ideali per la coltivazione della vite. Questa è la regione delle estati calde e degli inverni freddi, con un periodo vegetativo che va da 180 fino a un massimo di 214 giorni. La temperatura media in luglio, che è il mese più caldo, è compresa tra 24 e 26 °C. In inverno, però, può scendere anche a -18 °C e le viti più deboli rischiano la morte. La piovosità media annua è di 550-600 mm e nei mesi delle vendemmie dei rossi (settembre e ottobre) va da 90 a 100 mm.
Ecco perché i vini di questa zona sono più fini e più delicati rispetto ai vini del sud della Bulgaria, come hanno subito dimostrato Ogy e Adriana con il favoloso Sensum 2003 che proveniva appunto da uno di questi vigneti che esisteva già allora da ben 48 anni. Ma fortuna audaces iuvat e in un bel giorno del 2004, finalmente, una chiacchierata casuale li ha portati fino a una cantina proprio ai piedi delle Belogradchik Rocks, diciamo pure due ruderi abbandonati, ma… con la licenza giusta!
No, non crediate che sia finita qui: un’altra tortura, nonché altri mal di testa, per procurarsi il finanziamento del progetto. Le regole per il rilascio del credito in Bulgaria nel 2007 pretendevano che i richiedenti fossero finanziariamente stabili, senza debiti e potessero investire capitali propri al 100% in qualsiasi progetto e in anticipo, per recuperare soltanto in seguito un contributo del 50%, ma dopo il completamento. In teoria, con l’ingresso nell’Unione Europea i crediti dovevano essere messi a disposizione delle aziende vitivinicole per sostenere lo sviluppo rurale e fornire posti di lavoro locali, ma in realtà l’onere della burocrazia e delle restrizioni finanziarie significava che soltanto chi era già ben finanziato poteva beneficiarne. Quelle crape dure di Ogy e Adriana in qualche modo ci erano però riusciti e oggi l’azienda conta su ben 120 ettari per una bella storia ricca di ben 57 tipi di vino sperimentati in purezza o in assemblaggio (alcuni limitati addirittura a 400 bottiglie o addirittura anche soltanto 250!), in totale circa 60.000 bottiglie prodotte l’anno di cui l’80-90% viene esportato a clienti del calibro della Wine Society o di Berry Bros & Rudd nel Regno Unito (fornitori della royal court) e degli sceicchi degli Emirati Arabi Uniti.
Ma proprio sull’onda del meritatissimo successo, nel gennaio del 2016, all’improvviso Ogy è venuto a mancare e da quel brutto momento è Adriana, che abita nella casa dietro la cantina, a condurre l’azienda. Le principali varietà che qui si coltivano sono chardonnay, sauvignon blanc, sauvignon gris, pinot noir, gamza (kadarka), rikat (rkatsiteli), cabernet sauvignon e merlot, ma ci sono anche marsanne, roussanne, viognier, gamay, aligoté, ma non ci sono limiti alla sperimentazione. Adriana, che prima di venire a Borovitza aveva lavorato per 16 anni nelle cantine della Boemia meridionale, utilizza diverse misure di botti, a volte progettate e prodotte appositamente per le sue esigenze. Tutte quante, comunque, sono fatte con legno di quercia bulgara e qui (consentitemelo) trattengo a stento un applauso.
Il listino attuale comprende meno di venti etichette, tra cui il Dux, cinque anni in rovere bulgaro, il vino che più di tutti mi aveva colpito una dozzina di anni fa e che si può trovare a 16-17 €. In gamma ci sono anche altri vini, per esempio il Merlot (6 €), i tagli bianchi Orla (6,50 €) e Solena (7 €), tre Pinot Noir (da 7 a 9 €), i tagli rossi Bouquet e Maxima (7,50 €), il Maxxima Private Reserve (7,50 €), il Guardians MRV (9,50 €) e il Sensum (10 €). Ho deciso però con il cuore, in ogni caso, di riconoscere il valore di Adriana descrivendo un vino che dal cuore è nato e non poteva essere diversamente: il vino Ogy’s Legacy (L’eredità di Ogy) che è un assemblaggio di bouquet, gamza, evmolpia, rubin e cabernet franc. Chi pensa che le etichette dei Borgogna siano le più complicate del mondo dovrà pure ricredersi dopo aver visto questa e letto la composizione delle uve di questo vino, che ha un chiaro approccio d’autore, artigianale, e rispecchia bene le numerose varietà indigene con cui si lavora a Borovitza. Una carta da visita, insomma.
L’Ogy’s Legacy 2013 è un taglio multivarietale realizzato con uve rosse diverse, tra cui l’autoctona gamza (kadarka) e il cabernet franc, ma soprattutto quelle lasciate in eredità dal regime precedente, che aveva prodotto un bel po’ d’incroci: il vitigno bouquet, per esempio, è un incrocio di pinot noir x mavrud, l’evmolpia è un incrocio di merlot x mavrud, mentre il rubin è un incrocio di syrah x nebbiolo. È un vino complesso, consistente, affascinante, eppure con il tenore alcolico molto ben contenuto. Le viti da cui proviene sono coltivate su terreni di origine alluvionale con una resa d’uva di 38 quintali per ettaro. Il vino è maturato per 34 mesi in botti di rovere bulgaro ed è stato imbottigliato nel febbraio 2017. Di colore rosso rubino intenso, è un vino secco denso, piacevole, armonioso, dagli aromi fruttati di vaniglia, cuoio, spezie dolci e frutti di bosco. In bocca si avvertono mirtilli, prugna e cioccolato. Tenore alcolico 13%. Consiglierei di servirlo a 16-18 °C con la tradizionale banitza (torta bulgara di pasta sfoglia farcita con uova, formaggio feta e yogurt, ma nella versione rustica, non quella dolce come la baklava greca), paste al forno, pizze, carni rosse, grigliate di pollame e di salsicce.
Mario Crosta
Borovitza Winery
3955 Borovitza 114, Belogradchik, Vidin district, BULGARIA
Cell. +359.887.806200
GPS: lat. 43.586263 N, long. 22.757829 E
e-mail: valley123@yahoo.com
distribuzione WINwines
Cell. +359.878.510619 e +359.878.410619, skype Winltd.
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