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L’odiosa pratica “stellata” della “no show fee”, la penale per mancata presenza

Per l’introduzione di questo mio articolo ho scomodato nientepopodimeno che la leggendaria Oxford School of Languages che recita alla voce “no show” quanto segue:
Mancata presenza”: l’abitudine di un’agenzia di viaggio, di un operatore turistico o del singolo viaggiatore di prenotare un volo o un altro tipo di servizio, senza poi curarsi di cancellare in tempo utile la prenotazione.

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Negli ultimi anni alberghi e compagnie aeree (soprattutto quest’ultime) hanno praticamente azzerato i rischi relativi a questa evenienza adottando la politica delle prenotazioni non rimborsabili. Non so quanti di voi hanno mai provato a chiedere un rimborso ad una compagnia aerea per un biglietto non utilizzato. Si tratta di pochi euro spesso relativi alle tasse aeroportuali. Ci sarebbe da dire, di contro, che quando un aereo viene, invece, ritardato o cancellato, la famosa “carta del viaggiatore” che dovrebbe tutelarlo viene sistematicamente disattesa senza che nessuno se ne curi o intervenga e qui si aprirebbe un altro capitolo molto interessante ma che non è oggetto di questo mio articolo.
Per quanto riguarda gli alberghi molto spesso si cerca di indurre all’atto della prenotazione la formula “non cancellabile” attraverso una riduzione o sconto molto forte sulla tariffa. Ma anche nel caso della tariffa “cancellabile” c’è sempre un limite di 24/48h dopo il quale la vostra carta di credito riceverà inesorabilmente l’addebito (anche se l’albergatore riuscirà a recuperare…). Esistono per tutelare il cliente le assicurazioni è bene dirlo ma molto spesso il gioco non vale la candela (se stai prenotando una vacanza da 2000 euro allora spendere 50 euro per un’assicurazione ha senso ma se stai prenotando per un week end da 300 euro in un albergo di una città d’arte forse un po’ meno). La pratica di applicare una “no show fee” ovvero una penale in caso di mancata presentazione si è diffusa ormai da alcuni anni anche nel mondo della ristorazione attraverso delle piattaforme dedicate.
Parliamo non esclusivamente, ma quasi, dei ristoranti stellati che potendo ovviamente contare su una clientela con maggiore disponibilità economica possono permettersi di chiedere all’atto della prenotazione un simile impegno. Di solito viene applicata una penale  prefissata per persona che parte solitamente dai 50 euro ma può arrivare a cifre ben più importanti dal momento che alcuni ristoranti applicano come penale il prezzo intero del loro menu degustazione di base che può superare tranquillamente i 100 euro a persona. Ed è proprio quello che mi è successo in occasione di una delle mie ultime trasferte quando avevo deciso di prenotare uno stellato per portare i miei ospiti. Contatto il ristoratore per chiedergli di evitare che mi fosse applicata la “no show fee” argomentando che arrivando da Napoli in treno se fosse successo qualcosa durante il viaggio della durata di circa 7 ore (può succedere o no?!) mi sarei ritrovato a pagare la bellezza di circa € 600 euro di penale.

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Mi aspettavo da parte del ristoratore un minimo di comprensione e se non dico proprio di evitarla ma di riconoscerci almeno una riduzione a una cifra più simbolica. O quanto meno una rassicurazione che di fronte ad un eventuale causa oggettiva di impedimento a presentarsi al ristorante ne avrebbe tenuto conto senza addebitare alcunché. Non avendo ricevuto alcun riscontro in tal senso ma semplicemente un secco no da parte del ristoratore mi sono permesso di fargli notare che c’ero rimasto piuttosto male e di non condividere una politica così rigida. A questo punto lo chef di origini piemontesi (“piemontese falso e cortese” i detti non sbagliano mai) ha tirato fuori il suo lato peggiore e razzista rispondendo che l’aveva capito fin “dalla mia prima mail”, alludendo alle mie origini napoletane, quali fossero le nostre intenzioni cioè di prenotare senza sentirci, poi, in obbligo di presentarci. Allora sia ben chiaro subito che l’abitudine, ahimè, ancora diffusa del non presentarsi senza avvisare ad un ristorante dopo aver prenotato è detestabile che il ristorante sia stellato o meno.
Alcuni ristoranti dispongono di un numero molto limitato di tavoli ed il mancato incasso di due, tre o più coperti può tradursi in un serata in perdita per il ristoratore e più serate in perdita possono mettere addirittura a rischio la sopravvivenza della stessa attività. Che l’applicazione di una penale per mancata presentazione sia il miglior deterrente per evitare spiacevoli sorprese non c’è dubbio, ma siamo sicuri che non esistano valide alternative? Ebbene, secondo una piattaforma dedicata proprio alla gestione delle prenotazioni di ristoranti, trattorie, pizzerie, pub e pasticcerie esisterebbero almeno 6 metodi per limitare e ridurre i “no show” da parte della clientela. Mi limito qui ad elencarli rimandando chi fosse interessato ad approfondire alla lettura dell’articolo completo(No show al ristorante: 6 metodi (testati) per disincentivarli – Plateform):
1) accompagnare il cliente nella fase pre-esperienza;
2) comunicare al cliente un tempo limite per presentarsi;
3) tenere traccia dei no-show;
4) creare una lista d’attesa;
5) proporre le serate speciali in prevendita.
La sesta prevede la richiesta di una carta di credito a garanzia ma solo ed esclusivamente per le giornate di maggior afflusso, per i gruppi o in occasione delle festività (ci può stare).
Io aggiungerei e non escluderei l’ipotesi di affidarsi a una formula assicurativa accessibile che possa, a questo punto tutelare entrambi, ristoratore e cliente, ma non essendo esperto del settore andrebbe un attimo indagata questa possibilità per valutare l’effettiva fattibilità. Non mancano poi casi virtuosi, come quelli registrati nel 2021 a Bristol e nel Galles del Sud, di vere e proprie campagne pubbliche di sensibilizzazione dei clienti nei confronti del “no show” per far capire quali e quanti disagi e costi possono comportare per il ristoratore.
Alla fine dei giochi io credo, però, che debba in ogni caso prevalere sempre e comunque il buon senso e qualunque sia la metodologia (o combinazione di) che si decida di mettere in campo, bisogni conservare un’elasticità e una flessibilità di comportamenti privilegiando, irrinunciabilmente, il rapporto diretto con il cliente finale attraverso un confronto leale e sincero. Non dimenticherò mai la sera che mi recai al “Laqua Countryside” dello Chef Cannavacciuolo nella sua Ticciano, locale che fa il tutto esaurito senza soluzione di continuità per tutto il suo periodo d’apertura, quando fummo avvisati stesso da un membro del suo staff che causa un’improvvisa pioggia torrenziale la strada per raggiungere il ristorante poteva essere diventata potenzialmente pericolosa e di non preoccuparci perché qualora avessimo deciso di rinunciare nulla ci sarebbe stato addebitato. Chapeau!
E voi lettori cosa ne pensate?

Fabio Cimmino

Fabio Cimmino

Napoletano, classe 1970, tutt'oggi residente a Napoli. Laureato in economia, da sempre collabora nell'azienda tessile di famiglia. Dal 2000 comincia a girovagare, senza sosta, per le cantine della sua Campania Felix. Diplomato sommelier ha iniziato una interminabile serie di degustazioni che lo hanno portato dapprima ad approfondire il panorama enologico nazionale quindi quello straniero. Ha partecipato alle più significative manifestazioni nazionali di settore iniziando, contemporaneamente, le sue prime collaborazioni su varie testate web. Ha esordito con alcuni reportage pubblicati da Winereport (Franco Ziliani). Ha curato la rubrica Visioni da Sud su Acquabuona.it e, ancora oggi, pubblica su LaVinium. Ha collaborato, per un periodo, al wineblog di Luciano Pignataro, con il quale ha preso parte per 2 anni alle degustazioni per la Guida ai Vini Buoni d'Italia del Touring. Nel frattempo è diventato giornalista pubblicista.

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