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Linguine al nero di seppia con gamberoni, pistacchio, limone e Roero Arneis

Si cucina sempre per passione, ma spesso non come si vorrebbe, a causa del lavoro da fare fuori e dentro casa, i figli da impegnare prima a scuola e poi nei compiti (ma che ti rimproverano pure quel poco tempo che puoi passare con loro), 100 kg di cani e un marito che si aspetta moglie, madre, casalinga, cuoca, tutto pronto…
Perciò per i giorni feriali non c’è niente di meglio di un piatto espresso, usando la pasta già pronta e tinta al nero di seppia che si può trovare in commercio in confezioni artigianali, in modo da velocizzare i tempi di preparazione e ottenere comunque l’approvazione degli affamati di turno. Il lusso di confezionare in casa la classica pasta lunga all’uovo lavorata piatta possiamo concedercelo magari durante le feste.
Questo è un primo piatto dal gusto raffinato e dalla preparazione semplice. Il nero di seppia è un pigmento dalle proprietà antibiotiche e ricostituenti del sistema immunitario che si trova nelle sacche interne delle seppie. Una volta si usava per condire le seppie, per non buttare via niente, ma poi si è scoperto che è molto saporito e aromatico, quindi oggi lo si può trovare non solo dal pescivendolo dentro le seppie fresche oppure nelle sacche acquistabili a parte, ma anche nei negozi alimentari più riforniti dov’è venduto in bustine o in barattoli sia liquido che in polvere. Attenzione alle date di scadenza.

Ingredienti per 4 persone:

• 400 g di linguine al nero di seppia confezionate
• 100 g di pistacchi
• 40 g di parmigiano
• 6/7 foglie di basilico
• 4/5 foglie di menta
• la scorza di mezzo limone
• 250 g di gamberoni
• 1/2 bicchiere di vino bianco secco
• 3 cucchiai di olio extravergine di oliva
• sale fino quanto basta
• pepe rosa macinato al momento a piacere

Lavate e asciugate bene le foglie di menta e di basilico. Sgusciate i pistacchi. Da un limone piccolo togliete a coltello la scorza e tagliatela sottilissima à la julienne. Dovete accantonare metà di questa scorza e qualche pistacchio sgusciato per decorare alla fine i piatti di servizio in tavola. Mettete il resto a tritare in un mixer con sale fino quanto basta e pepe rosa a piacere.
Sciacquate i gamberoni, toglietene le teste, sgusciatene il corpo e privatelo del filo nero delle interiora. Un consiglio: per eliminarlo si deve incurvare maggiormente il gambero su se stesso e, nella parte verso la testa, infilate uno stuzzicadenti sotto il filetto e poi tiratelo, ma facendo attenzione a non romperlo. Semplice e pratico!
Prendete una padella antiaderente larga e bassa, aggiungete 3 cucchiai d’olio extravergine di oliva e metteteci a cucinare per pochi minuti i gamberoni, versateci il vino bianco secco a sfumare, aggiungendo un po’ di sale e di pepe. Bastano pochi minuti.
Asportate quindi i gamberoni e adagiateli in un piatto, lasciando però il loro liquido di cottura nella padella, dove va versato il trito fatto con il mixer, che dovete mescolare e amalgamare con un cucchiaio di legno per farlo tostare e addensare un po’, quindi spegnete la fiamma.
In una pentola di abbondante acqua salata in ebollizione, mettete a cuocere le linguine, scolatele 1 minuto prima della cottura consigliata, ma conservate 4 o 5 cucchiai dell’acqua di cottura della pasta che va aggiunta al trito tostato e addensato nella padella antiaderente.
Riaccendete a fuoco lento la padella con il trito tostato, amalgamato e addensato, quindi aggiungeteci il parmigiano grattugiato al momento e amalgamate bene in modo da ottenere la consistenza di un pesto. Versateci le linguine scolate e i gamberoni, alzando la fiamma a fuoco molto vivo e spadellate il tutto per almeno un minuto, allo scopo di far evaporare l’acqua eventualmente in eccesso.
Servite le linguine nei piatti decorandoli con l’altra metà scorze di limone tagliate sottilissime à la julienne e i pistacchi sgusciati e accantonati e buon appetito!

Variante: linguine preparate in proprio per 4 persone

• 400 g di farina 00
• 4 uova
• 12 g di nero di seppia liquido in bustina

Fate un cratere di farina sulla spianatoia e versateci dentro le uova sgusciate e il nero di seppia. Con la forchetta sbattete delicatamente le uova e mescolatele al nero di seppia, poi prendete con la forchetta un poco di farina alla volta dai lati del cratere per mischiarla al liquido e quando questo sarà stato tutto assorbito iniziate a lavorare con le mani l’impasto per una decina di minuti fino a creare una massa compatta e liscia. Niente sale nell’impasto, perché il nero di seppia è già molto saporito.
Dividetela in panetti, minimo 6 massimo 8, avvolgeteli in una pellicola da cucina e lasciateli riposare per un‘ora al fresco, non in frigo. Passate un panetto alla volta nella macchina per ridurlo gradatamente a sfoglia fino allo spessore desiderato. Adagiate le sfoglie a riposare per un quarto d’ora, poi passatele nella trafila delle linguine e arrotolatele su se stesse, ma senza stringere, quindi con un coltellone tagliatele a rondelle ricavandone così delle striscioline della larghezza desiderata. Srotolatele e adagiatele su un canovaccio ad asciugare fino al momento di metterle a cuocere.

Claudia Vincastri


Il vino Roero Arneis 2017 Vietti
Conosco questo vino fin dalla gioventù, quando andavo a fare fotografie memorabili alle colline di Castiglione Falletto, appostandomi anche prima del sorgere del sole, e poi passavo dal Bar del Peso per una scorpacciata di pane appena sfornato con il prosciutto crudo e una serie di calici, appunto, bevendoci su l’Arneis dei Vietti. Questo vino non viene dalla vigna scoscesa dietro al castello, ma da una trentina di km più a nord, dall’altra parte del Tanaro, nel cuore del Roero, dove è stato fatto fin dall’annata 1967. Le bottiglie che io ricordo di aver acquistato erano bordolesi e con la capsula d’oro. Oggi è veduto in bottiglia albeisa e ha la capsula come la bandiera a scacchi dei Gran Premi di Formula 1. In effetti è nato come una Formula 1 dalla passione dell’enologo Alfredo Currado e di sua moglie Luciana Vietti per l’arneis.
L’arneis è un vitigno autoctono a lungo dimenticato da tanti, troppi produttori oppure tagliato con altri bianchi e che invece proprio nella loro cantina è stato fin da subito vinificato in purezza, ottenendo un successo sempre maggiore e invogliando altri produttori a farlo, tanto che oggi l’arneis è tornato a essere il vitigno a bacca bianca più importante del Roero. In questa cantina si trovano ancora diverse annate in vendita fin da quella del 2005. A differenza del Langhe Arneis, che è più leggero e rinfrescante, il Roero Arneis infatti è molto longevo anche per un corpo più pieno, un maggiore estratto secco e un tenore alcolico che non scherza affatto, quasi sempre intorno al 13,5% (se non oltre, come nell’annata 2015).
Alfredo e Luciana, dopo tanti anni di grande lavoro da pionieri fio a diventare un punto di riferimento dell’enologia albese, nel 2000 si sono ritirati dall’attività. Da quel momento l’intera proprietà aziendale è passata al figlio Luca Currado e a suo cognato Mario Cordero fino al 12 luglio 2018, quando nel capitale sociale è subentrata (si parla con circa 60 milioni di euro) anche la Krause Holdings, una grande società USA che con Kyle Krause (di madre italiana) nel 2015 aveva acquisito l’inventario e i vigneti del gruppo Campari e nel 2017 anche la cantina Enrico Serafino. Oltre ai 35 ettari di vigneti di proprietà della Vietti, la rinnovata azienda comprende altri 30 ettari acquisiti dalla Krause Holdings a Castiglione Falletto, Monforte d’Alba e Serralunga d’Alba, mentre si rinuncerà gradualmente ai 12 ettari fin qui affittati. Luca Currado è rimasto amministratore delegato e direttore tecnico mentre Mario Cordero continuerà a seguire la parte commerciale.
Oltre ai famosi Barolo di pregiati cru, il Roero Arneis rimarrà dunque il gioiello bianco delle vigne dei Vietti a Santo Stefano Roero, allevate a Guyot con densità tra 4.500 e 5.000 piante per ettaro su suoli calcarei argillosi. Dopo la diraspatura e una soffice pressatura, il mosto fiore viene vinificato a freddo in acciaio inox con temperatura controllata tra 10 e 12 °C per favorire una fermentazione molto lenta e ottenere un fruttato intenso e fresco. Nel bel mezzo della fermentazione le vasche d’acciaio inox vengono chiuse ermeticamente per far riassorbire al mosto una piccola quantità di anidride carbonica sviluppata naturalmente.
Il vino non fa la malolattica e permane sui lieviti in vasca fino a poco prima di essere filtrato e imbottigliato. Quello del 2017 mostra un bel colore paglierino dorato chiaro e brillante e mantiene freschi i suoi aromi floreali di caprifoglio, cedronella, fiori di campo (anche secchi) e quelli fruttati di agrumi, melone, pera, mela cotogna. Si avvertono belle note di sedano, timo e salvia essiccati. In bocca è rinfrescante, con un non so che di zenzero. Una bella acidità, ma cremosa, che apre a un finale setoso dai toni minerali e delicatamente mandorlati. Tenore alcolico 13,5%. È un vino di corpo asciutto, bilanciato, fine che consiglio con pietanze di pesce dai sapori forti, anche crudità ittiche (previo abbattimento), nonché con carni di vitello, maiale e pollame in salse semplici o con i tomini di capra insaporiti sott’olio.

Mario Crosta

Vietti
Piazza Vittorio Veneto 5, 12060 Castiglione Falletto (CN)
tel. 0173.62825, fax 0173.62941
sito www.vietti.com, e-mail info@vietti.com

Claudia Vincastri e Mario Crosta

CLAUDIA VINCASTRI - Conseguita la maturità artistica, il primo lavoro nel 1997 è stato nel mondo illuminotecnico, ma la vera passione è sempre l’enogastronomia. Nel 2007 ha trasformato questa passione in lavoro, acquistando una storica enoteca a Portogruaro (Ve). Si occupa della ricerca e dell’acquisto di vini, liquori e birre artigianali, visitando cantine, distillerie e partecipando a corsi per non smettere lo studio e la crescita professionale. Organizza serate ed eventi e collabora con sommelier e giornalisti. Donna Del Vino del Friuli Venezia Giulia dal 2016. MARIO CROSTA - Di formazione tecnica industriale è stato professionalmente impegnato fin dal 1980 nell’assicurazione della Qualità in diverse aziende del settore gomma-plastica in Italia e in alcuni cantieri di costruzione d’impianti nel settore energetico in Polonia, dove ha promosso la cultura del vino attraverso alcune riviste specialistiche polacche come Rynki Alkoholowe e alcuni portali specializzati come collegiumvini.pl, vinisfera.pl, winnica.golesz.pl, podkarpackiewinnice.pl e altri. Ha collaborato ad alcune riviste web enogastronomiche come enotime.it, winereport.com, acquabuona.it, nonché per alcuni blog. Un fico d'India dal caratteraccio spinoso e dal cuore dolce, ma enostrippato come pochi.

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