Mauro e Alessandro Contini
In Italia esistono da sempre aziende vitivinicole di riferimento quando si parla di una determinata categoria di vini. Dopo aver concluso la lunga carrellata di etichette proposta dall’Azienda Contini di Cabras (OR), attiva nella penisola del Sinis dal 1898, è tempo di onorare la tradizione mediante il vino che più di tutti la rappresenta: La Vernaccia di Oristano. Il nostro Paese, purtroppo, non è sempre in grado di sfruttare appieno i propri cavalli di razza, è un dato di fatto. In diversi stati d’Europa sorseggiare un vino ossidativo, in Spagna chiamato “Rancio” e in Francia “vin de voile”, va di moda all’ora dell’aperitivo o dopo cena; esempi quali: Sherry, Porto, Madeira, Vin Jaune… rappresentano la normalità all’interno delle carte vini dei ristoranti nonché locali. Il bel Paese invece no: continua a proporre, soprattutto all’ora dell’aperitivo, le solite quattro referenze piene di zucchero e coloranti; non voglio nemmeno citare i nomi.
La Vernaccia di Oristano non ha nulla da invidiare ai sopracitati vini iberici, francesi e portoghesi, né in termini di qualità né in termini di storia. Quella di Contini ad esempio risale al 1898, qui potrete trovare il mio racconto pubblicato qualche tempo fa ma occorre fare un ulteriore passo indietro. La viticoltura sarda risale davvero alla notte dei tempi. Basti pensare che nel sito nuragico di Sa Osa, in provincia di Oristano, sono stati ritrovati sul fondo di un pozzo ben 15.000 semi di vite conservati in maniera ottimale grazie ad una temperatura costantemente fredda. I vinaccioli sono stati analizzati da esperti del settore che, attraverso studi specifici, sono riusciti ad attribuire alla materia un’origine che risale a 3000 anni fa (1300 – 1100 a. C.), ovvero l’età del bronzo medio, epoca in cui la civiltà Nuragica ebbe il suo massimo splendore. Parliamo un po’ della Vernaccia di Oristano DOC, la prima istituita in Sardegna attorno al 1971. L’areale è piuttosto esteso, comprende diversi comuni in provincia di Oristano: Baratili S. Pietro, Cabras (frazione Solanas), Milis, Narbolia, Nurachi, Ollastra Simaxis, Oristano (con le frazioni Nuravinieddu, Massana, Donigala Fenugheddu, Silì, Santa Giusta, Palmas Arborea), Riola Sardo, S. Vero Milis, Siamaggiore, Simaxis (con la frazione S. Vero Congius), Solarussa, Tramatza, Zeddiani e Zerfaliu. Ci troviamo esattamente nel cuore della valle del Tirso, attraversata dal noto fiume che le dà il nome e il Rio Mannu Cispiri/Riu di Mare Foghe, indubbiamente meno conosciuto.
Prima e seconda fase del Flor
Le condizioni pedoclimatiche da queste parti sono favorevoli proprio grazie alla presenza di questi due affluenti, non solo, anche il terreno è adatto ad una produzione viticola di grande carattere. Troviamo i cosiddetti “Bennaxi” alluvionali costituiti da una matrice sabbiosa-limosa, oltre ai “Gregori”, assai più antichi, dov’è possibile riscontrare la presenza di ciottoli e tanta argilla. Prima di passare al mio punto di vista sulle due tipologie di Vernaccia di Oristano proposte dalla Cantina Contini, occorre far luce sul complesso ed affascinante metodo di produzione relativo ai vini ossidativi e ai lieviti flor. Già perché il vino sopracitato, nella versione classica e tradizionale, appartiene a questa categoria. Un pregiato nettare che veniva offerto ai viandanti in segno di cortesia, una stupenda metafora di quella che è la classica accoglienza sarda lontana anni luce da mille fasti e riflettori puntati sulla pur bellissima Costa Smeralda. Un vino della festa e al contempo di tutti i giorni; semmai la scelta in cantina, riguardo la tipologia/annata, diviene fondamentale a seconda della circostanza e degli ospiti. Diciamo pure che la prima differenza sostanziale rispetto a una vinificazione ordinaria, è che se nel primo caso tutto ha inizio con la fermentazione alcolica, nei vini ossidativi ciò accade successivamente grazie ai cosiddetti lieviti “flor” della specie Saccharomyces cerevisiae. Questi ultimi hanno una forza dirompente, tanto da riuscire a raggiungere la parte superficiale della massa del vino contenuto all’interno della botte scolma. Così facendo riescono a formare il classico velo Flor, ovvero una sorta di “copertina cremosa” che, in due fasi specifiche, ricopre quasi interamente la circonferenza del contenitore. Questa particolare condizione sarà la vera responsabile della complessità e varietà di profumi, nonché sapori, contenuti all’interno di un bicchiere di Vernaccia di Oristano. Occorre segnalare che al contrario dei vini non ossidativi, gli stessi che quasi sempre vengono vinificati ed affinati in locali termo condizionati con controllo di temperatura e umidità, i vini ossidativi riposano all’interno di cantine che subiscono, a seconda della stagione, sbalzi di temperatura che vanno dai 4° ai 40°; è altresì importante una corretta areazione attraverso l’utilizzo di finestre molto alte e di grandi dimensioni. Queste condizioni risultano necessarie per favorire tutto il processo sopraelencato.
Vernaccia di Oristano Flor 2018 La Vernaccia di Oristano Flor rappresenta il biglietto da visita, della Cantina Contini di Cabras (OR), riguardo questa particolare categoria di vino; proprio per questo a mio avviso è impossibile sbagliare. Per forza di cose è l’etichetta che “gira” di più per le tavole di tutta la Sardegna, in Italia e all’estero. Uve vernaccia in purezza allevate nella Bassa Valle del Tirso – Sinis, su terreni alluvionali sabbiosi e in parte argillosi; resa per ettaro 40-50 quintali. Le vigne più vecchie vengono allevate ad albarello, tutte le altre a spalliera (guyot e cordone speronato). Affinamento di quattro anni in caratelli di castagno e rovere tenuti scolmi per favorire il caratteristico velo di flor. L’ossigenazione è più che mai fondamentale in questi casi: versato all’interno di un ampio calice, il vino assume tonalità oro intenso con riflessi ambra; si muove lentamente disegnando sulle pareti del bicchiere archetti fitti e regolari. Naso intrigante, è l’aggettivo che più si addice a questo vino che sin dal principio squaderna profumi di frutta secca leggermente tostata: mandorla, anacardi ma anche burro di arachidi, melassa e scorza di arancia disidratata. Col trascorrere dei minuti rimandi floreali di mimosa appassita e un accento di smalto, zafferano e sabbia umida. Grande complessità. In bocca la morbidezza lo caratterizza enormemente, presto bilanciata da una sapidità che è il marchio di fabbrica dei vini Contini e da una freschezza che, a cinque anni dalla vendemmia, non latita assolutamente, anzi. Abbinato ad un piatto di linguine con arselle e bottarga è un abbinamento territoriale più che dovuto: a Cabras (OR), sede della Cantina, viene prodotta la bottarga di muggine a mio avviso più buona al mondo.
Vernaccia di Oristano Riserva 1995 Di fronte a vini con oltre venticinque anni d’età ho imparato, col tempo, ad “azzerare la mente” allo scopo di poter vivere appieno un’esperienza che a prescindere dalla qualità del vino può considerarsi unica. Certo è molto più facile quando l’etichetta appartiene ad un’Azienda solida sia in termini di costanza qualitativa, sia di tradizione nei confronti del territorio. Davanti a questa Vernaccia di Oristano Riserva 1995 non posso che abbassare il volume della musica, la stessa che spesso accompagna le mie degustazioni, per concentrarmi meglio su tutto ciò che il vino, dopo 28 anni dalla vendemmia, desidera trasmettere; attraverso le tante sfumature e soprattutto grazie all’evoluzione all’interno del calice. In termini di provenienza delle uve, vinificazione, matrice del terreno… non cambia nulla rispetto al vino precedente salvo la resa per ettaro, in questo caso di 30-40 quintali. Ciò che cambia è la durata dell’affinamento che da 5 passa ad almeno 20 anni. Il colore questa volta è un’ambra pieno, avvolgente e luminoso; estratto da vendere. Al naso richiama dolci sentori di croccante alle mandorle, composta di fichi e datteri disidratati, un accenno di smalto e tutto il boisé della legna arsa dal fuoco in un crescendo di complessità che vira su spezie dolci e sensazioni ancor più che salmastre. Parte dei profumi che ricordo circa il bagnasciuga della stupenda e sconfinata spiaggia di San Giovanni di Sinis (OR). Il vino in bocca è ricco di materia, caldo e più che armonioso, l’alcol non disturba affatto nonostante i 17% Vol. Ciò che stupisce è ancora il velo di freschezza che deterge un’ondata di sapidità a tratti travolgente. Accompagna egregiamente tutta la pasticceria secca sarda: pabassina, pardule, amaretti, gattò di mandorle, acciuleddi, tiricche e gueffus.
Andrea Li Calzi
È nato a Novara, sin da giovanissimo è stato preso da mille passioni, ma la cucina è quella che lo ha man mano coinvolto maggiormente, fino a quando ha sentito che il vino non poteva essere escluso o marginale. Così ha prima frequentato i corsi AIS, diplomandosi, poi un master sullo Champagne e, finalmente, nel giugno del 2014 ha dato vita con la sua compagna Danila al blog "Fresco e Sapido". Da giugno 2017 è entrato a far parte del team di Lavinium.
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Sociologo e giornalista enogastronomico, è direttore responsabile di laVINIum - rivista di vino e cultura online e collabora con diverse testate (...)
Di formazione tecnica industriale è stato professionalmente impegnato fin dal 1980 nell’assicurazione della Qualità in diverse aziende del setto (...)
Laureato in Filosofia e giornalista professionista, lavora al Mattino dove da anni cura una rubrica sul vino seguendo dal 1994 il grande rilanci (...)
Esordi giornalistici nel lontano 1984 nel mondo sportivo sul giornale locale Corriere di Chieri. La passione per l’enogastronomia prende forma a (...)
Maestro Assaggiatore e Docente O.N.A.V., Delegato per la provincia di Lecco; svolge numerose attività come Docente presso Slow Food, Scuola de L (...)
Sommelier e master sul servizio vino e relazione col commensale, ha tenuto alcuni corsi in area territoriale del Pavese di approccio/divulgazion (...)
È Sommelier e Degustatrice ufficiale A.I.S. rispettivamente dal 2003 e dal 2004; ha sviluppato nel suo lavoro di dottorato in Industrial Design, (...)
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