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LA GLOTTIDEMangio Ergo SumRi-Fiuto

La dispensa

Vogliamoci bene. Anzi vogliamoci più bene! E quindi riprendiamo le nostre ricette, cuciniamo per noi e per gli altri con uno spirito sano e bello, nuovo o vecchio che sia. Ne guadagna il piacere della tavola e molto probabilmente anche quel segmento consapevole e responsabile dell’agricoltura che merita di essere tutelato e difeso. Mi hanno preceduto un sacco di persone, ma io lo voglio sottolineare ancora: la vitale ricchezza gastronomica dell’Italia non va dispersa e oscurata dall’appiattimento e dall’omologazione. E ricordiamoci, ancora una volta, che la varietà, la differenza e la specificità territoriale non hanno mai prodotto mondi chiusi.
Ho voglia allora di raccontarvi alcune ricette, a cui sono molto legato per altrettanti motivi e che collegherei, per l’appunto, ad un concetto di “dispensa”, ossia quello spazio della casa dove vengono (o dovrebbero) essere conservate con zelo le provviste dei cibi. In più, in un certo qual modo, rimettono in gioco le prime quattro uscite de La Glottide, dove sempre, i pensieri della gola si fondono, e ripeto, sempre, a quelli della mente.
Partiamo dal Risotto al Gorgonzola, facendo così, si spera, un doveroso omaggio al più grande degli erborinati italiani. Tra i tanti anonimi “risotti ai quattro formaggi” che – come le omologhe pizze – ­livellano al basso i menù dei troppi ristoranti italiani, ecco un risotto “al” formaggio: una nobilissima forma del latte, prodotta da un millennio abbondante tra le Prealpi e la pianura padana. La denominazione non è piemontese, ma lombarda, da Gorgonzola, città alla periferia est di Milano: maggior produttrice tuttavia è storicamente la provincia di Novara, dove ha sede in effetti il consorzio di tutela. Di questo formaggio qualcuno utilizza per il piatto due diversi tipologie, il gorgonzola a fermentazione naturale (il più pregevole e raro) e quello morbido (detto nel dialetto locale chega) maggiormente conforme al gusto contemporaneo, ma anche però meno tipico.
Soffriggete nella metà del burro la cipolla tagliata sottile sottile; all’imbiondire aggiungete il riso. Doratelo, bagnate con Il vino Greco novarese, lasciate evaporare e cominciate ad aggiungere il brodo in piccole quantità, mescolando con un cucchiaio di legno. A circa tre quarti della cottura aggiungete i gorgonzola, fate asciugare a fuoco lento e mantecate con altro burro.

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▣ Riso:

Gorgonzola

▣ Gorgonzola:

Proseguiamo con la Pappa al pomodoro, piatto del cuore in molte parti della Toscana, è semplicemente pane cotto con olio extra vergine di oliva, aglio e profumato di basilico (estate), salvia (inverno) con il pomodoro a fare da base irrinunciabile. Divenuta piatto simbolo della cucina regionale, la pappa al pomodoro è oggi proposta praticamente tutto l’anno, anche quando non è stagioni di pomodori. Il pane è tassativamente quello toscano, “sciocco”, che vuol dire senza sale, del tipo bianco. Si può fare più o meno saporita di cipolla o peperoncino ma. Alcuni aggiunge gli spicchi verso fine cottura, prima che la zuppa faccia i cosiddetti “sette veli”.
Con gli spicchi d’aglio, il basilico o la salvia e tutte le verdure di cui disponete, preparate un brodo vegetale; nel frattempo tagliate a dadini il pane toscano. In un tegame largo versate l’evo e soffriggete la cipolla affettata finemente, aggiungendo sale e un pizzico di peperoncino. Quando la cipolla è ben rosolata, unite i pomodori schiacciandoli con le mani (se preferite potete sbucciarli e passarli) e lasciate cuocere fino a quando la salsa diventa un po’ densa e il pomodoro cambia colore. A questo punto aggiungete il pane, metà del brodo, gli spicchi d’aglio e il basilico (o la salvia), mentre tutte le altre verdure andranno tolte. Rimestate bene in modo che il pane si rompa e si gonfi. Versate il restante brodo e livellate la superficie, che deve risultare uniforme e ricoperta dal liquido. Lasciate cuocere senza rimestare. Ora la pappa deve fare i “sette veli”: quando si forma un leggero velo, rompetelo, rigirandola, e così per sette volte. A fine cottura aggiungete un filo di olio extravergine crudo e portate in tavola.
Certo d’estate è nettamente meglio che in inverno, ma tant’è, con degli ottimi pelati e un’altrettanto deliziosa salvia, si può ovviare alla mancanza dell’unicità del pomodoro estivo.

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▣ Olio Extra Vergine di Oliva:

▣ Pelati:

Continuiamo con la Mostarda di frutta alla cremonese, notissima specialità di una delle capitali del torrone la quale è possibile preparare tranquillamente in casa, ideale per l’accompagnamento del bollito.
Mettete i pezzi di frutta (albicocche, pere, mele, mandarini, a seconda della stagione…) in un recipiente con lo zucchero e lasciateli per un giorno. Scolateli, fate bollire per circa mezz’ora il liquido di infusione e versatelo bollente sulla frutta. Coprite con un telo di lino e lasciate riposare per altre 24 ore. Ripetete il procedimento tre volte. L’ultimo giorno si aggiungono le ciliegie precedentemente caramellate. La caramellatura varia a seconda delle abitudini familiari. Quando il composto di acqua e zucchero (lo sciroppo) è freddo si aggiunge l’estratto di senape (acquistatelo in farmacia), in quantità variabile a seconda del grado di piccantezza che volete ottenere. Chiudete la mostarda in vasi ermetici e conservatela in luogo fresco e asciutto.

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  • Nessuno, Provate a farla!

frutta caramellata

Terminiamo così il nostro viaggio gastronomico nel “cacio e pepe”, ricetta tanto semplice come ingredienti quanto complicata sul da farsi. Forse la più complicata in assoluto per quanto riguarda i primi a base di pasta secca.
Il cacio e pepe è il tipico condimento romano, noto però anche fuori dalla capitale, che alle origini non prevedeva l’uso dell’olio, ma che, sin dalle origini, vede assolutamente come formato di pasta i tonnarelli oppure gli spaghettoni.
Mettete sul fuoco una pentola di acqua non salata, dove lesserete molto al dente i tonnarelli o gli spaghettoni. Nel frattempo, in una padella scaldate nell’olio l’aglio in camicia (non spellato), aggiungendo una macinata di pepe. Versate la pasta con un mestolo dell’acqua di cottura. A fuoco vivace, fate asciugare totalmente l’acqua. Spegnete il fuoco, aggiungete otto pugni (se siete in quattro persone) di pecorino grattugiato e girate velocemente fino a ottenere una crema. Riaccendete il fuoco per qualche secondo e servite la pasta con una spolverata supplementare di pecorino e pepe.

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▣ Spaghettoni:

pecorino romano

▣ Pecorino Romano:

Lele Gobbi

Lele Gobbi

Torinese, sognatore, osservatore, escursionista, scrittore. Laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l'Università di Torino e Master in “Non profit” presso la SDA Bocconi di Milano. Per otto anni si è impegnato in progetti con l'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, occupandosi di raccolta fondi, marketing, comunicazione, relazioni esterne, degustazioni e soprattutto di organizzazione di viaggi educativi in Italia e nel mondo. Scrive per Spirito diVino, James Magazine, La Cucina Italiana, Viaggiare con Gusto, Senza Filtro. È consulente per agenzie di marketing e comunicazione. Ha viaggiato in tutti i continenti alla ricerca dei cibi più vari, dei mercati più pittoreschi e dei popoli più antichi. Ama lo sport (sci e basket), la montagna (le Alpi) e l'arte contemporanea.

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