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Il Brunello di Montalcino 2015 di Daniela Burroni

Azienda agricola Ferro

Quando abitavo a Montalcino ed ero impegnato al Museo della Comunità di Montalcino e del Brunello su a Podernovi, nella tenuta della Fattoria dei Barbi, scendevo spesso a pranzo da Lucia Megalli e Lorenzo Minocci, i famosi LM2 del Road Café sulla rotonda sotto il grande pino, specialmente quando sapevo di trovarci Gianni Megalli che mi faceva l’onore di sedersi allo stesso tavolo per farmi compagnia e poi di salire in macchina con me per andare a giocare a carte con gli altri pensionati su al circolo dell’ARCI.
Gianni è un uomo indimenticabile che ha rifornito di frutta e verdura tutta Montalcino fin dagli anni più duri, quelli della miseria nera che aveva spopolato il borgo antico e le campagne, continuando in quelli della rinascita grazie all’economia del Brunello finché gli è venuta a mancare la moglie che ha continuato ad amare e a piangere per sempre, inconsolabile, eppure con una parola buona per tutti gli altri che lo hanno circondato di riconoscenza e ricambiato affetto. Vi confesso che ho imparato da lui che Montalcino non è quello che credono tanti, quelli che lo ritengono un Eldorado piena di tesori con tanti personaggi famosi e sempre sotto le luci della ribalta, ma è un posto di lavoro che si è fatto largo con tanto, ma tanto, olio di gomito. Basta andare giù al distributore alle 6 e 30 del mattino e osservare attentamente chi viene a rifornirsi di carburante, a prendersi un caffè e un buon panino anche da paesi lontani prima di andare a faticare in campagna. Un rinomato centro di simpatia per aprire bene la giornata.

Da sinistra: Gianni, Mario, Melissa, Francesca e Sandro nel febbraio 2018 per il commiato dal Road Café
Da sinistra: Gianni, Melissa, Mario, Francesca e Sandro nel febbraio 2018 per il commiato dal Road Café

Non vi ho mai visto scarpe di lusso con le suole di cuoio, anche se forse ne sarà capitata qualcuna quando ormai però eravamo già tutti a lavorare. Ho sempre avuto il piacere di appoggiarmi allo stesso bancone con lavoratori di ogni genere già in tuta da lavoro, di tutte le lingue, di tutte le provenienze. Un luogo che ti mette di buon umore prima di accingerti al dovere quotidiano è impagabile. Quel Road Café mi è rimasto così profondamente nel cuore che dal 2017 sono sempre lì col pensiero, ne ricavo forza per vivere, posso saltare in macchina quando proprio non ce la faccio più e in 15 ore ci arrivo e sono sempre accolto da una gran festa, rimandata purtroppo dal marzo 2020 a chissà quando a causa di quest’ultima pandemia.
A pranzo il posto c’era e c’è sempre, ma soprattutto ci sono i quotidiani ormai già letti da tutti quanti durante la mattinata e una volta mi ero accorto che proprio a quell’ora, puntuale come un orologio svizzero, ne faceva incetta, leggendoli attentamente, pagina per pagina, una signorina che indossava sempre il vestito più bello del mondo: la tuta da lavoro con gli scarponi da campagna. Aveva il suo posto fisso, in piedi, vicino alla porta per i bagni, dove poteva stare tranquilla a immergersi nella lettura. Discreta, non occupava i tavoli degli altri avventori che dovevano pranzare velocemente per tornare al lavoro fino al tramonto (ma mio nonno direbbe: «finché il diavolo è stufo»).

Famiglia Ferro

Gianni voleva un gran bene a quella signorina, figlia di Sergio, una ragazza che viveva ancora con il suo amato nonnino Carlo, un uomo vigoroso sempre in vigna a faticare anche a 93 anni suonati, e quando mio figlio era venuto in aereo a trovarmi dalla Polonia il nostro pranzetto dell’accoglienza era stato onorato proprio da un suo vino, un Brunello di Montalcino del 2012 appunto dell’Azienda Agricola Ferro che adesso è di Daniela Burroni. Era luglio, pensate, con 41 gradi all’ombra (ve la ricordate tutti, eh, quell’annata tropicale del 2017?) e noi pranzavamo con un panino al lampredotto cucinato dal futuro marito di Melissa Zotto, oggi titolare della trattoria La Porticina sull’angolo in basso di Piazza del Campo a Siena, insieme con Giulio Menocci, oggi del Gustibus itinerante.
Pazzi? No. Dovete soltanto venire a gustarvelo quel lampredotto anche d’estate, nel posto di ristoro sotto le piante di San Lazzaro sulla Traversa dei Monti in direzione della Maremma, poi vediamo chi è che impazzisce davvero! Ma parliamo di quel vino. A mio figlio di solito il Brunello piace meno del Nobile di Montepulciano, questione di gusti, insindacabile. Cosa puoi dire a uno spilungone di 23 anni? Ebbene, quel Brunello se l’è scolato fino alla fine della bottiglia con mio grande piacere, perciò me lo sono annotato nella lista delle settecento etichette migliori sulle trentamila che ho conosciuto, stappato e valutato fin dal 1968. Non aveva avuto da me cinque chiocciole su cinque, pur essendo di un’annata eccellente, ma solo perché era ancora troppo giovane ed era appena uscito sul mercato.

Vigneti azienda agricola Ferro

Ma mi ero però incuriosito, dato che non l’avevo mai trovato fra i consigliati dalle cosiddette guide e su al Museo mi ero messo alla ricerca grazie alla cartografia dell’antico catasto leopoldino promulgato nel 1765, così avevo scoperto che quel podere era già accatastato e coltivato almeno 250 anni fa e a quel tempo produceva già olio e vino. Si tratta dunque di un cru, così alla prima occasione lo scrissi alla proprietaria di quell’azienda a conduzione famigliare che era stata fondata da suo nonno Carlo nel 1983 con una superficie di 4 ettari sul fianco più scosceso di quella discesa dall’Osservanza (dove “il vino è oro”, secondo il sindaco emerito Ilio Raffaelli che con i suoi 95 anni mi onora ancora di saggi consigli) della Traversa dei Monti per Torrenieri, tutti iscritti nel registro delle uve di sangiovese atto a divenire DOCG o DOC per circa 7.000 bottiglie l’anno di Brunello di Montalcino e altre 6.000 circa di Rosso di Montalcino.
Il terreno vitato si allunga su un declivio che scende verso il fosso Rigo fino quasi alla confluenza con il fosso Buio ed è esposto al sole a sud/sudovest con orientamento dei filari da nordovest a sudest, dove il lavoro da fare è molto impegnativo e inesorabilmente manuale con l’ausilio eventualmente del cingolato.
È vero che questo posto è una meraviglia, protetto dai venti infuocati di scirocco dal massiccio dei Poggiarelli e arieggiato dal bosco che scende dal Greppone, ma non sono tutte rose e fiori. Il 16 giugno 2020 un nubifragio incontenibile per mezz’ora ha allagato la parte bassa della vigna a causa di un ponte intasato dai detriti trascinati a valle dal violento acquazzone che ha determinato un’esondazione spaventosa. Tutti i vicini e gli amici di Daniela hanno ricevuto in diretta una richiesta d’aiuto da parte sua perché si era disperata a vedere le viti con mezzo metro di acqua che veniva giù a rotta di collo e aveva ormai gridato: “vai, addio la vigna“! C’è stato un immediato passaparola e l’hanno aiutata subito Patrizia Cencioni e Marco Ciacci.

azienda agricola Ferro

Con un escavatore prestato all’occorrenza si è rabberciato l’argine e quando l’acqua si è ritirata Daniela era andata a vedere da vicino in che condizioni erano le viti e le aveva trovate malconce, però ancora radicate e con un po’ di fortuna dovrebbero ributtare quest’anno, ma non sono tantissime quelle malconce, una quindicina in tutta la vigna. Inoltre, l’argine del fosso Rigo è stato ripristinato con tutti i crismi. Speriamo bene. A Carema ci sono abituati tutti gli anni a riportare ai ceppi la terra slavata dalle precipitazioni lungo quel loro ripido costone, quindi resistere si può. La pandemia ha portato delle tragiche sorprese, è vero, però ha prodotto anche una solidarietà inaspettata in tutti i sensi, come quella dimostrata in campo a Daniela, nonché una gran voglia di stare in contatto anche da lontano, di farsi coraggio, di scambiarsi dei messaggi e non solo sul cellulare. E così quando Lucia Megalli e Lorenzo Menocci mi hanno mandato un pacco con l’olio extravergine di oliva, i saporelli e il loro vino da tavola che si consuma al Road Café per non farmi soffrire la lontananza, dentro lo scatolone mi sono trovato anche una bottiglia di Brunello di Montalcino 2015 di Daniela Burroni.
Quello del 2012, come ho accennato, era piaciuto più a mio figlio che a me, devo dire la verità. Forse qualche botte da 20 e 25 ettolitri fornite a suo tempo all’azienda dai F.lli Romualdi necessitava già di una rinnovata asciatura, cioè del rinnovo delle pareti interne. Si tratta di un’arte antica ormai esercitata da maestri sempre più rari, di solito soltanto per asportare i tartrati che impediscono il passaggio di ossigeno a causa dei loro composti con il legno, ma in certi altri casi, più disperati, per eliminare la muffa insediata in una vecchia botte, oppure per debellare il terrore di ogni cantiniere, il brettanomyces, e ridurre al minimo la solforosa aggiunta.
L’asciatura andrebbe fatta regolarmente, come insegna Garbellotto, dopo i primi 15 anni di uso della botte e poi periodicamente ogni 10 anni, perciò si lascia apposta una piccola portella per l’ingresso del maestro (che dev’essere proprio smilzo…), ma in zona Barolo e Barbaresco c’è chi si vanta di non farla mai. E siamo così a parlare della solita controversia sui gusti personali. Ci sono bevitori che prediligono vini più puliti e cristallini e altri che prediligono vini più profondi e cupi. È il produttore che deve scegliere che gusti soddisfare maggiormente e non è mai facile. Ringrazio la sensibilità di Daniela che mi ha dato l’occasione di parlarne e sono lieto di scrivere che l’anno scorso ha provveduto all’asciatura proprio grazie alla sempre disponibile Garbellotto, dei veri signori. Chi vivrà vedrà.

azienda agricola Ferro

Intanto parliamo di questo 2015 che è ancora sullo stesso stile del 2012, con una differenza d’annata però già evidente. È il frutto di una stagione particolarmente favorevole, iniziata con un inverno scarsamente piovoso e proseguita con temperature sostanzialmente nella media e con piogge contenute che hanno portato le viti in ottimo equilibrio vegetativo fino all’estate, senza l’insorgere di criticità dal punto di vista fitosanitario. A luglio, l’innalzamento della temperatura al di sopra della media ha anticipato l’invaiatura, ma la situazione si è ristabilita con le piogge di fine mese, per poi passare a un agosto caratterizzato da un’ottima escursione termica tra notte e giorno che ha avuto un’importante influenza sulle bucce, concentrando gli aromi e l’estratto secco.
Settembre e ottobre, infine, hanno portato precipitazioni contenute e una buona ventilazione che hanno favorito le ultime fasi di maturazione dei grappoli fino alla vendemmia. Notevole fin da subito l’acidità naturale nelle uve raccolte, superiore alla media anche per un’annata caratterizzata da alte temperature estive, un primo evidente segnale dell’elevato livello qualitativo di questo Brunello di Montalcino 2015, insieme alla complessità di aromi e all’eleganza dei tannini che erano già evidenti negli acini. Se l’annata 2015 si era aggiudicata perciò 5 stelle su 5 dagli esperti del consorzio per l’ottimo andamento stagionale, a distanza di 6 anni anche chi lo beve avverte una bella evoluzione nel calice e penso che questo Brunello sarà in grado di stupire sempre di più nel corso del tempo, più che in questo momento. Ha una struttura tannica morbida e in equilibrio con la freschezza, arricchita dagli aromi caratteristici di piccoli frutti di bosco maturi, dalla corniola alla ciliegia nera fino al sambuco nero e sia all’olfatto che al gusto, ma è così giovane che risente ancora un po’ dell’atmosfera di riduzione e affinandosi in vetro più a lungo, guadagnerà senz’altro dei grandi risultati già da un paio di lustri in più, per sfidare anche i decenni. Il suo tappo è perfetto, l’ideale per questa sfida al tempo. Sopravvivrà alla grande fino al 2035, massimo 2040, poi suggerirei di riportare la bottiglia in cantina e cambiarlo, se qualcuno ha voglia di attendere così tanto. Io non ci riesco più. Ho quasi 69 anni e non mi lascio più sfuggire i treni che passano.

Mario Crosta

Azienda Agricola Ferro
località Capanna 101 (S.P. 14), 53024 Montalcino (SI)
Coordinate GPS: lat. 43.049120 N, long. 11.511290 E
tel. 0577.848372
profilo in Facebook, e-mail danielaburroni1983@gmail.com

Mario Crosta

Di formazione tecnica industriale è stato professionalmente impegnato fin dal 1980 nell’assicurazione della Qualità in diverse aziende del settore gomma-plastica in Italia e in alcuni cantieri di costruzione d’impianti nel settore energetico in Polonia, dove ha promosso la cultura del vino attraverso alcune riviste specialistiche polacche come Rynki Alkoholowe e alcuni portali specializzati come collegiumvini.pl, vinisfera.pl, winnica.golesz.pl, podkarpackiewinnice.pl e altri. Ha collaborato ad alcune riviste web enogastronomiche come enotime.it, winereport.com, acquabuona.it, nonché per alcuni blog. Un fico d'India dal caratteraccio spinoso e dal cuore dolce, ma enostrippato come pochi.

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