La Calabria è sicuramente terra da scoprire per gli appassionati di vino. Se la zona del Cirò è ormai consolidata fra gli operatori e gli appassionati, sono innumerevoli le zone di produzione, le uve, le aziende, che attendono di salire ad una ribalta che sono sicuro ci sarà perché sono davvero tante le sorprese, e tutte a favore del consumatore che si trovano in questa regione che è prima in Italia per numero di vitigni autoctoni. Del resto il motivo è facilmente intuibile, la punta dello Stivale è stato sempre un pontile di approdo da Oriente e da Sud del Mediterraneo per chi volesse proseguire la sua corsa alla ricerca di nuove terre. Ancora oggi è tragicamente cosi. Il fascino dei 400 chilometri di Costa Ionica è in questa distesa di mare da cui sembra che debba sempre arrivare qualcuno. Al Vinitaly mi è così capitato di condurre con Giovanna Pizzi una degustazione della punta dello Stivale, ossia quel tratto di costa che porta dal Tirreno allo Jonio passando per Reggio Calabria la cui provincia è piantonata dall’Aspromonte. Come vede, sono numerose le igt e due le doc che poggiano alle falde del sistema collinare, di fronte c’è l’Etna con le sue storie dantesche che sbuffa, venti di mare e di terra ed una agricoltura ancestrale di cui si parla veramente poco in sede nazionale. Condizioni pedoclimatiche che in un paese normale renderebbero straordinario questo territorio che invece appare ordinario come il Colosseo ai romani. Sei etichette non bastano per conoscere tutto, ma possono dare rapide indicazioni, essere un primo assaggio, diciamo un invito ad approfondire, a fermarsi. A bere dalle coppe i vini inebrianti che racconta o secoli di travagli, emigrazioni, fortune e sfortune. Una degustazione che segue solo criteri geografici.
Tramontana 5 Generazioni Calabria IGT 2023 L’azienda e la tenuta risalgono alla fine dell’800. In degustazione uno dei bianchi tipici della Calabria, il Greco. Siamo tra Villa San Giovanni e Reggio. Mancano ancora studi scientifici su questi vitigno per stabilire se si tratta di uve diverse con lo stesso nome (come nel caso della Falanghina) o se invece parliamo sempre della stessa cosa. Questo, lavorato in acciaio, è ben lontano dalla rusticità del Greco di Tufo, si presenta più equilibrato e con toni agrumati e aromi di fermentazione. Del resto si tratta di un campione da vasca. Ha sicuramente buon corpo e un buon equilibrio inizierà a trovarlo dopo aver scapolato almeno l’estate.
Criserà Arghillà IGT 2022
Anche Criserà, come Tramontana, conta almeno cinque generazioni , fondata più o meno nello stesso periodo alla fine dell’800. Un segnale che ci troviamo in una zona non inventata di recente, ma con una lunga storia. Del resto le due cantine sono distanti appena una decina di chilometri l’una dall’altra. Una storia di tradizione visto che la igt, nata nel 1995, comprende numerose varietà di rosse e di bianco, davvero un punto di passaggio fra Scilla e Cariddi. Le uve sono Calabrese Nero e Nerello Cappuccio, secondo me la vera arma segreta della Calabria dopo aver fatto alcuni assaggi di rossi moderni e buonissimi. Anche questo sa di Etna per la finezza, l’eleganza e al tempo stesso la forza poderosa, la vivacità della beva. I tannini sono setosi, la freschezza è incredibile, si tratta di un vero e proprio rosso contemporaneo in cui la prima lezione positiva viene dalla bevibilità, da una semplicità di approccio che però non scade nella banalità.
Malaspina Consolato Pellaro Rosso IGT 2021 Il terzo vino ci porta in un’altra azienda storica, circa una quarantina di chilometri in direzione Sud, ormai sullo Jonio aperto, a Melito di Porto Salvo. Fondata nel 1967, oggi è gestita dalle quattro figlie di Consolato. La Igt Pellaro ha le stesse caratteristiche dell’Arghillà, ma è in una fascia di terreno precisa e il nome associato ad una indiscussa vocazione circoscritta ad alcune zone del comune di Reggio Calabria e del comune di Motta San Giovanni. Le uve del disciplinari sono simili, in questo caso abbiamo, Nerello Cappuccio al 60% e Nocera, altro vitigno molto diffuso in questa parte della Calabria. Il protocollo di vinificazione prevede anche un passaggio in barrique per circa otto mesi. Il vino si presenta dunque appena più complesso al naso con sentori di carriba e note balsamiche, mantiene la freschezza e la bevibilità grazie a tannini ben risolto. La fusione fra il frutto e il legno è perfetta.
Tenuta Regina di Sant’Angelo Don Saso 2021 Palizzi Rosso IGT Da Melito di Porto Salvo a Palizzi, dove c’è la tenuta principale di questa azienda a quasi 400 metri di altezza, corro altri trenta chilometri, di fatto inizia la risalita lungo lo Jonio in direzione di Catanzaro. L’azienda della famiglia Idone, aderente alla Fivi, si divide fra questo terreno, gli uliveti e un altro appezzamento a Villa San Giovanni. Il Don Saso è una magnifica sorpresa: prodotto esclusivamente da Nerello Mascalese in purezza, affina in acciaio e in bottiglia prima di essere messo in commercio. Una scelta molto chiara, perché il Palizzi igt, nato nel 1995 come Arghillò e Pellaro, consente l’uso di molte uve a bacca nera e bianca. In questo caso misuriamo quello che ho anticipato nella premessa, vini di grandissima beva, elegante, sorprendenti per la tenuta olfattiva e gustativa, lunghi nella chiusura, in questo caso godiamo di frutta croccante e straordinaria personalità.
Feudo Gagliardi Biancamusa 2022 Locride Bianco IGT Da Palizzi alla sede di Feudo Gagliardi a Caulonia corrono altri 90 chilometri. Sulla destra il mare, sulla sinistra le colline piene di ulivi che annunciano l’Aspromonte. L’agriturismo produce olio, ortaggi e vino ed è un luogo magnifico per trascorrere le vacanze. Con la cantina aderisce alla Fivi. Il Locride IGT, riconosciuto nel 1995 come i precedenti, copre praticamente tutta la fascia costiera jonica della Provincia di Reggio. Il Biancamusa, poco più di 1500 bottiglie, è lavorato solo in acciaio e vetro e viene commercializzato all’inizio dell’estate. Il blend prevede la metà di Mantonico e per il resto Insolia e Malvasia. Si presenta con un tono rustico, agrumato, assolutamente abbinabile alla cucina di orto e di mare, ideale per i latticini freschi del territorio. Un piccolo gioiellino di carattere, da bere senza perdersi in chiacchiere e senza aspettare altro tempo.
Cantine Lavorata Bivongi Riserva DOC 2017 La cantina ha una tradizione di famiglia che risale all’800, ma l’azienda nasce ufficialmente nel 1958 a Roccella Jonica, siamo quasi in provincia di Catanzaro, a 36 chilometri da Caulonia.. Questo è l’unico dei sei vini che ha il riconoscimento doc. Nello specifico la Bivongi doc i cui vini vengono dai Bivongi, Caulonia, Monasterace, Riace e Stiloi in provincia di Reggio e dal comune di Guardiavalle in provincia di Catanzaro. Il Bivongi riserva dell’azienda è ottenuto da uve Greco Nero, Calabrese e Gaglioppo coltivati nel comune di Riace a circa 300 metri di altezza. Dopo la vinificazione in acciaio, dopo sosta per 12 mesi il vino sosta in botti di castagno per circa due anni. Abbiamo un vino di corpo, dai tannini risorti, con note di confettura di amarena, carruba, caffè e tabacco. Sorso lungo, ben sostenuto dalla freschezza.
CONCLUSIONI Il nostro viaggio sulla Punta dello Stivale termina con la consapevolezza rafforzata della enorme ricchezza di questa regione che rivela un potenziale ancora sostanzialmente inespresso ma che sicuramente ha un grande avvenire: qualità, identità territoriale, non omologazione, ottimo rapporto qualità e prezzo e una purezza ambientale che si riflette in bicchieri allegri e sorprendenti. Da Reggio alla Locride è un caleidoscopio di colori, dal verde degli ulivi all’azzurro del mare, immersi dai profumi del Bergamotto e di una natura straripante. Qui c’è tutto quello che abbiamo perso in città.
Luciano Pignataro
Laureato in Filosofia e giornalista professionista, lavora al Mattino dove da anni cura una rubrica sul vino seguendo dal 1994 il grande rilancio della viticoltura campana e meridionale. Al centro dei suoi interessi la ristorazione di qualità, la difesa dei prodotti tipici e dell'agricoltura ecocompatibile. È autore per le Edizioni dell'Ippogrifo delle uniche guide, sponsor free, sui vini della Campania e della Basilicata andate ripetutamente esaurite oltre che del fortunato Le Ricette del Cilento giunto alla terza edizione. Con la Newton Compton ha pubblicato La cucina napoletana di mare, I dolci napoletani, 101 vini da bere almeno una volta nella vita. Ha vinto il premio Veronelli come miglior giornalista italiano nel 2008. Dal 1998 collabora con la Guida ristoranti Espresso, è impegnato nella nuova guida Vini d'Italia di Slow Food. Fa parte del gruppo Garantito Igp.
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Sociologo e giornalista enogastronomico, è direttore responsabile di laVINIum - rivista di vino e cultura online e collabora con diverse testate (...)
Di formazione tecnica industriale è stato professionalmente impegnato fin dal 1980 nell’assicurazione della Qualità in diverse aziende del setto (...)
Laureato in Filosofia e giornalista professionista, lavora al Mattino dove da anni cura una rubrica sul vino seguendo dal 1994 il grande rilanci (...)
Maestro Assaggiatore e Docente O.N.A.V., Delegato per la provincia di Lecco; svolge numerose attività come Docente presso Slow Food, Scuola de L (...)
Sommelier e master sul servizio vino e relazione col commensale, ha tenuto alcuni corsi in area territoriale del Pavese di approccio/divulgazion (...)
È Sommelier e Degustatrice ufficiale A.I.S. rispettivamente dal 2003 e dal 2004; ha sviluppato nel suo lavoro di dottorato in Industrial Design, (...)
Napoletano, classe 1970, tutt'oggi residente a Napoli. Laureato in economia, da sempre collabora nell'azienda tessile di famiglia. Dal 2000 comi (...)
Ha iniziato la sua attività in campo enogastronomico nel 1987. Ha collaborato con le più importanti guide e riviste del settore italiane ed este (...)
Nato nel 1974 a Roma in una annata che si ricorderà pessima per la produzione del vino mondiale. Sarà proprio per ribaltare questo infame inizio (...)
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