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Freselle con cozze e peperoncini in padella abbinate al Sannio Piedirosso

Freselle con cozze e peperoncini in padella

Una ricetta estiva e versatile che può diventare piatto unico o sfizioso antipasto per un pasto estivo con amici. Una perfetta sintesi dello spirito mediterraneo che unisce la tradizione contadina con quella marinara propria delle aree costiere della campana.
Da sempre nella tradizione partenopea i marinai portavano il pane secco o biscottato e lo intingevano nell’acqua salata del mare, accompagnandolo con quel che il mare offriva, dai mitili ai piccoli pesci argentei. In questo caso per le nostre freselle scegliamo le cozze e i peperoncini verdi, dolci e saporiti. Una combinazione vincente che in questa preparazione vede protagonisti ingredienti semplici ed estivi.
I peperoncini verdi sono di solito serviti come contorno, fritti e conditi con sugo di pomodoro fresco. Le cozze sono invece protagoniste di tante ricette della cucina napoletana, a partire dalla più nota impepata di cozze, fino alla zuppa di cozze del Giovedì Santo. Riguardo l’area in cui sono allevate in Campania, le troviamo sia nella zona del golfo di Pozzuoli (Baia, Bacoli e Capo Miseno), sia del golfo di Napoli (Nisida e Castello dell’Ovo) e lungo il litorale di Ercolano fino a Castellammare di Stabia.
Si tratta di un mollusco con valve simmetriche di colore nero violaceo di forma ovale allungata. Frutto ricco, di colore giallo intenso nella femmina, biancastro nel maschio, elevata salinità gusto dolce con retrogusto leggermente amaro. Per l’allevamento – che avviene in acqua marina o salmastra, dove le condizioni di idoneità microbiologiche e chimico fisiche dell’acqua lo consentono – vengono utilizzate reti plastiche per il sostegno dei molluschi, attaccate a pali tipicamente in legno, le ”reste” e gli ”stralli”.

Freselle con cozze e peperoncini in padella

Come ritroviamo riportato sul sito dell’Assessorato all’Agricoltura della Regione Campania: ”Da sempre l’attività di mitilicoltura è stata una delle principali risorse economiche per i comuni costieri dell’area napoletana e vesuviana, per la loro tipicità nel gusto sono presenti nei mercati ittici regionali e richieste nei ristoranti; gli studiosi ipotizzano che le acque del lago Fusaro siano state utilizzate in epoca pre-greca dagli Oschi detti anche Opici, originari di questo territorio campano, per coltivare mitili a scopo alimentare già prima della fondazione di Cuma. In epoca più recente si hanno notizie di allevamenti di mitili all’epoca di Carlo d’Angiò mentre è certo che Ferdinando IV fece impiantare un allevamento di mitili ed ostriche nelle acque del Fusaro. la produzione e le metodiche di allevamento dopo l’avvento del colera nel 1973 sono rimaste invariate. L’evoluzione ha riguardato solo alcuni accorgimenti nei materiali impiegati”.
Riguardo le freselle invece le prime testimonianze su questo pane biscottato – che in dialetto viene chiamato anche ”vascuotto”– hanno origini molto antiche, sembra che il termine ”fresella” derivi dal latino ”frendere” ossia ”macinare, pestare”. Già prima dei Romani, anche altri popoli furono navigatori e dovettero affrontare il problema di conservare a lungo il pane. Secondo alcune fonti le origini della fresella risalgono al X secolo a.C., all’epoca cioè in cui i mercanti fenici, durante le loro lunghe navigazioni, erano soliti consumare ciambelle scure di grano ammorbidite con acqua di mare e insaporite con olio d’oliva, mentre secondo altre fonti anche nella civiltà greca o cretese pare, che esistesse un pane cotto due volte. Qualunque sia la sua origine, questo pane biscottato si presta a numerose farciture e diventa un piatto unico, fresco e di grande soddisfazione.

Quantità per 4 persone

  • 4 freselle grandi o 8 medie
  • 1 kg di cozze
  • 500 g di peperoncini verdi piccoli
  • pomodorini cannellini flegrei di collina q.b.
  • peperoncino fresco q.b.
  • qualche spicchio di aglio
  • qualche fogliolina di timo limonato
  • basilico fresco
  • olio extravergine d’oliva
  • un pizzico di sale fino

Procedimento
Nel mio caso le freselle sono state autoprodotte, con semola di grano duro e lievito madre.
Per la ricetta delle freselle con cozze e peperoncini in padella, spazzolate con cura le cozze, lavatele bene e trasferitele in una casseruola con uno spicchio di aglio in camicia, del peperoncino piccante fresco e fatele aprire.

Freselle con cozze e peperoncini in padella

Non appena si saranno aperte, scolatele a una a una eliminando i gusci; filtrate il liquido di cottura e tenetelo da parte.
Precedentemente spuntate i peperoncini e saltateli in padella a fiamma vivace in un velo di olio ben caldo, qualche spicchio di aglio e solo in un secondo momento, dopo averli fatti rosolare coperti, unite i pomodorini tagliati a metà e aggiungete un pizzico di sale.
Non appena i peperoncini saranno ben rosolati unite le cozze, una parte del liquido di cottura filtrato, saltate a fiamma vivissima per un minuto scarso.  Lasciate intiepidire e a parte bagnate le freselle con il liquido delle cozze, conditele con il misto di peperoncini e cozze saltate in padella. Ultimate con un filo di olio extravergine di oliva, qualche fogliolina di timo limonato e del basilico fresco.

Fosca Tortorelli


Il vino consigliato: Sannio Piedirosso 2019 Mustilli
Consiglierei un vino rosso leggero e rinfrescante della Campania come il Piedirosso del Sannio della società agricola Mustilli di Sant’Agata de’ Goti (Benevento), la cui storia vitivinicola risale al ’700 con Cesare Mustilli sulle pendici della collina Santa Croce. La sua famiglia, discendente da nobile stirpe, era arrivata qui da Ravello sulla Costiera Amalfitana all’inizio del ‘500, quando la cittadina faceva ancora parte della gloriosa Repubblica d’Amalfi.

Sannio Piedirosso 2019 Mustilli

Lo sviluppo moderno dell’azienda è cominciato però all’alba degli anni ’60 del secolo scorso, quando l’ingegnere Leonardo Mustilli aveva deciso di dedicarsi a tempo pieno alla viticoltura e alla produzione dei vini. È stato in quegli anni che, con un pugno di pionieri locali radunati nel Palazzo Rainone-Mustilli (oggi trasformato in luogo d’ospitalità, con una taverna nelle antiche cantine in tufo), Leonardo Mustilli aveva deciso di raccogliere, catalogare e studiare 18 vitigni autoctoni, tra cui aglianico, greco, piedirosso e di scommettere sulla falanghina, un vitigno bianco che all’epoca era destinato principalmente alla distilleria, finché nel 1979 è stato prodotto il primo vino Falanghina al mondo.
Nel 1980 è stato vinificato anche il piedirosso (in napoletano chiamato ”pèr ‘e palummo” poiché a maturazione presenta una colorazione rossa del raspo, tale da renderlo simile alla zampa di un piccione), un vitigno autoctono a bacca nera con grappolo spargolo, di forma piramidale e con acini medio-grandi. Come vitigno, il Piedirosso è tra i più difficili da gestire nel ciclo vegetativo, ha bisogno di cure costanti e di un’esperta gestione poiché è verace, vigoroso e le sue radici sembrano non stancarsi mai di andare in profondità nel terreno alla ricerca di elementi nutritivi. La sua vendemmia avviene tra fine settembre e inizio ottobre. Quando arriva il periodo della vendemmia le sue uve più mature vengono selezionate e raccolte ancora a mano, specie per il più recente Sannio Piedirosso ”Artus” che matura 12 mesi in anfore di ceramica.

Anna Chiara e Paola con la mamma Marili
Anna Chiara e Paola con la mamma Marilì

La storia di Leonardo Mustilli, classe 1929 e venuto a mancare a fine ottobre del 2017, è intrecciata a doppio filo con l’evoluzione della viticoltura del Sannio, per la cui promozione ha dedicato tutta la vita, sostenuto da sua moglie Marilì e dalle figlie Paola e Anna Chiara. Nel 1992 è stato il primo a scommettere sul Movimento Turismo del Vino in Campania, sostenendo l’iniziativa delle Cantine Aperte. Fino al 2001 la vinificazione avveniva nelle antiche cantine del Palazzo Rainone-Mustilli, scavate alla profondità di 16 metri proprio sotto la dimora di famiglia, nel centro della cittadina medievale di Sant’Agata de’ Goti. Dal 2002 la vinificazione è stata trasferita fuori dal centro storico nella nuova cantina con vendita diretta sulla strada provinciale SP 81 dove oggi produce una decina di vini diversi da 15 ettari vitati in totale sotto la guida delle figlie Paola per gli aspetti commerciali e Anna Chiara per i vigneti, la vinificazione e il controllo qualità.
In inverno i terreni vengono lavorati per favorire il drenaggio delle acque piovane. La nutrizione viene effettuata con la pratica del sovescio o, in alternativa, con concime organico. La difesa fitosanitaria viene eseguita nel rispetto dei disciplinari di lotta integrata. L’azienda offre inoltre ospitalità nel centro storico di Sant’Agata nella dimora storica di famiglia e organizza eventi, serate musicali, soggiorni con degustazioni e corsi di cucina.

Sannio Piedirosso 2019 di Mustilli

Il Piedirosso del Sannio 2019 di Mustilli è un vino rosso leggero e scorrevole del territorio del Sannio beneventano che viene vinificato in purezza da uve piedirosso provenienti dal vigneto Pozzillo, situato a 250 metri di altitudine s.l.m. su suolo calcareo e argilloso con frammentazioni di detriti vulcanici ed esposizione a sud. Il sistema di allevamento è a potatura Guyot con una densità di 3.300 ceppi per ettaro che rendono 60 quintali d’uva per ettaro. La fermentazione avviene in acciaio inox a temperatura controllata per circa dieci giorni. La malolattica e la successiva maturazione avvengono in tini d’acciaio inox per 5-10 mesi e l’affinamento in bottiglia prosegue per ulteriori 3 mesi.
Nel calice è di colore rosso rubino brillante con riflessi purpureo-violacei. Attacca con un profumo intenso, delicatamente fruttato, di ribes rosso e mirtilli tra ricordi di violetta e gardenia. In bocca è sapido e d’indiscutibile finezza con una scorrevolezza di beva veramente interessante che esalta delicati aromi di ciliegia, frutti di bosco, lavanda e timo tra leggere sfumature speziate dolci. Al palato ha un corpo equilibrato e sottile, caratterizzato da una deliziosa freschezza e un morbido tannino. È un vino fragrante e gentile che si esprime su elevati livelli qualitativi per l’ottimo connubio tra acidità, tannicità e morbidezza che lo rendono pieno ed equilibrato. Alla nota fruttata nel finale si accompagna una fragranza di rovo. Fatto per essere condiviso con gli amici nelle calde sere d’estate, il risultato è stupefacente! Consiglierei di servirlo fresco a una temperatura di 13°C.
Oltre che con questa gustosa ricetta di Fosca Tortorelli, si accompagna molto bene con caponata napoletana, zuppa di pesce, pastasciutta al ragù di pesce, sartù di riso con il pomodoro, timballo di anelletti con caciocavallo, piselli e melanzana, parmigiana di melanzane, polipetti alla Luciana, pizza con pezzi di pomodori e bufala, foglie di basilico e una mano saggia di olio extravergine d’oliva e pepe.

Rolando Marcodini

Società agricola Mustilli
via Caudina 10, 82019 Sant’Agata de’ Goti (BN)
coord. GPS: lat. 41.086181 N, long. 14.502759 E
tel. 0823.718142, fax 0823.717619
sito www.mustilli.com, e-mail info@mustilli.com

Fosca Tortorelli e Rolando Marcodini

FOSCA TORTORELLI - È Sommelier e Degustatrice ufficiale A.I.S. rispettivamente dal 2003 e dal 2004; ha sviluppato nel suo lavoro di dottorato in Industrial Design, Ambiente e Storia, la tesi sperimentale dal titolo “Reinterpretare le Cellae Vinariae. Ambiente, Processo, Produzione” e una successiva pubblicazione in collaborazione con la Prof. Muzzillo F. dal titolo “Vitigni del Sud: tra storia e architettura” (Roma Natan Edizioni, 2012). Ha conseguito il Master Sommelier ALMA-AIS (luglio 2016) presso ALMA a Colorno (Parma). Fa parte dei Narratori del Gusto e insieme al Centro Studi Assaggiatori di Brescia partecipa a panel di degustazione di rilievo nel settore enogastronomico. Fa parte anche dell’associazione Donne del Vino, ha scritto sulla rivista l’Assaggio, oltre che su diverse testate registrate e ha preso parte alle degustazioni per la Guida Vitae, per la guida Slow wine 2017 e per la guida Altroconsumo. Dal 2018 è giornalista pubblicista. ROLANDO MARCODINI - Ha smesso di giocare in cortile fra i cestelli dei bottiglioni di Barbera dello zio imbottigliatore all'ingrosso per arruolarsi fra i cavalieri di re Nebbiolo e offrire i suoi servigi alle tre principesse del Monte Rosa: Croatina, Vespolina e Uva Rara. Folgorato dal principe Cabernet sulla via dei cipressi che a Bolgheri alti e stretti van da San Guido in duplice filar, ha tentato l'arrocco con re Sangiovese, ma è stato sopraffatto dalle birre Baltic Porter e si è arreso alla vodka. Perito Capotecnico Industriale in giro per il mondo, non si direbbe un "signor no", eppure lo è stato finché non l'hanno ficcato a forza in pensione da dove però si vendica scrivendo di vino in diverse lingue per dimenticare la bicicletta da corsa, forse l'unica vera passione della sua vita, ormai appesa al chiodo.

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