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Franco Terpin, una filosofia senza compromessi

Insegna azienda Franco TerpinMaggio è uno dei periodi migliori per scorazzare fra le colline e gli splendidi paesaggi del Collio, e nel nostro girovagare giungiamo a S.Floriano, piccola località della provincia di Gorizia con meno di mille abitanti al confine con la Slovenja. Il paese è arroccato sulla cima di una collina e domina tutte le valli e le campagne circostanti, dove viticoltura ed agricoltura si alternano a boschetti e prati. Ed è proprio qui che abbiamo la fortuna di andare a conoscere Franco Terpin e la sua Azienda.
Mi accoglie alla fine di una mattinata di lavoro, è mezzogiorno e nonostante ci fossimo messi d’accordo anticipatamente sull’orario, mi sento quasi a disagio pensando che sicuramente l’ora sarebbe più indicata per dedicarsi alle prelibatezze del pranzo piuttosto che parlare con il sottoscritto, ma i miei pudori svaniscono immediatamente quando vedo Franco che arriva con una bottiglia per farmi assaggiare un suo vino, capisco già dai colori che si manifestano nel bicchiere che siamo di fronte a un produttore speciale.
I vigneti dell’azienda di Franco Terpin si trovano ubicati in parte nel comune di San Floriano ed in parte sul Monte Calvario (Stamas), a circa 150 metri sul livello del mare, con esposizioni ottimali che guardano a sud e sud-ovest. La storia della famiglia è centenaria, dapprima, come per la gran parte delle realtà contadine, si aveva a che fare con case agricole dove veniva coltivato un po’ di tutto e dove c’erano anche allevamenti di animali, poi pian piano a partire dagli anni ’70 si iniziò a cambiare, e l’uva iniziò ad assumere il ruolo di protagonista, fino ad arrivare verso gli anni novanta alle prime produzioni di vino che vedranno nel 1994 la commercializzazione della prima bottiglia.
I vigneti vengono lavorati, accuditi e coccolati con profonda sensibilità ecologica, in modo naturale bandendo ogni tipo di intervento che preveda la chimica di sintesi, senza usare diserbanti e insetticidi attingendo alle conoscenze tipiche dell’agricoltura biologica e biodinamica.
La collina di S.FlorianoIn cantina viene bandito qualsiasi “compromesso enologico”, quindi niente chiarifiche e filtrazioni, si utilizzano solo lieviti indigeni, vengono vendemmiate anticipatamente circa una decina di cassette di uva dai migliori vigneti che una volta lasciate macerare sulle bucce, rappresenteranno lo “starter” per la fermentazione delle altre uve che saranno raccolte successivamente.
Le fermentazioni sono lunghe, una settimana circa a contatto con le bucce in botti aperte, poi, ai primi segnali dell’attenuarsi della fase tumultuosa, si separa il mosto dalle bucce e la fermentazione prosegue il suo lungo lavoro, che può durare mesi all’interno di botti in rovere di Slavonia di grosso spessore, da 750 a 1500 litri, che non necessitano di essere sostituite con frequenza, ma anzi possono dare il loro contributo per molti e molti anni.
Nei vini di Franco Terpin la fretta non esiste, ne sono testimoni le lunghe maturazioni in cantina che li vedono uscire in commercio dopo 3-4 anni dalla vendemmia, sono vini fatti con la testa e con il cuore e questo permette di ottenere risultati veramente apprezzabili, vini che discostandosi dalle produzioni di massa necessitano di essere capiti, ma una volta entrati in sintonia con loro difficilmente si riuscirà ad abbandonarli.
Vigneti aziendaliLa gamma dei vini dell’azienda comprende il SIALIS BIANCO (45% Sauvignon, 45% Chardonnay, 10% Pinot Grigio), il SIALIS ROSSO (80% Merlot, 20% Cabernet) e il SIALIS PINOT GRIGIO, il cui nome Sialis deriva da un particolare tipo di pettirosso dell’America, e la cui produzione viene fatta solo nelle annate ritenute eccezionali, dove le uve portate a massima maturazione garantiscono al vino lunghi invecchiamenti.
Gli stessi vini utilizzati nel Sialis vengono assemblati ogni anno, e non solo in annate eccezionali, sotto le denominazioni di STAMAS BIANCO e STAMAS ROSSO. Poi a completare la gamma di prodotti ci sono il JAKOT (tocai friulano), la RIBOLLA GIALLA, il QUINTO QUARTO BIANCO e IL QUINTO QUARTO ROSSO, che prendendo spunto dal termine con cui si indica la parte della macellazione da cui si ricavano le frattaglie e tutte le parti più povere dell’animale, nel nostro caso rappresentano invece il prodotto vinicolo di annate difficili che, quindi, non garantiscono lunghi invecchiamenti e per questo vengono imbottigliati sotto queste denominazioni. Al di là della tipologia di vino che avrete la fortuna di assaggiare, siate certi che ognuno saprà sorprendervi e regalarvi emozioni fuori dal comune.
Il tempo scorre inclemente e purtroppo è giunta l’ora di salutare Franco e la sua squisita ospitalità. E’ stato sicuramente un piacere conoscere l’azienda e i vini di questo simpatico vignaiolo.

DIALOGANDO CON IL VIGNAIOLO

L’ideale penso sarebbe fare dei vini che piacciano a te e parallelamente anche all’utente finale? Ma resti sempre fedele alla tua filosofia di produzione o talvolta ti vedi costretto a trovare dei compromessi per accontentare il gusto del momento?
Io penso che come il cantante, per fare solo un esempio, dovrebbe fare una canzone che piaccia prima a sé stesso e poi al suo pubblico, anche nel mio caso cerco di produrre un qualcosa che mi soddisfi e mi piaccia e poi spero che anche l’utente finale sia in sintonia con i miei gusti. Comunque per fare un prodotto specifico che vada incontro a determinate aspettative e requisiti prestabiliti, bisogna per forza usare lieviti da laboratorio, mentre la mia filosofia prevede esclusivamente l’utilizzo di lieviti indigeni.

Franco TerpinLe tue conoscenze in viticultura ed enologia sono frutto di passione e tanta dedizione sul campo o hai attinto a qualche maestro per “rubare” qualche segreto del mestiere?
Sicuramente passione e tanto lavoro sul campo sono fondamentali, poi anch’io ho avuto dei maestri, delle persone con cui ho collaborato e da cui ho imparato qualcosa, come ad esempio l’enologo toscano Attilio Pagli.
Inoltre tutt’ora sto collaborando con il fitobiologo Michel Barbaud. Dopo anni di distruzione dei suoli da parte di un’agricoltura chimica siamo davanti ad una terra inquinata dai nostri errori agronomici, bisogna cercare di ristabilire certi equilibri usando tecniche naturali cercando di rinnovare la vita microbica del suolo, quindi, con il suo aiuto, sto attualmente facendo delle prove in vigna per far si che sia la stessa natura ad aiutare la natura e cercare quindi di portare a dei risultati migliorativi a terra e vigneti.

Mi sembra di aver capito che sei molto sensibile al biologico e al biodinamico, una vocazione o una scelta nata a tavolino?
Diciamo che sicuramente sono tematiche a me molto care, d’altronde in vigna ci lavoro io, ci lavorano mia moglie, mio padre e mio nipote, ci vanno a giocare i figli, come potrei pensare di usare sostanze che potrebbero essere pericolose alla salute delle persone a me più care?

Il tuo metodo di produzione lascia alla qualità dell’uva il ruolo di protagonista, senza filtraggi, sfruttando la potenzialità dei lieviti indigeni e del corso naturale della fermentazione e richiede una lunga maturazione per poter crescere e migliorare. Ma è una regola fissa o ti capita di veder qualche volta crescere in maniera sbagliata i tuoi “figlioli” e in questo caso come cerchi di rimediare?
La mia filosofia di produzione non conosce compromessi, se l’annata è buona e la qualità delle uve è buona il prodotto finale non necessiterà di correzioni, altrimenti tutto va in acetaia; e si spera che l’anno prossimo sia migliore.

Il modo in cui tu produci i tuoi vini, ti permette di avere un prodotto che sia fedele rappresentante del territorio e in cui puoi riconoscere davvero l’annata calda, l’annata fredda, l’annata buona. Ma quindi, commercialmente parlando, può essere un vantaggio nelle annate migliori ma un problema in quelle più difficili. Qual è stata a memoria l’annata da ricordare e quella invece da archiviare in fretta?
Sicuramente il 2003 è stata un’annata da ricordare, che mi ha permesso di produrre vini strutturati che mi sono molto piaciuti, mentre penso che il 2005 per quel che concerne la maturazione delle uve e il 2008 per l’insieme della stagione non sono annate che metterei fra le migliori.

Leggendo delle recensioni, ho visto giudicare ottimamente i tuoi vini e paragonarne certe caratteristiche positive con lati della tua persona e del tuo carattere, sei d’accordo e se devi trovare un piccolo difetto in entrambi dove lo collocheresti?
Potrei trovare tanti difetti nel mio carattere e quindi anche nei miei vini, comunque sono proprio le imperfezioni che rendono speciali e uniche tutte le persone e quindi anche i vini, quindi ben vengano le imperfezioni se queste sono figlie del territorio e delle annate.

Qual è il vino di Franco Terpin più richiesto?
Dico il JAKOT (Tocai Friulano) perché è quello che più identifica il territorio.

Qual è il vino che ti dà più soddisfazione?
Sinceramente non ce n’è uno in particolare, dipende dalle annate, dipende dal momento, tutti potenzialmente possono darmi delle soddisfazioni.

Hai qualche progetto per l’immediato futuro per quanto riguarda la tua Azienda?
Il progetto più rilevante è sicuramente la nuova cantina in fase di realizzazione, impostata su 4 livelli, dove l’uva partendo dal piano superiore segue tutto il processo di vinificazione a cascata verso il basso. Anche qui ho voluto rispettare la materia prima e i processi naturali, non sono previsti ad esempio celle frigorifere o uso della corrente elettrica, tutta la filosofia che perseguo in vigna la voglio trasferire anche in cantina.

Un uccellino mi ha confidato che sei anche un produttore di salumi e che ogni anno partecipi a una gara di salami in paese…
Non esageriamo, non allevo maiali, ma è vero che c’è questa tradizione fra amici di incontrarsi e di fare questa “gara degustativa”, anche in questo caso vado alla ricerca di animali sicuri allevati in modo antico con alimentazioni sane e naturali. La classifica finale di solito è molto generosa con i miei salami ma meglio non parlare di graduatorie di merito, visto che alla fine l’obbiettivo è solo quello di una sana mangiata e bevuta fra amici.

Stefano Cergolj

Stefano Cergolj

Perito informatico ai tempi in cui Windows doveva essere ancora inventato e arcigno difensore a uomo, stile Claudio Gentile a Spagna 1982, deve abbandonare i suoi sogni di gloria sportiva a causa di Arrigo Sacchi e l’introduzione del gioco a zona a lui poco affine. Per smaltire la delusione si rifugia in un eremo fra i vigneti del Collio ed è lì che gli appare in visione Dionisio che lo indirizza sulla strada segnata da Bacco. Sommelier e degustatore è affascinato soprattutto dalle belle storie che si nascondono dietro ai tanti bravi produttori della sua regione, il Friuli Venezia Giulia, e nel 2009 entra a far parte della squadra di Lavinium. Ama follemente il mondo del vino che reputa un qualcosa di molto serio da vivere però sempre con un pizzico di leggerezza ed ironia. Il suo sogno nel cassetto è quello di degustare tutti i vini del mondo e, visto che il tempo a disposizione è sempre poco, sta pensando di convertirsi al buddismo e garantirsi così la reincarnazione, nella speranza che la sua anima non si trasferisca nel corpo di un astemio.

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