Lo scorso 19 febbraio ho assistito all’inaugurazione della nuova cantina, con annesso Wine Relais, di Emanuele Gambino. Situata a Costigliole d’Asti, zona storica del Barbera, la proprietà conta oggi tredici ettari di vigne e un resort con dieci camere per l’ospitalità enoturistica. Le colline astigiane, di grande tradizione vitivinicola, risentono dell’interesse globale degli appassionati di vino e non solo; alludo anche ai semplici amanti del buon bere e soprattutto della buona tavola. Il Piemonte è senza ombra di dubbio una tra le regioni italiane che più ha difeso la propria identità culinaria, passando spesso per poco innovativa o avvezza ai grandi cambiamenti.
Emanuele Gambino
Nonostante questi aspetti, e ben inteso ritengo abbiano fatto molto bene a comportarsi così, le trattorie e i ristoranti del territorio sono sempre pieni di prenotazioni. Anche i prezzi sono rimasti abbordabili ed è altresì possibile trovare svariati locali stellati che offrono una valida alternativa per gli amanti della cosiddetta alta cucina. La proclamazione del sito Unesco avvenuta nel 2014, ottenuta da Langhe-Roero e Monferrato, ha dato una spinta notevole a livello commerciale. Il turismo internazionale ha iniziato a frequentare assiduamente queste colline, di conseguenza sono nate tantissime strutture ricettive in grado di soddisfare qualunque tipologia di aspettativa.
I vigneti a Costigliole d’Asti
Emanuele Gambino, quarantuno anni, decide di tornare ad occuparsi attivamente della terra. Il mondo agricolo ha sempre fatto parte della sua famiglia, e la passione dei suoi nonni per la viticoltura rappresenta un ricordo a cui è legato e che oggi lo sprona più che mai a fare vino, e a farlo bene. Ci troviamo a Costigliole d’Asti, tra le Langhe e il Monferrato, il luogo natio del nostro protagonista. Tra queste splendide colline, il più delle volte caratterizzate da pendenze notevoli e terreni particolarmente vocati – più avanti li approfondiremo – Emanuele ritrova le proprie radici; continua ad amare le persone che vivono in queste terre e tutti quei paesaggi che, talvolta, sembrano dipinti dalla mano di un artista.
Un quadro ricolmo di sfumature oniriche: la nebbia e un raggio di sole che l’attraversa, sullo sfondo i contorni sfocati di un piccolo borgo che gioca a nascondersi dentro la foschia. La maggior parte degli ospiti accorsi all’evento, lamentava il fatto che la visuale risultasse viziata dalle condizioni meteo, rimpiangendo di fatto il cielo terso che offre ben altri spunti; personalmente ritengo invece che la poesia di queste colline raggiunga l’apice proprio in questi casi. Sono contento di aver ritrovato la mia amata nebbia, ahimè sempre più rara anche in Piemonte, per non parlare della neve; ma questo è un altro tema. Torniamo ad Emanuele Gambino che ha finalmente realizzato il sogno di un’intera vita: una nuova cantina dove vinificare le uve che più ama e un wine relais tra le vigne, denominato Monvì, dedicato all’ospitalità enoturistica. – Produco e vinifico personalmente le mie uve con passione e amore – sostiene l’imprenditore – con un occhio attento alla qualità, alla sostenibilità, e alla genuinità dei miei prodotti. Grazie ai miei nonni viticoltori, sin dalla mia infanzia ho vissuto l’atmosfera della vita contadina maturando la passione per la terra e per le cose semplici. Questi elementi mi hanno portato poi in età adulta, dopo un cambio radicale di vita lavorativa, a seguire il loro esempio –.
Il MonVì Wine Relais
Nel 2011 Emanuele si laurea in Giurisprudenza. Nello stesso anno intraprende l’attività di viticoltore e soltanto successivamente, nel 2016, realizzai il sogno di costruire la sua azienda agricola in Costigliole d’Asti. Scambiando ben più di due chiacchiere in sua compagnia, ho avuto la possibilità di rendermi conto di quanto quest’ultimo apprezzi il lavoro di squadra, la condivisione; il fine è quello di raggiungere un obbiettivo d’interesse comune. Alludo principalmente alla promozione del territorio, al bene della propria famiglia e a quella delle persone che lavorano in azienda. A tal riguardo Emanuele si avvale della preziosa collaborazione dell’enologo Claudio Dacasto e quella dell’agronomo Roberto Abate. Professionisti che stima immensamente, oltre che per il talento riconosciuto, anche per la capacità di ascoltare, di comprendere diversi spunti di vista e visioni a 360°. Le vigne di proprietà dell’azienda, 13 ettari in tutto (4 allevati a barbera) si trovano tra le Langhe e il Monferrato. Costigliole d’Asti, dove ha sede la cantina, è una delle patrie del vino Docg Barbera d’Asti, mentre Santo Stefano Belbo è da sempre la culla dell’uva moscato. All’interno del territorio vengono allevate anche altre cultivar autoctone quali nebbiolo e grignolino, e internazionali: sauvignon, chardonnay e merlot. Quest’ultimo protagonista di un’etichetta specifica, della gamma di vini Emanuele Gambino, che più avanti illustrerò. Un progetto particolare e piuttosto insolito, considerando la tradizione astigiana, ma altrettanto sentito. Inoltre, da una vigna storica di oltre 40 anni, nascerà dalla vendemmia 2024 un Nizza Docg.
La sala degustazione
Emanuele considera la salvaguarda dell’ambiente un tema fondamentale e prioritario, un valore da trasmettere anche ai propri figli al fine di costruire un futuro migliore. – Fin dai primi passi mossi da viticoltore, ho deciso di convertire la mia azienda all’agricoltura biologica – queste le sue parole – non si tratta di una scelta legata alla redditività, ma esclusivamente una scelta di rispetto per l’ambiente, per la terra e per le persone che vivono la mia realtà e che consumano i miei prodotti –. Osservando attentamente le sue etichette mi ha colpito il simbolo della farfalla che vola su una vite con radici profonde. Un’immagine poetica, e al contempo piuttosto concreta, che evoca in gran parte la filosofia aziendale. L’obbiettivo primario è quello di creare un prodotto di grande eccellenza, genuino per il consumatore nel rispetto dell’ambiente. In vigna vengono applicati scrupolosamente i dettami dell’agricoltura biologica, dunque zero prodotti di sintesi e diserbanti, favorendo così di fatto la biodiversità e l’equilibrio naturale dell’ambiente. Filosofia applicata anche in cantina, mediante azione mirate dedite al minimo impatto e a preservare l’identità dei vitigni prescelti.
La famiglia Gambino ha sempre allevato uve nebbiolo e moscato “An Piansrej”, che sta ad indicare il toponimo del luogo dove nasce la tenuta. Ci troviamo esattamente sotto la storica torre medievale di Santo Stefano Belbo e di fronte alla collina di Moncucco. Luoghi cari al noto scrittore Cesare Pavese che li ha descritti magnificamente, in passato, nelle sue indimenticabili poesie. Acquistata dalla famiglia nel 2010, è stata oggetto nel 2012 di un rinnovamento avvenuto mediante il reimpianto dei vigneti, con scelte oculate circa le varietà di moscato bianco migliori provenienti da Canelli. Poco tempo dopo è stata convertita al regime di agricoltura biologica ottenendo la certificazione nell’anno 2019. Tra queste colline storiche Emanuele alleva l’uva sopracitata, la stessa che dal 2020 viene anche utilizzata per la realizzazione del Moscato secco Mò Frem. Veniamo ora alla Tenuta San Martino protagonista dell’evento a cui ho partecipato con piacere.
L’enologo Claudio Dacasto
Il nome deriva della frazione del comune di Costigliole d’Asti in cui si trova l’azienda agricola. – Non è raro godere di un bellissimo tramonto sulle Alpi, uno spettacolo da togliere il fiato – sottolinea Emanuele. L’antico cascinale dove è situata anche la cantina, oltre ai vigneti, trova dimora su una sorta di cresta. Da un lato quest’ultima domina la valle Tanaro con i suoi stupendi Castelli, al contempo di fatto è incastonata in un anfiteatro affascinante dove le chiesette e i campanili completano il quadro, tra i vigneti e le dolci colline del cosiddetto basso Monferrato astigiano. Acquistata nel 2016, oggi dispone di circa 8 ettari di vigneti con varietà autoctone quali barbera, nebbiolo e grignolino, e con varietà internazionali quali merlot, sauvignon blanc e chardonnay. Siamo a 270 metri sul livello del mare e i suoli sono perlopiù composti da argilla e calcare.
I Vigneti della tenuta “An Piansrej” di Santo Stefano Belbo dalla vendemmia 2019 sono certificati biologici, quelli della tenuta San Martino di Costigliole d’Asti sono attualmente in conversione. Dalla vendemmia 2024 anch’essi otterranno la certificazione. Emanuele in cantina predilige l’utilizzo delle vasche d’acciaio, gli affinamenti vengono svolti in botti, e tonneaux, di rovere e in anfore di terracotta. L’azienda oggi produce 25.000 bottiglie con un potenziale di 70.000. L’export è in misura pari al 30% del totale, i mercati di riferimento sono: Olanda, Danimarca e Svizzera. Ringrazio Emanuele Gambino per la squisita accoglienza, tornare a visitare Costigliole d’Asti è sempre un immenso piacere. Or dunque veniamo al mio punto di vista sui vini degustati.
Piemonte Sauvignon 2021 Sauvignon in purezza vinificato in acciaio. Paglierino chiaro, riflessi verdolini-beige. Media consistenza. Intenso di frutta esotica: mango e kiwi, melone d’inverno, toni erbacei puliti, freschi e un ricordo di maggiorana/frutta secca non tostata. Sorso ben bilanciato tra sapidità e freschezza, chiusura piuttosto coerente; in questa fase richiama l’abbinamento gastronomico. Ha bisogno ancora di tempo a mio avviso.
Vino Bianco Biologico Mo Frem 2021 Moscato 100% vinificato in serbatoi di acciaio. Paglierino molto chiaro, riflessi beige; estratto medio. Di questo vino apprezzo, al naso, la capacità di fondere le note aromatiche al comparto minerale, il frutto non è mai esasperato e sa di nespola e cedro; la chiusura è in favore della salvia e del calcare. Ne assaggio un sorso e ritrovo un profilo gustativo slanciato, estremamente sapido, forse in chiusura pecca un po’ in freschezza ma nemmeno poi tanto. Nel complesso un buon vino.
Vino Bianco Biologico Mo Frem 2020 Moscato 100% vinificato in acciaio e anfora. Paglierino acceso, tonalità leggermente più calda. Bel naso, fresco, arioso: sedano, finocchietto selvatico, agrume e miele millefiori, zenzero e ricordi di lavanda uniti a suggestioni di calcare. La rotondità del sorso è controbilanciata da una spalla acida di grande impatto gustativo, l’agrume torna anche in bocca e la scia sapida in chiusura mostra il potenziale dei terreni. Lunghissimo. Il miglior bianco della batteria, a mio avviso ha una capacità evolutiva di prim’ordine.
Barbera d’Asti 2022 Barbera in purezza, un mese di affinamento in botte di rovere e 6 mesi in bottiglia. Porpora-rubino, media consistenza. Intenso al naso di ciliegia matura, spezie dolci e cosmesi; non un peso massimo ma il succo c’è e fa salivare, così come la sapidità che non manca mai nei vini di Emanuele Gambino.
Barbera d’Asti Superiore 2020 Barbera 100%, affinamento di un anno in botte grande di rovere più 8 mesi in bottiglia. Rubino di buona trasparenza, molto elegante il suo respiro: in parte dato dal floreale (rosa rossa e viola) e dalla ciliegia ben matura; anche la spezia non tarda ad arrivare (chiodo di garofano e rosa rossa) con incursioni di incenso. In bocca ritrovo un vino la cui polpa, alludo al frutto, riempie senza strafare ben supportata dal nerbo acido e da un tannino delicato, dolce. Interessante la progressione e la chiusura ammandorlata.
Piemonte Merlot 2020 Merlot in purezza, un anno in tonneaux da 500 l. di rovere a grana fine e media tostatura. Emanuele Gambino è riuscito a dare al vitigno d’origine francese, solitamente ricco di polpa e frutto, un profilo “costigliolese” – ovvero in levare – sobrio e dove la freschezza è in primo piano; manca forse un po’ di struttura e profondità. Quest’ultima a mio avviso arriverà continuando a sperimentare in vigna e in cantina. Al naso richiama percezioni di legni nobili ben fusi e incenso, spezie orientali e frutti rossi maturi. Conquista i recettori del gusto senza in alcun modo saturarli. Di fatto è un merlot che si beve bene e soprattutto non dispensa banalità.
Andrea Li Calzi
www.emanuelegambino.com
È nato a Novara, sin da giovanissimo è stato preso da mille passioni, ma la cucina è quella che lo ha man mano coinvolto maggiormente, fino a quando ha sentito che il vino non poteva essere escluso o marginale. Così ha prima frequentato i corsi AIS, diplomandosi, poi un master sullo Champagne e, finalmente, nel giugno del 2014 ha dato vita con la sua compagna Danila al blog "Fresco e Sapido". Da giugno 2017 è entrato a far parte del team di Lavinium.
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Giornalista cresciuto con Montanelli al giornale, si occupa da sempre di agricoltura, agroalimentare enogastronomia e viaggi. Ha lavorato tra gl (...)
Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore (...)
Sociologo e giornalista enogastronomico, è direttore responsabile di laVINIum - rivista di vino e cultura online e collabora con diverse testate (...)
Di formazione tecnica industriale è stato professionalmente impegnato fin dal 1980 nell’assicurazione della Qualità in diverse aziende del setto (...)
Laureato in Filosofia e giornalista professionista, lavora al Mattino dove da anni cura una rubrica sul vino seguendo dal 1994 il grande rilanci (...)
Maestro Assaggiatore e Docente O.N.A.V., Delegato per la provincia di Lecco; svolge numerose attività come Docente presso Slow Food, Scuola de L (...)
Sommelier e master sul servizio vino e relazione col commensale, ha tenuto alcuni corsi in area territoriale del Pavese di approccio/divulgazion (...)
È Sommelier e Degustatrice ufficiale A.I.S. rispettivamente dal 2003 e dal 2004; ha sviluppato nel suo lavoro di dottorato in Industrial Design, (...)
Napoletano, classe 1970, tutt'oggi residente a Napoli. Laureato in economia, da sempre collabora nell'azienda tessile di famiglia. Dal 2000 comi (...)
Ha iniziato la sua attività in campo enogastronomico nel 1987. Ha collaborato con le più importanti guide e riviste del settore italiane ed este (...)
Nato nel 1974 a Roma in una annata che si ricorderà pessima per la produzione del vino mondiale. Sarà proprio per ribaltare questo infame inizio (...)
Bolognese dentro, grafico di giorno e rapito dal mondo enologico la sera. Per un periodo la sera l'ha condivisa con un'altra passione viscerale (...)
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