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Champagne MGC Cuvée Brut G.H.Mumm: restyling fuori e dentro

Champagne MGC Brut G.H.Mumm

Non è facile trovare qualcosa di originale da scrivere su una delle più famose Maison al mondo. Una storia che nasce quasi 250 anni fa, per l’esattezza nel 1761, quando Peter Arnold Mumm inizia a dedicarsi alla produzione di vino e fonda la casa P.A.Mumm a Colonia, in Germania; già allora possedeva un congruo numero di vigneti nella Valle del Reno. Nel 1827 i suoi figli Jacobus, Gottlieb e Phillip, insieme all’imprenditore Friedrich Giesler trasferiscono l’attività a Reims, dove danno vita all’azienda che conosciamo oggi.
Nel 1852 la mano passa a Georges Hermann Mumm, che modifica il marchio in G.H.Mumm e, sotto il motto “Only the Best”, decide di acquistare alcuni dei migliori appezzamenti in Champagne, con l’intento di ottenere una qualità assoluta.
Nel 1876 Georges, per fare omaggio ad alcuni clienti di prestigio, decide di fare adornare le bottiglie della sua Cuvée Brut con un nastro di seta rossa ispirandosi ai nastri rossi assegnati a coloro che ricevevano le più alte onorificenze in Francia: il Reale e Militare Ordine di San Luigi e il Grand Cordon della Legione d’Onore.
Questa operazione ebbe un tale successo da spingere Georges a registrare il marchio “Cordon Rouge”.

G.H.Mumm

La G.H.Mumm ha vissuto non poche vicissitudini, in tempo di guerra ha subìto una confisca da parte dello Stato francese anche perché, nonostante fosse passato un secolo, la proprietà era rimasta tedesca. Negli anni ’70 è stata rilevata dalla allora più grande compagnia di distillazione al mondo, la Seagram Company Ltd, con sede a Montréal, nella provincia canadese del Québec. In seguito è confluita nella Allied Domecq di Bristol e, infine, nel 2005 è stata acquisita dalla multinazionale francese Pernod Ricard, che ha inglobato anche Seagram e Allied Domecq, avendo all’attivo la bellezza di 350 marchi.
Oggi la G.H.Mumm annovera nel suo parco vigneti di 218 ettari, qualcosa come il 98% di Grands Crus (160), fra i più importanti ci sono quelli di Ambonnay, Avize, Aÿ, Bouzy, Cramant, Mailly-Champagne, Verzenay e Verzy.
Il pinot noir occupa il ruolo principale con 170 ettari, seguito dallo chardonnay (31) e dal pinot meunier (17).

Souverins G.H.Mumm

Ovviamente, la mole di mercato che impegna l’azienda è troppo ampia perché possa soddisfare tutte le richieste con i soli vigneti di proprietà, che di fatto coprono il 25%, pertanto la parte restante viene compensata da una serie di vigneti di coltivatori indipendenti con i quali la Maison ha instaurato delle relazioni privilegiate, sempre secondo il principio di “only the best”. Inoltre, per garantire la massima qualità possibile del processo produttivo, sono all’attivo 7 centri di spremitura dislocati nei diversi territori, sotto il controllo della Mumm.
Da parecchi anni la Maison ha dato sempre maggiore importanza alla sostenibilità ambientale, non a caso dal 2016 è diventata sponsor ufficiale della Formula E (fino al 2015 lo era della Formula 1). Ovviamente un’azienda di questo livello ha la necessità di far coincidere l’impegno per la sostenibilità con un marketing efficace, che porti dei risultati anche sul piano commerciale.

Ross Lovegrove
Ross Lovegrove

La nascita della MGC (acronimo di Mumm Grand Cordon) Cuvée Brut, firmata dal noto designer gallese Ross Lovegrove (molti suoi lavori sono esposti al MOMA e al Guggengheim Museum di New York, all’Axis Centre in Giappone, al Pompidou Centre di Parigi e al Design Museum di Londra), rappresenta un ulteriore passo in questa direzione. La bottiglia di Champagne, infatti, è una delle più leggere al mondo, con soli 853 grammi di vetro riciclato.
Un’altra particolarità di questa versione sta nell’assenza di etichetta, infatti il logo e l’emblema oro sono stampati direttamente a caldo sul vetro, mentre il famoso nastro è rappresentato dall’incisione di un solco diagonale di colore rosso vivo. Difficile non riconoscerla su uno scaffale fra tanti altri vini.
Ma non è certo solo un’operazione di marketing, dietro a questo Champagne c’è un lavoro enorme, frutto di un accurato assemblaggio composto di pinot noir per il 45%, chardonnay 30% e pinot meunier 25%, più i vini di riserva di cinque annate diverse (per il 30%). Permane sui lieviti nelle cantine della Maison per 30 mesi.
Per la cronaca da quest’anno come chef de cave Laurent Fresnet è subentrato a Didier Mariotti. Le qualità di Fresnet sono indiscutibili, evidenziate con il riconoscimento di Sparkling winemaker of the Year all’International Wine Challenge di Londra, ottenuto per ben due volte nel 2015 e nel 2016; inoltre a ottobre 2019 è diventato presidente dell’Association Amicale des Chefs de Caves de Champagne. Una garanzia che il passaggio di mano è nella continuazione di una forte ricerca della qualità.
Una bella spuma intensa si manifesta nel calice, ottimo perlage, persistente, il bouquet è generoso, non particolarmente ampio, ma ben espresso sul piano del frutto, in parte tropicale, si sentono la pesca, il melone, l’ananas, cenni agrumati (zest di limone), mollica di pane, riflessi floreali di acacia e ginestra, leggero zenzero.
Bocca coerente, lineare, ben espressa, con un sottile richiamo al miele, mi aspetto ancora una maggiore personalità da un simile blasone, ma la strada mi sembra giusta, ha dalla sua un’ottima piacevolezza e il prezzo si aggira sui 35 euro, più che corretto.

Roberto Giuliani

Roberto Giuliani

Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore informatico. Ma la sua vera natura non si è mai spenta del tutto, tanto che sin da ragazzo si è appassionato alla fotografia e venticinque anni fa è rimasto folgorato dal mondo del vino, si è diplomato sommelier e con Maurizio Taglioni ha fondato Lavinium, una delle prime riviste enogastronomiche del web, alla quale si dedica tutt’ora anima e corpo in qualità di direttore editoriale. Collabora anche con altre riviste web e ha contribuito in più occasioni alla stesura di libri e allo svolgimento di eventi enoici. Dal 2011 fa parte del gruppo Garantito Igp.

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