Statistiche web
Assaggi dall'Italia e dall'EsteroFranciaIl vino nel bicchiere

Champagne L’Hommée Premier Cru di Roger Coulon, unione tra l’uomo e il suo passato

Famille Coulon

Non basterebbe una vita intera per degustare gli Champagne di tutte la maison attualmente presenti sul mercato, non è semplice orientarsi all’interno di questo mondo apparentemente complicato. Al pari della Borgogna, altra nota regione vitivinicola francese, le insidie sono pari alla maestosità dei vini che vengono prodotti da circa quattro secoli. In realtà sono fondamentali poche regole per muovere i primi passi e degustare ottime bollicine d’Oltralpe: passione, curiosità e soprattutto i giusti importatori.
Nonostante le bollicine italiane metodo classico rappresentino una valida alternativa allo Champagne, il Belpaese rimane un mercato molto importante per i francesi. Aborro nella maniera più assoluta le proverbiali chiacchiere da bar che, nonostante il trascorrere degli anni, continuano inutilmente a paragonare le due tipologie di vini; il confronto ha senso quanto voler a tutti costi decretare il piatto più buono tra un brasato al Barolo e un’orata all’acqua pazza. Per convalidare ulteriormente la mia tesi e grazie a una seria e affermata azienda italiana, Bellenda – che affianca l’importazione di vini all’attività di produzione vitivinicola – ho scoperto lo Champagne L’Hommée Premier Cru di Roger Coulon.

Cantina Maison Coulon

La maison, datata 1806, si estende tra cinque villages a mezzacosta sulla Montagne de Reims, a Vrigny. Oggigiorno Isabelle ed Eric Coulon, con la stessa passione e mantenendo un carattere prettamente famigliare, continuano il viaggio iniziato dai pionieri ben otto generazioni fa. Elevare sempre più un’eredità e un terroir tra i più vocati al mondo, soprattutto cercando di nutrire e difendere a ogni costo la denominazione così da consegnarla integra e sana ai propri figli.
Pochi semplici diktat e uno stile che in toto rappresenta l’essenza stessa del récoltant manipulant, proprio per questo i Coulon si occupano dell’intera filiera: dalla produzione, con uve da vigneti esclusivamente di proprietà, fino alla commercializzazione con la propria etichetta. L’aspetto legato alla salvaguardia ambientale è importantissimo, la Cantina non ha paura di intraprendere scelte radicali che iniziano in vigna con la conservazione della naturalità del suolo, proseguono con le fermentazioni da lieviti presenti sulle bucce, e arrivano a lunghissimi affinamenti.

Eric Coulon
Eric Coulon

L’Hommée, nome del vino che ho avuto l’occasione di degustare, rimanda a un’antica unità di misura del terreno d’epoca prenapoleonica, usata per indicare l’area del vigneto che un singolo uomo era in grado di lavorare in un giorno. Un messaggio che lega inesorabilmente l’uomo al suo passato, al rapporto con la terra e a tutto ciò che di concreto ha da offrire, l’esatto opposto di alcuni stereotipi modaioli che ruotano attorno al mondo dello Champagne, vino antico, raffinato, e al contempo intriso di modernità, fascino, splendida attualità, soprattutto il merito va alla piacevolezza dello stesso che a mio avviso non deve mai mancare.
Queste le parole di Eric Coulon, doveroso da parte mia riportarle affinché la filosofia aziendale arrivi chiara e il messaggio completo: “Prendo la vigna così com’è, con il suo passato e il suo presente, la prendo nel suo insieme e mi adatto ad essa: moderando i suoi eccessi e regolandone l’equilibrio può dare il grande Champagne che questo terroir eccezionale consente“. Ciò che rende interessante Il risultato degli sforzi dei nostri protagonisti è proprio la diversità e molteplicità delle particelle che compongono la proprietà della Cantina, vigne scrupolosamente allevate in regime d’agricoltura biologica; una scelta fortemente voluta atta a preservare il futuro del territorio e di quest’importante denominazione del nord della Francia. Se ne contano all’incirca un centinaio di parcelle, tutte classificate premier cru: dieci ettari di vigna le cui peculiarità nascono da suoli e microclimi diversi che contribuiscono a forgiare una ricchezza aromatica ragguardevole e una sapidità di assoluto livello, caratteristiche che rendono alcuni Champagne irraggiungibili, nonostante altri territori europei, oggigiorno, abbiano compiuto passi da gigante.

L'uovo di Eric ed Edgar
L’uovo di Eric ed Edgar

L’età media delle viti è di 40 anni, tuttavia esistono vigne che risalgono addirittura al 1924, o altre molto particolari – come ad esempio Les Linguets del 1953 – a piede franco, allevata su terreni ricchi di sabbia capaci di impedire lo sviluppo della fillossera. A grandi linee le vigne di Coulon presentano un’esposizione a sud-est, un suolo calcareo e di argilla dello sparnaciano. Le varietà protagoniste sono pinot meunier (40%), pinot noir (30%) e chardonnay per la restante parte. La filosofia in vigna di Isabelle ed Eric Coulon è caratterizzata da uno stile ben preciso capace di riassumersi in poche parole: profondo rispetto per il terroir. Tutto ciò è dimostrato attraverso i fatti: regime biologico e agroforestale, si pratica l’inerbimento favorendo la vegetazione autoctona e varia e si utilizza l’aratro per lavorare la terra, così da conservare gli elementi naturali del suolo e contrastare il fenomeno dell’erosione. Rese molto basse, la longevità della vigna è affare assai importante e si ricerca attraverso l’adozione di pratiche che favoriscono la naturale attività microbiologica. Le vigne vengono protette mediante pratiche ben precise: profilassi e trattamenti mirati con zolfo, decotti vegetali e l’uso limitato di rame; acaricidi e insetticidi non vengono mai utilizzati.

Champagne Roger Coulon

Durante la primavera i vin clair vengono assaggiati tino per tino da Eric ed Edgar e successivamente assemblati. Un’altra caratteristica molto importante riguarda l’uso dei solfiti, spesso in Champagne è un problema, soprattutto per chi soffre di emicrania, tuttavia quest’aspetto per i Coulon è l’ennesimo elemento distintivo perché l’aggiunta degli stessi è limitata il più possibile e la quantità utilizzata è sempre inferiore alla media della denominazione. Non vengono effettuate chiarifiche o filtrazioni, lo scopo è mantenere profondità nei vini, a 360°, aderenza con il terroir e rispetto del frutto.
È tempo di occuparci del vino protagonista del mio articolo: L’Hommée, blend 60% chardonnay, 35% pinot noir e 5% petit meunier da Village Premier Cru in cui risiedono i terroir più importanti e rappresentativi del patrimonio della maison Roger Coulon. A determinare la scelta e la proporzione delle uve che compongono la cuvée, di anno in anno, è l’andamento bioclimatico. La densità di 8.500 ceppi / ettaro è ottenuta mediante una potatura ben calibrata, le piante si trovano a un’altitudine tra i 150 e i 230 m s.l.m. e presentano un’età che va dai 30 ai 50 anni, terreni composti da sabbie del Thanetano. Vendemmia rigorosamente svolta a mano e selezione in vigna. La maison opta per l’utilizzo di una pressa Bucher pneumatica da 4000 kg., breve decantazione per mantenere consistenza e composti fenolici, nessuno zuccheraggio. Segue fermentazione alcolica spontanea a bassa temperatura con lieviti indigeni in tini e piccole botti di rovere, malolattica svolta naturalmente. I vini base ottenuti vengono affinati in barili di rovere, da 300 a 600 L, per circa 10 mesi su feccia fine. Una piccola parte dei vini di riserva viene mantenuta sempre in rovere. Chiarifica naturale senza filtrazione prima della messa in bottiglia, presa di spuma controllata.

L'Hommée Premier Cru Roger Coulon

Roger Coulon da sempre punta sui lunghi affinamenti, caratteristica essenziale per dar vita a vini complessi e sfaccettati, dunque 5 anni d’affinamento sui lieviti – nelle cantine sotterranee del Domaine – è il periodo prescelto. Il vino appartiene alla categoria extra-brut, ergo il dosaggio è pari a 3 g/L, con liqueur tradizionale. Ulteriori 6 mesi di riposo post sboccatura, in questo caso avvenuta a luglio 2021.
12% Vol., il vino si palesa all’interno del calice in veste paglierino vivace, il perlage minuto, continuo, amplifica controluce nuance oro antico molto eleganti. Il naso è fortemente caratterizzato da suggestioni spigliate d’agrume e pâtisserie, scorza di cedro avvolta da un velo di croissant appena sfornato; in progressione ananas e albicocca disidrata, ribes rosso, anacardo e una spezia fine e incessante che sa di pepe bianco e yogurt alla vaniglia; con lenta ossigenazione sabbia umida e calcare.
In bocca l’attacco è deciso e dirompente, freschezza agrumata ai massimi e, post deglutizione, un ritorno morbido, sinuoso ed estremamente sapido che amplifica la persistenza ben oltre il minuto. Un vino godibile sin da ora, tuttavia un paio d’anni d’affinamento in cantina serviranno a rendere l’insieme ben più coeso e ad aumentarne la complessità; d’altronde la stessa maison assicura la longevità sino a 5 anni, a mio avviso anche qualcosa in più. L’ho abbinato a un piatto che adoro: tagliolini freschi di pasta all’uovo con finferli, abbinamento azzeccato a mio avviso.

Andrea Li Calzi

Andrea Li Calzi

È nato a Novara, sin da giovanissimo è stato preso da mille passioni, ma la cucina è quella che lo ha man mano coinvolto maggiormente, fino a quando ha sentito che il vino non poteva essere escluso o marginale. Così ha prima frequentato i corsi AIS, diplomandosi, poi un master sullo Champagne e, finalmente, nel giugno del 2014 ha dato vita con la sua compagna Danila al blog "Fresco e Sapido". Da giugno 2017 è entrato a far parte del team di Lavinium.

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio