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A Degustivina il futuro delle denominazioni siciliane


 

Degustivina 2005Se è vero che i venti della crisi continuano a soffiare sul mondo del vino italiano è ancora più vero che regioni come la Sicilia stanno soffrendo in maniera sicuramente più sensibile questo mutato stato di cose. Infatti, nonostante il vino siciliano sia “di moda”, è indubbio che ci sono ben due milioni di ettolitri di sfuso invenduto. E già…dei sette milioni di ettolitri che la Sicilia oggi produce solo poco più un milione vengono imbottigliati contro i sei milioni di sfuso che solo in minima parte riescono ad arrivare sul mercato, mentre solo parte dell’invenduto può essere dirottata alla distillazione di crisi o ancora a divenire mosto concentrato.
Due milioni sono rimasti, comunque, invenduti, inutilizzati e inutilizzabili.

Questo è quanto emerso chiaramente e drammaticamente lo scorso 28 novembre durante il convegno sul “Futuro delle Doc e Docg in Sicilia” tenutosi a Palermo in occasione della sesta edizione di “Degustivina, rosso ed altro…“. Quali, dunque, le prospettive per il futuro del vino siciliano? Alcuni (Assovini Sicilia, a meno che non si tratti, come qualcuno ha insinuato, di posizioni isolate nda) vedrebbero nella nascita di una o più Doc regionali la risoluzione di ogni male. Il nome “Sicilia” elevato da semplice Igt a Doc, secondo costoro, basterebbe da solo ad evocare nell’immaginario dei consumatori un fascino in grado da solo di risollevare l’intero settore vitivinicolo dell’isola.
In realtà l’unica cosa certa (almeno sulla carta) è che, in questo modo, si impedirebbe di imbottigliare fuori dai confini regionali, obiettivo che mi è sembrato prioritario da parte dei sostenitori di questa tesi. Secondo altri, invece, (tra i quali Daniele Cernilli – Gambero Rosso e il Conte Marzotto della Tenuta Baglio di Pianetto) l’imprimatur di una Doc regionale a larga gittata si tradurrebbe in un semplice iter puramente burocratico non in grado di vigilare sull’effettiva qualità dei vini e ritorcendosi contro la stessa. In questo modo si rischierebbe un danno irreparabile all’immagine dei vini isolani, immagine che è oggi molto positiva.

Io propendo più per questa seconda tesi. I due milioni di invenduto, infatti, non possono essere riqualificati dalla sera alla mattina e sembrerebbe, invece, più realistica e costruttiva una drastica riduzione di questi livelli produttivi in favore di una maggiore qualità. Questo dovrà avvenire non solo sfruttando la moda dei vitigni internazionali come è stato fatto, con intelligenza, fino ad oggi ma prestando sempre maggiore attenzione al patrimonio autoctono. In tal senso già sono stati avviati come ha avuto modo di evidenziare un altro convegno tenutosi nel pomeriggio della stessa giornata, durante la stessa manifestazione, sulla “Valorizzazione delle varietà autoctone e tradizionali siciliane“, una serie di progetti mirati e condotti con grande serietà e impegno scientifico (in particolare il progetto denominato Vinum Verum).
Si tratta di progetti che non aspettano altro che di poter mostrare i loro risultati e offrire il loro contributo concreto alla causa del vino siciliano. Il prossimo futuro sarà testimone e giudice di questa decisiva e determinante svolta produttiva. Anche per quanto riguarda le scelte che ho seguito nella mia degustazione ho privilegiato le etichette ottenute da vitigni autoctoni con qualche rara eccezione.
E’ importante sottolineare, infine, una considerazione di carattere generale prima di passare ai singoli vini. Sicuramente il Nero d’Avola dimostra di avere una marcia in più nella zona di sua originaria elezione, nella Sicilia sud orientale.
Eccovi un breve ma spero efficace resoconto della mia giornata palermitana:

Ajello (www.ajello.info): ho assaggiato un solo vino di questa interessante realtà di Mazara del Vallo. Si tratta del Majus Rosso, un nero d’Avola in purezza affinato in barrique. L’annata 2003 è stata particolarmente calda e anche il vino con i suoi portentosi 14 gradi alcolici ne porta i segni. Al naso si avvertono note di frutta rossa matura, confettura e spezie. Al palato, però, riesce a trovare un inaspettato ed equilibrato slancio grazie ad una buonissima verve acida ed una sapidità che rende il finale particolarmente saporito e lungo. @@@ (82/100)

Avide (www.avide.it): ho assaggiato in questo caso sia il vino base e portabandiera dell’azienda, il Cerasuolo di Vittoria Etichetta Nera 2003, affinato in acciaio 100%, sia un Nero d’Avola 2003 in purezza affinato per il 50% in barrique. Sospendo il giudizio su quest’ultimo troppo condizionato dal rovere mentre prefersico ricordare il Cerasuolo 2003 un vino semplice, molto piacevole e beverino, un classico vino per la tavola di tutti i giorni. @@ (80/100)

Baglio Hopps (www.bagliohopps.com): anche in questo caso ho assaggiato un solo vino. Un Nero d’Avola 2003 in purezza affinato in barriques che non ha brillato per personalità nè tecnica realizzativa. Piuttosto magro, leggermente diluito ed amaro nel finale. @@ (76/100)

Barone di Villagrande (www.villagrande.it): ho assaggiato tutta la produzione di quest’interessante azienda a conduzione familiare che opera sulle falde dell’Etna.
L’Etna Bianco Superiore 2004 è un vino ottenuto da uve carricante che si esprime su note calde, esotiche che, però, poco lasciano trasparire della minerale componente vulcanica del terroir. Ad ogni modo molto gradevole e ben fatto.@@ (80/100)
Più internazionale nell’impostazione e nel gusto il Fiore realizzato con Chardonnay ed un saldo di uve autoctone. Molto ben dosato rovere anche se il vino nell’insieme non risulta particolarmente emozionante: giocato su note di frutta matura e la speziatura del rovere. @@ (80/100)
L’Etna Rosso Doc 2003 è un vino di buona personalità ottenuto dall’80% di uve Nerello Mascalese ed un 20% di Nerello Cappuccio e/o Mantellato, dai tratti un pò rustici. @@ (80/100)
Lo Sciara Rosso 2003 è invece ottenuto con un 80% di uve Merlot e altre uve autoctone locali e viene affinato in barrique. Un vino dai sentori salmastri che ricordano le olive nere ed una maggiore mineralità vulcanica.@@@ (82/100)

Barone Sergio (www.baronesergio.it): un’altra realtà interessante con sede a Pachino in provincia di Siracusa.
Sergio 2004 è un Nero d’Avola in purezza che vede solo acciaio. Grande estrazione e maturazioni spinte, forse finanche troppo spinte, ed una caratterizzante nota affumicata che sembrerebbe conferire una connotazione più spiccatamente minerale al vino. Ad ogni modo una personalità decisamente maggiore rispetto a tanti molti altri campioni degustati a Palermo. @@@ (85/100)
Verdò 2003 è invece un Petit Verdot in purezza affinato parzialmente in rovere che non si discosta molto per impostazione dal Nero d’Avola seguendone lo sviluppo gustativo evidenziando nuovamente la nota fumè rilevata in precedenza. @@@ (83/100)
Le Mandrie 2003, infine, è un blend paritario di Nero d’Avola e Cabernet Sauvignon anche questo ben riuscito anche se forse di minor forza attrattiva. @@@ (81/100)

Calatrasi (www.calatrasi.it): azienda che ha vigneti fino in Tunisia e produce un numero elevato di etichette e bottiglie.
Il Terre di Ginestre Nero D’Avola 2003 è affinato in barriques. Il risultato è marcatamente segnato dal passaggio e dalla tostatura del rovere. Dalla sua ha però un prezzo decisamente molto conveniente. @@ (79/100)

Ceuso (www.ceuso.it): azienda agricola che ha sede in provincia di Trapani. Lo Scurati 2004 è un nero d’Avola in purezza che ricalca lo schema (abbastanza ripetitivo a dire il vero) di frutto e spezie e che difficilmente riesce ad andare oltre. Una ricerca di maggiore eleganza aiuterebbe a valorizzarne le sfumature. @@ (79/100)

Cottanera (sito in fase di aggiornamento): il Barbazzale Bianco Inzolia 2004 e il Barbazzale Rosso Nerello Mascalese 2004 sono i vini “base” di questa importante e famosa azienda dell’Etna eppure nella loro semplicità tradiscono una maggiore sincerità espressiva ed una maggiore facilità di beva. Il Bianco 2004 è un vino di grande freschezza minerale ed agrumata. @@@ (81/100)
Il Rosso, sempre 2004, gioca, invece, sulla dolcezza del frutto reso più austero da una nota tra lo speziato e il minerale che ne amplifica lo spettro aromatico. Coerente la sapidità al palato. @@@ (83/100)
La Mondeuse in purezza dell’Ardenza 2003 suscita, innanzitutto, curiosità. I dodici mesi in barrique sembrano ben dosati e sostenuti da una struttura di tutto rispetto. Il naso è abbastanza interessante con una nota particolarissima che ricorda la confettura d’arance. Lo sviluppo gustativo è segnato da potenza e muscolarità più che dall’eleganza. @@@@ (86/100)

Curatolo (www.curatolovini.com): un’altra azienda che non conoscevo e che ha mostrato qualità nella sua produzione.
Il Grillo 2004 è un vino che evoca la frutta esotica e dimostra una interessante personalità. Solo acciaio. @@ (80/100)
Il 2002 cru di Nero d’Avola (ma che in realtà cru non è, si tratta di una selezione nda) trascorre un anno in barriques ed offre una maggiore ampiezza di sfumature rispetto a molti suoi conterranei. @@ (80/100)
Il Cabernet Sauvignon Cru 2003 (ci risiamo…) è, però, sicuramente il vino più riuscito. Struttura ed una maggiore finezza aromatica compongono un quadro di apprezzabile intensità. @@@ (83/100)

C.V.A. Viticultori Associati Canicattì: i vini sono commercializzati con il marchio “Aquilae“.
Aquilae Nero d’Avola 2004 è vinificato in purezza. Vino di estrema semplicità espressiva: frutto chiuso e speziato. Piuttosto corto al palato. Anche questo ha, però, dalla sua parte il prezzo. @@ (79/100)

Feudo Arancio (www.feudoarancio.it): ramificazione siciliana del gruppo Mezzacorona.
Il Nero d’Avola 2003 è 100% nero d’Avola e vede solo acciaio. Naso giocato tra il frutto e le spezie. Un nota piacevole che ricorda la confettura di piccoli frutti di bosco. @@@ (81/100)

Lanzara (www.lanzarawines.com): azienda situata a Menfi in provincia di Agrigento.
Un altro Nero d’Avola in purezza, sempre un 2004 stavolta affinato per un 15% in barrique. Anche questo abbastanza classico nell’impostazione (ma che allo stesso tempo rischia di essere scontata e anonima) frutto-spezie. @@ (79/100)

Mandrarossa (www.mandrarossa.it): quello di Settesoli è un Nero d’Avola 2004 “base” molto ben fatto e dal prezzo particolarmente conveniente. C’è una nota pepata un pò diversa da quella che solitamente ricorre nel nero d’Avola e che mi ha fatto sospettare ad una vinificazione non in purezza. @@@ (81/100)

Planeta (www.planeta.it): azienda che non ha bisogno di presentazioni. Ho assaggiato solo il Santa Cecilia 2001, nero d’Avola in purezza, affinato in rovere. Note catramose, di goudron tradiscono la tostatura del legno. Il vino non manca, però, certo di struttura e sostanza. @@@ (82/100)

Rallo (www.cantinerallo.it): altra azienda storica del panorama siciliano. Uno dei Nero d’Avola 2004 che mi ha lasciato più perplesso. Corretto, pulito ma quasi irriconoscibile per quanto morbido e fruttato. @@ (79/100)

Scilio (www.scilio.com): diverse cosettine inetressanti pe questa azienda sulle pendici dell’Etna.
L’Etna rosso 2003 da uve nerello mascalese (80%) e capppuccio(20%) mostra una nota leggermente rustica ed una certa semplicità d’impianto.@@ (80/100) Più affascinante Orpheu 1999 sempre un Etna rosso che vede ilpassaggio in barruqes di 1° 2° e 3° passaggio. Sensazioni nebbiolose decisamente evolute e terziarie ma integre. @@@ (85/100)
Il Nero d’Avola Talia 2003 ha subito anch’esso un leggero passaggio in legno. Il vino è ben fatto ma non riesce ha siscitare lo stesso interesse dei titigni etnei.@@ (79/100)
Infine il Sikelios 2003 un vino rosso dolce che ricorda un cherry per quanto la ciliegia satura letteralmente il bicchiere del suo aroma. Molto interessante. @@@ (84/100)

Tenuta dell’Abate (www.tenutadellabate.it): Piccola azienda dalla produzione attentamente curata ed apprezzabile.
Il Lissandrello Inzolia 2004 ha un’interessante acidità agrumata e colpisce anche al palato dal punto di vista della persistenza. @@@ (81/100)
Il Montepalco Nero d’Avola 2004 ritorna invece dentro lo schema meno originale e più scontato di frutto e spezie condito, però, nello specifico da una vivace nota pepata. @@ (80/100)

Tenuta di Serramarrocco (www.serramarrocco.com): un pò più di umiltà non guasterebbe. La qualità dei vini è senza dubbio superiore alla media ma certo stare lì a declamare premi, articoli e riconoscimenti ricevuti non è quello che uno vorrebbe stare ad ascoltare da un produttore.
Il Baglio di Serramarrocco 2004 è un nero d’avola 100% affinato in solo acciaio. La frutta rossa, dolce e matura, e le spezie sono in questo caso supportate ed arrichite da una piacevole nota salmastra. @@@ (81/100)
Il Nero di Serramarrocco 2003 è sempre un nero d’Avola in purezza più difficile da inquadrare. Una certa dolcezza tradisce il passaggio in piccole botti di rovere pur trattandosi di botti usate. Al naso una nota di pepe bianco ed una certa balsamicità ravvivano il quadro gustativo. @@@ (81/100)
Il Serramarrocco 2002 è un cabernet sauvignon in purezza di chiara ispirazione bordolese ed è il vino di punta aziendale. Continua ad esprimersi su un registro di dolcezza al palato ma con maggiore eleganza al naso. @@@ (85/100)

Terriliade (www.terriliade.com): azienda del gruppo Santa Margherita.
Il Nirà 2003 è un nero d’Avola in purezza che ricorda la confettura di more al naso dove tradisce l’avvenuto passaggio in barrique. Vino di medio cabotaggio. @@ (80/100)

Baglio di Pianetto (www.bagliodipianetto.com): il Conte Marzotto dopo essere andato in pensione dalla Santa Margherita si è messo in proprio e lancia una nuova scommessa sui monti vicino a Palermo. Qui vengono prodotti i bianchi ed il merlot mentre il nero d’avola proviene da un altra tenuta in provincia di Noto (Siracusa).
Bella prova del Ficiligno 2003. Questo bianco a base di inzolia e viognier mostra un acidità tagliente e intriganti profumi di montagna. Molto interessante. @@@ (81/100)
Il Piana del Ginolfo 2003 è ottenuto da uve 100% viognier ed è fermentato in rovere. Per me troppo invasivo l’apporto dei legni francesi anche se mantiene una buona acidità di sostegno. @@ (79/100)
Il Pian dei Cembali 2002 è un blend di Nero d’Avola e Merlot ancora un pò scomposto e scollegato. Non riesce ad esprimere una personalità ben definita nonostante la realizzazione impeccabile dal punto di vista enolgico. @@ (80/100)
Il Pian dei Salici 2002 è sicuramente il vino più riuscito ed interessante anche se non particolarmente emozionale. Un vino strutturato ed elegante. @@@ (84/100)

Sallier del La Tour (www.sallierdelatour.it): quest’azienda che a dispetto del nome è 100% siciliana. Prezzi molto interessanti considerata la qualità media elevata dei prodotti.
Il Syrah 2002 mostra qualche nota vagamente animale che confonde il quadro olfattivo. Un vino per il resto molto ben fatto e decisamente con una marcia in più rispetto a molti altri syrah siciliani. @@ (80/100)
Nel Cabernet Sauvignon 2002 è piuttosto difficile riconoscere il varietale (almeno al naso). E’ flebile, appena accennato, ricorda molto il vino che lo ha preceduto e non riesco a metterlo a fuoco pienamente. @@ 79/100
Il Merlot 2002 secondo me è il migliore dei tre monovarietali, più elegante ed espressivo, mostra anche un pò di carattere e personalità in più. @@@ (82/100)
Sallier de La Tour 2001: uno dei migliori vini degustati a Palermo. Eleganza, finezza, struttura e complessità aromatica. Un blend di tutti e tre i vitigni internazionali più un tocco di Nero d’Avola. Se mostrasse al palato la stessa armonia che lascia percepire al naso volerebbe ancora più in alto. @@@@ (87/100)

Sicilia felix a tutti   

 

Fabio Cimmino

Napoletano, classe 1970, tutt'oggi residente a Napoli. Laureato in economia, da sempre collabora nell'azienda tessile di famiglia. Dal 2000 comincia a girovagare, senza sosta, per le cantine della sua Campania Felix. Diplomato sommelier ha iniziato una interminabile serie di degustazioni che lo hanno portato dapprima ad approfondire il panorama enologico nazionale quindi quello straniero. Ha partecipato alle più significative manifestazioni nazionali di settore iniziando, contemporaneamente, le sue prime collaborazioni su varie testate web. Ha esordito con alcuni reportage pubblicati da Winereport (Franco Ziliani). Ha curato la rubrica Visioni da Sud su Acquabuona.it e, ancora oggi, pubblica su LaVinium. Ha collaborato, per un periodo, al wineblog di Luciano Pignataro, con il quale ha preso parte per 2 anni alle degustazioni per la Guida ai Vini Buoni d'Italia del Touring. Nel frattempo è diventato giornalista pubblicista.

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