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Zafferano: non solo risotto!

Liquore allo zafferanoAvete presente il risotto giallo alla milanese, dal profumo inebriante di zafferano, vanto storico della cucina ambrosiana? Quello stesso risotto che Pellegrino Artusi inserì in tre versioni diverse nel suo storico ricettario del 1891? Bene, lasciate da parte per un momento il risotto e concentratevi sullo zafferano.
La mitologia greca attribuiva la nascita dello zafferano all’amore di un bellissimo giovane, di nome Krokos, che ebbe la ventura di invaghirsi della ninfa Smilace, favorita del dio Hermes. Il nume, per vendicarsi di Krokos, trasformò il giovane nel bellissimo fiore dello zafferano (krokos, in greco).
Passando dalla leggenda alla storia, lo zafferano è conosciuto da millenni; se ne parla nei papiri egiziani del II secolo a.C., nella Bibbia, nell’Iliade. Lo citano nelle loro opere Virgilio, Plinio e Ovidio. Isocrate si faceva profumare i guanciali con lo zafferano prima di andare a dormire, e le donne troiane lo usavano per profumare i pavimenti dei loro templi. Dall’Asia la coltivazione si estese in varie parti del mondo arrivando anche in Tunisia, e da qui in Spagna. E proprio dalla Spagna arrivò in Italia, per mano del monaco domenicano Santucci, nativo della cittadina abruzzese di Navelli. A Toledo, attorno al 1230, si svolgeva il sinodo che avrebbe istituito l’inquisizione; a quell’epoca faceva parte del tribunale anche il Santucci, grande appassionato di leggi canoniche non meno che di gastronomia. Santucci si innamorò della piccola pianta dello zafferano e la portò con sé a Navelli, pensando che potesse adattarsi bene al clima della sua terra. Infatti lo zafferano trovò in Abruzzo un habitat molto favorevole, e in breve la coltura si estese nei dintorni dell’Aquila, dove venne avviato un proficuo commercio con grandi città mercantili come Venezia, Milano, Francoforte, Norimberga, Vienna e Marsiglia. Con l’arrivo dei Borboni la coltivazione si estese fino a raggiungere i 450 ettari, mentre dopo l’unità d’Italia iniziò un periodo di lento declino, che si interruppe solo nei primi anni settanta del XX secolo.
Oggi lo zafferano è ritornato in auge nei ristoranti e sulle tavole di tutta Italia, oltre che di molti altri Paesi del mondo.
Dello zafferano vengono utilizzati a scopi alimentari solo gli stimmi dei fiori, che possono presentarsi sul mercato come filamenti (e si tratta allora degli stimmi semplicemente essiccati) oppure in polvere (in questo secondo caso gli stimmi sono essiccati e successivamente polverizzati). Si presentano di colore rosso aranciato, con un odore particolare, acuto, e con un sapore amaro e fortemente aromatico; il rosso degli stimmi, a contatto con i liquidi, produce una colorazione intensamente gialla, quella colorazione che ha reso così inconfondibile il tradizionale risotto alla milanese.
In passato lo zafferano è stato molto usato nella farmacopea. È infatti un ottimo stimolante dell’appetito, sedativo della tosse, analgesico gengivale, eccitante della motilità gastrica e, dicono alcuni, anche afrodisiaco. È inoltre ricco di vitamina A, B1 e B2, entra nella composizione di preparati sedativi e antispasmodici e in alcune preparazioni galeniche; è infine balsamico contro le ulcere e pare rafforzare il cervello e la memoria. In cosmetica trova da sempre largo impiego come colorante profumato, mentre in campo culinario viene usato nei risotti, negli gnocchetti, nella bouillabaisse, nel cacciucco e nel trattamento della pasta di alcuni formaggi, sia italiani sia francesi.
Non è finita. Lo zafferano è un ingrediente prezioso anche per l’industria liquoristica. A Civitaretenga, nella piana di Navelli, si produce l’elisir ZAFF 99, che unisce anche nel nome il prefisso della parola “zafferano” con il numero 99, a ricordo della fondazione della città dell’Aquila da parte dei suoi 99 contadi. Bevanda alcolica naturale, a base di estratti di erbe rare e incontaminate fra cui predomina l’inconfondibile sapore dello zafferano, il giallissimo ZAFF 99 è ottimo come eupeptico, come corroborante e come semplice dissetante; si può bere tutti i giorni dell’anno, d’inverno per combattere il raffreddore, con una tazza di vin brûlé, e d’estate usandolo come base per cocktail, e magari versandolo in piccole dosi su una coppa di gelato. Liquori a base di zafferano si trovano anche nelle altre regioni italiane in cui si è propagata la coltivazione del bellissimo fiore roseo – violaceo: ad esempio in Umbria (da segnalare le piccole produzioni di Giusto Magrelli e dell’Azienda Agricola La Romita di Valle Fuino) e in Sardegna (il Villacidro Giallo di Murgia). Senza dimenticare il più celebre dei produttori, Strega Alberti di Benevento, che nell’infusione alcolica del suo storico Liquore Strega aggiunge da sempre lo zafferano.

Piero Valdiserra

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