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Taste Alto Piemonte 2023, una panoramica su un territorio complesso e affascinante

I calici pronti per la degustazione ai banchi d'assaggio
I calici pronti per la degustazione ai banchi d’assaggio

Tanti anni di esperienza mi hanno insegnato molte cose, ad esempio che assaggiare vini in batteria senza conoscere il territorio e le persone che ne hanno determinato l’esistenza, li trasforma in puro oggetto di consumo; valutarli su un piano tecnico che prescinda da quei sostanziali aspetti, è considerare il vino come qualcosa di asettico i cui confini sono dentro la bottiglia, significa non riconoscerne la storia, le dinamiche che lo hanno generato e che lo renderanno un racconto complesso e in continua evoluzione.

Locandina Taste Alto Piemonte 2023

Il vino è uno straordinario trait d’union tra l’uomo e la terra, non è solo un insieme di terpeni, tioli, metossipirazine, resveratrolo, rotundone, antociani, acido tartarico, lattico, malico… pensate cosa sarebbe oggi se non ci fossero stati Veronelli, Soldati, Brera a raccontarci delle genti e dei luoghi, della cultura e delle tradizioni che ruotavano intorno ad esso: un emerito sconosciuto, buono o cattivo, punto.
Sì, certo, non sempre puoi fare un approfondimento di luoghi e persone, ma pensare di poterne fare a meno è un’ingenuità, lo dimostra il fatto di quanti vini costruiti in cantina, frutto di ben precise scelte orientate al mercato, siano stati premiati e osannati, mentre altri meno appariscenti ma più veri abbiano dovuto faticare per venire alla luce.

Situazione al 20 aprile nell'area del Bramaterra
Situazione al 20 aprile nell’area del Bramaterra

Molti, moltissimi hanno ritenuto che Veronelli avesse esagerato con la sua famosa frase “il peggior vino contadino è migliore del miglior vino industriale”, ma è chiaro che si trattava di una provocazione, di un tentativo di farci riflettere, del resto estrapolare una singola frase dal contesto è sempre fuorviante, infatti lui sottolineava quanto sia importante che la produzione sia a conduzione famigliare, che non ci si può allargare all’infinito perdendo il controllo di ciò che si produce e trovandosi nella necessità di affidarlo ad altri; non negava l’importanza di una conoscenza tecnica nel lavoro di cantina, ma rifiutava il fatto che questa finisse per sovrastare il vino stesso imbavagliandolo e trasformandolo a piacimento in qualcos’altro; se l’uva è sana e colta al momento giusto, in cantina devi solo salvaguardarla, l’intervento enologico deve essere minimo, non invasivo. Difficile non essere d’accordo.

Mattia Antoniotti durante il press tour dedicato al Bramaterra
Mattia Antoniotti durante il press tour dedicato al Bramaterra

L’Alto Piemonte è un territorio che offre un’infinità di sfaccettature, grazie alla diversità dei terreni, delle altitudini, dei climi, dei sistemi di allevamento, delle culture, tornarci è per me sempre un piacere. Tutti aspetti che trovo in molti vini, cosa mai scontata, spesso con risultati davvero emozionanti.
Sabato 15 aprile, nei consueti ambienti del Castello di Novara, sono stati proposti 46 vini provenienti dalle diverse denominazioni del territorio: Colline Novaresi, Boca, Fara, Ghemme e Sizzano nella provincia di Novara, Coste della Sesia e Bramaterra (province di Vercelli e Biella), Gattinara (Vercelli), Lessona (Biella) e Valli Ossolane (Verbano-Cusio-Ossola).
A corredo era previsto, come negli anni precedenti, un press tour in alcune zone, non solo per vigneti e aziende, ma anche in luoghi dove puoi avere una visione ad ampio spettro di questo splendido territorio.
Quest’anno abbiamo messo a fuoco l’area del Bramaterra Doc, un vino che in una decina d’anni ha avuto una straordinaria evoluzione, grazie anche all’incremento del numero di aziende che hanno portato linfa in un luogo di cui un tempo la vigna occupava gran parte. Ad accompagnare un folto numero di giornalisti italiani ed esteri, Mattia Antonioli, figlio di Odilio, uno degli uomini che hanno fatto grande il Bramaterra.

Vigneti nell'area del Bramaterra con le reti antigrandine
Vigneti nell’area del Bramaterra con le reti antigrandine

Colpisce vedere come molte aziende abbiano deciso di correre ai ripari a causa di un clima sempre più imprevedibile, mettendo le reti antigrandine, unico metodo di protezione possibile, anche se poco pratico durante la potatura e la vendemmia. L’Alto Piemonte sta vivendo da alcuni anni anche un nuovo nemico della vite, lo scarabeo Popillia Japonica, terribilmente infestante e capace di spogliare completamente le piante divorando le foglie dall’alto in basso. Questo insetto ha messo in crisi anche chi lavora in biologico, che si è trovato costretto a dover trattare, pena la perdita totale dei vigneti.

Vigneti nell'area del Bramaterra con le reti antigrandine

Per fortuna, una volta tanto, il clima siccitoso del 2022 ha reso possibile eliminare questi insetti dalle viti con un solo trattamento, ma finché non si troverà un antagonista o altre soluzioni per tenerli sotto controllo, sarà praticamente impossibile non usare prodotti chimici.
Dopo l’area del Bramaterra ci siamo spostati nell’area dove si produce il Boca Doc, che condivide alcuni aspetti di quella del Bramaterra: zona altamente vocata alla viticoltura e poi in gran parte abbandonata con lo sviluppo dell’industrializzazione, grande quantità di boschi, terreni dove il porfido è ben presente, anche se con contenuto di minerali differente.

Marco Bui delle Tenute Guardasole
Marco Bui delle Tenute Guardasole

Qui abbiamo percorso la Strada della Traversagna fino a raggiungere l’azienda Tenute Guardasole quasi al confine tra Grignasco e Boca, dove ci attendeva il titolare Marco Bui. La particolarità delle sue vigne sta nel fatto che sono state impiantate tra la fine dell’800 e i primi del ‘900 con le varietà disponibili all’epoca; ovviamente da allora ci sono stati avvicendamenti, abbandoni, reimpianti, fino al 2008, quando Marco ha reintrodotto le due varietà principali che caratterizzano il Boca: nebbiolo e vespolina.

Vigneti Tenute Guardasole
Vigneti Tenute Guardasole

Ha impostato da subito i suoi 2 ettari vitati lavorando in biologico, forte di una condizione climatica favorevole, grazie alla protezione portata dalle non lontane alpi (nelle giornate terse si vede bene il Monte Rosa) che mitigano le correnti fredde e alla presenza abbondante di boschi, su suolo morenico con forte contenuto di porfido e ciottoli granitici.
Infine un piacevole ritorno da Andrea Ioppa a Romagnano Sesia, terra di produzione del Ghemme Docg, nella sua azienda è possibile vedere un piccolo impianto a maggiorina, caratteristico sistema di allevamento adottato in passato in alcune aree dell’alto Piemonte, soprattutto nel Novarese. La famiglia Ioppa ha fatto un grande lavoro di ristrutturazione dell’azienda, in chiave moderna ma perfettamente inserita nel paesaggio circostante. Dal 1872 sette generazioni si sono succedute nel lavoro vitivinicolo, diventando una delle realtà più importanti con i suoi 37 ettari vitati.

Una lingua di vigna delle Tenute Guardasole
Una lingua di vigna delle Tenute Guardasole

La mattina di sabato 15 aprile abbiamo potuto degustare 46 campioni delle ultime annate delle diverse denominazioni dell’Alto Piemonte: un bianco e sette rossi proveniente dalle Colline Novaresi Doc, due Coste della Sesia Doc, quattro Boca Doc, due Bramaterra Doc, tre Fara Doc, cinque Gattinara Docg, 11 Ghemme Docg, cinque Lessona Doc, due Sizzano Doc e quattro Valli Ossolane Doc.

Un esempio di sistema di allevamento della vite a maggiorina presso l'azienda Ioppa
Un esempio di sistema di allevamento della vite a maggiorina presso l’azienda Ioppa

Dopo tanti anni che si svolge questo evento, mi sarei aspettato una partecipazione più numerosa, mancavano aziende presenti in precedenti edizioni come Travaglini, Francesco Brigatti, Pietro Cassina, Davide Carlone, Chiovini & Randetti, Fabio Zambolin, Poderi Garona, La Prevostura, Nervi, Bianchi, Colombera & Garella, Le Pianelle, Costacurta, Tenuta Il Corvo, Imazio, ECA di Alessandro Bonacci, Villa Mercante, Lorenzo Ceruti, Roccia Rossa, Alessio Grossini, Madonna dell’Uva, Cascina Preziosa, La Psigula, Cascina Montalbano e probabilmente qualcun’altra che mi sfugge.

Le vasche d'acciaio nella cantina Ioppa
Le vasche d’acciaio nella cantina Ioppa

Premesso che aspettarsi una partecipazione in massa è utopistico, ogni azienda sceglie dove e come investire, a volte ha altri impegni inderogabili, altre volte ritiene che il vino non sia pronto (di alcune erano presenti i vini ai banchi d’assaggio come Brigatti e Cassina), c’è da dire però che il territorio è molto vasto e coinvolge tante denominazioni e produttori, pertanto dispiace vedere che ci siano solo due aziende per ciascuna denominazione a rappresentare Coste della Sesia, Bramaterra e Sizzano. Non so le ragioni di una così limitata adesione, ma è un vero peccato perché questa è l’occasione più importante per farsi conoscere dalla stampa italiana ed estera, ma anche da un pubblico che accorre sempre numeroso e interessato.

Il primo trattore dell'azienda Ioppa rimesso a nuovo
Il primo trattore dell’azienda Ioppa rimesso a nuovo

LA DEGUSTAZIONE
N.B. Ancora una volta, come ho già scritto in altri contesti, ci tengo a sottolineare quanto il sughero stia creando problemi, soprattutto nella difformità tra una bottiglia e l’altra. Non sempre è possibile farsi aprire più bottiglie, soprattutto il problema nei tappi di oggi non è il classico TCA, riconoscibile facilmente, ma deviazioni che spesso rendono il vino piatto, poco nitido, seccante al palato, a volte con cenni ossidativi, condizioni che possono essere male interpretate e attribuite al vino se non lo si conosce già. È una delle ragioni per cui faccio sempre più di rado degustazioni alla cieca.
In quest’ottica trovo giusto scriverne, perché tra i vini degustati ne ho trovati alcuni con problemi riconducibili al tappo, non in tutti i casi risolti con un altro assaggio, pertanto non tratterò quei vini perché non è giusto penalizzarli.

Vigneti nell'area del Bramaterra
Altra vigna nell’area del Bramaterra

₪₪₪₪ COLLINE NOVARESI ₪₪₪₪

Colline Novaresi Bianco Costa di Sera dei Tabacchei 2022 Alfonso e Riccardo Rinaldi: ci tengo a indicare padre e figlio, perché Alfonso ha ceduto l’azienda a Riccardo proprio con l’annata 2022, infatti il nome riportato in etichetta è il suo. Il Costa di Sera è ottenuto rigorosamente da erbaluce, l’uva bianca tipica dell’alto Piemonte. Passaggio di mano, dunque, ma non del tutto, visto che le vigne sono due e quella più piccola la segue ancora con orgoglio Alfonso, con i suoi 84 anni e un’anima rock ferita dalla perdita dell’adorata moglie Gianclara, compagna di vita alla quale era legato profondamente.
Non so quanto possa incidere su questo vino il lavoro di Riccardo, ma sicuramente il clima fa la sua parte, l’annata è stata molto calda e si è salvata solo grazie a qualche pioggia nei momenti giusti. Gli effetti si sentono sul vino, i cui tratti verdi e fortemente agrumati tipici dell’erbaluce giovane, ora appaiono più maturi, le erbe aromatiche si affiancano a un frutto già piacevole e giustamente pronto, non mancano sfumature di pompelmo e arancia gialla; bocca molto gradevole, fresca, con un buon ritorno agrumato, già godibile ma con una bella stoffa, un vino che racconta molto di quel lembo di terra a Suno e di una storia iniziata 40 anni fa.

Colline Novaresi Nebbiolo Il Sorno 2019 Cantine Cogo: seconda annata di questo nebbiolo allevato in biologico dal bel colore rubino vivace, naso dai toni di rosa scura, viola, polpa di ciliegia, c’è una certa grassezza nel frutto, inizio di speziatura, liquirizia; al palato è piuttosto asciutto, con un tannino ancora giovane e un corpo giusto, non opulento, c’è una buona risposta fruttata, tutta la sua giovinezza arriva dalle viti. Promettente. Aspettiamo con impazienza le prossime annate…

Lorella Zoppis Antoniolo (vicepresidente del Consorzio Tutela Nebbioli Alto Piemonte) e Andrea Fontana (presidente) durante la presentazione dell'evento ai giornalisti
Lorella Zoppis Antoniolo (vicepresidente del Consorzio Tutela Nebbioli Alto Piemonte) e Andrea Fontana (presidente) durante la presentazione dell’evento ai giornalisti

Colline Novaresi Nebbiolo 2020 Cantina La Smeralda: cantina recentissima, condotta dai fratelli Eleonora e Luigi a Briona, ci propone la loro prima annata di questo interessante nebbiolo dal colore rubino con unghia leggermente granata, ha una nota netta di ciliegia, piccoli frutti croccanti, profumi diretti e immediati, giovanili; al palato mostra un tannino ancora nervoso, ha una polpa fruttata stimolante, siamo ovviamente agli inizi del percorso, ma anche in questo caso le premesse sembrano più che convincenti.

Colline Novaresi Nebbiolo Giulia 2019 Enrico Crola: dedicato alla figlia questo vino ha dimostrato già in passato di non temere minimamente di invecchiare, presenta un colore granato di bella intensità, richiami alla violetta e alla rosa, ciliegia matura, ginepro, afflati speziati; al palato è fresco, con una buona corrispondenza fruttata e speziata, tannino rifinito, sicuramente in crescita.

Il Castello di Sopramonte
Il Castello di Sopramonte a Prato Sesia

Colline Novaresi Nebbiolo Valentina Vendemmia Tardiva 2017 Il Roccolo di Mezzomerico: granato di una certa profondità, naso maturo, caldo, molto fruttato, ma anche speziato, al palato esprime con chiarezza la maturità dell’uva, mostrando un frutto spinto, prugna, ciliegia nera, addirittura sfumature di china e liquirizia, i tratti dell’annata sono palpabili e ben interpretati.

Colline Novaresi Nebbiolo Opera 32 2018 La Capuccina: qualcosa è andato storto, probabilmente alcune bottiglie hanno avuto dei problemi. Alla terza prova finalmente ritrovo quel vino in cui Gianluca Zanetta aveva fortemente creduto, ha colore granato trasparente, una bella definizione di frutto e una speziatura finissima, dove emerge con dolcezza la liquirizia; bocca avvolgente, fresca, speziata il giusto, con il legno molto più integrato rispetto al passato.

₪₪₪₪ COSTE DELLA SESIA ₪₪₪₪

Coste della Sesia Nebbiolo 2020 Tenute Vercellino: altra azienda neonata, nel 2020 in pieno covid, Lorenzo e Giulia Vercellino hanno tenuto duro e grazie a loro abbiamo un campione proveniente da Valdengo, nell’area della Doc Coste della Sesia. Meno male! Perché mi è piaciuto molto, pur riconoscendone l’estrema giovinezza, la vena floreale delicata e il frutto pulito e fresco rappresentano un bouquet invitante, che trova una buona corrispondenza al palato, dove affiorano sfumature pepate e una trama suggestiva e corroborante.

La panchina gigante al Castello di Sopramonte
La big bench di Chris Bangle è arrivata anche al Castello di Sopramonte

Coste della Sesia Nebbiolo Castellengo 2015 Centovigne: è da un po’ di anni che degusto questo vino di Alessandro Ciccioni e devo dire che ha una costanza qualitativa indiscutibile. Anche la versione 2015 (8 anni dalla vendemmia…) gode di una vitalità che ben nasconde la sua origine temporale: ha colore granato trasparente, offre con slancio note di viola e iris, ciliegia e gelso, palato vivo, fresco, molto gradevole, a tratti balsamico, con un finale che rivela piacevoli cenni speziati.

₪₪₪₪ BOCA ₪₪₪₪

Boca 2019 Le Piane: il buon Christoph Künzli, al quale tutti riconoscono il fondamentale contributo alla rinascita del Boca, continua ad essere uno dei punti di riferimento per l’eleganza che riesce ad ottenere nei suoi vini. Il 2019 ha colore rubino granato medio, naso spiccatamente floreale, un vero bouquet nel senso del termine, una gamma di fiori infiniti, dalla rosa alla viola, dall’iris al ciclamino e persino al tiglio, per poi distendersi su piccoli frutti di bosco e sfumature di erbe aromatiche. Anche al palato è giocato tutto sull’eleganza, c’è una speziatura delicata che accompagna un finale più sottrattivo che opulento, una bellissima interpretazione dell’annata.

Boca 2018 Barbaglia: il Boca di papà Sergio e Silvia Barbaglia è storicamente un vino dal timbro del tutto riconoscibile; si differenzia dagli altri per il suo incedere austero, severo, poco disponibile da giovane ma entusiasmante con il passare degli anni. Questa versione propone un frutto denso e profondo, note di macchia mediterranea, cenni di cuoio; sorso intenso e nervoso, con richiami selvatici e un equilibrio ancora piuttosto lontano. Verace, diretto, senza mezze misure, ci avvisa che dobbiamo saperlo aspettare.

Boca 2018 Tenuta Guardasole: quello di Marco Bui, invece, sembra avere vissuto in pieno l’annata, mostrando un colore granato netto, una trama olfattiva matura che esalta il frutto e sfumature di cipria; al gusto mantiene lo stesso linguaggio di maturità, con un tannino quasi risolto che nel finale si accompagna a una piacevole balsamicità.

Anna Sertorio di Podere ai Valloni ritratta da
Anna Sertorio di Podere ai Valloni ritratta da Stefano Pescio (http://unconventionalphotography.it/)

Boca Vigna Cristiana 2013 Podere ai Valloni: questo è uno di quei casi in cui fatico a comprendere come mai un vino con delle potenzialità straordinarie come questo, perché la materia è di prim’ordine, capiti a volte che presenti delle impurità, qui un filo ossidativo e toni non del tutto puliti; sotto si sente una giusta maturità, richiami al tabacco, al cuoio, ma manca di slancio e definizione; al palato conferma la stessa impressione, questa evoluzione piuttosto in avanti non torna con le qualità di questo vino che conosco da tanto tempo e qui appare in tono minore, peccato.

₪₪₪₪ BRAMATERRA ₪₪₪₪

Bramaterra 2019 Odilio Antoniotti: passiamo a un’altra denominazione, firmata da Odilio e Mattia Antoniotti, un vino che ogni volta mi emoziona; ha colore rubino con cenni granati, naso di incredibile finezza, floreale ma anche terragno, richiama le radici, il sottobosco, ricami speziati; bocca precisa, molto fine, con un bel ritorno fruttato croccante e un tannino ben calibrato, ineccepibile.

Bramaterra Balmi Bioti Riserva 2018 La Palazzina: l’assaggio di questo vino mi conferma che la 2018 è stata un’annata difficile, che ha dato risultati altalenanti; apre con un colore granato con ricordi rubini, al naso arrivano profumi di fiori secchi e appassiti, sfumature di rabarbaro ed erbe aromatiche; al palato manca ancora di equilibrio, ma la trama si rivela interessante e di ampio spettro, chiede solo tempo per assestarsi.

₪₪₪₪ FARA ₪₪₪₪

Fara Barton 2020 Gilberto Boniperti: l’azienda di Gilberto Boniperti si trova a Barengo, dove si produce questa doc di notevole interesse; unica 2020 presentata dei tre campioni, quindi la più giovane eppure già perfettamente inquadrata: ha colore granato medio, bell’impatto floreale di rosa, viola e agapanto, poi pepe, ciliegia e susina, gli effluvi sono freschi e richiamano un velo agrumato; al palato non può che essere ancora scalpitante, ma la finezza e il tannino ben integrato testimoniano un vino che già ora può conquistare molti appassionati.

Fara Lochera 2018 Cantinoteca dei Prolo: Christina Prolo ci propone un rosso dai toni profondi e giustamente maturi, con note di prugna e susina, ricordi di fiori appassiti, sfumature di incenso; bocca coerente, scura nei toni, tannino ben dosato, un vino che ha bisogno di tempo per tirare fuori tutto quello che ha da offrire, ma è molto promettente.

Fara 2018 Francesca Castaldi: chiede tempo per aprirsi all’olfatto, poi regala note floreali di magnolia e viola, un frutto composito e cenni di ginepro ed erbe aromatiche; al palato è succoso, piacevole, molto fruttato e con una speziatura fine e ben inserita in un contesto che non manca di fascino.

₪₪₪₪ GATTINARA ₪₪₪₪

Gattinara 2019 Luca Caligaris: più vini assaggio della 2019, anche in altre zone d’Italia, e più sono convinto che sia un’annata davvero interessante; il Gattinara di Luca Caligaris ha colore granato con cuore ancora rubino, naso con un bel frutto espresso, molto giovane, si sente anche il tratto floreale; bocca austera ma di grande freschezza, con un tannino importante e di qualità, bel vino in sicura progressione.

Gattinara 2019 Franchino di Raviciotti Alberto: granato medio, anche qui non manca la componente floreale, si sente il tratto ferroso, minerale, al palato conferma una bella espressione, incisività, tracce saline e un bel ritorno fruttato pieno. Futuro radioso.

Gattinara Il Putto 2019 Cantina Delsignore: naso di incenso e spezie camaldolesi, molto particolare (non lo ricordo così in assaggi passati); al palato è ancora difficile, con un’acidità che deve integrarsi nella polpa, tannino ancora teso. Uno di quei vini che spero di riprovare, perché potrebbe dipendere da una bottiglia non felice.

Gattinara 2017 Stefano Vegis: granato evoluto, naso caldo e maturo, un po’ chiuso, non del tutto definito, al palato recupera un bel gioco di frutta e spezie, si sente l’annata calda, ha comunque una notevole bevibilità e un finale decisamente balsamico che invoglia a berne.

Le Alpi viste dal Castello di Sopramonte

Gattinara San Francesco Riserva 2018 Antoniolo: la classe di questo vino, spesso ingiustamente sovrastato dall’Osso San Grato, emerge con chiarezza in un’annata che ha messo a dura prova non poche zone. Ha colore granato, naso giovane e molto floreale (a dimostrazione del suo notevole pedigree), richiami di ciliegia e sfumature pepate; al palato conquista per intensità espressiva, ha un tannino molto fine, elegante, materia equilibrata e in bella progressione.

₪₪₪₪ GHEMME ₪₪₪₪

Ghemme Il Matto 2018 I Dof Mati: rubino con riflessi granata, naso con note fruttate spiccate e piacevoli; al palato è fresco ma al contempo manca un po’ di definizione, a tratti maturo a tratti verde, sicuramente è una fase, da aspettare.

Ghemme 2018 La Piemontina: naso di cipria e fiori, interessante, c’è anche la ciliegia, ha toni delicati e fini, al gusto ha una buona risposta di frutto, tannino misurato, una punta dolce e piacevole.

Ghemme 2017 Filadora: l’annata calda non aiuta questo vino che è in una fase “ritirata”, con note che virano verso i fiori secchi, il frutto scuro; al palato conferma una trama che fatica a distendersi, severa e non del tutto chiara nel suo sviluppo.

Ghemme Santa Fè 2017 Ioppa: rubino con cenni granati, bel frutto al naso, maturo al punto giusto, sotto si sente anche la componente floreale, cenni balsamici e sfumature di menta; al palato mostra un tannino importante e una materia di tutto rispetto in un ambiente caldo ma stimolante.

Marco Bui racconta ai giornalisti il territorio del Boca
Marco Bui racconta ai giornalisti il territorio del Boca

Ghemme ai Livelli 2017 Tiziano Mazzoni: granato profondo, naso già abbastanza maturo, con note di liquirizia, radici, prugna, leggera china; bocca corrispondente, pronta e di buona profondità, un vino che non raggiunge i picchi delle migliori annate ma mantiene quella personalità che lo fa sempre apprezzare.

Ghemme Vigna Carelle 2017 Mirù: bel vino, definito sia al naso che in bocca, con una notevole coerenza espressiva di frutta e spezie, tannino preciso e non aggressivo, si sente un po’ il legno, nello stile di Marco Arlunno, ma si integrerà senza problemi.

Ghemme 2016 Pietraforata: un vino ingannevole e, proprio per questo, stimolante. Ha colore granato classico, rimandi ai fiori appassiti, note boschive, di macchia, un misto di spezie ed erbe, leggermente boisé; al palato esprime già una maturità spiccata nel frutto, ma la spinta fresca non manca e il risultato è un vino in buona armonia.

Ghemme Victor 2015 Cà Nova: naso di erbe essiccate, radice di liquirizia, bocca con impatto fruttato scuro, buona trama tannica, finale con cenni evoluti e terziari; Giada Codecasa “consegna” i propri vini quando lo ritiene opportuno, devono essere pronti ed equilibrati, questo ha certamente una sua personalità e non passa inosservato.

Ghemme Vigna Pelizzane 2015 Torraccia del Piantavigna: granato medio, naso ancora un po’ coperto dal legno, si sente una speziatura importante, anche all’assaggio dà l’impressione di un vino che fatica a rivelarsi e distendersi, data l’annata me lo sarei aspettato più in equilibrio.

Andrea Fontana dell'azienda Guido Platinetti, ritratto da
Andrea Fontana dell’azienda Guido Platinetti, ritratto da Stefano Pescio (http://unconventionalphotography.it/)

Ghemme Ronco Maso Riserva 2018 Guido Platinetti: un vino che sento particolarmente nelle mie corde, ha colore granato medio con ricordi rubini, al naso emerge un bello slancio floreale, giocato tutto sulla finezza, mentre al gusto regala un frutto generoso, succoso, avvolgente, un vino privo di spigoli, con un legno perfettamente integrato e un tannino perfetto; finale che restituisce tutte queste sensazioni in bella armonia.

₪₪₪₪ LESSONA ₪₪₪₪

Lessona 2020 Villa Guelpa: troppo giovane e penalizzato dal legno, ha colore rubino netto, naso di ciliegia caramellata, al palato è ancora avvolto nelle sensazioni vanigliate e balsamiche del legno, peccato perché sotto si sente una materia davvero interessante, da riprovare assolutamente fra un paio d’anni.

Lessona 2019 Noah: Andrea Mosca e Giovanna Pepe Diaz continuano il loro percorso di crescita proponendo un 2019 di grande respiro: granato medio, il naso si apre gradualmente a note variegate di prugna, liquirizia, ginepro e spezie fini; bocca coinvolgente, rifinita, con un bel ritorno speziato e riflessi minerali, ottima persistenza.

Massimo Clerico ritratto da Stefano Pescio (http://unconventionalphotography.it/)
Massimo Clerico ritratto da Stefano Pescio (http://unconventionalphotography.it/)

Lessona 2018 Massimo Clerico: i vini di Massimo Clerico destano sempre interesse, in questo caso il 2018 è in una fase ancora leggermente instabile, si sente che ha bisogno di ripulirsi da qualche imprecisione olfattiva, nel drappello di profumi emergono la viola, la ciliegia e la susina, mentre al palato è più austero, non manca di energia ma è ancora tutta da equilibrarsi.

Lessona 2015 La Badina: memore di un 2010 strepitoso, mi ha colpito questa versione ancora imbastita nel legno, di profilo del tutto diverso, molto speziata e meno “libera”; al palato il frutto ha un buon impatto, si sente comunque che la stoffa c’è, ma si concede meno, sembra in una fase ancora incerta, ma sono fiducioso…

Lessona San Sebastiano allo Zoppo Riserva 2015 Sella: inizialmente poteva fuorviare con un approccio olfattivo decisamente strano, con cenni di buccia di patata, ma era una fase durata solo qualche secondo, poi mi sono trovato avvolto in una trama complessa e minerale, che ho ritrovato perfettamente al palato; non raggiunge forse i vertici delle annate migliori ma quel carattere profondo che lo ha reso famoso è sempre lì, pronto a stupirci.

₪₪₪₪ SIZZANO ₪₪₪₪

Sizzano 2018 Cantina Comero: altro caso in cui ho dovuto richiedere un secondo campione, per via di una secchezza decisa sia al naso che al palato; e sebbene il secondo fosse migliore del primo, appariva contratto e di difficile lettura. C’è da dire che in parte il Sizzano ha una certa austerità fra le sue maglie espressive, ma qui la trama è come trattenuta, non molla, peccato perché è una tipologia che apprezzo molto, anche per la sua riconoscibilità. Da riprovare.

Produttori Valli Ossolane
Edoardo Patrone, Corrado Zanetti (Cantina di Tappia), Matteo Garrone e Mara Toscani (Cà da l’Era)

₪₪₪₪ VALLI OSSOLANE ₪₪₪₪

Valli Ossolane Nebbiolo Superiore Prünent 2020 Cà da l’Era: con le Valli ossolane entriamo nella parte più “montanara” del nebbiolo, che qui è chiamato “prünent”,  un terroir che gode di ottime escursioni termiche e sente i benefici portati dalle vicinissime alpi; quello di Cà da l’Era ha colore rubino luminoso, naso di ciliegia e lampone, molto piacevole e “nordico”, richiama anche le erbe di montagna; al palato ha la stessa impronta, vino leggiadro, fresco, giocato tutto sulla finezza, è arioso, godibilissimo.

Valli Ossolane Nebbiolo Superiore Prünent Diecibrente 2019 Cantine Garrone: non ho mai nascosto di avere un debole per il Diecibrente di Marco e Matteo Garrone, è un vino che pur mantenendo quella briosità data da queste zone fresche, ha in più una profondità superiore; il colore è rubino con riflessi granata, naso che regala una ciliegia viva, poi arancia rossa, viola, iris, sensazioni montane; al palato è coinvolgente, pieno, sapido, molto vero e profondo, elegante, progressivo, viene voglia di berne ancora e ancora.

Valli Ossolane Nebbiolo Superiore Prünent 2019 La Cantina di Tappia: un’altra conferma delle qualità di questo millesimo, la 2019 sta dando ottimi risultati in zone molto diverse fra loro. Qui c’è una materia interessante, ben giocata sugli slanci fruttati, non senza guizzi floreali, la speziatura è leggera, non invasiva; sorso fresco e invitante, piacevole, minerale.

Valli Ossolane Rosso Vigna Vagna 2019 Edoardo Patrone: di impronta del tutto diversa l’ultimo Valli Ossolane, sia per l’evidente apporto di altri vitigni, non a caso il colore è un rubino più intenso e compatto, mentre all’olfatto si sente un frutto maturo e più scuro, verso la mora e la prugna. All’assaggio percepisci un maggiore spessore, meno scioltezza nell’esprimersi, maggiore impatto e concentrazione, ma perde qualcosa in eleganza, anche per un legno ancora non del tutto assorbito.

Roberto Giuliani

Roberto Giuliani

Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore informatico. Ma la sua vera natura non si è mai spenta del tutto, tanto che sin da ragazzo si è appassionato alla fotografia e venticinque anni fa è rimasto folgorato dal mondo del vino, si è diplomato sommelier e con Maurizio Taglioni ha fondato Lavinium, una delle prime riviste enogastronomiche del web, alla quale si dedica tutt’ora anima e corpo in qualità di direttore editoriale. Collabora anche con altre riviste web e ha contribuito in più occasioni alla stesura di libri e allo svolgimento di eventi enoici. Dal 2011 fa parte del gruppo Garantito Igp.

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