Svizzera, dove la vendemmia è ancora una festa
Tradizioni antiche, grandi botti nelle quali il vino si affina da generazioni insieme a tecnologie all’avanguardia… No, non stiamo parlando dell’Italia o della Francia ma della Svizzera, il piccolo e montagnoso stato famoso per la neutralità, la cioccolata e gli orologi. Non per il vino dunque, anzi qualcuno si sorprenderà di sapere che in alcune zone l’uva non solo è “famosa” ma rappresenta l’unica fonte di sostentamento e la produzione intorno alla quale ruotano riti sociali e tradizioni, oltre che l’economia.
I “vignerons” della zona del Lavaux sono personaggi che possono raccontare molto, moltissimo riguardo al vino e alle sue regole, tanto da rendere assolutamente affascinante un viaggio con loro in un periodo così importante come quello della vendemmia, che in Svizzera rappresenta ancora una grande festa.
E allora andiamo a fare un viaggio tra i bassi filari delle tenute dei Fratelli Dubois, tre generazioni di produttori di grandi vini nelle cantine situate a Le Petit Versailles, nei pressi di Cully, zona del Lavaux collocata tra le città di Losanna e Montreux.
Potremmo cominciare infilandoci nel pulmino che ci porta insieme ai nostri compagni di vendemmia sui costoni a strapiombo sul lago Lemano, prendiamo le forbici e due cassette (una per sederci e un’altra da riempire) e cominciamo a lavorare. Una raccolta difficile e faticosa, la cassetta piena infatti si impila sulla schiena del “portatore” che a pieno carico (tre cassette per quasi 60 chilogrammi di uva) si avvicina alla monorotaia dove c’è un autista che lo aspetta e carica tutto sui vagoncini.
Il trenino carico di dorati grappoli, prevalentemente chasselas il vitigno tipico di questa regione, si inerpica tra filari tenuti perfettamente e terrazze belle quanto funzionali; quando giunge sulla strada ad attendere le cassette piene di uva, ci sono contenitori di acciaio da mezza tonnellata che sono caricati su camioncini e portati in cantina. In situazioni meno agevoli però la scelta può cambiare e così il prezioso frutto di tanta fatica “prende il volo” appeso all’elicottero, mezzo che diventa fondamentale quando non è più conveniente, o addirittura impossibile, trasportare a spalla per lunghi tratti l’uva verso le strade che tagliano i costoni o seguono le anse del lago fino alla cantina.
Qui ad attendere il carico c’è Christian Dubois e i figli Grégoire e Frédéric mentre il padre Marcel, dall’alto del suo ruolo di fondatore dell’azienda, supervisiona la vendemmia.
L’uva viene assaggiata, controllata e poi inviata alla spremitura per diventare un grande Lavaux: dal Dézaley, il più pregiato e costoso bianco svizzero, alle altre denominazioni della zona come Epesses e St. Saphorin.
Una sintesi che però non restituisce l’idea di festa che è legata alla vendemmia, in questa zona è ovviamente impensabile una raccolta meccanica dell’uva e allora ecco l’arrivo di squadre di giovani provenienti da diverse parti d’Europa, Polonia e Italia comprese. Le ore di lavoro tra i filari, immersi nel verde e con sullo sfondo l’azzurro del lago, sono il contesto ideale per stringere amicizie e interpretare la vendemmia non solo come un onere, e lo è, visto lo scarso apporto delle macchine, ma addirittura quasi come un onore.
L’attenzione che i proprietari mettono nella coltivazione delle viti come nel prendersi cura degli operai, molti dei quali vengono ospitati per il periodo della vendemmia nelle strutture dell’azienda, porta a un insolito equilibrio nella produzione e ad una fusione di divertimento e tradizioni. Le squadre di raccoglitori vedono quindi stringersi al loro interno rapporti di amicizia, di scambio di esperienze e, alla fine della vendemmia, tutti insieme a festeggiare, operai e proprietari uniti in una grande celebrazione che in alcuni villaggi significa festa di tutta la comunità.
Dopo i pasti caldi consumati ai bordi dei filari (l’organizzazione svizzera si evidenzia anche in queste cose con funzionali kit trasportabili) è l’ora della fonduta mangiata tutti insieme nelle cantine Les Frères Dubois, e poi un brindisi tira l’altro tra canti e balli, sorrisi e scherzi degni di un ambiente goliardico piuttosto che lavorativo.
Non ci sono grandi termini di paragone in Italia, se non andando indietro nel tempo e riconquistando i valori di una cultura contadina ormai perduta, qualità che rendono ogni vino unico, “autoctono” nel senso esteso del termine. Che sia la Svizzera a insegnarci qualcosa in questo senso potrà sembrare strano, ma non per questo meno degno di importanza.
Nel guardare le immagini della vendemmia dai Dubois dimentichiamoci dunque dei pregiudizi che assegnano all’Italia e alla Francia l’esclusiva della storia e delle tradizioni nella cultura vitivinicola e facciamo, in previsione di quello “reale”, un viaggio con la mente tra filari splendidi, cantine affascinanti e vini ottimi.
Fabio Ciarla