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Riso del Delta del Po IGP

Emilia Romagna

Ortofrutta e cereali: RISO DEL DELTA DEL PO IGP

Logo Riso del Delta del Po IGP• Area di produzione •
L’area tipica per l’ottenimento del «Riso del Delta del Po» si estende sul cono orientale estremo della Pianura Padana fra la Regione Veneto e l’Emilia Romagna, nei territori formati dai detriti e riporti del fiume Po, nonché dalle successive opere di trasformazione fondiaria che ne hanno reso possibile la coltivazione.
In particolare nel Veneto il «Riso del Delta del Po» viene coltivato, in provincia di Rovigo nei Comuni di Ariano nel Polesine, Porto Viro, Taglio di Po, Porto Tolle, Corbola, Papozze, Rosolina e Loreo; in Emilia Romagna tale produzione concerne la provincia di Ferrara nei Comuni di Comacchio, Goro, Codigoro, Lagosanto, Massa Fiscaglia, Migliaro, Migliarino, Ostellato, Mesola, Jolanda di Savoia e Berra.
L’area è delimitata a est dal Mare Adriatico a nord dal fiume Adige e a sud dal canale navigabile Ferrara/Porto Garibaldi.


• Descrizione del prodotto •
L’indicazione «Riso del Delta del Po» designa esclusivamente il riso appartenente al tipo «Japonica», gruppo superfino nelle varietà Carnaroli, Volano, Baldo, Arborio, Cammeo, Karnak, Telemaco, Caravaggio e Keope.
Il «Riso del Delta del Po» presenta un chicco grande, cristallino/perlato, compatto, con un elevato tenore proteico e può essere ottenuto sottoponendo il granello alle lavorazioni e ai trattamenti industriali consentiti dalla normativa vigente.
Il «Riso del Delta del Po» – I.G.P. deve avere le seguenti caratteristiche riferite alla granella:
▪ Varietà Arborio, Volano, Telemaco: consistenza kg/cm2 non inferiore a 0,65; % proteine sulla sostanza secca non inferiore a 6,60;
▪ Varietà Baldo, Cammeo: consistenza kg/cm2 non inferiore a 0,60; % proteine sulla sostanza secca non inferiore a 6,60;
▪ Varietà Karnak, Caravaggio, Keope: consistenza kg/cm2 non inferiore a 0,85; % proteine sulla sostanza secca non inferiore a 6,60.
Tali caratteristiche devono essere determinate prima della trasformazione industriale, su campioni di risone secco rappresentativi dell’intero quantitativo aziendale.


• Metodo di produzione •
• Lavorazioni del terreno: le tessiture dei terreni sono sostanzialmente due tipi: nell’area rodigina di origine alluvionale franco argillose/franco limose (con pH superiore a 7,5), nell’area ferrarese a forte componente torbosa (con pH inferiore a 7,5). In entrambi i casi i terreni sono caratterizzati da una lenta capacità drenante e dotati di elevata fertilità minerale.
Dovrà essere eseguita un’aratura a profondità di 25-30 cm, seguita almeno da una erpicatura, sono tuttavia, ammesse in alternativa altre tecniche di lavorazione che garantiscano la preparazione di un adeguato letto di semina. Successivamente il terreno dovrà essere livellato per consentire una gestione ottimale delle acque.
• Analisi dei terreni: le aziende che producono «Riso del Delta del Po» devono eseguire almeno ogni cinque anni delle analisi dei terreni sulle seguenti caratteristiche: tessitura, pH, sostanza organica, calcare attivo, fosforo assimilabile, potassio scambiabile, azoto totale, rapporto C/N, calcio scambiabile, magnesio scambiabile, sodio scambiabile e rapporto Mg/K, al fine di redigere e conservare in azienda, un corretto piano di concimazione secondo le effettive necessità. Le quantità di concime minerale previste non potranno comunque superare quelle indicate nel seguente paragrafo «concimazioni».
• Concimazioni: i terreni sono dotati di elevata fertilità minerale, in particolare di potassio, tanto da rendere a volte inutili gli apporti di concime minerale potassico nonché, nei terreni torbosi, di quello azotato. Per questo motivo nelle aziende è importante che le concimazioni vengano effettuate secondo quanto previsto nel piano di concimazione aziendale, comunque per quanto riguarda la concimazione minerale, non superando i seguenti massimali:
▪Azoto (N) 160 kg/ha
▪Fosforo (P2O5) 100 kg/ha
▪Potassio (K2O) 100 kg/ha
Per quanto concerne la modalità di distribuzione esse possono essere attuate con spandiconcime a spaglio o pneumatico.
• Rotazione colturale: la risaia non può insistere sullo stesso terreno per più di otto anni, dopodiché dovrà entrare in rotazione per almeno due anni prima che vi sia riseminato riso.
• Semina: è necessario utilizzare seme proveniente da partite selezionate e certificate secondo legislazione vigente. La quantità massima di seme utilizzabile per ettaro è di 300 kg.
La semina può essere effettuata in acqua con caduta libera, interrata o in asciutta sul terreno lavorato che dovrà immediatamente venir sommerso di acqua.
• Difesa fitosanitaria e lotta alle erbe infestanti: la costante ventilazione delle risaie da parte di venti e brezze, grazie alla vicinanza del mare, e la conseguente minore umidità relativa, consente di mantenere la pianta più asciutta e di conseguenza più sana.
È ammessa la concia del seme per combattere le crittogame tipiche del riso (fusariosi, elmintosporiosi e pyricularia).
La lotta alle erbe infestanti e ai fitofagi potrà avvenire con i fitofarmaci autorizzati e con l’aiuto di sfalci degli argini onde evitare eccessive disseminazioni, con la regolazione dell’acqua e con lavorazioni mirate del terreno in presemina, nonché con eventuali asciutte temporali in accordo con le buone tecniche di lavorazione per l’eliminazione dei fitofagi.
Ove possibile e consentito dai regolamenti comunali è obbligatoria la bruciatura delle stoppie al fine di eliminare le sementi infestanti residue soprattutto di riso crudo.
A parità di principio attivo deve essere utilizzata quello con classe tossicologica inferiore.
• Raccolta, essiccamento, conservazione e trasformazione:
Alla raccolta, la produzione massima unitaria per tipologia di risone secco, non deve superare i seguenti quantitativi:
▪Varietà Arborio: t 7,5
▪Varietà Baldo: t 8,0
▪Varietà Cammeo: t 8,5
▪Varietà Carnaroli: t 6,5
▪Varietà Telemaco: t 8,5
▪Varietà Karnak: t 8,5
▪Varietà Volano: t 8,5
▪Varietà Caravaggio: t 8,5
▪Varietà Keope: t 8,5.
L’essiccazione deve essere effettuata in essiccatoi che non lascino sulle glumelle residui di combustione od odori estranei. Sono ammessi essiccatoi a fuoco indiretto o diretto se alimentati a metano e GPL.
L’umidità del risone essiccato non deve essere superiore al 14%.
La trasformazione industriale da risone a riso (sbramatura/sbiancamento) deve avvenire in stabilimenti all’interno del territorio dell’IGP e secondo procedure che garantiscano, al «Riso del Delta del Po», il mantenimento delle caratteristiche precedentemente descritte. La particolarità della zona di produzione permette, nelle fasi di sbramatura e sbiancamento, di conservare le caratteristiche del prodotto e consentire una minima fessurazione/rottura del chicco, necessaria per ottenere una cottura omogenea del prodotto.


• Legame con l’ambiente geografico •
Esiste un legame stretto tra il territorio del Delta del Po e le caratteristiche organolettiche del «Riso del Delta del Po» tali da influenzare positivamente alcune caratteristiche fisiche e gustative del prodotto ottenuto nell’area definita in precedenza.
Tale riso, infatti, viene coltivato in terreni che, pur di differente tessitura, sono caratterizzati da una salinità elevata (E. C. superiori a 1 mS/cm), derivante dalla pedogenesi del suolo, che conferisce al riso un aroma e una sapidità particolare.
I terreni inoltre sono alluvionali, dotati di un’elevata fertilità minerale, in particolare di potassio, tanto da rendere a volte inutili gli apporti di concime minerale potassico (oltre che azotato nei terreni torbosi) e favoriscono nel riso una maggiore resistenza alla cottura ed un elevato tenore proteico del chicco.
Inoltre il terreno deltizio dell’area di produzione, risulta particolarmente sano dal punto di vista malerbologico e permette una presenza molto bassa e facilmente contenibile di riso crodo. La peculiare ubicazione geografica, limitrofa al mare, determina inoltre un microambiente particolarmente favorevole al riso grazie alla presenza di costanti brezze e conseguentemente, di una minore umidità relativa; da contenute variazioni di temperatura sia in inverno che difficilmente scendono sotto gli 0°C, sia in estate che negli ultimi trent’anni, non hanno mai superato i 32°C; da una piovosità generalmente ben distribuita nell’arco dei mesi che non raggiunge i 700 mm/anno. Tale clima permette di mantenere la pianta più asciutta e più sana, che non necessita degli interventi anticrittogamici tipici di questa coltura; favorisce una crescita costante della pianta e l’ottenimento di un seme di riso maturato in modo lento e costante, quindi più resistente alle malattie, con cariossidi ben nutrite e una granella bianca e senza vaiolatura.
La reputazione di cui gode il «Riso del Delta del Po» è indiscutibilmente presente ed è legata alla combinazione dei fattori produttivi nell’area di produzione. Il prodotto è già noto e apprezzato dai consumatori per le sue specifiche caratteristiche che lo rendono unico, e come tale da essi riconosciuto sul mercato.
Il «Riso del Delta del Po» compare nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali come da decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del 18 luglio 2000 attestando quindi che il «Riso del Delta del Po» ha «metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura consolidate nel tempo, omogenee per tutto il territorio interessato, secondo regole tradizionali, per un periodo non inferiore ai venticinque anni».
Dal 1968 è attivo presso Codigoro (Fe) un ufficio tecnico dell’Ente nazionale risi. Sono stati pubblicati su riviste specializzate e in particolare su «Il risicoltore», organo di stampa dell’Ente nazionale risi, molteplici articoli sulle peculiari caratteristiche di qualità relative al riso prodotto in quest’area.
Operano da anni aziende agricole singole o associate che commercializzano il riso prodotto utilizzando la dicitura «Riso del Delta del Po».
Il «Riso del Delta del Po» compare nella storia del delta negli anni. Molte delle manifestazioni locali (fiere, sagre, manifestazioni sportive) hanno e hanno avuto quale protagonista il «Riso del Delta del Po», a titolo di esempio si ricorda le «Giornate del Riso» a Jolanda di Savoia (FE).
Le prime testimonianze sulla coltivazione del riso risalgono al 1495 ulteriori molteplici riscontri sulle superfici investite a risaia si sono avuti durante le bonifiche attuate dalle famiglie veneziane nel ‘700 (prima Diedo, Contarini, Farsetti, Valier e Venier poi Sullam, Piavenna e Lattis) fino ai 4000 ettari attestati nel 1850.
Pochi decenni dopo la diffusione del riso nella Pianura Padana (1450) compaiono le prime documentazioni sulla presenza di coltivazioni in Polesine, in particolare nel territorio del Delta del Po poiché questa coltura era strettamente legata alla bonifica e rappresentava il primo stadio di valorizzazione agraria dei nuovi terreni.
La natura dei terreni prosciugati divenne elemento determinante per la destinazione colturale degli stessi. La coltivazione del riso diveniva perciò importante nelle zone del delta del Po per accelerare il processo di utilizzazione dei terreni salsi da destinare poi alla rotazione colturale, come viene testimoniato da una legge della Repubblica Veneta del 1594 che proibisce la concessione dell’acqua a questa coltura e dà la possibilità di coltivare il riso solo «per valli e altri luoghi sottoposti alle acque, stimati impossibili di asciugarli in tutto e di rendersi ad alcuna cultura».
Dopo il 1598, fine del periodo Estense, in provincia di Ferrara, la coltivazione del riso si diffuse su terreni bassi e paludosi, dove si procedeva con un tipo di bonifica per colmata, e non per prosciugamento. La bonifica per colmata infatti risolveva al contrario del prosciugamento, il problema della utilizzazione dei terreni bassi e paludosi, senza alcun rischio di abbassamento dei terreni.
Verso la fine del ‘700 alcuni patrizi veneziani: Diedo, Contarini, Farsetti, Valier e Venier proprietari di immense tenute bonificate e non, nel Delta del Po, iniziarono con metodi sistematici agrari la coltura del riso nei territori appena bonificati in provincia di Rovigo, ma saranno soprattutto nell’800 i nuovi proprietari borghesi, alcuni di questi di origine ebraica, come i Lattis, i Piavenna e i Sullam che allargheranno su vasta scala questa coltura. Testi e disegni relativi alla zona del Delta, risalenti all’epoca, testimoniano la presenza del riso nel Delta.
In provincia di Rovigo e Ferrara l’estensione delle risaie fino al 1950 si manteneva elevata; le alluvioni del 1951, 1957, 1960 e 1966 causarono una notevole revisione dei piani colturali aziendali fino ad arrivare agli anni ’80 con una restrizione notevole della coltivazione dettata soprattutto da problemi di carattere economico-gestionale, per poi riprendere negli anni ’90.

Roberto Giuliani

Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore informatico. Ma la sua vera natura non si è mai spenta del tutto, tanto che sin da ragazzo si è appassionato alla fotografia e venticinque anni fa è rimasto folgorato dal mondo del vino, si è diplomato sommelier e con Maurizio Taglioni ha fondato Lavinium, una delle prime riviste enogastronomiche del web, alla quale si dedica tutt’ora anima e corpo in qualità di direttore editoriale. Collabora anche con altre riviste web e ha contribuito in più occasioni alla stesura di libri e allo svolgimento di eventi enoici. Dal 2010 collabora all'evento Terre di Vite di Barbara Brandoli e dal 2011 fa parte del gruppo Garantito Igp.

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