Perché in Italia è ancora difficile trovarli? Alcuni vini rumeni che mi sono piaciuti recentemente
L’ingresso nell’Unione Europea dei Paesi balcanici produttori di vino si è visto ancora poco, almeno in Italia, se guardiamo bene sugli scaffali delle enoteche e dei supermercati. C’è molto, ma molto di più in Germania, in Gran Bretagna, In Polonia, per parlare solo degli stati più popolosi dell’Unione Europea, ma in Italia arriva soltanto qualche bottiglia. Non credo che sia dovuto alla difficoltà di contatto o di lingua poiché sul Web si trovano ormai tutte le maggiori cantine dell’Europa orientale e basta cliccare su ”traduci questa pagina” per capire in italiano come mandare a buon fine la ricerca, prendere contatto e importare.
Nell’importazione di vino in Italia brillano piuttosto le massicce presenze dei colossi enologici d’oltreoceano mentre sorprendono alcune assenze davvero inspiegabili, per esempio la completa mancanza di vini decenti dalla Romania, dalla Moldova e dalla Bulgaria, che sono dei grandi produttori di vino piuttosto vicini, a soli 1.000 chilometri di strada e non a 14.000 come il Cile e l’Argentina o addirittura dall’altra parte del mondo come il Sudafrica e l’Australia. Eppure mi risulta che importare dalle aziende balcaniche non è poi così complicato.
La lingua non è più una difficoltà, nei miei articoli sulle singole cantine ci sono i recapiti con le coordinate GPS e non ho mai null’altro da aggiungere, anche se qualche lettore me lo chiede, perché non mi occupo di vino per lavoro, sono soltanto un enoappassionato come tanti e non riscuoto nessuna percentuale. L’indipendenza di giudizio per me è impagabile. Scrivo per passione perché bevo per piacere e non per altri motivi.
Il difficoltoso successo di quei vini in Italia dipende da fattori diversi dalla vicinanza geografica, tra cui il gusto che per la maggior parte di essi risulta diverso dai nostri o a causa di vitigni a cui non siamo abituati oppure per una tendenza all’abboccato per via degli zuccheri naturali residui secondo la loro tradizione e le ricette delle loro cucine, ma anche per il prezzo delle bottiglie di maggior qualità, che spesso non è a una sola cifra e ciò mi sembra eccessivo per gran parte di quei vini.
Per gran parte dei 3,9 milioni di ettolitri di vino prodotti in media ogni anno negli ultimi 8 anni in Romania, con due punte a 5,1 milioni di ettolitri (in Italia la media nello stesso periodo è 45,7, quasi 12 volte tanto) e 5,3 milioni nel 2021, la qualità è molto povera e non vale perciò la pena di occuparsene. I vini migliori, cioè quelli che hanno finalmente cambiato registro dopo la caduta del regime precedente e a seguito di investimenti privati importanti, non sono però molto conosciuti e purtroppo si presentano soltanto sporadicamente a qualche fiera.
Le degustazioni all’estero invece sono sempre più importanti perché dimostrano che anche in Romania qualcosa comincia a muoversi per convincere i consumatori stranieri che finalmente c’è uno sforzo governativo su uno dei loro principali prodotti. Una bella occasione per conoscere e degustare dei vini rumeni di buona fattura, anziché andarli a cercare tutti laggiù di persona col lanternino, me la offrono ogni tanto le degustazioni a Cracovia o a Varsavia presso le loro ambasciate, come accade ogni tanto anche presso quella della Romania, su invito dell’Istituto Rumeno di Cultura.
Prima non si sostenevano proprio per niente le esportazioni, non si organizzavano nemmeno degustazioni, non si spedivano campioni di bottiglie e in quelle condizioni risulta impossibile conoscere uno dei sistemi di classificazione più assurdi al mondo, dato che in una decina di regioni vitivinicole si contano una cinquantina di denominazioni d’origine di vini che però a un non mostrano affatto quelle biodiversità e quelle notevoli differenze organolettiche cui siamo abituati in Italia e negli altri Paesi vinicoli dell’occidente europeo, perché gli sembrano appiattiti su caratteristiche organolettiche troppo simili, come se ci avessero copiato il sistema DOC del Salento.
Nonostante molte bevute e confronti con quelle degli amici del panel polacco di degustazione non mi sento in grado di esporvi delle vere e proprie differenze, in Romania per esempio, tra Sarica-Niculitel e Istria-Babadag oppure tra Valea Lui Mihai e Șimleu Silvaniei. Approfitto dunque di questo spazio per una rinfrescata anche delle mie esperienze migliori con i vini rumeni assaggiati a bicchiere, una piccola bacheca di produttori che (oltre a SERVE e Dorvena di cui ho già scritto diffusamente) spero di presentarvi meglio in seguito.
Hyperion Fetească Neagră 2016 The Iconic Estate
The Iconic Estate (nota dal 1949 come Cramele Halewood e che nel 2018 è stata acquisita dal Gruppo Alexandrion) è una tenuta di 255 ettari vitati soleggiati sulle dolci colline dell’agro di Ploiești nella valle di Prahova con vaste cantine sotterranee dove si producono almeno 5 milioni di bottiglie l’anno. Mi ha particolarmente colpito l’Hyperion Fetească Neagră che aveva ottenuto anche una Medaglia di bronzo al Decanter World Wine Awards e all’International Wine Challenge, fermentato in acciaio inossidabile, maturato 12 mesi in barrels nuove e affinato per altri 12 in vetro. Ha uno stile levigato e pulito, un colore rubino granato, aromi di uva spina viola, prugna rossa, ciliegia, non sovrastati però dalla vaniglia del rovere americano. Di medio corpo, morbido, equilibrato, vellutato, con tannini fini. Tenore alcoolico del 14,5%.
Rhein Extra Imperial Brut pivniţele Rhein & C.ie Azuga 1892
Sempre allo stesso gruppo appartiene anche questa piccola cantina (con agriturismo, pensione e ristorante) fondata dalla famiglia tedesca nel 1892 su richiesta di re Carlo 1° e diventata nel 1904 ”supplier of Romania’s royal court” e in particolare di re Michele 1º che amava le bollicine. Infatti è la più antica cantina rumena nella produzione ininterrotta fin d’allora di vini metodo classico. Fa dei metodo classico interessanti con etichetta propria, ma ne produce anche altri tre per la più grande cantina della valle di Prahova. Attualmente gestisce anche un ristorante da 90 posti e una pensione con 15 camere in un bel parco di 2 ettari, offre ai visitatori un tour delle strutture e accetta visite per degustazioni in gruppo di almeno 6 persone. Questa località fra i monti Bucegi è infatti una delle più belle dei Carpazi, con pista da sci olimpica e festival di folk tradizionale, concerti di musica, danze popolari. Buono il Rhein Extra Imperial Brut prodotto da uve chardonnay in purezza, non millesimato, ma con il remuage fatto ancora tradizionalmente a mano. Tenore alcolico 12,5%. Ha un colore oro bianco, un perlage finissimo e persistente, un bouquet di carattere floreale, profumo delicato di pesche, pere mature e mandorle, un gusto fresco e fruttato, in armonia con una piacevole cremosità al palato.
Merlot Prestige 2018 Domeniul Coroanei Segarcea
Nella regione Oltenia c’è un’altra cantina a gravitazione, con quattro piani sottoterra, fondata nel 1884, che è entrata nelle grazie e nelle proprietà della casa reale: Domeniul Coroanei Segarcea. La famiglia reale di Romania ha sempre apprezzato i suoi vini per il loro carattere tradizionale e nazionale in una riuscita combinazione tra la più antica arte artigianale e le tecnologie d’avanguardia. Oggi è il barone Mihai Anghel che continua a lavorarci con lo stesso spirito e ha già investito milioni di euro nei 300 ettari per qualificare meglio il vino che produce in circa 1,2 milioni di bottiglie. Dal 2006 hanno reimpiantato 200 ettari in questo vigneto particolarmente adatto ai rossi, tanto che alla prima esposizione fatta a Bruxelles uno di questi ha ottenuto subito la medaglia d’oro. questo Merlot Prestige dal tenore alcolico del 13,5%. Il colore è rubino scuro, l’attacco è dolce, ma ben bilanciato da acidità e sapidità con aromi di ribes rosso e nero, note di frutta passita come uva e datteri, anch’esso con ricordi di cioccolato. È un vino intenso e complesso dal finale piacevole e lungo.
Emeritus Merlot Ceptura 2017 Crama Rotenberg
Nella stessa zona, a Ceptura de Jos, si trova l’antica cantina a gravitazione dei Rotenberg. Sono due piani in superficie e il resto sottoterra, quindi niente pompaggi, dove si vinificano separatamente le uve di ciascuna delle 6 parcelle in 23 ettari coltivate principalmente a merlot tra i villaggi di Ceptura e Fântânele, tutte viti vecchie, in media 50 anni, con rese molto basse, intorno ai 50 quintali per ettaro. La vendemmia è la selezione delle uve è manuale, la vinificazione si fa in tini tradizionali, niente filtrazione e chiarificazione con albume soltanto quando è proprio necessario. Mi è piaciuto il vino del 2017 che viene dal vigneto Stelus. Il mosto fa una lunga fermentazione in tino e per l’85% è maturato per 24 mesi in botti di rovere rumeno tostate al punto desiderato per non cedere tannini duri e per il 15% proviene dalle vasche del vino dell’annata per aggiungere un po’ di freschezza. Tenore alcoolico sui 14%. È un rosso molto robusto, con note di ciliegia scura e di frutti di bosco rossi fra ricordi di cioccolato e perfino una sbuffata di espresso.
Șarbă ”Livia” 2018 Crama Gîrboiu
Șarbă è un vitigno autoctono unico nel suo genere, ottenuto per libera impollinazione del riesling italico con tămâioasă românească dal ricercatore Popescu. Crama Gîrboiu vanta numerose medaglie ricevute proprio per questo vino, di cui circola l’ottima versione ”Livia”. I vini prodotti da questa cantina della regione Vrancea sono apparsi sul mercato soltanto pochi anni fa, ma l’investimento (in realizzazione grazie a progetti Sapard e Fadr, insieme con società italiane di attrezzature moderne) su 400 ettari riconvertiti e reimpiantati è stato avviato nel 2005 con l’acquisto dei primi 50 ettari della tenuta Coteşti che un tempo apparteneva alla famiglia dello scrittore Duiliu Zamfirescu, di cui 198 in unico corpo sono già in produzione. Livia è la figlia del titolare Constantin Gîrboiu ed è la direttrice del marketing. Il Șarbă ”Livia” è un vino di colore paglierino dai riflessi verdolini con un bouquet di aromi di rosa, passiflora, mela golden, melone giallo. In bocca ha una specificità seducente, esotica, grazie a un minimo residuo zuccherino naturale tutto tipico di 2,5 g/l ben armonizzato con l’acidità di 5,4 g/l e un tenore alcolico del 13,5%. Al palato si aggiungono note di lime, miele e pompelmo. È sapido, ben strutturato, con una leggera sfumatura mandorlata nel finale.
Busuioaca 2018 Crama Basilescu
Crama Basilescu produceva con successo dei famosi metodo classico a Urlați già agli inizi del secolo scorso, ma lo stato nel 1945 ne ha confiscato le terre costringendo la famiglia a trasferirsi a Mizil e soltanto nel 1990 i discendenti di Nicola Basilescu sono stati in grado di recuperarne una parte. Nel 2008 i legittimi proprietari sono tornati nei vigneti di Urlați, circa 100 ettari a Hooker (60 vocati in gran parte ai rossi) e a Pietroasele (40 vocati in gran parte ai bianchi). Fanno un bel vino amabile più ”grigio” che rosato dal vitigno busuioaca de Bohotin, una delle meraviglie della Romania, una varietà locale molto antica che ottiene elevate concentrazioni di zuccheri producendo vini dolci e amabili molto equilibrati, aromatici e complessi, in genere dai colori tra l’oro e l’ambra secondo le tecniche ancestrali e le tecnologie tradizionali. In questo caso, però, con l’enologia moderna si è voluto fare un vino di colore rosato intenso e con un tenore alcolico del 12,6%. L’aroma ricorda il miele con la mela cotogna e la pesca bianca mature, in una perfetta armonia di zucchero, alcool e acidità. Un vino espressivo ed equilibrato, con un guizzo di fragolina nel finale e un bel fondo mandorlato.
Mario Crosta