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Montepulciano d’Abruzzo DOC, la storia e l’evoluzione del vino simbolo della regione

Vigneti in Abruzzo

Possiamo dire che la storia recente del Montepulciano d’Abruzzo prende avvio verso la fine dell’Ottocento, quando il vitigno oltrepassa idealmente le gole di Popoli – scendendo dalle zone di alta collina e di montagna verso l’Adriatico – e comincia a essere coltivato in maniera sempre più significativa nelle medie colline e nei territori pianeggianti più vicini al mare.
Ai primi del Novecento, specialmente in collina, prende forma in Abruzzo una piccola impresa contadina che si dedica prevalentemente alla viticoltura, spesso affiancata dalla frutticoltura o dal seminativo: il tutto, però, ancora lontano dalla trasformazione delle uve, che, in questa fase, sono vendute fuori regione. Passato il periodo post-fillossera, il vero sviluppo della moderna viticoltura abruzzese (alla stregua di quanto accaduto nelle altre regioni italiane) prende avvio solamente nel secondo dopoguerra.

Panorama nelle Colline Teramane
Panorama nelle Colline Teramane

Negli anni Cinquanta le uve Montepulciano vengono spesso inviate al Nord per aumentare il volume e la corposità dei vini veneti, toscani, piemontesi e di altre regioni peninsulari. È il periodo in cui nascono comunque aziende di valore grazie alla tenacia e all’intraprendenza di coloro che credono in un progresso del vino abruzzese e del Montepulciano d’Abruzzo in particolare, consapevoli del fatto che l’unica possibilità per far crescere il nome di questo vino, sia quella di produrlo nel miglior modo possibile e di metterlo in bottiglia. Accanto al risveglio di tali piccoli imprenditori agricoli si registra, al contempo, la nascita e lo sviluppo delle prime cantine sociali organizzate in forma cooperativa: un movimento che, dopo alcune difficoltà iniziali, raggiunge a tutti gli effetti un ruolo significativo, non solo in ambito regionale, ma anche nazionale. Nel 1968 si arriva così al riconoscimento della denominazione di origine controllata; ma in realtà, subito dopo, la qualità del Montepulciano non cambia eccessivamente, poiché si decide di continuare sulla strada delle produzioni massive e solo pochi produttori tentano di valorizzare i propri vini.

uva Montepulciano

Con il nuovo millennio il mondo vitivinicolo abruzzese sente la necessità di evolversi e migliorare ulteriormente, sia in qualità che in immagine, intraprendendo un virtuoso percorso di differenziazione territoriale della produzione – che intelligentemente tende a legare sempre più il vino ai numerosi e peculiarmente differenti territori d’elezione dai quali proviene – accompagnato da scelte che iniziano a virare verso una discontinuità con il passato.
Oggi il Montepulciano, da solo, rappresenta oltre l’80% del totale dei vini a denominazione prodotti in Abruzzo ed è tra i primi tre vini doc prodotti in Italia: il vino, dunque, più identificativo della cultura regionale, coprendo in tal modo la stragrande maggioranza della metà della base ampelografica.
Un tempo solamente scuro, denso e possente, ora conosce differenti e più significative espressioni che rispecchiano meglio le particolarità che il vitigno assume nei vari territori. La generosità, infatti, dell’uva non deve far dimenticare la sua potenziale propensione agli accenti rustici, tipici delle uve centro meridionali italiane, ma se ben interpretato e vinificato con accuratezza, senza perdere per questo il suo timbro connotativo, si mostra complesso, dalle tante anime, dagli altrettanti profili stilistici e interpretativi, data la potenza, la struttura, l’eleganza e l’ampiezza delle sfumature olfattive, talvolta terrose, superbe soprattutto con l’invecchiamento.

Il fascino del Gran Sasso
Il fascino del Gran Sasso

E poi ancora i nitidi rimandi alla ciliegia e alla marasca, la tannicità fitta e morbida, non troppo aggressiva e la chiusura sostenuta da una notevole forza estrattiva e alcolica. Essendo figlio di situazioni climatiche, pedologiche, di altitudini e di sistemi di allevamento diversificati al massimo, rivendica, con maggior energia antecedentemente e con tutta probabilità, una certa inclinazione da rosso d’autore che, con puro orgoglio, cerca la sua consacrazione tra le eccellenze mondiali. Potenziale evolutivo, versatilità e capacità di tradurre quella pluralità di suoli e superfici sono concetti che appartengono, effettivamente e a buon diritto, al vino Montepulciano.
Sicuramente degni di menzione per le ultime anteprime della Doc Montepulciano d’Abruzzo troviamo le seguenti etichette: Baldovino 2022 della Tenuta I Fauri e Il Bio 2022 di Jasci&Marchesani per quanto riguarda le Terre di Chieti; Il vino dal Tralcetto Bio 2022 di Cantina Zaccagnini, Vinosophia 2022 di Chiusa Grande, Divus 2020 di Ciavolich e Le Vasche 2020 di Caprera per le Colline Pescaresi; Campo Affamato 2020 di Inalto e Tonì 2021 di Cataldi Madonna per le Terre dell’Aquila.

Lele Gobbi

Lele Gobbi

Torinese, sognatore, osservatore, escursionista, scrittore. Laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l'Università di Torino e Master in “Non profit” presso la SDA Bocconi di Milano. Per otto anni si è impegnato in progetti con l'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, occupandosi di raccolta fondi, marketing, comunicazione, relazioni esterne, degustazioni e soprattutto di organizzazione di viaggi educativi in Italia e nel mondo. Scrive per Spirito diVino, James Magazine, La Cucina Italiana, Viaggiare con Gusto, Senza Filtro. È consulente per agenzie di marketing e comunicazione. Ha viaggiato in tutti i continenti alla ricerca dei cibi più vari, dei mercati più pittoreschi e dei popoli più antichi. Ama lo sport (sci e basket), la montagna (le Alpi) e l'arte contemporanea.

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