L’olio extravergine d’oliva e gli altri grassi tra chimica e nutrizione
Aspetti e valori nutrizionali, metodi di cottura, composizione chimica e reazioni dell’olio extravergine d’oliva e di altri grassi. L’intervento esplicativo della professoressa e dietista clinica Consuelo Vecchio.
Alla professoressa Consuelo Vecchio appartiene la profonda capacità analitica e d’indagine della scienziata ma, simultaneamente, lei ha il dono bello e rarissimo di saperla elargire con puro spirito divulgativo, aperto, logico, esemplare, calibrandovi una generosità di sorrisi e di gentilezza che la rendono una persona, prima ancora che una professionista, davvero speciale. Da circa 25 anni dietista clinica presso un’Azienda Ospedaliera Lombarda, ha insegnato per circa 10 anni nutrizione umana all’interno del corso di laurea in infermieristica (Università del Piemonte Orientale) e presso “ALMA – La Scuola Internazionale di Cucina Italiana”, fondata da Gualtiero Marchesi. Ascoltare cosa ha da dirci sull’olio e sui grassi, significa finalmente sapere.
Iniziamo quindi col chiarire cosa sono i grassi
Quando si parla di grassi ci si riferisce a una classe di composti molto eterogenea. Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.
I grassi che troviamo negli alimenti sono principalmente trigliceridi: sono dei composti formati da una molecola di glicerolo e tre molecole di acidi grassi. Quest’ultimi sono i responsabili delle differenze che vediamo nei grassi alimentari.
Abbiamo il burro, il lardo e lo strutto ad esempio che, a temperatura ambiente sono solidi, mentre gli oli vegetali, come l’olio extravergine di oliva o di semi di girasole (o altri semi), a temperatura ambiente sono liquidi.
Questa differenza dello stato fisico rispecchia una differenza a livello chimico: nei grassi solidi sono presenti principalmente acidi grassi saturi (catene di atomi di carbonio legati tra loro da legami semplici), mentre negli oli sono presenti principalmente acidi grassi insaturi (catene di atomi di carbonio legati tra di loro da legami semplici ma anche doppi legami).
Tra gli acidi grassi polinsaturi abbiamo un’ulteriore differenza. Ci sono infatti acidi grassi monoinsaturi, che presentano un solo doppio legame nella catena di carboni, e gli acidi grassi polinsaturi, che presentano due o più doppi legami.
C’è un nesso tra composizione chimica, valore nutrizionale e salute?
Certo: queste differenze nella composizione di acidi grassi sono importantissime, non solo in relazione alle caratteristiche organolettiche dei grassi, ma anche per quanto riguarda l’impatto sulla nostra salute.
I grassi saturi sono quelli che impattano più negativamente sulla salute e sono generalmente aterogeni, ossia responsabili degli eventi cardiovascolari.
Invece, l’olio d’oliva e in generale gli oli vegetali fanno “bene” alla salute?
Con qualche distinguo. Nell’olio extra vergine di oliva, ma anche in quello di oliva prevalgono gli acidi grassi monoinsaturi come l’acido oleico (o omega-9) mentre negli oli di semi sono presenti principalmente acidi grassi polinsaturi tra cui gli acidi grassi della serie omega-6.
L’acido oleico è considerato un alleato dell’apparato cardiocircolatorio contribuendo a controllare la frazione cattiva del colesterolo circolante (le lipoproteine LDL) e aiutando invece la frazione buona (le lipoproteine HDL).
I grassi polinsaturi non sono così virtuosi, anzi, un loro eccessivo intake, soprattutto di acidi grassi della serie omega-6 (come ad esempio l’acido arachidonico), può comportare un effetto pro-infiammatorio: è quindi necessario assumere una giusta dose di questi acidi grassi perché potrebbero impattare negativamente sulla nostra salute.
Inoltre, la diversa tecnica di estrazione dei grassi dalle olive rispetto ai semi consente di mantenere nell’olio extra vergine di oliva una varietà di composti importantissimi per la nostra salute: i polifenoli, antiossidanti potenti, antinfiammatori naturali. La presenza di questi composti è anche responsabile delle diverse caratteristiche organolettiche degli oli extra vergine di oliva rispetto agli oli di semi.
Le tecniche di rettifica determinano una riduzione, se non addirittura una perdita di questi composti. Nell’olio di oliva, infatti, abbiamo una significativa riduzione degli antiossidanti.
Rispetto invece all’apporto calorico dei diversi oli?
Gli oli sono composti per circa il 99% da grassi e quindi tutti gli oli apportano le stesse calorie indipendentemente dal colore, dal profumo, dall’intensità degli aromi: tutti gli oli apportano circa 9 Kcal per grammo.
La cottura cosa comporta?
Tendenzialmente è meglio utilizzare i grassi a crudo perché la cottura potrebbe comportare dei cambiamenti nella struttura chimica con ricadute negative sulla salute.
Ritorniamo quindi alla chimica. La presenza dei doppi legami nella molecola degli acidi grassi rappresenta una fragilità per la stabilità chimica della molecola stessa: il calore, l’ossigeno, la luce posso comportare la rottura del doppio legame e determinare l’ingresso nella molecola di atomi di idrogeno, determinando quindi la formazione dei famigerati acidi grassi idrogenati (dannosissimi per la salute) o altri atomi indesiderati, anch’essi potenzialmente dannosi.
Ecco perché è meglio non sottoporre a cottura gli acidi grassi polinsaturi.
Se vogliamo degustare un buon fritto come dobbiamo fare?
Dobbiamo tenere in considerazione due aspetti importanti!
Innanzitutto la stabilità chimica: preferire quegli oli che presentano meno doppi legami. Quindi il punto di fumo: ossia la massima temperatura che può raggiungere un olio prima di iniziare a bruciare e decomporsi, andando a formare anche sostanze tossiche e a perdere tutti i nutrienti. Da un punto di vista chimico è la temperatura alla quale si rompe il legame tra gli acidi grassi e il glicerolo con la formazione di un composto cancerogeno (l’acroleina). Più alto è il punto di fumo di un grasso più sicura sarà la frittura. L’olio extra vergine di oliva o oliva ad esempio ha un punto di fumo che si aggira intorno ai 180-210 °C.
È quindi intuitivo come sia più adatto per friggere l’olio extra vergine di oliva o l’olio di oliva, rispetto ad altri oli. La presenza degli antiossidanti inoltre conferisce una ulteriore protezione al doppio legame.
Attualmente sono stati selezionati dei girasoli i cui semi contengono una maggiore quantità di acidi grassi monoinsaturi; troviamo infatti in commercio l’olio di semi di girasole alto oleico, ossia con un elevato contenuto di acido oleico, lo stesso acido grasso che caratterizza naturalmente l’olio ottenuto dalle olive. Stesso ragionamento per le arachidi: sono state selezionate arachidi con un elevato contenuto di acidi grassi monoinsaturi; sono arachidi che hanno una composizione in acidi grassi molto simile all’olio ottenuto dalle olive.
Olio di semi di girasole alto oleico e olio di arachidi, essendo quindi ricchi di acidi grassi monoinsaturi, possono essere una alternativa meno costosa e meno aromatica dell’olio di oliva per friggere.
Ricordiamoci però che non contengono gli antiossidanti presenti nell’olio di oliva.
Le fritture nel burro o nello strutto quanto sono deleterie, quanto sono opportune e a quali condizioni?
Premesso che i grassi saturi sono quelli meno salutari, è anche vero che sono però i più adatti da un punto di vista chimico alla frittura: non posseggono doppi legami, e quindi sono più resistenti a calore e luce, e possono avere anche un elevato punto di fumo. Ad esempio, lo strutto, contiene principalmente acidi grassi saturi e ha un punto di fumo intorno ai 230 °C.
Anche il burro contiene principalmente acidi grassi saturi ma presenta anche una percentuale variabile di acqua. Se vogliamo utilizzarlo per friggere è meglio preferire burro anidro o chiarificato, ossia burro a cui è stata sottratta l’acqua con l’obiettivo di renderlo più adatto alla frittura. Il punto di fumo passa così dai 160 °C del burro ai 230-250°C circa del burro chiarificato.
Rimane però il primato nutrizionale dell’olio extravergine d’oliva?
Sì. Le indicazioni di una sana alimentazione ci dicono che dobbiamo introdurre una quota contenuta di grassi (circa il 20-35% del nostro fabbisogno energetico) e che questa quota deve essere suddivisa tra acidi grassi saturi (meno del 10% del fabbisogno energetico), acidi grassi polinsaturi (tra il 5 e il 10% del fabbisogno energetico) e la parte restante da monoinsaturi, risulta evidente come la nostra scelta debba ricadere sull’olio di oliva, meglio extra vergine per la presenza degli antiossidanti. Oltretutto, l’olio EVO è anche una fonte di vitamine liposolubili (vitamina A, E, D e K) e di carotenoidi in genere.
Pierluigi Gorgoni