Le DOC della Liguria: Pornassio o Ormeasco di Pornassio
❂ Pornassio o Ormeasco di Pornassio D.O.C.
(D.M. 16/9/2003 – G.U. n.223 del 25/9/2003; ultima modifica D.M. 7/3/2014, pubblicato sul Sito ufficiale del Mipaaf, Sezione Qualità e Sicurezza Vini DOP e IGP)
► zona di produzione
● in provincia di Imperia: comprende i terreni vocati alla qualità dell’intero territorio dei comuni di Aquila d’Arroscia, Armo, Borghetto d’Arroscia, Montegrosso Pian Latte, Ranzo, Rezzo, Pieve di Teco, Vessalico e, per il solo versante tirrenico, il territorio dei comuni di Mendatica, Cosio d’Arroscia e Pornassio in Valle Arroscia; l’intero territorio del comune di Molini di Triora in Valle Argentina ed il versante orograficamente ricadente in Valle Arroscia del comune di Cesio;
► base ampelografica
● rosso, rosso superiore, sciac-trà, passito, passito liquoroso: ormeasco o dolcetto min. 95%, per il complessivo rimanente possono concorrere le uve di vitigni a bacca di colore analogo non aromatici, da soli o congiuntamente, comunque inseriti tra quelli “idonei alla coltivazione” per la Regione Liguria;
► norme per la viticoltura
● è ammessa l’irrigazione di soccorso;
● le condizioni di coltura dei vigneti devono rispondere ai requisiti esposti ai punti che seguono:
- densità d’impianto: i nuovi impianti e reimpianti devono prevedere una densità minima di 4.500 ceppi/Ha;
- forme di allevamento e sesti d’impianto: i sesti di impianto e le forme di allevamento consentiti sono quelli tradizionali della zona: in particolare è raccomandata la spalliera semplice e autorizzata la pergola a tetto orizzontale. I sesti di impianto sono adeguati alle forme di allevamento.
La regione può consentire diverse forme di allevamento qualora siano tali da migliorare la gestione dei vigneti senza determinare effetti negativi sulle caratteristiche delle uve; - sistemi di potatura: la potatura, in relazione ai suddetti sistemi di allevamento della vite, deve essere di tipo misto;
● la resa di uva ammessa in coltura specializzata e il titolo alcolometrico volumico naturale minimo devono essere di:
– Rosso: 9 t/Ha e 11% vol.
– Rosso Superiore: 8,1 t/Ha e 12% vol.
– Sciac-trà: 9 t/Ha e 10,50% vol.
– Passito (dopo la fase di appassimento): 9 t/Ha e 16% vol.
– Passito liquoroso (dopo la fase di appassimento): 9 t/Ha e 18% vol.;
► norme per la vinificazione
● le operazioni di vinificazione, ivi compresi l’invecchiamento obbligatorio, l’arricchimento del grado alcolico, l’affinamento in bottiglia, l’alcolizzazione dei vini liquorosi, l’appassimento delle uve, devono essere effettuate all’interno della zona di produzione; l’imbottigliamento dei vini a denominazione di origine controllata “Pornassio” o “Ormeasco di Pornassio” deve avvenire all’interno della zona delimitata dal disciplinare dei vini a denominazione di origine controllata “Riviera Ligure di Ponente“;
● è consentito l’arricchimento dei mosti e dei vini nei limiti stabiliti dalle norme comunitarie e nazionali, con mosti concentrati ottenuti da uve dei vigneti iscritti all’albo della stessa denominazione di origine controllata oppure con mosto concentrato rettificato o a mezzo concentrazione a freddo o comunque con le tecnologie consentite dalla normativa in vigore;
● la tipologia “Pornassio” o “Ormeasco di Pornassio” con la menzione “Superiore” prevede la vinificazione delle uve che assicuri una gradazione alcolica minima naturale di 12%;
● la tipologia “Pornassio” o “Ormeasco di Pornassio” con la menzione “Sciac-trà” prevede la vinificazione delle uve con un limitato contatto del mosto con le parti solide;
● le tipologia “Pornassio” o “Ormeasco di Pornassio” con la menzione “Passito” e “Passito Liquoroso” devono essere ottenute utilizzando uve prodotte da vitigno Ormeasco o Dolcetto nella zona delimitata dal presente disciplinare, che devono essere state appassite naturalmente sulla pianta, su graticci o in locali idonei, con esclusione dell’aria riscaldata artificialmente, anche con deumidificatori; le uve dovranno presentare un tenore zuccherino minimo di 260 gr/l;
● per la tipologia “Pornassio” o “Ormeasco di Pornassio” e “Pornassio” od “Ormeasco di Pornassio” con la menzione “Sciac-trà“, l’immissione al consumo non può essere effettuata prima del 1° marzo dell’anno successivo a quello della vendemmia;
● per la tipologia “Pornassio” o “Ormeasco di Pornassio” con la menzione “Superiore“, l’immissione al consumo non può essere effettuata prima del 1° novembre dell’anno successivo a quello della vendemmia;
● per le tipologia “Pornassio” o “Ormeasco di Pornassio” con la menzione “Passito” e “Passito Liquoroso” la durata di invecchiamento è di 12 mesi a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello della vendemmia;
● per le tipologie “Pornassio” o “Ormeasco di Pornassio” con la menzione “Superiore” e “Passito” è previsto, in questo periodo, un affinamento in botti di rovere o castagno per almeno 4 mesi;
► norme per l’etichettatura e il confezionamento
● per le tipologie “Pornassio” o “Ormeasco di Pornassio” con le menzioni “Superiore”, “Passito”, “Passito Liquoroso” è obbligatoria l’indicazione, in etichetta, dell’annata di produzione delle uve;
● i vini Doc “Ormeasco” o “Ormeasco di Pornassio” possono essere immessi al consumo soltanto in recipienti di volume nominale fino a 3 litri.
Per la tappatura dei vini liquorosi si applicano le norme vigenti in via generale per i rispettivi settori. Per gli altri vini è obbligatorio il tappo di sughero o altri materiali consentiti dalla legge. Per tutti i vini i recipienti devono essere di vetro;
► legame con l’ambiente geografico
● A) Informazioni sulla zona geografica
◉ Fattori naturali rilevanti per il legame
La zona geografica riferita al territorio della Denominazione di Origine Ormeasco di Pornassio ricade nella parte occidentale della Regione Liguria in Provincia di Imperia e comprende gran parte dei comuni della Valle Arroscia, con vigneti situati per la maggior parte nell’entroterra in versanti terrazzati.
▪ Aspetti pedologici:
i substrati litologici dei rilievi collinari del ponente ligure imperiese maggiormente rappresentati sono sedimenti marini (torbiditi) in parte a prevalente composizione arenacea, in parte a prevalente composizione calcareo – marnosa. Mediamente i suoli sono moderatamente profondi.
La tessitura è franco – grossolana con reazione del suolo acida – subacida nel caso di substrati arenacei, la tessitura è fine con reazione del suolo da neutra a subalcalina nel caso di substrati calcareo – marnosi.
▪ Aspetti topografici:
l’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra lo 100 e i 2200 m s.l.m. con quota prevalente compresa tra 400 e 500 m, pendenza tra il 35 e il 50%, esposizione prevalente orientata verso est e distanza dal mare compresa tra 16 e 29 Km.
▪ Aspetti climatici:
la temperatura media dell’area interessata è pari a circa 12°C.
L’indice bioclimatico di Huglin (IH) che descrive l’andamento fenologico e della maturazione è pari a circa 1740°C con valori compresi tra 1390 e 1980 a seconda delle annate. La somma delle temperature attive (STA) che dà indicazioni sulle disponibilità termiche della zona è pari a circa 1350°C con valori compresi tra 970 e 1660. La sommatoria delle escursioni termiche (SET), altro indice bioclimatico utile per la caratterizzazione di un territorio viticolo, è pari a circa 622°C con valori compresi tra 550 e 660 (al 30/09) e a circa 900°C con valori compresi tra 810 e 960 (al 31/10).
Il massimo della piovosità si verifica nel mese di dicembre con una media di circa 130 mm, il minimo di piovosità nel mese di luglio con 25 mm medi.
Le precipitazioni medie annue risultano essere di circa 860 mm; i giorni con pioggia tra aprile e ottobre sono mediamente 55 con un massimo di 11 giorni ad aprile e un minimo di 5 giorni a luglio.
◉ Fattori umani rilevanti per il legame
La presenza della vite nella circonvicina Valle del Tanaro e lungo le pendici sud-occidentali dei monti piemontesi è attestata già durante il periodo romano. Nei secoli altomedievali la pianta guadagna sempre più spazio in molti territori alpini: ha quindi inizio con buona probabilità un razionale sfruttamento agricolo anche dei versanti dell’alta Valle Arroscia. Se, per un verso, nei punti dei Capitula della “castellania” di Cosio, Mendatica e Montegrosso, emanati nel 1297, emerge l’urgenza di garantire quantomeno l’integrità di un vigneto ormai diffuso, per l’altro, negli Ordinamenta promulgati nel 1303 per volontà del podestà, il marchese Francesco di Clavesana, e nei pressoché coevi statuti di Pornassio non sono pochi i riferimenti alla viticoltura: i redattori delle due normative fanno obbligo ai gestori dei fondi di moltiplicare, nella forma dell'”aggrego”, le piante di vite e di fico; cinque “officiali” hanno il compito di sorvegliare gli appezzamenti “separati” o “recintati”; la vendemmia può avviarsi solo trascorsa la festa di San Raffaele (29 settembre) in modo da garantire la piena maturazione dei frutti.
La documentazione notarile cinquecentesca, per quanto riguarda Pornassio (dove l’attecchimento del vitigno Dolcetto è dato per certo), conferma la concentrazione di vigneti principalmente tra i 400 e gli 800 metri s.l.m. nella conca esposta a mezzogiorno tutt’intorno ai quattro insediamenti che costituiscono la comunità, ossia le borgate di Ottano, “Case Soprane” (nucleo antico dell’odierna San Luigi), Villa e Ponti. Tra Sei e Settecento, l’agro pievese, densamente coltivato, abbonda «di vini ottimi», mentre il sito pornassino «ha territorio vasto, e fertile di vigna, ulivi, castagne, grani d’ogni sorte».
Nella descrizione del Mandamento di Pieve, scritta nel 1806, troviamo un’ulteriore certificazione della qualità della produzione locale: «I vini di Pornassio, di Cosio, di Teco, di Ligassorio, di Armo, di Trovasta, di Vessalico, di Ranzo sono ottimi. I vini di Pornassio, diligentati, rivalizzano coi vini forestieri più accreditati, come se ne sono fatte le esperienze in Genova, più anche nelle mense più doviziose, e più laute. Il vino di Ligassorio e di Teco gareggia anche il comune coi vini di Provenza».
Nell’Esposizione Agraria Provinciale, organizzata a Porto Maurizio nel 1868, alcuni produttori dell’alta Valle Arroscia si distinguono per l’eccellenza dei loro vini rossi, taluni vecchi di tre-quattro anni. All’inizio del XX secolo, prima dell’impatto devastante della fillossera, la superficie vitata del suddetto Mandamento supera i 1.200 ettari (in media 89 ettari per comune), circa il 20% del totale provinciale. Il vitigno più coltivato è il Dolcetto, detto Ormeasca, tuttavia discreta è la presenza nei filari di varietà minori quali il Crovetto e la Barbarossa.
Intorno alla metà del Novecento, infine, le “moderne” proposte vinicole della zona ricevono già lusinghieri apprezzamenti: succede, ad esempio, ai concorsi enologici di Asti, riservati alle eccellenze produttive dell’Italia settentrionale, dove vengono presentate bottiglie di vino Ormeasco sottoposto a periodo di invecchiamento, di “Sciac-trà” e di Passito.
● B) Informazioni qualità e caratteristiche prodotto esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico
La DOC Ormeasco di Pornassio fa riferimento a varie tipologie di vino che, dal punto di vista chimico e organolettico, presentano caratteristiche che permettono una chiara individuazione della sua tipicità e del legame col territorio.
Le peculiarità dei vitigni utilizzati per le varie tipologie, grazie all’influenza dell’ambiente geografico in cui sono coltivati (clima e pratiche di elaborazione dei vini consolidate in zona e adeguatamente differenziate per ciascuna delle tipologie), danno luogo a vini con caratteristiche molto riconoscibili.
In particolare i vini si distinguono per il fatto di possedere buone acidità, colori vivaci, profumi delicati, gusto armonico e persistente.
● C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B
Secondo fonti storiche ormai acclamate, la comunità benedettina esistente in territorio di Ormea, in stretti contatti con i centri del Pavese dove si coltivava il Dolcetto da cui presunta derivazione, ne selezionò la progenie giunta fino a noi. Notizie certe sulla sua coltivazione si trovano nella storia dei Marchesi di Clavesana, Signori di Pornassio; risale infatti al 1303 un editto del Podestà di Pornassio (Marchese Clavesana), con il quale viene imposta la coltivazione di questo vitigno su tutto il territorio governato, in quanto il vino prodotto era già allora altamente apprezzato. Da allora la coltivazione dell’Ormeasco nelle zone interne della provincia si è affermata definitivamente caratterizzando i territori intorno alla Valle Arroscia.
Se l’Ormeasco da circa mille anni è attore della storia di quel territorio, la sua caratterizzazione si è evoluta grazie al suo perfetto adattamento e all’acquisizione di caratteri propri assunti dall’influenza esercitata dai luoghi di coltura esclusivi, per orografia, condizioni pedologiche e compenetrazione di cenobi boschivi naturali, nonché per i particolari microclimi che si generano nella media e alta collina ligure di ponente stretta tra le Alpi e il mare.