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Doc e DocgLe regole del vino

Le Docg del Lazio: Cesanese del Piglio o Piglio

Le Doc del Lazio: Cesanese del Piglio o Piglio


❂ Cesanese del Piglio o Piglio D.O.C.G.
(Approvato DOC con D.P.R. 29/5/1973 – G.U. n.216 del 22/8/1973; approvato DOCG con D.M. 1/8/2008 – G.U. n.192 del 18/8/2008; ultima modifica D.M. 7/3/2014, pubblicato sul Sito ufficiale del Mipaaf, Sezione Qualità e Sicurezza Vini DOP e IGP)


zona di produzione
● in provincia di Frosinone: comprende tutto il territorio comunale di Piglio e Serrone e parte del territorio di Acuto, Anagni e Paliano;

base ampelografica
anche Superiore, Riserva: min. 90% cesanese di Affile e/o cesanese comune, vitigni a bacca rossa idonei alla coltivazione nella regione Lazio max. 10%;

norme per la viticoltura
per i nuovi impianti e reimpianti la densità non può essere inferiore a 3.000 ceppi per ettaro in coltura specializzata; è vietato l’impianto delle viti secondo il sistema a “doppia posta”;
è consentita l’irrigazione di soccorso;
la produzione massima di uva e la gradazione minima naturale devono essere di 11 t/Ha e 12% vol. per il vino “Cesanese del Piglio” o “Piglio”, 9 t/Ha e 12,50% vol. per il vino “Cesanese del Piglio” o “Piglio” Superiore;

norme per la vinificazione
le operazioni di vinificazione devono essere effettuate nella sola area dei Comuni ricadenti in provincia di Frosinone: Serrone, Piglio, Paliano, Acuto e Anagni. L’imbottigliamento dei vini Cesanese del Piglio deve avvenire all’interno della zona di vinificazione.
È comunque consentito che le operazioni di vinificazione e imbottigliamento, limitatamente al vino “Cesanese del Piglio” o “Piglio”, con esclusione delle tipologie “Superiore” e menzione “Riserva”, siano effettuate fuori dall’attuale zona di produzione delle uve e limitatamente ai comuni di Arcinazzo Romano, Affile, Roiate, Olevano Romano, Genazzano in provincia di Roma, solamente da vinificatori che producevano vino DOC “Cesanese del Piglio” con uve della zona di produzione negli ultimi tre anni consecutivi prima dell’entrata in vigore del presente disciplinare;

è consentita la correzione dei mosti e dei vini nei limiti stabiliti dalle norme comunitarie e nazionali, con mosti concentrati ottenuti da uve dei vigneti iscritti all’Albo della stessa denominazione d’origine controllata e garantita, oppure con mosto concentrato rettificato o a mezzo concentrazione a freddo o altre tecnologie consentite;
è ammessa la colmatura dei vini in corso di invecchiamento obbligatorio, con vini aventi diritto alla stessa denominazione d’origine non soggetti a invecchiamento obbligatorio;
per il vino “Cesanese del Piglio” o “Piglio” l’immissione al consumo è consentita non prima del primo febbraio dell’anno successivo alla vendemmia; per il vino “Cesanese del Piglio” Superiore o “Piglio” Superiore, l’immissione al consumo è consentita non prima del primo luglio dell’anno successivo alla vendemmia;
i vini possono essere sottoposti a un periodo di invecchiamento in recipienti di legno e di affinamento in bottiglia;
la tipologia Cesanese del Piglio “Superiore“, sottoposta a un periodo di invecchiamento non inferiore a 20 mesi, di cui 6 mesi di affinamento in bottiglia e con un titolo alcolometrico volumico totale minimo di 14% vol., può fregiarsi della menzione aggiuntiva “Riserva“;

norme per l’etichettatura ne il confezionamento
l’indicazione in etichetta dell’annata di raccolta delle uve è obbligatoria;
i vini possono essere immessi al consumo soltanto in recipienti di vetro di volume nominale fino a 0,75 l;
è consentito l’imbottigliamento in recipienti da 1,5 l – 3 l – 5 l per le magnum in bottiglie classiche con tappo di sughero a raso;
per il vino a denominazione di origine controllata e garantita “Cesanese del Piglio” o “Piglio” Superiore, e per quello atto a fregiarsi della menzione Riserva, è obbligatorio il tappo di sughero raso bocca;

legame con l’ambiente geografico
A) Informazioni sulla zona geografica
Fattori naturali rilevanti per il legame
La zona geografica delimitata ricade nella parte Centro Orientale della regione Lazio, in Provincia di Frosinone, e comprende un territorio di alta e media collina, che si estende per circa 15.317 ettari, situato sulle pendici dei Monti Ernici, laddove in ampie vallate, in particolare nell’alta valle del Sacco, sono coltivati i rigogliosi vigneti del “Cesanese del Piglio” o “Piglio”.
I terreni dell’area sono riconducibili principalmente alle terre rosse, derivate dal fenomeno di erosione dei Monti Ernici, operato sia da fenomeni glaciali che dall’azione delle acque meteoriche.
Nella maggior parte dei casi, queste terre assumono una colorazione rosso scuro imputabile alla presenza di ossidi di ferro e di alluminio liberi. Queste terre, originate per decalcificazione di rocce sedimentarie calcaree, possono assumere caratteri fisici molto vari: terre rosse pesanti con tessitura argillo-limosa; terre rosse sciolte (poco diffuse) aventi detriti di natura calcarea (rosse detritiche).
L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra i 220 e i 980 m s.l.m. con pendenza variabile e l’esposizione generale è orientata verso ovest e sud-ovest.
Il clima dell’area è di tipo temperato di transizione ed è caratterizzato da precipitazioni medie annue comprese tra i 1098 e i 1233 mm, con aridità estiva e subaridità (pioggia 73-123 mm) variabili da 1 a 2 mesi. La temperatura media annua è compresa tra i 13,5 e i 15,6°C; freddo prolungato ma non intenso da novembre ad aprile, con temperatura media inferiore ai 10°C per 3-4 mesi l’anno e temperatura media minima del mese più freddo dell’anno che oscilla tra 2,1 e 3,3° C.
La combinazione tra natura del terreno e fattori climatici fanno della zona delimitata come DOCG Cesanese del Piglio un territorio altamente vocato alla produzione di vini di pregio.
Fattori umani rilevanti per il legame
Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Cesanese del Piglio”.
La presenza della viticoltura nell’area delimitata risale all’epoca romana: gli Statuti della Terra di Piglio, emanati il 30 maggio 1479, contengono numerosi capitoli che stabilivano le zone da destinare a vigneto, le modalità per determinare l’epoca della vendemmia e regolavano il commercio del vino.
Nel corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principe del territorio, fino all’attualità, come testimonia la Sagra del vino “Cesanese del Piglio” giunta alla cinquantesima edizione.
Il vino è stato riconosciuto DOC fin dal 1973 (D.P.R. 29 maggio 1973) e da ultimo grazie alla sua reputazione nazionale e internazionale è stato riconosciuto con la massima qualificazione della DOCG (DM 1 agosto 2008).
Il Cesanese del Piglio ha conquistato numerosi premi nelle manifestazioni di settore: si citano il Diploma di primo grado all’Esposizione provinciale delle uve del 1887, i Diplomi con medaglia d’oro al Concorso nazionale vini DOC e DOCG di Asti e gli attestati ottenuti al Salon International des Vins et Spiritueux di Montreal. Inoltre, per le sue peculiarità, il Cesanese del Piglio figura in maniera eccellente sulle principali guide nazionali.
L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:
– base ampelografica dei vigneti: i vitigni idonei alla produzione del vino in questione, sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata: il Cesanese di Affile e il Cesanese Comune;
– le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti, sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare (71,5 hl/ha per la tipologia “base” e 58,50 hl/ha per le tipologie “Superiore” e “Riserva”);
– le pratiche relative all’elaborazione dei vini, che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione in rosso dei vini tranquilli, adeguatamente differenziate per la tipologia di base e le tipologie riserva e superiore, riferite quest’ultime a vini rossi maggiormente strutturati, la cui elaborazione comporta determinati periodi di invecchiamento e affinamento in bottiglia obbligatori.
B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico
La DOCG “Cesanese del Piglio” o “Piglio” è riferita a 3 tipologie di vino rosso (“base”, “Superiore” e “Riserva”) che dal punto di vista analitico e organolettico presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.
Nello specifico le singole tipologie di vino si caratterizzano:
“Cesanese del Piglio”: buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo, assenza di ruvidezza e buona longevità. Il prodotto presenta un colore rosso rubino con riflessi violetti, odore intenso con sentori fiorali e fruttati (bacche e drupe) tipici delle cultivar, sapore secco armonico di giusto corpo.
“Cesanese del Piglio Superiore”: buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo, assenza di ruvidezza e buona longevità. Il prodotto presenta un colore rosso rubino con riflessi violetti, odore intenso con sentori fiorali e fruttati (bacche e drupe) tipici delle cultivar, sapore secco armonico di giusto corpo.
“Cesanese del Piglio Riserva”: buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo, assenza di ruvidezza e buona longevità. Il prodotto presenta un colore rosso rubino con riflessi granati con l’invecchiamento, odore intenso e persistente con sentori fiorali e fruttati (bacche e drupe) tipici delle cultivar che sfumano a favore di quelli speziati o fenolici associabili al legno, sapore secco armonico di giusto corpo.
Al sapore tutti i vini presentano un’acidità normale, un amaro poco percepibile, poca astringenza, buona struttura (a volte tendente al debole nella tipologia di base), che contribuiscono al loro equilibrio gustativo.
C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera
B)

L’orografia collinare dell’areale di produzione, nel bacino dell’alta valle del Sacco, e l’esposizione a ovest, sud-ovest, concorrono a determinare un ambiente arioso, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti del “Cesanese del Piglio”. Da tale area sono peraltro esclusi i terreni ubicati a quote troppo basse non adatti a una viticoltura di qualità.
Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche e organolettiche del “Cesanese del Piglio”.
In particolare, i terreni, riconducibili alle terre rosse con tessitura argillo-limosa presentano, in genere, limitato spessore e un sottosuolo coerente. Anche dove lo strato attivo è abbastanza profondo, non si ottengono risultati produttivi soddisfacenti per altre colture intensive. Sono infatti terre che di norma si rinvengono a quote superiori ai 500 m s.l.m. oppure a quota inferiore, ma con pendenze maggiori del 10%. Nonostante la presenza di sottosuolo calcareo, che spesso contiene oltre al carbonato di calcio anche quello di magnesio, le terre rosse presentano uno scarso contenuto di tali sali e spesso ne sono completamente prive.
Trattasi di terre che presentano un limitato contenuto di elementi nutritivi e che mal si prestano a un’utilizzo intensivo delle altre colture agrarie (anche in relazione alla loro giacitura); proprio in virtù di tali caratteristiche sono idonei a una vitivinicoltura di qualità, con basse rese produttive, conferendo ai vini particolare vigore e complessità.
Anche il clima dell’areale di produzione, caratterizzato da precipitazioni abbondanti (1165 mm), con scarse piogge estive (100 mm) e aridità nei mesi di luglio e agosto, da una buona temperatura media annuale (15.6 °C), unita a una temperatura relativamente elevata e ottima insolazione nei mesi di settembre e ottobre, consente alle uve di maturare lentamente e completamente (in qualche anno anche fino al mese di novembre), contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche del vino “Cesanese del Piglio”.
In particolare, la combinazione tra le caratteristiche del terreno e i fattori climatici, determina un’ottimale maturazione fenolica, che unita a un ottimale rapporto tra zuccheri e acidi, permette di ottenere vini caratterizzati da elevata struttura con un grande equilibrio fra le diverse componenti.
Indubbiamente molto del particolare “bouquet” del vino “Cesanese del Piglio” è dovuto a questa maturazione prolungata sulla pianta, in un clima temperato, ma caratterizzato, segnatamente nella fase finale, da una elevata escursione termica tra notte e giorno.
La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra del “Piglio”, dall’epoca romana, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione e interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del “Cesanese del Piglio”.
Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate e affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino a ottenere i rinomati vini “Cesanese del Piglio”.
In particolare la presenza della viticoltura nella zona del “Piglio” è attestata fin dall’epoca romana, in molti reperti dei georgici latini.
Nel medioevo i contratti agrari e i documenti di varia natura, conservati presso gli archivi monastici, confermano la diffusione di tale coltura.
Con la caduta dell’impero romano e la fine delle invasioni barbariche, la viticoltura in queste terre, nonostante i danni subiti, non perde la sua continuità con il passato e mantiene sempre un ruolo importante; come testimoniano i numerosi atti notarili, inerenti i terreni vitati, custoditi nell’archivio capitolare di Anagni.
Gli Statuti della Terra di Piglio, emanati il 30 maggio 1479, regolavano l’ordinamento della Comunità di Piglio su cui era basata la vita sociale, economica, religiosa, agricola e pastorale. Diversi Capitoli degli Statuti trattano della vite e del vino a testimonianza dell’importanza che anche allora rivestiva la vitivinicoltura.
Altro documento in cui viene citato il vino “Cesanese” è costituito dal Libro Mastro del 1838 conservato presso l’Archivio dell’Abbazia di Subiaco, la quale deteneva il possesso della maggior parte dei terreni della zona del Piglio. Si tratta di un registro contabile in cui si annotavano Entrate e Uscite del Monastero. Nel mese di ottobre si riporta Vendemmia di Subiaco → Cesanese; Vendemmia di Piglio → Cesanese.
Successivamente, dal Quaderno, estratto dagli Annali della Facoltà di Agraria della R. Università di Napoli del 1942 è possibile ricostruire le vicende legate alla fama del vino in esame, laddove si sottolinea come “… i Cesanesi risultano avere l’assoluto predominio nella viticoltura della zona: il vino risulta, inoltre, molto apprezzato da tutti i consumatori, specialmente da quelli della Capitale i quali, si dice, dei Castelli conoscono ormai i soli vini bianchi e di Cesanese non apprezzano che quello di Piglio.”.
In altra pubblicazione enologica del 1942 (Bottini, O., Venezia, M., op. cit., 1942, p. 35), oltre a mettere in evidenza taluni problemi colturali, l’autore si prefiggeva di migliorare il prodotto, farlo conoscere e organizzare i coltivatori: “Sarebbe necessario sottrarre al caso il processo fermentativo“, si legge, “e cominciare a sorvegliarlo e disciplinarlo; selezionare i tipi di Cesanese che incontrano maggiormente il favore del pubblico, fissarne le caratteristiche e tenerle il più possibile costanti nel tempo“.
Successivamente la notorietà del prodotto è registrata in riviste di diffusione regionale degli anni ’50 e ’60. Nel 1958, in occasione della I Mostra Campionaria di vini, il prof. Bruni del Ministero dell’Agricoltura e Foreste, nell’ambito di una conferenza afferma che “per i vini neri, che dovrebbero essere incrementati, il vitigno fondamentale dovrebbe essere il “Cesanese”. Nel 1959, in occasione della II Mostra Campionaria di vini, si parla del “famoso rosso Cesanese”. Nel 1961 si dice che “il Cesanese, quello del Piglio, può considerarsi degno competitore dei vini superiori delle altre regioni come il Barolo, il Brolio, il Valpolicella, il Chianti, il Nebbiolo”.
Nel 1973 il Cesanese del Piglio ottiene il riconoscimento DOC e l’evento è ricordato in un articolo in cui si esalta l’attaccamento e la dedizione dei coltivatori al loro “Cesanese” cresciuto e allevato come se fosse un figlio, anche nei tempi difficili quando la viticoltura rendeva poco e la maggior parte dei contadini abbandonava i campi per cercare altrove una fonte di sostentamento. Si esalta, inoltre, l’atavico attaccamento alla terra, alle tradizioni, alla passione di far uscire dai vigneti un vino sempre migliore.
La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, con l’impianto di nuovi vigneti, la nascita di nuove aziende (che all’inizio si appoggiano alla Cantina sociale per la vinificazione) e dalla professionalità degli operatori che hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del “Cesanese del Piglio”, che le ha valso di recente (2008) il passaggio alla categoria DOCG.

Roberto Giuliani

Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore informatico. Ma la sua vera natura non si è mai spenta del tutto, tanto che sin da ragazzo si è appassionato alla fotografia e venticinque anni fa è rimasto folgorato dal mondo del vino, si è diplomato sommelier e con Maurizio Taglioni ha fondato Lavinium, una delle prime riviste enogastronomiche del web, alla quale si dedica tutt’ora anima e corpo in qualità di direttore editoriale. Collabora anche con altre riviste web e ha contribuito in più occasioni alla stesura di libri e allo svolgimento di eventi enoici. Dal 2011 fa parte del gruppo Garantito Igp.

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