La Finanziera e il Nizza
La finanziera è un piatto tipico del Monferrato fin dal medioevo. Se ne conosce una ricetta del 1450 del Maestro Martino che, però, ha poi sopportato fin d’allora una marea di adattamenti. Era nata inizialmente per cucinare le parti normalmente scartate durante la castrazione dei galletti (per farne capponi) e dei torelli (per farne manzi e buoi) ma è diventata nell’800 una pietanza di riciclo anche di altre parti, perché è un piatto ”da poveri” diventato un piatto ”per finanzieri”, quelli delle banche di Torino in giacca da cerimonia, come si evince dalla ricetta ”ragout à la financière” attribuita a Giovanni Vialardi. E proprio a Torino nel 1978 l’ho gustata per la prima volta insieme con il collega Roberto Fontana alla Trattoria della Posta, un locale storico situato in strada comunale di Mongreno 16 a Sassi e di proprietà della famiglia Monticone dal 1951 dov’eravamo andati per abbuffarci di Castelmagno, dato che era, è e sarà il regno indiscusso dei formaggi in tavola.
Ne ero rimasto tanto affascinato da chiedere a nonno Pino, classe 1900 e quindi della generazione che aveva dovuto cucinare i piatti più poveri della cucina italiana nel primo e nel secondo dopoguerra, di farmela ancora. Con le lacrime agli occhi (cosa che potete capire benissimo), ve la riporto alla sua maniera, che non è certo quella “ricca” alla Cavour (con la carne trita di manzo e di vitello, i fegatini di pollo e maiale, il rognone di vitello, ecc. ecc.).
Ingredienti per 4 persone:
- 300 g di creste, bargigli e ”fagioli” (testicoli) di gallo
- 1 granello (testicolo) di vitello
- 1 noce di animella (ghiandola salivaria) di vitello
- 100 g di filoni (midollo spinale)
- mezzo cervello di vitello
- 100 d di funghi porcini freschi (o sott’olio)
- 60 g di cetrioli marinati sott’aceto
- 1/2 cipolla tritata fine
- 1 bicchiere di Marsala secco
- 80 g di burro
- 2 cucchiai di aceto
- sale fino quanto basta
- 1 cucchiaio di prezzemolo fresco tritato al momento
Se usate i funghi freschi e non quelli già sott’olio, puliteli bene prima con il dorso della lama di un coltello e poi con l’aiuto di un panno inumidito (ma non lavateli sotto l’acqua corrente), tagliateli a cubetti e deponeteli in un piatto.
Lavate bene tutte le frattaglie di gallo e di vitello. I granelli di vitello si trovano normalmente già puliti e privi delle parti esterne che non sono adatte a essere usate in cucina e, insieme con animella e cervello, andrebbero marinati per qualche ora in acqua salata e aceto bianco, poi sbollentati per pochi minuti insieme con le frattaglie di gallo per un minuto, al massimo due, infine scolati.
Poiché hanno tempi di cottura diversi, vanno anche lessate separatamente finché non si saranno ammorbidite al punto giusto. Mettete a lessare in una pentola di acqua salata per una ventina di minuti le creste, i bargigli e i “fagioli” di gallo, le animelle e il granello di vitello, quindi inacidite l’acqua in ebollizione con due cucchiai di aceto e aggiungete in pentola anche i filoni e il cervello di vitello a lessare insieme con il resto per altri dieci minuti. Se usate i funghi freschi, unite anche questi a lessare per tre o quattro minuti. Spegnete il fuoco e scolate tutto, gettando l’acqua.
Animella, cervello e granello vanno anche liberati dalla pellicina esterna (se immersi subito in acqua e ghiaccio sarà più facile) e asciugati bene con della carta assorbente, prima di tagliarli a dadi delle stesse dimensioni. Tagliate a cubetti più piccoli i cetrioli marinati.
In una padella larga a bordi alti fate sciogliere il burro, soffriggeteci la mezza cipolla tritata fine per un paio di minuti senza farla però imbiondire, quindi aggiungete tutti gli ingredienti, bagnandoli subito con il Marsala. Se non avete usato i funghi freschi, unite a questo punto i funghi sott’olio a cubetti, scolati. Regolate il sale, quindi aggiungete mezzo cucchiaio di prezzemolo tritato al momento e lasciate cuocere lentamente ancora per una decina di minuti, mescolando bene per condensare il sugo di cottura. Anziché utilizzare il Marsala, a volte il nonno aggiungeva un vino rosso invecchiato.
Servite subito in tavola la finanziera ben calda, versandoci sopra il sugo di cottura e spolverando con il resto del prezzemolo tritato.
Il vino Nizza “Costemonghisio” 2017 di Mauro Sebaste
Per dirla tutta come si deve, con la Finanziera preferirei bere il Freisa vivace, un vino che ha sempre incontrato i miei gusti fin dal 1978, quando l’avevo assaggiato per la prima volta con la finanziera e pure con il Castelmagno alla Trattoria della Posta di strada Mongreno a Sassi in Torino. Di quei Freisa vivaci e fragranti, ma anche pastosi, corposi e potenti, credo che l’ultimo davvero sorprendente sia stato il 2013 di Mauro Sebaste, che però ha “deciso di metterlo da parte per qualche anno perché purtroppo è un vino che non ha più mercato o comunque molto ridotto. Per me è un dispiacere perché la producevo soprattutto in memoria di mia mamma che aveva iniziato proprio con questo vino”. Un gran brutto colpo. Bòja Fàuss! Un altro produttore costretto a cedere a un pugno di buyers che ”focalizza su nome e prezzo ma non c’è più quel lavoro certosino di ricerca dei vitigni, delle tipicità del territorio, dei piccoli produttori e delle loro storie e purtroppo questo è il mondo e il sistema con cui dobbiamo coesistere, però l’importante è continuare sempre su questa strada e attraverso i vini lavorare per creare cultura e passione”. Per nostra fortuna l’enologo che vola per cento bricchi sta producendo dal 2015 anche il Nizza, che sta bene anche con la Finanziera, in attesa, chissà, di un rientro alla grande del Freisa…
Nizza Monferrato è storicamente la culla d’elezione del vitigno Barbera ed era nota come tale già 50 o 60 anni fa, quando il vino Barbera veniva venduto quasi interamente sfuso e i consumi pro-capite di vino in Italia erano i più alti del mondo (ricordo anche il primato di 110 litri l’anno, più della Francia, rimasta al palo con 105), eppure di colpo, dopo il 1986, si erano immediatamente dimezzati a causa della tragedia del metanolo. Tutto il settore vitivinicolo, in particolare quello piemontese, affrontò a lungo la crisi e, pur di tamponare le perdite dovute al crollo dei consumi di Barbera e di Dolcetto, si estirpavano le viti omonime per piantare altri vitigni. Il danno alla produzione è stato devastante e oggi il Piemonte produce soltanto circa 3 milioni di ettolitri di vino, ma ne deve importare dall’estero 1,5 milioni, cioè più della metà di tutto il vino importato in Italia, perché i piemontesi piano piano sono tornati a bere e finalmente lo fanno meglio di allora, cercando vini di qualità superiore anche fra quelli dei due grandi vitigni a cui era stata rovinata l’immagine, Barbera e Dolcetto.
Il Nizza è un gran vino che risale perlomeno al XVII secolo (come attesta un documento conservato in Municipio) e che nel 1798 è entrato nell’elenco dei vitigni piemontesi della prima Ampelografia a cura del conte Nuvolone per la Società Agraria di Torino. Eppure per ottenere la DOCG ha dovuto arrampicarsi a fatica per decenni. Gli sono legato anche affettivamente, perché è stato uno dei miei primi amori. Ricordo con profonda ammirazione quello del 1926 e quello del 1964. Con la vendemmia 2000, Nizza era stata riconosciuta soltanto come una delle sottozone del Barbera d’Asti DOC Superiore dal D.M. 13/10/2000 che modificava il D.P.R. del 9/01/1970, ma già nel 2002 alcuni produttori guidati da Michele Chiarlo avevano costituito l’Associazione Produttori del Nizza – Barbera d’Asti Superiore allo scopo di sganciare dai 169 comuni della DOC i 18 comuni vocati storicamente alla sua produzione: Agliano, Belveglio, Calamandrana, Castel Boglione, Castelnuovo Belbo, Castelnuovo Calcea, Castel Rocchero, Cortiglione, Incisa Scapaccino, Mombaruzzo, Mombercelli, Nizza Monferrato, Vaglio Serra, Vinchio, Bruno, Rocchetta Palafea, Moasca, San Marzano Oliveto. Anche nel disciplinare DOCG del Barbera d’Asti Superiore approvato dal D.M. 08/07/2008 e modificato con D.M. 17/09/2010 si nominava solamente come sottozona, ma l’Associazione presieduta da Gianluca Morino per ben tre mandati dal 2005 al 2014 ha tenuto duro e ha finalmente ottenuto il diritto a una propria DOCG con il D.M. 19/11/2014, confermato dal regolamento esecutivo 2019/953 della Commissione europea del 22/5/2019.
Il Nizza DOCG ha così finalmente ricevuto il meritato riconoscimento a una propria denominazione. Nessun’altra denominazione ha dovuto attendere così tanto ed è stato anche un percorso accidentato e lunghissimo, ma il Nizza DOCG è riuscito ad affermarsi con la vendemmia 2014 e le prime bottiglie con le nuove etichette sono uscite a partire dal 1° luglio del 2016. In mezzo a un mare di Barbera piuttosto comune a prezzi irrisori, il Nizza meritava davvero una distinzione. I terreni sono marne limose che in alcune aree tendono ad avere una maggiore concentrazione di argilla e sono profondi, con buona dotazione di sostanza organica. Tra le loro caratteristiche spicca la consistenza finissima, simile alla polvere di cipria, che permette al terreno di drenare gli eccessi di acqua e di trattenerla in profondità, come riserva da utilizzare nei periodi più siccitosi.
Il clima della zona è di tipo mediterraneo, con qualche influsso continentale, specie in inverno. Durante l’intero ciclo vegetativo della vite, è frequente il vento da Sud, chiamato “Marin” (cioè, di mare), la cui presenza contribuisce a creare in questa zona un microclima ventilato, utile a favorire l’integrità e la maturazione ottimale delle uve. L’escursione termica tra giorno e notte, inoltre, è ideale per preservare il frutto e conferire ai vini profumi, finezza ed eleganza.
Il disciplinare è severissimo. È il primo vino italiano al quale non si può aggiungere né mosto concentrato rettificato né zucchero d’uva per l’aumento del tenore alcolico naturale del vino che dev’essere almeno del 13% o, in caso di menzione della vigna, del 13,5%. La resa massima di uva in coltura specializzata non può superare 70 quintali per ettaro o, in caso di menzione della vigna o della riserva, di 6,3 quintali per ettaro per i vigneti di età di 7 anni e oltre. Per poter utilizzare la menzione della vigna nei vigneti con età inferiore ai sette anni, la resa massima per ettaro non può superare i 38 q/ha al 3° anno, i 44 al 4° anno, i 50 al 5° e i 57 al 6°.
L’annata 2017 è stata anche particolarmente impegnativa. Gelo in inverno, grandinate in primavera, siccità e sole torrido e bruciante in estate, perciò vendemmie anticipate, cioè un vero incubo per le rese perché quando sono troppo basse presentano anche una certa quantità di grappoli piccoli, con acini piccoli anche appassiti e alcuni secchi. che vanno tolti a mano per non condizionare la tipica freschezza dell’uva barbera. Solo i migliori ce la fanno e questo è proprio il caso del Nizza che suggerisco.
Il Nizza Costemonghisio di Mauro Sebaste proviene da una vigna che si trova nel comune di Vinchio a circa 280 metri di altitudine s.l.m. con esposizione a Sud-Est. su suoli sabbiosi con buona presenza di limo e venature di argilla. Le uve sono state raccolte dalla metà di settembre. Contatto con le bucce per 8-10 giorni in vasche di acciaio inox termoregolate con sistema automatico e computerizzato di rimontaggi e follature. Fermentazione con rimontaggi giornalieri. Alla svinatura è seguita la fermentazione malolattica e una maturazione in tonneaux da 400 litri di rovere francese per sei mesi allo scopo di conservare la freschezza e la dolcezza del fruttato fino alla primavera successiva, quando il vino è stato imbottigliato e affinato per altri 12 mesi prima della vendita.
Di colore rosso rubino intenso, all’attacco ha una schiettezza spartana con aromi di fragoline di bosco, ciliegie e more di gelso con delicate note di ortica, foglie secche e sambuco nero. Vino pieno, ricco, rotondo, strutturato, con una piacevole acidità e una gradevole freschezza. È vellutato, ben equilibrato tra morbidezza e potenza, infatti non scherza proprio con il tenore alcolico del 15%. Il finale è salmastro, amaricante e infonde una sensazione di calore veramente notevole.
Mario Crosta
MAURO SEBASTE Azienda Agricola Sylla società semplice
Via Garibaldi 222 bis, frazione Gallo Conforso, 12051 Alba (CN)
Tel. 0173.262148, fax 0173.262954
sito www.maurosebaste.it
e-mail info@maurosebaste.it
coordinate GPS: lat. 44.649330 N, long. 7.978653 E