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Invecchiato IGP: Taurasi 2004 Perillo

Taurasi 2004 Perillo

Perillo mi dà la possibilità di definire bene, secondo la mia opinione ovviamente, il produttore artigiano. In realtà, al di là dei protocolli, dell’uso o meno di lieviti indigeni o selezionati, di barrique o botti grandi, di trattamenti con fitofarmaci o lotta integrata, secondo me quello che distingue davvero l’artigiano è il rapporto con il tempo. Ossia la decisione di mettere il vino in vendita non quando lo richiede il mercato ma quando è effettivamente pronto. Tutto il vino, non una linea solamente.
Michele Perillo, che ha iniziato a vinificare sulle silenti colline di Castelfranci, ossia nella parte più alta dell’areale compreso dalla docg, corrisponde esattamente a questa definizione che alla fine è l’unico discrimine vero, fino al paradosso, magari, di fare uscire un’annata più vecchia prima dell’ultima se ne ha le caratteristiche.
Un altro elemento che distingue questa aziendina, che produce meno di 20mila bottiglie da nove ettari di proprietà curati personalmente, è il fatto che affianca solo la Coda di Volpe all’Aglianico, secondo quelle che sono le vere tradizioni dell’areale taurasino che non conosceva Fiano e Greco. E tanto meno Falanghina, il trittico bianco che quasi tutte le cantine irpine presentano a prescindere.
La capacità di distinguersi è sempre il nocciolo del problema che appare difficile da comprendere a chi lavora in questo settore. Michele Perillo, oggi affiancato dal figlio Daniele fresco di studi di Enologia, conosce nel dettaglio i terreni argillosi, calcarei e tufacei sparsi fra Montemarano e Castelfranci e le loro esposizioni realizzando una lunghissima vendemmia a seconda delle maturazioni raggiunte dall’uva. Giusto per dare un’idea dei tempi di uscita, le ultime annate in commercio sono la Coda di Volpe 2019, il Taurasi 2011 e il Taurasi riserva 2010.
Capirete bene, allora, che stappare una 2004 non ha quasi nulla di straordinario in questo caso. Lo facciamo come deve essere bevuto il vino, in una allegra e spensierata giornata di agosto fra numerosi amici accorsi in cantina per sfidare il caldo. Tra pasta al forno, salumi, mozzarella, capretto e pollo ruspante, pizze rustiche e pasta con i ceci, una dopo l’altra le bottiglie vengono sacrificate all’altare della gioia collettiva.
La 2004 fu un’annata di riprese dopo la difficile 2003, la prima vera annata caldissima che prese di sorpresa un po’ tutti. Anche in Irpinia si registrò un considerevole aumento della produzione e un ritardo rispetto alla vendemmia precedente dovuto ad un andamento climatico decisamente più fresco che ha regalato vini più snelli ed eleganti. Il 2004 di Perillo si presenta bene all’appuntamento con lo stappo dopo quasi vent’anni, i profumi di frutta sono concentrati, cotognata, carruba, inseriti in un contesto di accenni balsamici e spezie, sul finale una piacevole nota fumé. Al palato l’acidità risulta bilanciata, frutto e legno sono perfettamente integrati sia al gusto che all’olfatto, il finale lungo, sapido, i tannini levigati dal tempo ma ficcanti.
Un bel bicchiere che ha chiuso il nostro convivio agostano, purtroppo ormai lontano ricordo dopo il rientro nel logorio della vita moderna (cit. Calindri).

Luciano Pignataro

www.cantinaperillo.it

Luciano Pignataro

Laureato in Filosofia e giornalista professionista, lavora al Mattino dove da anni cura una rubrica sul vino seguendo dal 1994 il grande rilancio della viticoltura campana e meridionale. Al centro dei suoi interessi la ristorazione di qualità, la difesa dei prodotti tipici e dell'agricoltura ecocompatibile. È autore per le Edizioni dell'Ippogrifo delle uniche guide, sponsor free, sui vini della Campania e della Basilicata andate ripetutamente esaurite oltre che del fortunato Le Ricette del Cilento giunto alla terza edizione. Con la Newton Compton ha pubblicato La cucina napoletana di mare, I dolci napoletani, 101 vini da bere almeno una volta nella vita. Ha vinto il premio Veronelli come miglior giornalista italiano nel 2008. Dal 1998 collabora con la Guida ristoranti Espresso, è impegnato nella nuova guida Vini d'Italia di Slow Food. Fa parte del gruppo Garantito Igp.

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