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Intervista a Giorgio Mercandelli: “Ciò che beviamo è il gusto della Luce imprigionata nel frutto”

Giorgio Mercandelli

L’Azienda RiLUCE di Giorgio Mercandelli si trova a Canneto Pavese nel cuore dell’Oltrepò Pavese. Circa 10 ettari di vigne, la gran parte ultracentenarie, allevate senza sostanze chimiche e biologiche. Giorgio e la sua compagna Sonia sono gli unici al mondo a gestire una cantina alchemica.
Riportiamo quanto Giorgio ci ha raccontato della sua filosofia in una recente intervista.

Ciò che beviamo è il gusto della Luce imprigionata nel frutto, la stessa che agisce sul mondo fin dall’origine del tempo

La Luce produce l’ordine della natura che riflette la sua purezza nell’armonia del gusto, ed io applico nel lavoro e nella vita il senso di una filosofia agricola che considera la Luce come un’espressione della Coscienza che ha creato il Tutto e che permea le cose del mondo per sviluppare, organizzare e differenziare la materia, in contrapposizione a tutto ciò che entropicamente la disordina, la omogeneizza e la dissolve nello spazio e nel tempo.
Coltivare la Luce significa educarsi attraverso le ordinate frequenze della natura per ritrovare le limpide fonti dell’esistenza nell’armonia di un mondo in cui tutto è connesso.

Un grappolo fra le mani

Una filosofia che si realizza in uno stile di vita impegnato nell’arte dell’agricoltura sintropica che capitalizza il valore della Luce nella produzione e nella trasformazione dei prodotti agricoli.
In analogia a come la Luce si realizza nel mondo, questa filosofia riporta il destino dell’uomo in come egli cerca la propria realizzazione sulla terra, nella consapevolezza che solo nell’armonia della natura si celano le forze sintropiche necessarie al suo armonico sviluppo.
Ciò che muove il produttore biotico è il desiderio di capitalizzare nel vino un valore artistico che riflette il progresso del mondo con la meraviglia del gusto.
Un gusto che racconta la bellezza della natura attraverso tutte le forze che hanno contribuito a creare e a trasformare i frutti.
I vini biotici sono una pura espressione della natura che attraverso le forze sintropiche della Luce si affinano continuamente per evolversi nello spaziotempo terrestre.
Sono convinto che il vino possa cambiare la vita alle persone (perché a me è successo), attraverso un’emozione interiore che ci collega eternamente alla natura.
Considero la fermentazione un processo che permette a tutto ciò che muore sulla terra di ritornare in vita attraverso una nuova sostanza, più pura e luminosa di prima.
Giorgio Mercandelli in vignaNella società moderna la natura non viene riconosciuta come un ente di sviluppo ma solo come un magazzino energetico dal quale l’uomo trae delle sostanze che chiama alimenti.
Ma noi siamo fatti di armoniose frequenze e tutto ciò che mangiamo, sentiamo, vediamo, tocchiamo, agisce sul nostro pensiero, sulla nostra salute e sulla qualità della vita.
L’armonia, che appartiene alla purezza della natura, è una risorsa fondamentale per connetterci alle nostre origini aggiornate allo spazio e al tempo.
Il vino biotico è una sostanza universale che esprime il gusto del proprio tempo perché vibra in armonia con le frequenze della natura e la coscienza del produttore e non con la materialità del territorio o della varietà, che vengono distrutte dalla fermentazione.
Se, utilizzando sostanze agricole ed enologiche, non è possibile creare un Dominio di Coerenza con la natura, com’è possibile creare un vino che rifletta il territorio o la varietà?
Spesso parlare di terroir in un vino è come parlare della Luna restando seduti su Marte, perché il consumatore, legato alla piacevolezza di un gusto, influenzato dalle tecniche e dai prodotti vitivinicoli, non distingue la natura del prodotto semplicemente perché non appartiene alle sue origini.
I vini di RiLUCE agiscono in maniera diversa per ogni persona, proprio perché ognuno è diverso e reagisce sensorialmente e sentimentalmente in maniera altrettanto diversa.
Un vino universale non ha più il gusto del frutto bensì il gusto di tutte le forze che hanno prodotto e trasformato il frutto, nelle quali il frutto è trapassato lasciando solo la sua immagine vibrazionale cioè il suo dominio di coerenza, in cui l’uomo ritrova la propria origine.
In sostanza il vino diviene un elemento dinamico che permette all’uomo di entrare in contatto con le frequenze della natura necessarie ad emancipare le sue energie, la sua immaginazione e la sua creatività, dandogli la possibilità di evolversi con un rinnovato senso della vita e realizzarsi durante la sua esperienza sulla terra.
Il primo vino universale della mia vita l’ho assaggiato trent’anni fa.
Avevo circa 25 anni ed è stata una vera e propria esperienza sinestetica, anche se non lo sapevo ancora.
Ero andato con mio padre in visita ad un contadino che ci ricevette nella sua cantina oscura e, nell’armonia di quel gusto, vidi la Luce.
Fu un’esperienza sinestetica che mi cambiò la vita.

Le etichette dei vini di RiLUCE
Le etichette dei vini di RiLUCE

Capii che era possibile fare il vino naturale e che la mia vita poteva avere un senso se fossi riuscito a riportare l’emozione di quella Luce nel cuore degli uomini.
Tutti i tentativi di riprodurre quel vino, con lo studio della vite e dell’enologia e le tecniche più all’avanguardia del tempo, furono vane.
Dopo la morte di mio padre mi si rivelò ciò che mi era restato nel cuore da quell’esperienza, allorquando capii che, per arrivare a quel risultato, il segreto stava nell’uomo e nelle sue capacità di vivere in armonia con la natura.
Quella Luce tornò ad accendere il senso della mia vera esistenza facendomi diventare l’artefice della mia vigna e della mia cantina, attraverso l’armonia della natura.
Un rapporto affettuoso e sincero che sviluppa un Dominio di Coerenza in cui l’uomo entra in contatto con il cuore pulsante della natura per avere dei frutti che conservino le frequenze del sole, fino alla bottiglia.
Qualsiasi cosa interferisca su queste frequenze non potrà superare le profonde trasformazioni alchemiche necessarie ad ottenere il prodotto universale.
Una volta giunto alla maturazione vacuolare il frutto viene raccolto.
Non c’è differenza tra uve bianche o rosse perché entrambe, a prescindere dal loro rapporto antocianico, hanno lo stesso destino nella trasformazione alchemica che è quello di cedere le loro forze latenti.
L’estrazione del puro gusto della materia che interagisce nella vinificazione sarebbe limitante e anche difficile da gestire nella costruzione di un vino basato sull’armonia del gusto.
In altre parole, nella trasformazione alchemica si dissolve completamente un frutto senza nessun coadiuvante fisico e chimico (nessuna filtrazione, nessun trattamento enologico, nessun utilizzo di lieviti, nessuna solfitazione, ecc.) per assecondare le capacità del frutto di mantenere sintropicamente le energie della natura che, attraverso la fermentazione, si mantengono inalterate nel vino per evolversi in bottiglia nel tempo.
La fermentazione (semplice trasformazione di un mosto che si fa vino), nel momento in cui non ci sono più zuccheri fermentescibili, diventa un processo profondo che coinvolge tutti i comparti molecolari del frutto che si trasformano nella “memoria dell’acqua”, cioè nella capacità di mantenere un “ricordo” delle sostanze con cui è venuta in contatto.

Giorgio Mercandelli con un grappolo

Il vino universale quando viene imbottigliato ha il gusto della rugiada o dell’acqua fresca di monte.
In un tempo che può variare dai 5 ai 10 anni, il vino si ricondiziona in bottiglia, dispiegando la sua memoria nel liquido che diventa vino con il gusto ed i profumi dalle forze che lo hanno generato.
È per questo che, appena imbottigliato, il vino universale non solo non sa più di frutta, ma nemmeno di varietà o di terroir e sfugge all’analisi sensoriale.
Diventa pressoché impraticabile anche la realizzazione di un modello di riferimento che lo descriva, proprio per l’impossibilità di fissare delle etichette semantiche.
Il vino universale è un fenomeno sinestetico, legato ad una esperienza sentimentale, in cui non è possibile raccontare nulla del gusto se non raccontando ciò che proviamo quando lo beviamo.
Il vino rappresenta la bevanda più moderna esistente sul pianeta.
Nasce dalle forze che vengono dal futuro cioè dalla sintropia della natura.
Quando si beve un vino che ha una data sull’etichetta si riconosce, non la data di un decesso bensì quella da cui quel vino comincia a partecipare ad un futuro che in bottiglia è conservato nella sua purezza.
Quindi un vino universale, cioè un prodotto che rimane in armonia con le frequenze della natura e che mantiene sintropicamente le forze convergenti, diventa sempre più evoluto perché si aggiorna quotidianamente.
Nelle società più progredite, ancora oggi, il vino universale ma anche altri prodotti naturali, hanno un’importanza fondamentale mentre in Italia, nonostante la natura abbia una tradizione e una cultura straordinarie, abbiamo gradualmente assimilato una concezione materialistica allontanandoci di fatto dai valori più profondi, ad essa legati.
Voglio rimarcare ancora una volta che quando si beve un vino naturale si bevono frequenze solari che vibrano in armonia con la natura e ti mettono in sintonia con un’energia capace di emancipare la tua sensibilità attraverso il senso estetico del gusto.
La stessa cosa che può accadere nell’innamoramento, nell’incanto di fronte ad un’opera d’arte, nella meraviglia di un paesaggio, nella gioia e nella felicità di un momento particolare della nostra vita che ci riconcilia col senso dell’eternità.

RiLUCE
Via Casabassa, 49 – 27044 Canneto Pavese (PV)
Tel.: (+39) 333 3418574
e-mail: info@riluce.wine
sito: riluce.wine

Valerio Bergamini

Nato il 22 febbraio 1952 a Pavia, dove risiede. Si è laureato nel 1984 in Filosofia presso l'Università Statale di Milano. Dal 1996 al 2014 è stato titolare della concessionaria Piaggio a Pavia. Ha svolto stage all'estero per la conoscenza diretta dei mercati nelle aree emergenti (Tunisia dal 1988 al 1995 e Uzbekistan nel 1995) e ha messo a disposizione la sua esperienza come consulente per un pool di concessionari moto. Parallelamente alla passione per le due ruote è cresciuta quella per la poesia dialettale, per la buona cucina e il buon vino. Ha vinto numerosi premi letterari e concorsi di poesia. Dopo aver conseguito il titolo di Wine master (1990), presso l'Istituto di Cultura del Vino di Milano, ha sempre più approfondito la sua conoscenza enologica seguendo i corsi e le degustazioni organizzate dall'AIS di Milano. È membro del direttivo dell'Associazione Enocuriosi di Pavia che conta più di 300 soci appassionati di vino. Ha al suo attivo numerosi racconti pubblicati in edizioni private. Nel 2013 ha pubblicato il libro Origine del desiderio (di cucinare), nel 2015 il libro "Lino Maga, anzi Maga Lino, il Signor Barbacarlo" e nel 2016 "7 Soste sulla strada della passione".

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