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Insalata di sgombro con rucola, borlotti e peperoni cruschi abbinata al Fiano di Avellino

Sgombri

L’insalata di filetti di sgombro, rucola, fagioli borlotti, pomodori e peperoni cruschi è un piatto unico, semplice veloce e nutriente. Una ricetta sana che ben si adatta all’inizio del periodo autunnale, ma che con la sua freschezza ci lascia ancora il sapore dell’estate appena terminata. Per la nostra ricetta utilizzeremo dei borlotti freschi, ricchi di nutrienti e divertenti da sgusciare, mentre per lo sgombro opteremo per una preparazione di filetti al naturale in vasetto, pratici e veloci da utilizzare e da condire a nostro gusto e piacimento.
Lo sgombro e i fagioli sono entrambi alimenti che apportano ottime quantità di proteine ad alto valore biologico, o meglio note come ”proteine nobili”; il pomodoro ci darà un tocco di colore e di freschezza, mentre il peperone crusco di Senise IGP aggiungerà carattere e sapore. Stiamo parlando, infatti, di un particolare tipo di peperone, le cui origini risalgono al XVI e XVII secolo, quando quest’ortaggio si diffuse sul territorio lucano e trovò le condizioni ottimali per crescere. Attraverso le successive selezioni, questo peperone si presenta diverso da tutti gli altri sia nella forma sia nel gusto, può essere a corno di capra, appuntito, a tronco o a uncino, ha dimensioni ridotte e una polpa particolarmente sottile. Il suo colore è rosso porpora e il peduncolo è saldamente attaccato all’ortaggio tanto da resistere durante l’essiccazione, in modo da facilitare lo sviluppo delle tradizionali ”serte” (le collane di peperoni della lunghezza di circa 2 metri che vengono esposte al sole per l’essiccamento).

Sgombri

L’appellativo ”crusco” deriva dal processo di lavorazione di questo particolare peperone lucano: il peperone di Senise IGP viene sottoposto a essiccazione (nel caso della lavorazione artigianale, si prevede che l’essiccazione venga fatta solo all’aria e al sole) e successivamente fritto; da qui crusco, ossia croccante. Conosciuti per la spiccata nota dolce, sono un tradizionale contorno che accompagna molte pietanze; perfetti per arricchire il baccalà o una semplice insalata.

Quantità per 4 persone:

  • 300 g di fagioli borlotti sgranati
  • 2 vasetti di filetti di sgombro al naturale (da circa 200 g)
  • 100 g di rucola
  • 6 peperoni cruschi
  • 2 pomodori cuore di bue medi
  • aceto di vino q.b.
  • alloro una foglia
  • rosmarino un rametto
  • basilico fresco un ciuffo
  • uno spicchio d’aglio
  • olio extravergine d’oliva q.b.
  • sale fino q.b
  • pepe a piacere macinato al momento

Procedimento
Dopo aver sgranato i fagioli borlotti, metteteli a bollire in abbondante acqua non salata a freddo per circa 20 minuti da quando prende il bollo con la foglia di alloro, lo spicchio d’aglio sbucciato e il rametto di rosmarino.
Una volta cotti, lasciateli intiepidire nella loro acqua e poi scolateli.

Sgombri

Nel frattempo, lavate la rucola, scolate bene i filetti di sgombro e tagliate i pomodori. Unite successivamente i fagioli raffreddati e i peperoni cruschi sbriciolati, eventualmente lasciandone uno intero per la decorazione.
In una ciotola unite l’olio extravergine di oliva, sale, pepe, un cucchiaio di aceto ed emulsionate il tutto. Condite la vostra insalata e mescolare delicatamente. Lasciate riposare una mezz’oretta in frigo, decorate con un ciuffo di foglie di basilico fresco e servite.

Fosca Tortorelli


azienda Antonio Caggiano

Il vino consigliato: Fiano di Avellino ”Béchar “ 2020 dell’azienda Antonio Caggiano
C’è davvero da sorprendersi per questo vino bianco dalla beva incredibile, dovuto a una saggia decisione di Antonio Caggiano di allargare la sua offerta oltre quell’eccellente Taurasi dalle meravigliose uve di aglianico dell’agro taurasino che l’aveva reso subito famoso. Quello splendido vino rosso dal nome di origine osco-sabellica riferito al toro, animale condottiero e guida spirituale della tribù dei Taurasini, una stirpe dei Sanniti che abitavano anticamente l’Irpinia, è stato fatto qui fin dalla prima vendemmia del 1994 dopo la ristrutturazione e la ripresa della vecchia vigna di famiglia Salae Domini e che aveva goduto già da subito della consulenza del professor Luigi Moio, allora giovane ricercatore enologo, continuando a essere vinificato ai massimi vertici della qualità.
Nei quasi trenta ettari vitati su cui l’azienda attualmente può contare, tra cui quelli delle vigne di Contrada Coste, Piana di Montevergine, Pezza dei Preti e Lapio, sono stata piantate tutte quelle uve che vengono considerate le più importanti varietà dell’Irpinia. Si tratta di aglianico, fiano, greco e falanghina che sono coltivate nel pieno rispetto di ambiente, natura ed ecosistema. La cantina, che produce dalle 150 alle 200 mila bottiglie l’anno a seconda dell’andamento delle annate, si  trova in contrada Sala ed è una delle più belle e spettacolari dell’intera Campania. Progettata su cinque piani dal figlio Pino che conduce oggi l’azienda e ne è l’artefice dell’attuale successo enologico, è stata realizzata a partire dal 1990 utilizzando in gran parte i materiali di recupero dalle discariche dopo il terremoto dell’Irpinia nel 1990.
Questa cantina non può mancare di una visita completa da parte degli enoappassionati. Padre e figlio l’hanno sempre considerata come un vero e proprio museo della cultura vitivinicola su più livelli, con le collezioni di cavatappi, torchi e altri arnesi utilizzati in vigna per la vendemmia, bottiglie ed etichette storiche ed è davvero piacevole scendere lungo i piani della zona di fermentazione e maturazione dei vini.

azienda Antonio Caggiano

In ogni angolo, su ogni parete, e nei numerosi incavi ricavati dalle mura in pietra si trovano arnesi e utensili tipici della pratica di viticoltore. Agli utensili e alle centinaia di botti si affianca poi una varietà di opere d’arte di legno, vetro e pietra, alcune realizzate dallo stesso Antonio e altre regalate da alcuni amici artisti. In una posizione panoramica adiacente alle Cantine Antonio Caggiano è stato realizzato l’agriturismo Salae Domini, ristrutturando un antico casolare rustico con le sue suggestive terrazze. Da qui si può godere di un’incantevole vista sulle vigne dell’azienda mentre si mangiano le saporite pietanze tradizionali tipiche della cucina irpina.
Antonio Caggiano prima di fondarla era un geometra tecnico comunale con il pallino della vitivinicoltura e una forte passione per la fotografia in giro per il mondo, dal freddo dell’Artide agli Stati Uniti e dal Sud America alle savane e ai deserti africani. Una delle foto che ci tiene a mostrare orgogliosamente ai visitatori l’aveva scattata proprio a Béchar, una cittadina algerina con lo stesso nome del vento che la sferza a ridosso dei confini con il Marocco e che aveva personalmente visitato nel corso di un suo viaggio nel deserto del Sahara. Ecco l’origine di questo nome dedicato al Fiano di Avellino DOCG aziendale prodotto in purezza dalle uve del vitigno omonimo delle vigne collinari del comune di Lapio ricadenti nell’areale di questa prestigiosa denominazione a circa 400 metri di altitudine sul livello del mare, dove i terreni di origine vulcanica con esposizione sud-ovest presentano suoli argillosi e calcarei.
I ceppi sono piantati con una densità d’impianto di 3.500 piante per ettaro e sono allevati con potatura Guyot per una resa di uve di 60 quintali per ettaro (circa 1,7 kg per pianta). Le vendemmie sono effettuate con la raccolta e la selezione manuale normalmente nella prima decade di ottobre e le uve, raccolte al momento della loro completa maturazione, vengono pressate sofficemente. Il mosto è fermentato in serbatoi di acciaio a una temperatura controllata di 15-16°C e il vino è stato affinato prima in acciaio e poi in bottiglia presso la cantina per un periodo di almeno tre mesi. Tenore alcolico del 13,5%, acidità totale da 6,2 a 6,5 g/l.

Fiano di Avellino Antonio Caggiano

Di colore giallo paglierino intenso con riflessi dorati, limpido e luminoso, è un vero e proprio campione di Fiano di Avellino molto fine ed espressivo già adesso, ma con il passare degli anni saprà regalare grandi emozioni. Dall’assaggio posso affermare che questo vitigno sa invecchiare con estrema classe, come mi avevano dimostrato annate bevute dopo dieci anni e più. È una versione di Fiano fruttata, fresca, grassa e ricca di carattere. Attacca con profumi di fiori bianchi e agrumati di cedro che introducono un bouquet di aromi di pomelo e scorze candite di cedro e di pompelmo. In bocca è straordinariamente sapido, pieno, vispo, con un fruttato di mela limoncella, susina, pesca gialla e miele di corbezzolo tra sfumature balsamiche di mentuccia e note delicate di fieno, vaniglia e idrocarburi. Ha un ottimo equilibrio tra la morbidezza e l’acidità, è morbido e avvolgente, con una nocciola fresca appena tostata nel finale molto persistente e avvolgente. Impressionanti la freschezza e la pulizia della beva. Da godere con le pietanze di mare, non grigliate, dagli antipasti alle crudité, dalla pasta con le vongole veraci ai risotti con frutti di mare, dal tonno in crosta a pesci e crostacei alla piastra, al vapore, al sale e in intingolo.

Rolando Marcodini

Azienda Agricola Antonio Caggiano
Contrada Sala 4, S.P. 57, 83030 Taurasi (AV)
coord. GPS: lat. 41.006192 N, long. 14.958099 E
Tel. 0827-74723, cell. 328-8310782 per prenotare visite e degustazioni
sito www.cantinecaggiano.it
e-mail info@cantinecaggiano.it e visite@cantinecaggiano.it

Fosca Tortorelli e Rolando Marcodini

FOSCA TORTORELLI - È Sommelier e Degustatrice ufficiale A.I.S. rispettivamente dal 2003 e dal 2004; ha sviluppato nel suo lavoro di dottorato in Industrial Design, Ambiente e Storia, la tesi sperimentale dal titolo “Reinterpretare le Cellae Vinariae. Ambiente, Processo, Produzione” e una successiva pubblicazione in collaborazione con la Prof. Muzzillo F. dal titolo “Vitigni del Sud: tra storia e architettura” (Roma Natan Edizioni, 2012). Ha conseguito il Master Sommelier ALMA-AIS (luglio 2016) presso ALMA a Colorno (Parma). Fa parte dei Narratori del Gusto e insieme al Centro Studi Assaggiatori di Brescia partecipa a panel di degustazione di rilievo nel settore enogastronomico. Fa parte anche dell’associazione Donne del Vino, ha scritto sulla rivista l’Assaggio, oltre che su diverse testate registrate e ha preso parte alle degustazioni per la Guida Vitae, per la guida Slow wine 2017 e per la guida Altroconsumo. Dal 2018 è giornalista pubblicista. ROLANDO MARCODINI - Ha smesso di giocare in cortile fra i cestelli dei bottiglioni di Barbera dello zio imbottigliatore all'ingrosso per arruolarsi fra i cavalieri di re Nebbiolo e offrire i suoi servigi alle tre principesse del Monte Rosa: Croatina, Vespolina e Uva Rara. Folgorato dal principe Cabernet sulla via dei cipressi che a Bolgheri alti e stretti van da San Guido in duplice filar, ha tentato l'arrocco con re Sangiovese, ma è stato sopraffatto dalle birre Baltic Porter e si è arreso alla vodka. Perito Capotecnico Industriale in giro per il mondo, non si direbbe un "signor no", eppure lo è stato finché non l'hanno ficcato a forza in pensione da dove però si vendica scrivendo di vino in diverse lingue per dimenticare la bicicletta da corsa, forse l'unica vera passione della sua vita, ormai appesa al chiodo.

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