“Dopo un lungo lavoro di studio e di confronto la nostra denominazione vedrà l’introduzione di undici Unità Geografiche Aggiuntive o UGA. Un progetto completamente nuovo che vi invitiamo ad approfondire e ad abbracciare con entusiasmo. Un progetto destinato a crescere e a migliorare negli anni a venire e pensato come un’eredità per le future generazioni. La nostra storia, le nostre tradizioni e la nostra identità sono qui”. Si presenta con questa bella introduzione il Consorzio Vino Chianti Classico, tramite la direttrice Carlotta Gori, all’interno di un’elegante sala del noto Hotel The Westin Palace Milan in piazza della Repubblica, lo scorso 16 ottobre. Sul prodotto in questione è stato scritto e detto ormai tutto, stiamo parlando di una delle bandiere del vino italiano nel mondo. Nonostante questa premessa il Consorzio, e i produttori coinvolti, desiderano fortemente continuare ad approfondire il territorio, la cui natura è stata indubbiamente generosa. A tal proposito per capire realmente il Chianti Classico è necessario innanzitutto mettere a fuoco il paesaggio agricolo e le sue peculiarità.
L’area di produzione misura 47 km dall’estremo nord all’estremo sud, mentre da est a ovest misura circa 21 km nella sua parte centrale e 27 km in quella più larga, a sud. Conta un totale di oltre 70.000 ettari di superficie e il dato interessante da considerare è che soltanto 9.800 sono destinati a vigneto, e di questi circa 6800 alla produzione del vino Chianti Classico. Ciò significa che stiamo parlando di un territorio ricco di biodiversità dove anche gli oliveti risultano protagonisti al pari della vigna, senza considerare l’importante funzione termoregolatrice del bosco che ad oggi copre circa il 62% dell’area sopracitata.
Carlotta Gori
Carlotta Gori inoltre fa presente che oltre il 52% dei vigneti è a conduzione biologica, ovvero 220 aziende su 350 hanno fatto questa scelta a mio avviso molto importante. Considerando idealmente una sorta di cartina geografica e allargando leggermente l’inquadratura, oltre alle colline che dipingono un quadro paesaggistico di struggente bellezza, è possibile scorgere dei veri e propri rilievi montuosi. La catena più importante è per l’appunto quella dei Monti del Chianti, che si sviluppa lungo il confine orientale della denominazione dividendola dalla Valdarno. La punta è rappresentata dal Monte San Michele che tocca gli 893 metri sul livello del mare. Vi è poi una dorsale molto importante che divide la parte più interna della denominazione da quella più esterna, la stessa che unisce San Donato in Poggio a Vagliagli passando per Castellina in Chianti. Differenti climi in questo caso: la prima dorsale risulta in media più fresca e la seconda più calda. Le due catene principali a loro volta sono unite da una dorsale secondaria dove al centro troviamo il borgo di Radda in Chianti. Quest’ultima funge da spartiacque: a nord la Val di Pesa e la Valle di Greve, in gran parte appartenenti alla provincia di Firenze, mentre a sud incontriamo la Val d’Arbia in provincia di Siena dove si sviluppano tutte le colline circostanti.
La morfologia del terreno varia sensibilmente a seconda delle zone, così come l’altimetria: se nell’area centrale e in gran parte di quella meridionale le quote sono comprese tra i 300 e i 500 metri sul livello del mare, la restante parte – non considerando i Monti del Chianti – raggiunge i 300-200 metri d’altitudine. Produrre Chianti Classico è possibile soltanto entro una quota massima di 700 metri sul livello del mare. Tornando alla matrice del terreno, elemento che più di tutti contribuisce a plasmare il profilo dei vini e le relative differenze, bisogna riconoscere che l’argomento risulta piuttosto complesso. Nel corso dei decenni ha impegnato diversi studiosi ed esperti del territorio. Il risultato di questi approfondimenti ha generato 11 unità cartografiche a loro volta suddivise in due grandi categorie in base alla loro origine: marina e continentale. Nel primo caso troviamo: argille e limi marini, sabbie e conglomerati sempre di tipo marino, macigno e altre arenarie non calcaree, alberese e altre sequenze calcareo-marnose, formazione di Sillano e marne, pietraforte, argilliti scistose con “galestro” prevalente, rocce verdi – ofioliti. Nel secondo: terrazzi fluviali, depositi lacustri e alluvionali fini, oltre a depositi fluviali antichi e lacustri.
Fabio Ceccarelli
Arriviamo dunque alle 11 UGA o Unità Geografiche Aggiuntive, tema principale dell’incontro milanese, illustrate da Fabio Ceccarelli (Master Sommelier AIS del Chianti Classico), colui che ha guidato la degustazione incentrata su undici vini che più avanti illustrerò nel dettaglio. Ho apprezzato particolarmente la scelta di presentare un vino specifico per ogni UGA, così da far emergere all’interno del calice le peculiarità, e dunque le differenze, di ogni unità geografica aggiuntiva. Storicamente il territorio del Chianti Classico veniva illustrato mediante otto comuni principali che ne fanno parte. Di questi, 4 vi rientrano a pieno titolo: Castellina in Chianti, Gaiole in Chianti, Greve in Chianti e Radda in Chianti. I restanti invece solo in parte e sono: Castelnuovo Berardenga, San Casciano in Val di Pesa, Barberino Tavarnelle e Poggibonsi. La modifica del disciplinare di produzione, deliberata dall’Assemblea dei Soci nel giugno 2021, rende noto il fatto che il territorio del Chianti Classico viene oggi suddiviso in 11 aree ancor più specifiche, le sopracitate UGA.
Il Chianti Classico nel calice
In ordine geografico troviamo: San Casciano, Greve, Montefioralle, Lamole, Panzano, Radda, Gaiole, Castelnuovo Berardenga, Vagliagli, Castellina, San Donato in Poggio. Per dovere di cronaca e allo scopo di non generare confusione, è corretto asserire che le MGA piemontesi e le UGA toscane sono frutto dell’applicazione dello stesso strumento legislativo. Vi sono tuttavia alcune differenze sostanziali in termini numerici e di grandezza del cosiddetto cru. Mentre le MGA sono riconducibili maggiormente ai climat borgognoni, le UGA del Chianti Classico fungono da veri e propri distretti vitivinicoli. Veniamo dunque al dettaglio dei campioni degustati suddivisi per UGA (solo il Chianti Classico Gran Selezione può fregiarsi in etichetta dell’Unità Geografica Aggiuntiva, ndr).
UGA San Casciano – Chianti Classico Gran Selezione Don Tommaso 2019, Principe Corsini Villa le Corti Sangiovese 80%, merlot 20%. Rubino carico unghia granato, media trasparenza. Intenso di amarena, mirtillo nero e una spezia incisiva che si fonde con la tostatura del legno; suggestioni mediterranee e di terriccio umido in chiusura. Ricco, sapido, tannino percettibile: un vino lungo al palato e di buona struttura.
UGA Greve – Chianti Classico Gran Selezione Il Picchio 2019, Castello di Querceto Sangiovese 95%, colorino 5%. Rubino caldo, profondo, poca trasparenza e buon estratto. Il frutto è pronunciato, risulta facile perdersi tra toni di confettura di frutti neri e lieve salamoia, chiodo di garofano e toni boschivi. Palato ancora giovane e leggermente sconnesso, si avverte un po’ il legno tuttavia il frutto appare “croccante” e per nulla esasperato. Lunga scia sapida in chiusura e nel complesso buona freschezza.
UGA Montefioralle – Chianti Classico Gran Selezione Vigna Bastignano 2019, Conti Capponi – Villa Calcinaia Sangiovese 100%. Tra il granato e il rubino, luminoso e di media trasparenza. Respiro sobrio, raffinato nonostante la tostatura lievemente sopra le righe; impiega qualche minuto a fondersi con il registro fruttato che sa di mora e mirtillo nero, amarena, oltre a tabacco e cacao. Sorso slanciato, succoso, convincente in tema di equilibrio gustativo, tra densità, freschezza e tannino serico. Vino lungo e appagante.
UGA Lamole – Chianti Classico Gran Selezione Vigneto di Campolungo 2018, Lamole di Lamole Sangiovese 100%. Granato intenso con unghia mattone, estratto e vivacità di colore. Eleganza allo stato puro, austerità grazie ad un ritorno fruttato di ribes rosso, ciliegia ben matura financo frutti estivi, pesca in primis. Il comparto parte floreale è arioso, cangiante: iris, zagara e geranio selvatico. Naso stupendo. Non scherza nemmeno al palato: succoso, agile, ritmato tra guizzi acidi e sapidi inseriti in un corpo per nulla ingombrante; è la persistenza a convincere. Tra i migliori dell’intera batteria.
UGA Panzano – Chianti Classico Gran Selezione Vigna del Sorbo 2020, Fontodi Sangiovese 100%. Rubino fitto, caldo, piuttosto impenetrabile. Naso intenso e dal frutto goloso, suadente: amarena, susina, cioccolatino al liquore di ciliegia; a contatto con l’ossigeno squaderna note balsamiche di eucalipto allorché diviene irresistibile. Ne assaggio un sorso e ritrovo un vino dal tannino incisivo e dal succo convincente, così come la sapidità in primo piano e la freschezza in leggero ritardo; è ancora giovane a mio avviso. Chiusura ammandorlata.
UGA Radda – Chianti Classico Gran Selezione Il Solatìo 2019, Castello di Albola Sangiovese 100%. Granato in tinta chiara, buon estratto secco. Naso caleidoscopico, cangiante dal primo all’ultimo istante. In sequenza: frutti rossi di bosco e arancia rossa sanguinella, cosmesi e pepe rosa, friggitello abbrustolito e tabacco. L’equilibrio si avverte soprattutto in chiusura, grazie ad un tannino gentile e una densità gustativa commisurata alla potenza del vino, quest’ultima mai sopra le righe così come l’alcol percepito. Il legno è ben integrato alla materia, tuttavia quest’ultima sensazione potrà ancora migliorare.
UGA Gaiole – Chianti Classico Gran Selezione Colledilà 2020, Ricasoli Sangiovese 100%. Rubino, unghia granata, vivace. Il frutto è “carnoso” tra ciliegia matura e pesca noce, note di cosmesi e liquirizia addolciscono un po’ troppo il bouquet a mio avviso, e un riverbero di legno in eccesso penalizza l’espressività. Vino piuttosto goloso al palato, rotondità notevole e un finale “dolce” tuttavia non privo di freschezza. Un’interpretazione di Chianti Classico che avvicina soprattutto i neofiti del vino.
UGA Castelnuovo Berardenga – Chianti Classico Gran Selezione Colonia 2019, Fèlsina Sangiovese 100%. Granato pieno, unghia arancio. Il respiro è stimolante, pizzica al naso in senso buono: zagara, pepe verde, timo, ribes rosso indubbiamente ha bisogno di qualche minuto per alleggerire i toni. Trascorsi 15 minuti dalla mescita effluvi minerali di terriccio umido e cardamomo. Dopo averne assaggiato un sorso ritrovo lo stesso profilo, dunque coerenza, tannino incisivo e sapidità che genera il classico allungo finale. Buono, ancora giovane a mio avviso.
UGA Vagliagli – Chianti Classico Gran Selezione Lapina 2020, Vallepicciola Sangiovese 100%. Rubino caldo e profondo, media struttura. Al naso ritrovo ahimè poca espressività, l’impronta fruttata matura richiama suggestioni di mora e susina nera, qualche spezia un po’ confusa e tabacco. Anche in bocca il vino sfuma un po’ troppo velocemente, pecca in sapidità più che in freschezza tuttavia non ritrovo spinta, progressione e soprattutto centro bocca.
UGA Castellina – Chianti Classico Gran Selezione Sergio Zingarelli 2018, Rocca delle Macìe Sangiovese 100%. Veste granato chiaro, unghia mattone-arancio. Respiro in levare, austero, non facile da tradurre durante i primi minuti. Con opportuna ossigenazione sorprende in termini di ariosità e garbo: frutti estivi tra cui albicocca matura e ciliegia, iris e geranio selvatico, note di rossetto e pepe rosa. Il palato non è da meno, vengo letteralmente travolto da un’ondata di freschezza ben supportata da una scia sapida che mostra il potenziale del territorio; vino lunghissimo, anche il tannino è incisivo e fa ben presagire in tema di affinamento in cantina. Tra i migliori dell’intera degustazione.
UGA San Donato in Poggio – Chianti Classico Gran Selezione Vigna il Poggio 2018, Castello di Monsanto Sangiovese 95%, colorino 3%, canaiolo 2%. Granato-rubino caldo, media trasparenza. Da subito ricolmo di spezie dolci al naso, tra cui paprika e pepe rosa, il frutto “coccante” bilancia questa sensazione suadente, grazie alla scorza d’arancia sanguinella e alla ciliegia; grafite in chiusura e lieve smalto. Un vino agile, scattante, e in senso buono perché la struttura non manca, rapportata ad un buon centro bocca e una sapidità invidiabile. Ciò che appaga è per l’appunto la bevibilità, caratteristica che non deve mai mancare in un buon Chianti Classico a mio avviso.
Andrea Li Calzi
È nato a Novara, sin da giovanissimo è stato preso da mille passioni, ma la cucina è quella che lo ha man mano coinvolto maggiormente, fino a quando ha sentito che il vino non poteva essere escluso o marginale. Così ha prima frequentato i corsi AIS, diplomandosi, poi un master sullo Champagne e, finalmente, nel giugno del 2014 ha dato vita con la sua compagna Danila al blog "Fresco e Sapido". Da giugno 2017 è entrato a far parte del team di Lavinium.
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Giornalista cresciuto con Montanelli al giornale, si occupa da sempre di agricoltura, agroalimentare enogastronomia e viaggi. Ha lavorato tra gl (...)
Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore (...)
Sociologo e giornalista enogastronomico, è direttore responsabile di laVINIum - rivista di vino e cultura online e collabora con diverse testate (...)
Di formazione tecnica industriale è stato professionalmente impegnato fin dal 1980 nell’assicurazione della Qualità in diverse aziende del setto (...)
Laureato in Filosofia e giornalista professionista, lavora al Mattino dove da anni cura una rubrica sul vino seguendo dal 1994 il grande rilanci (...)
Maestro Assaggiatore e Docente O.N.A.V., Delegato per la provincia di Lecco; svolge numerose attività come Docente presso Slow Food, Scuola de L (...)
Sommelier e master sul servizio vino e relazione col commensale, ha tenuto alcuni corsi in area territoriale del Pavese di approccio/divulgazion (...)
È Sommelier e Degustatrice ufficiale A.I.S. rispettivamente dal 2003 e dal 2004; ha sviluppato nel suo lavoro di dottorato in Industrial Design, (...)
Napoletano, classe 1970, tutt'oggi residente a Napoli. Laureato in economia, da sempre collabora nell'azienda tessile di famiglia. Dal 2000 comi (...)
Ha iniziato la sua attività in campo enogastronomico nel 1987. Ha collaborato con le più importanti guide e riviste del settore italiane ed este (...)
Nato nel 1974 a Roma in una annata che si ricorderà pessima per la produzione del vino mondiale. Sarà proprio per ribaltare questo infame inizio (...)
Bolognese dentro, grafico di giorno e rapito dal mondo enologico la sera. Per un periodo la sera l'ha condivisa con un'altra passione viscerale (...)
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