Il Barbacarlo di Lino Maga
È una bella sera di una domenica di marzo, con una luna marzolina che fa nascere l’insalatina, e vado in quel di Broni a visitare l’Azienda Agricola Barbacarlo e a incontrare un mito, di quelli universalmente riconosciuti, che ha saputo attraversare i decenni mantenendo intatto l’alone di sacralità che lo connota.
Il mito è Lino Maga anzi Maga Lino, come dice lui, perché nella parlata dialettale (la sua parlata) prima viene il cognome, poi il nome.
Lino Maga appartiene all’esclusivo club dei “grandi profeti” del vino come il ribelle Bartolo Mascarello del Barolo del cuore, Giovan Battista Columbu della Malvasia di Bosa, Josko Gravner della Ribolla in anfora, Pino Ratto del Dolcetto Gli Scarsi, Salvatore Murana del Passito Creato, Stefano Bellotti il Pasolini degli agricoltori, Walter Massa il Partigiano del Timorasso e il Citrico Beppe Rinaldi.
Lino Maga, come tanti grandi del suo calibro, ha saputo imporre al vino la propria personalità, ha aperto nuove strade, rotto equilibri diventando lui stesso il suo vino.
Accanto alla porta d’ingresso c’è una staffa incastonata nel muro per ripulire le suole delle scarpe dal fango e una campana di bronzo con una catenella da tirare per annunciarsi ed entrare in un’enclave ammantata di un’atmosfera crepuscolare.
Entro e la prima impressione che provo è che qui sembra che il tempo abbia smesso di correre. Ci sono bottiglie ovunque, sugli scaffali, sul pavimento, sul tavolo, sul ripiano del camino. Bottiglie di Montebuono, Ronchetto e Barbacarlo di tutte le annate ma anche molte etichette di altre grandi cantine italiane e straniere che dichiarano un amore per il vino senza rivalità, soggezione o complesso d’inferiorità.
Un vero e proprio tempio pagano del Barbacarlo, tappezzato di libri, cimeli, fotografie, ritratti di personaggi importanti (Gianni Brera, Luigi Veronelli e tanti altri), ritagli di giornale, quadri, strani elettrodomestici, mazzi di carte da gioco, frasi scritte su fogli di cartone, insegne, tralci di vite secolari, attestati e riconoscimenti che ammaliano, facendomi partecipe di un fenomeno che nel tempo ha lasciato molte tracce di sé.
Lino è lì seduto su una sedia che mi aspetta, con la sua MS (pacchetto giallo) fumante, in mano e mi guarda sornione con i suoi ritmi compassati, proprio come quelli della natura, che non ama la fretta.
Prima ancora di essere un vignaiolo è un contadino verace, strenuamente innamorato della terra e della sua terra: le colline di Broni.
Io resto come incantato a guardarlo non sembrandomi vero di essere davanti al gran sacerdote di quel tempio.
A spezzare l’incantesimo è il Giuse, il figlio di Lino, che arriva da una porta sul retro e mi fa accomodare a un grande tavolo su cui sono allineate bottiglie di Barbacarlo, di cinque diverse annate, pronte per la degustazione.
Il Barbacarlo è un vino scolpito nella pietra che prende nome da una vigna.
Siamo nel pieno concetto di cru tanto caro ai Francesi.
Una vigna, un vino, un territorio col suo clima, il suo terreno, la sua esposizione.
Domina il terroir, oltrepassando i vitigni che, comunque, sono quelli classici del luogo: Croatina, Uva Rara, Ughetta (nome locale della Vespolina) e altre varietà come la Moradella e la Freisa in piccola percentuale.
Le nebbie e le brume che salgono dalla pianura e dal grande fiume accarezzano queste viti e, più fruttuosamente, quelle della collina Porrei, ovvero di Barbacarlo, sulle quali i grappoli sono lasciati a maturare al limite estremo delle condizioni climatiche e solo allora raccolti.
Uno dei primi a riconoscerne l’eccellenza, nel suo primo viaggio “Alla ricerca dei vini genuini” (1968), è Mario Soldati il quale, visitando l’Oltrepo Pavese, segnala solo tre vini importanti e genuini (tra le circa 60 tipologie presenti): per primo il Barbacarlo, poi il Sangue di Giuda e il Buttafuoco.
Soldati non sa ancora a quell’epoca che, dietro al Barbacarlo, c’è un uomo come Lino Maga ma condividendo i suoi appunti di viaggio con Luigi Veronelli ne scoprirà la magia.
Proprio come l’ho scoperta io.
Mentre mi apre le sue creature, Lino parla della sua vita.
Un racconto impressionista intercalato da lunghi silenzi che mi preparano all’emozione di parole spesso velate da una sottile vena d’amarezza e rimango a lungo ad ascoltare quest’uomo straordinario e non chiedo altro che stare lì in silenzio, quasi ipnotizzato, sperando che non smetta di parlare.
Tra una sigaretta e l’altra stappa una bottiglia.
I vini, anche della stessa annata, sono incredibilmente differenti tra loro, al punto che potrebbero essere scambiati per vini diversi, ognuno con caratteristiche peculiari da renderli unici.
Nel Barbacarlo è minima la mano dell’uomo in cantina, dove i procedimenti di vinificazione sono semplici e massima è la spontaneità della fermentazione.
Di qui la variabilità delle produzioni: ogni anno un vino diverso perché la natura prende il sopravvento e i suoi cicli non si ripetono in modo uguale.
Dopo il 2010, il 2009, il 2007 e il 2003 Lino stappa un 1983.
Sull’etichetta, perfettamente conservata si legge “Provincia di Pavia Rosso IGT 1983”.
Si potrebbero riempire pagine per descrivere questo capolavoro conservatosi intatto per più di trent’anni, ma la sintesi perfetta la fa un unico aggettivo: commovente! (perché, nonostante la longevità, ha ancora un’incredibile freschezza).
Lino Maga fa parte di quella minoranza sempre più esigua di viticoltori che, con nobiltà d’animo e passione, difende il vino non lavorato, genuino e instabile.
E, anche qui, si erge come un monolite contro la consuetudine ormai dilagante di operatori, ma anche consumatori, che invece prediligono vini lavorati e stabili.
La Provincia Pavese, che nel 1931 si chiamava il Popolo di Pavia, pubblicava, il 24 agosto di quell’anno, proprio il giorno della nascita di Lino, un articolo dal titolo “Intervista con l’uomo che andrà alla luna”. Era un titolo emblematico e propiziatorio, ma l’articolista non sapeva ancora che era appena nato un astronauta che avrebbe viaggiato nello spazio enoico con una navicella in grado di raggiungere le più alte sfere.
Molti anni più tardi l’uomo andrà veramente sulla luna e porterà nello spazio tre bottiglie di Sassicaia. Ma io sono sicuro che se i Venusiani avessero la possibilità di assaggiare anche il Barbacarlo non esiterebbero a prendere un’astronave per venire a Broni.
Ah! Dimenticavo. Lino ha chiamato la sua azienda Azienda Agricola Barbacarlo. Non sono tanti quelli che possono permettersi di chiamare la loro azienda col nome del loro vino.
Valerio Bergamini
BARBACARLO – Azienda Agricola Barbacarlo di Lino Maga
Via Mazzini, 50 Broni (PV)