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I tre vini bio da antichi cloni dell’azienda Zanchi di Amelia

Manifesto Anteprima nuova collezione Zanchi

Nel maggio del 2018 vi ho raccontato di questa importante azienda umbra, situata sulla via Ortana a pochi chilometri dal comune di Amelia. La famiglia Zanchi lavora oltre 30 ettari vitati, frutto di una crescita iniziata 50 anni fa con Licurgo, quando acquistò il vecchio casale e i terreni annessi. Fu un lavoro lungo e oneroso poiché era tutto in stato di semi abbandono, le piante infestanti avevano preso il sopravvento, le uniche ancora in grado di dare qualcosa erano gli ulivi. In questo territorio ingovernabile si nascondevano però alcuni filari di vite, era necessario capire di quali varietà si trattasse, fu necessario lavorare a lungo, fare ricerca e sperimentazione. Tutt’ora l’azienda ha un proprio vigneto sperimentale, poco distante dal parco viti che circonda la sede, avviato nel 2008 con l’intento di recuperare, salvaguardare e valorizzare i vitigni minori presenti nel territorio di Amelia.

Degustazione vini Zanchi

Oggi l’azienda è seguita dal figlio Leonardo con la moglie Annamaria, dalle loro figlie Flores e Flaviana con il genero Mario.
Una delle tante caratteristiche che distinguono questa realtà amerina è, ad esempio, la scelta di utilizzare il cemento al posto dell’acciaio in cantina, mentre il lavoro è stato da sempre impostato in regime biologico, ma senza mai sentire la necessità di certificarlo.
Fino al 2019, anno in cui è partito un nuovo progetto dedicato a tre vini da monovitigno che vogliono rappresentare in pieno la filosofia azienda, vini ottenuti da antichi cloni di varietà tradizionali e certificati biologici.

Postazione degustazione vini Zanchi

Per l’occasione è stata fatta una piccola anteprima in cantina il 13 luglio scorso, alla quale ho partecipato con piacere, dove veniva presentato il progetto e i tre vini, tutti annata 2019: un bianco da Malvasia bianca lunga, un rosato e un rosso da ciliegiolo.
In un’epoca in cui molte cantine puntano al vino importante, prodotto in numero limitato, dal prezzo per pochi fortunati, i Zanchi hanno voluto invece puntare su qualcosa che potesse essere apprezzato da tutti. Ovviamente la prima annata è in quantità limitata, ma l’obiettivo è quello di dare ai tre vini uno spazio più ampio, oltre a quello di riuscire in futuro a certificare bio tutta la produzione.
Tre vini senza orpelli, sinceri, diretti, dal prezzo contenuto, che hanno come elementi fondamentali la bevibilità e una spiccata impronta territoriale, non a caso sono stati scelti due vitigni molto rappresentativi; hanno anche la particolarità di essere adatti ai vegani, in quanto tutto il processo di vinificazione è esente dall’uso di coadiuvanti di origine animale.

Malvasia 2019 Zanchi

La Malvasia 2019 è stata prodotta in 1224 esemplari da una vigna di 47 anni, nella quale sono stati recuperati antichi cloni; il suolo è a prevalenza sabbiosa-argillosa con presenza evidente di resti di fossili marini. La resa è di soli 40 quintali per ettaro, vendemmia manuale con selezione dei grappoli. Le uve vengono diraspate e subiscono una pressatura soffice, il contatto con le bucce dura 24 ore, mentre la fermentazione avviene spontaneamente in botti di cemento, dove resta per 6 mesi sulle fecce fini. Non viene effettuata alcuna chiarifica, la solforosa totale è di 63 mg/l.
È il vino che mi ha più colpito, soprattutto all’olfatto, ha un colore dorato, di una certa intensità, un bouquet che passa dal gelsomino alla pesca gialla, poi alla susina, all’arancia, all’albicocca, sbuffi di cipria, melone a polpa bianca, ananas e una punta di cedro candito.
In bocca è fresco e ha una bella intensità espressiva, sapido, ampio, con un corredo fruttato e agrumato notevole, chiude lungo e appagante.

Rosato 2019 Zanchi

Il Rosato 2019 è stato prodotto in 1512 esemplari da vigna più giovane, età media 15 anni e una produzione di circa 60 quintali per ettaro. Il processo di vinificazione si distingue per l’assenza di macerazione, anche perché il ciliegiolo ha una notevole carica antocianica; seguono 4 mesi di contatto con le fecce fini in cemento; nessuna chiarifica, la solforosa totale è di 55 mg/l.
Ha colore rosa delicato, verso la buccia di cipolla, il manto odoroso si schiude a note di geranio, ciliegia candita, lampone, fragolina di bosco, una punta di corbezzolo e melagrana.
Al palato è corrispondente, fresco, restituisce un frutto vivace, non maturo, una leggerissima venatura tannica mantiene vive le sensazioni, il finale è piacevole e senza derive amarognole.

Ciliegiolo 2019 Zanchi

Infine il Ciliegiolo 2019 è stato prodotto in 1872 esemplari, proviene anch’esso da una vigna di 47 anni dove sono stati recuperati antichi cloni; la produzione media è di 40 quintali per ettaro.
La fermentazione è spontanea con macerazione degli acini interi in vasca di cemento aperta, senza aggiunta di solforosa.
Chiude il ciclo un periodo di 6 mesi in cemento a contatto con le fecce fini.
Il vino non viene filtrato e presenta una solforosa totale di 30 mg/l.
Il 13 luglio è apparso il vino meno pronto, si sentiva che aveva ancora bisogno di bottiglia per esprimere tutto il suo potenziale. A più di un mese e mezzo si sente già una situazione decisamente migliore, profumi più definiti e un equilibrio maggiore al palato. Si caratterizza per un colore rubino vivace, profumi di ciliegia, lampone, mirtillo, guizzi di mora e una delicata sfumatura di erbe aromatiche.
Al gusto presenta un’ottima base acida e una succosità di frutto non indifferente, tannino leggero e fine, scorrevole con una vena sapida che non guasta. Uno di quei classici vini che a tavola si esauriscono velocemente senza che ce ne si renda conto.

Roberto Giuliani

Roberto Giuliani

Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore informatico. Ma la sua vera natura non si è mai spenta del tutto, tanto che sin da ragazzo si è appassionato alla fotografia e venticinque anni fa è rimasto folgorato dal mondo del vino, si è diplomato sommelier e con Maurizio Taglioni ha fondato Lavinium, una delle prime riviste enogastronomiche del web, alla quale si dedica tutt’ora anima e corpo in qualità di direttore editoriale. Collabora anche con altre riviste web e ha contribuito in più occasioni alla stesura di libri e allo svolgimento di eventi enoici. Dal 2011 fa parte del gruppo Garantito Igp.

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