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Fattoria di Grignano: Tommaso Inghirami e il sangiovese della Rufina tra storia e innovazione

Fattoria di Grignano

Nei tanti anni trascorsi visitando aziende vinicole, più spesso di quanto immaginassi ho incontrato giovani vignaioli che guardavano all’insegnamento dei propri avi con un certo distacco, quasi con diffidenza. I loro studi, la conoscenza di nuove tecnologie da applicare in vigna e cantina, la voglia di fare vini che soddisfino i diversi mercati, la convinzione di saperne di più, sono aspetti che sono emersi in più occasioni di scambio e di confronto. Quando si è giovani è del tutto normale cercare una propria strada, ma perché considerare l’insegnamento dei predecessori come qualcosa di ormai sorpassato e inutile, o addirittura un freno alla modernizzazione? Per fortuna non è sempre così, un fulgido esempio di una visione fortemente legata alle tradizioni di famiglia e di un territorio storico come la Rufina arriva da Tommaso Inghirami, ultima generazione di una famiglia legata al tessile per la moda italiana, ma con radici anche nel mondo del vino.
Siamo nella sottozona Rufina del Chianti, alla Fattoria di Grignano, situata sulla collina di Montefiesole a 500 metri di altitudine e a pochi chilometri da Pontassieve, a ridosso dell’Appennino tosco-emiliano in un contesto davvero unico, circondato da boschi, vigneti, ulivi; qui la temperatura estiva non raggiunge mai livelli estremi, le escursioni termiche sono sempre importanti e si respira un’aria davvero salubre.

Tommaso Inghirami
Tommaso Inghirami

Intendiamoci, non è che Tommaso non abbia ben presente quanto sia importante conquistare fette di mercato, ma lo fa con dei punti fermi ben precisi e indiscutibili, tant’è che qui dimora il sangiovese per l’80%, poi piccole quote di cabernet sauvignon, merlot, canaiolo, colorino e le uve bianche trebbiano e malvasia del Chianti destinate al Vinsanto; in cantina il sangiovese vede solo botte grande, i caratelli – rigorosamente toscani – sono per il Vinsanto e i tonneaux per la produzione di un vino particolare di cui vi racconto più avanti.
Uno degli obiettivi di Tommaso è quello di produrre vini meno alcolici, con le gradazioni dei primi anni, per fare questo tende a preferire delle vendemmie leggermente anticipate, mediamente nella prima decade di settembre, consapevole che, per quanto a Grignano ci siano delle temperature ancora ottime, solo anticipando la vendemmia si può limitare l’effetto del mutamento climatico; lo scopo è anche quello di preservare quei profumi che caratterizzano il sangiovese di questi luoghi.

Fattoria di Grignano

Altro obiettivo, che indubbiamente richiederà tempi lunghi, è quello di produrre vini da legni del territorio della Rufina, proprio per tendere ad esprimere ancora meglio gli elementi distintivi del territorio d’origine.
Cinquanta ettari vitati in una proprietà che vanta ben 600 ettari, un mondo a parte, un’oasi che si stacca in modo evidente lasciando il segno in chi la percorre salendo da Pontassieve immergendosi nel bosco.
In epoca romana la tenuta di Grignano si chiamava Castello di Vico, nel Medioevo fu abitata dai Conti Guidi, nel 1500 divenne residenza di Caterina De’ Medici, la quale, in segno di riconoscimento nei confronti del suo confessore e banchiere di fiducia, il Cardinale Henry de Gondi, decise nel 1589 di omaggiarlo del possedimento della Tenuta di Grignano.

Fattoria di Grignano bottaia

Negli anni ’70 giunge a Grignano la famiglia Inghirami, originaria di Borgo Sansepolcro, che dà inizio a un progetto di riqualificazione e valorizzazione dei 600 ettari di terreno, di cui 50 coltivati a vigneto, 200 a oliveto, 100 a seminativo e 250 a bosco. Nel 1999 la famiglia acquista la Fattoria Pievecchia ampliando l’estensione della tenuta. Le redini dell’azienda vinicola sono oggi nelle mani di Tommaso Inghirami (da gennaio del 2018), con la collaborazione di un team di professionisti.

Macchina da cucire a manovella

Giovedì 26 ottobre è stata l’occasione per conoscerlo, visitare il museo delle macchine da cucire a manovella (oltre 300) utilizzate dalla fine dell’800 fino a dopo la seconda Guerra mondiale, degustare 7 annate di Chianti Rufina Riserva Poggio Gualtieri (1997-2018) e conoscere la nuova linea “Singersangio” e il progetto Terraelectae, grazie all’incontro con la stampa di settore organizzato da Riccardo Gabriele dell’agenzia PR Comunicare il Vino.

Fattoria di Grignano sala degustazione
Riccardo Gabriele prepara la degustazione

La verticale del Poggio Gualtieri è stata illuminante, poiché si è potuto percepire in modo evidente il percorso che questo vino ha fatto nell’arco di oltre un ventennio, sotto il controllo di diversi enologi (dal 1997 al 2008 Franco Bernabei, fino alla 2013 Vittorio Fiore e Barbara Tamburini, dalla 2014 Stefano Chioccioli); nelle annate che non hanno le giuste caratteristiche la Riserva non viene prodotta, è accaduto ad esempio con la 2010, la 2014 e la 2017. In realtà, guardando l’uva che c’era in cantina, la 2014 a Grignano non era affatto male, ma l’azienda ha preferito rinunciare alla Riserva anche per ragioni di mercato; purtroppo quando comincia il tam tam sulla bassa qualità di un’annata, gli effetti dal punto di vista commerciale sono evidentissimi.

Chianti Rufina Poggio Gualtieri Riserva

L’area vitata da cui proviene il Poggio Gualtieri è di circa 8 ettari, i restanti 42 sono suddivisi in numerosi appezzamenti come Campone, Le Casette, Le Lame, Fontalmatto, Galli, Baracani, La Croce, Cipresso, Campolungo, Capannucci e Vallebona. Con il suo ingresso in azienda, Tommaso Inghirami ha voluto effettuare con l’agronomo e l’enologo una classificazione delle vigne in base alla qualità dell’uva e alle rese, vinificando inoltre per singolo vigneto, questo per avere un quadro preciso delle potenzialità e delle caratteristiche di ciascuno di essi; ne è emerso che Poggio Gualtieri e Campone hanno una qualità superiore a tutti gli altri.
I terreni della tenuta di Grignano sono un misto di alberese e galestro con grande presenza sassosa, un’altra particolarità è la presenza di ben 12 sorgenti d’acqua, testimonianza di un territorio dove il microclima è quasi sempre equilibrato, forte di un ecosistema naturale fatto di boschi, ulivi, seminativi, vigne in perfetta fusione.


LA VERTICALE


Chianti Rufina Poggio Gualtieri Riserva 1997 e 2001

1997 – In Toscana è stata indubbiamente una vendemmia importante, osannata anche troppo, ma a Grignano è andata benissimo, tanto che Franco Bernabei, il papà di Tommaso Giovanni e il fattore Massetti hanno deciso insieme di iniziare a produrre la Riserva proprio in questa occasione.
E hanno fatto bene, visto che il vino si presenta ancora vivo, con una buona gamma di profumi non solo terziari: confettura di prugne, fiori macerati, cioccolato, cuoio, funghi, terra umida, cenere e caffè.
Il sorso mette in evidenza un’acidità leggermente slegata ma ancora efficace a dare sostegno, le sensazioni non sono di un vino finito, bensì in una buona condizione per essere ancora apprezzato.

2001 – Annata fresca, vendemmia perfetta con uve di ottima qualità. Inizialmente chiuso, emerge in progressione rivelando toni tutt’altro che stanchi, addirittura si possono cogliere nuances di arancia e lavanda, segno di una freschezza che ritrovo fedele all’assaggio. Tannino dalla grana che viene facile attribuire al sangiovese, anche quando è di un certo spessore non perde mai l’eleganza.

Chianti Rufina Poggio Gualtieri Riserva 2008 e 2013

2008 – Annata per certi versi sorprendente, tenendo conto della media qualitativa in Toscana, sarà stata la bravura di Bernabei, sarà stata una cernita meticolosa, ma il risultato è davvero splendido. Già al naso mostra una finezza e una personalità che lo staccano da quelli degustati in precedenza, non è il frutto a dominare la scena ma un gioco di spezie ed erbe officinali di notevole fascino; a tratti arrivano ricordi di ciliegia in confettura, piccoli frutti di bosco maturi.
Al gusto ha un equilibrio fantastico, acidità e tannino perfettamente fusi nella materia, intenso e voluttuoso, finissimo e persistente, non ha alcun cenno di cedimento.

2013 – È il vino interlocutorio, si sente che la mano è un’altra, probabilmente qui è presente del merlot, tanto che i tono sono più morbidi, rotondi, per fortuna non ruffiani ma comunque sottrattivi, nel senso che quel filo conduttore che caratterizza gli altri cinque campioni, qui è meno rintracciabile. Buono, ma un po’ cercato, si sente meno il legame con il terroir della Rufina.

Chianti Rufina Poggio Gualtieri Riserva 2015 e 2018

2015 – Un’altra ottima annata a Grignano, grande qualità anche se con una produttività decisamente contenuta (le rese sono mediamente molto basse, nei casi migliori arrivano a 40 quintali per ettaro, con la 2015 si sono fermati a 20); dal punto di vista climatico le temperature sono state nella media soprattutto a maggio e giugno, questo ha permesso lo sviluppo di piante sane, senza bisogno di interventi importanti.
Qui torniamo a livelli alti, la classe guida le sensazioni con piglio deciso, esprime una bella energia, si muove, le cellule che lo compongono sembrano in continua trasformazione, otto anni per lui sono solo l’inizio di un percorso bellissimo, il sangiovese torna ad esprimersi in tutta la sua stoffa, viola, lavanda e frutto vivo, un bell’esempio che eleva ulteriormente la più piccola sottozona del Chianti, tanto minuta quanto meritevole di silenzioso “ascolto”.

2018 – Prima annata seguita da Tommaso, che ha cominciato alla grande, come lui stesso racconta: “È stata una vendemmia importante per la qualità dell’uva, sia l’enologo che i cantinieri hanno riconosciuto di trovarsi davanti a una delle migliori annate rispetto alle ultime 25 a Fattoria di Grignano, sia dal punto di vista qualitativo che produttivo. Abbiamo iniziato a vendemmiare la terza settimana di settembre, ma la raccolta si è protratta fino alla fine del mese”. Fermentazione in acciaio, malolattica in cemento da 70hl, affinamento di 18 mesi in botte grande.
Ovviamente è un Poggio Gualtieri giovanissimo, dall’energia scalpitante, ma dal timbro squisito; come è logico ora è il frutto a dominare la scena, con note di ciliegia nera, marasca, arancia sanguinella, cenni di oliva e cacao.
In bocca è intenso, freschissimo, balsamico, eppure il tannino non morde, è ben controllato; al retrolfatto spuntano la macchia mediterranea e il cioccolato ripieno, un vino che sa farsi apprezzare già ora, grazie a una sapiente vinificazione, ma con possibilità evolutive sicuramente molto lunghe.


TERRAELECTAE E SINGERSANGIO


Chianti Rufina Riserva Vigna Montefiesole Terraelectae 2019

Per ragioni di spazio (ho già superato il limite di resistenza della maggior parte dei lettori) mi limito a raccontare di questi due progetti, i vini li racconterò in future occasioni.
Terreaelectae è il nuovo progetto che Tommaso ha fortemente voluto insieme agli altri produttori del Consorzio Chianti Rufina, partito proprio nel 2018 con lo scopo di valorizzare al massimo il sangiovese di questo territorio, dando vita a uno specifico disciplinare e registrando il marchio “Terraelectae” che identificherà le Riserve realizzate dai produttori aderenti, che saranno le “ambasciatrici” del sangiovese. Ogni vino sarà ottenuto da un singolo vigneto, anche se per quanto riguarda Grignano, Tommaso e Chioccioli hanno deciso, visto che esiste già la Riserva Poggio Gualtieri, di selezionare una specifica particella di questo cru, “Montefiesole”, che ha un’età e una qualità ancora migliori delle altre. Nasce così l’annata 2019 del Chianti Rufina Vigna Montefiesole Riserva Terraelectae, pochissime bottiglie che, almeno per il momento, sarà davvero difficile reperire, se non in qualche importante ristorante.

SingerSangio

SingerSangio invece, il cui nome è la fusione del vitigno con la marca più utilizzata dalla famiglia Inghirami di macchine da cucire, è una linea totalmente diversa, orientata ai più giovani, prevede tre tipologie di sangiovese, in rosso, in bianco e in rosato, con l’obiettivo di offrire dei prodotti piacevoli, poco alcolici, freschi, immediati, rigorosamente biologici e a prezzi adatti alle giovani generazioni.

Roberto Giuliani

Roberto Giuliani

Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore informatico. Ma la sua vera natura non si è mai spenta del tutto, tanto che sin da ragazzo si è appassionato alla fotografia e venticinque anni fa è rimasto folgorato dal mondo del vino, si è diplomato sommelier e con Maurizio Taglioni ha fondato Lavinium, una delle prime riviste enogastronomiche del web, alla quale si dedica tutt’ora anima e corpo in qualità di direttore editoriale. Collabora anche con altre riviste web e ha contribuito in più occasioni alla stesura di libri e allo svolgimento di eventi enoici. Dal 2011 fa parte del gruppo Garantito Igp.

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