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Editoriali

Caso Montalcino: una riflessione amara

Entrata alla Fortezza di MontalcinoSi è detto e scritto tanto su Brunellopoli e sui recenti scandali che hanno offuscato l’immagine del vino italiano. Si è scritto molto basandosi su informazioni trapelate e non certe, o meglio non dimostrate tali.
Indubbia la volontà de L’espresso di colpire a fondo e sfruttare un evento come Vinitaly per sparare tutte le cartucce senza i relativi approfondimenti.
Evidente la volontà di non fornire elementi di chiarezza da parte del Consorzio che, basta vedere il sito, non ha pubblicato assolutamente nulla sul tema, non ha cercato di chiarire quello che stava succedendo, ha preferito il silenzio, rotto solo da alcuni comunicati formali diramati agli organi di stampa.

La questione Brunello di Montalcino e possibili irregolarità nel rispetto del disciplinare poteva e può essere chiarita. Se davvero non ci sono Brunello che non siano ottenuti esclusivamente da sangiovese grosso al 100%, basterebbe un semplice esame per rivelare il contenuto di quelle bottiglie, basterebbe un gesto volontario, a dimostrazione della totale onestà e serietà nei controlli da parte del Consorzio, per spegnere qualsiasi voce o dubbio.
Invece il silenzio è l’unica arma. Il silenzio e il tempo che progressivamente confonde la memoria o quantomeno facilita la perdita d’interesse.

Sarebbe stato un gesto altrettanto chiaro se i produttori, tutti i produttori che hanno la coscienza a posto, avessero preso una posizione chiara su quanto è accaduto, si fossero dissociati da coloro che sono tuttora indagati. Altro silenzio. Ancora peggiore. La stampa ha tutte le colpe, vuole male a Montalcino, crea solo problemi, monta storie inesistenti, danneggia l’immagine di un grande vino.

Ma siamo proprio sicuri che la stampa sia tutta uguale? E che i giornalisti vogliono affossare il vino italiano? Siamo sicuri che non ci siano persone serie che, invece, vorrebbero solo chiarezza a tutto vantaggio di coloro che lavorano seriamente e contribuiscono a rendere alto il nome del Brunello di Montalcino nel mondo?
Certo il Brunello si vende soprattutto all’estero, negli States in particolare, in Italia ci sono talmente tanti problemi che a chi può importare di tutta questa storia. Ma dall’interesse e dalle continue richieste di chiarezza della gente, verrebbe da pensare esattamente il contrario. Già, perché chi acquista e beve il vino ha tutto il diritto di sapere se è stato raggirato o meno, se con quello che ha esborsato si trova davanti un vino corrispondente a quanto scritto in etichetta oppure no.
Problema secondario, il consumatore non è tenuto alla trasparenza e non può pretendere nulla.

Ecco allora che quella che doveva e poteva essere una cordata di produttori onesti che, indignati per le scorrettezze commesse da pochi, pochissimi “colleghi”, avrebbero fatto di tutto per isolarli, si è invece rovesciata verso chi di queste cose ha scritto. Silenzio. Anche da parte di quelli più vicini, con i quali si è instaurato molto di più che un semplice rapporto di lavoro. La comunicazione si è azzerata, tutto tace. Una cortina fumogena sopra le nostre teste. Non se ne doveva parlare. Il silenzio è d’obbligo. Il mercato è l’unica cosa che conta.

Roberto Giuliani

Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore informatico. Ma la sua vera natura non si è mai spenta del tutto, tanto che sin da ragazzo si è appassionato alla fotografia e venticinque anni fa è rimasto folgorato dal mondo del vino, si è diplomato sommelier e con Maurizio Taglioni ha fondato Lavinium, una delle prime riviste enogastronomiche del web, alla quale si dedica tutt’ora anima e corpo in qualità di direttore editoriale. Collabora anche con altre riviste web e ha contribuito in più occasioni alla stesura di libri e allo svolgimento di eventi enoici. Dal 2011 fa parte del gruppo Garantito Igp.

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